Capitolo 16 - Free
Due anni prima
Anita Miller fissava lo schermo della sua televisione trasmettere immagini ripetitive e frenetiche, che riportavano pedissequamente le gesta di Jep Tucci. Da tutta quanta l'alta società del Distretto Meshert era visto di buon occhio. Un grandissimo imprenditore che era riuscito a costruire da solo la sua carriera, passando dall'essere un macellaio di periferia a un magnate potentissimo, e detentore dell'unica centrale idrica funzionante, in tutto il Distretto.
La gente lo adorava soprattutto perché in televisione sapeva rendersi un perfetto showman con battute e portamento spigliato. Anita riusciva a trattenersi dallo sputare sullo schermo a malapena. Era l'unica a sapere come si divertiva Jep.
Era riuscita a trovare una testimone delle sue azioni deplorevoli e il giorno dopo, finalmente, sarebbe riuscita a farle rilasciare la sua versione dei fatti. Diede un ultimo sguardo alla faccia soddisfatta di Jep, mentre chiacchierava amabilmente con il conduttore della trasmissione, poi spense.
Lei sarebbe riuscita a farla pagare a quel verme schifoso.
La prima cosa che Brick vide, non appena riuscì ad aprire l'occhio, fu il chiarore perlaceo che trapelava dalle tende socchiuse alla sua destra. La stanza dell'ospedale era asettica e odorava di alcool e paracetamolo. Cercò di muoversi lentamente sul posto, giusto per capire se avesse ancora il pieno controllo dei suoi muscoli e si rese conto di provare un dolore incredibile a ogni fibra del suo corpo.
«Finalmente sveglio», commentò la voce familiare di River, che stava vegliando su di lui dall'altro capo del suo letto.
«Quanto ho dormito?» chiese Brick, rendendosi conto che la sua bocca era impastata dal sonno.
«Dopo l'intervento all'occhio sei rimasto privo di sensi per un giorno intero»
Brick annuì, era convinto di aver dormito per molto più tempo.
«Come sei riuscito a trovarmi?»
«Rott mi ha detto che eri spesso al Mountain Top con i Restev per la tua ultima missione, quindi ho tentato lì... il resto è stato pura fortuna»
Brick trasalì quando River nominò i Restev.
Natalia...
L'occhio gli si inumidì immediatamente, mentre dall'altro dovette spurgare qualche sorta di liquido corporeo perché, improvvisamente, avvertì la benda che portava intorno alla ferita bagnarsi.
«Cosa è successo ai Restev?» chiese River, intuendo che l'amico stesse piangendo qualcuno a lui molto caro.
«Natalia è morta», asserì con voce rotta. Evitò di entrare nel dettaglio, perché non si sentiva abbastanza forte da poter gestire la conversazione, «Di Alexander non ho più saputo niente da quando ci hanno presi».
River annuì e si alzò dalla sedia.
«Vado a prenderti qualcosa da bere... tu cerca di riposare».
Brick appoggiò la testa sul cuscino, chiuse l'occhio e cercò di focalizzare l'attenzione su qualcosa che non fosse il dolore lancinante che avvertiva. Nel buio più totale della sua mente non riusciva a vedere nient'altro che il cadavere di Natalia ammanettato davanti a lui.
«Hai finito di fare i capricci?»
Anita lo fissò con espressione burbera, per poi tornare a ignorarlo. Erano passate ore, ma ancora non avvertiva cambiamenti sostanziali nella sua genetica. Gufo era rimasto con lei, preoccupato che la trasformazione potesse farle del male. Almeno così diceva.
Anita trovava difficile credere al fatto che Gufo era diventato improvvisamente una persona altruista, e piena di amore per il prossimo.
«Ti rendi conto di quello che mi hai fatto? Dovrei mettermi a ridere e scherzare?»
Gufo fece spallucce. Era evidente che lui non trovasse niente di sbagliato nelle sue azioni.
«Mi fai cadere le braccia. Io stavo cercando Brick! Potrebbe essere morto a questo punto, per quanto ne sappiamo!»
Gufo spalancò le pupille così tanto che, per un attimo, assunse davvero le sembianze di un rapace.
«Se il problema è questo, puoi stare tranquilla. L'ho liberato»
Anita si immobilizzò, incredula.
«Tu hai fatto cosa?»
Gufo si alzò dalla sedia di plastica che lo ospitava da ore e si fece più vicino ad Anita, muovendosi con cautela. Lei gli permise di avvicinarsi quel tanto che bastava per far sì che lui le cingesse i fianchi con le mani. Il suo tocco era freddo.
«Ho liberato il tuo amico. Ti ho già detto che voglio che tu abbia fiducia in me»
Anita si rese conto che lui si trovava un po' troppo vicino, quindi arrossì e cercò di divincolarsi.
Gufo sorrise e la lasciò andare.
«Sei strano e diverso. Mi metti ancora più a disagio», commentò Anita, lasciando la stanza.
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