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Capitolo 8

Stringevo il mio zaino e guardavo fuori dalla finestra in silenzio religioso.

«Ricordi quando da piccoli correvamo dietro casa vecchia dei tuoi e stranamente in qualche modo misterioso tu vincevi sempre?»Mi chiese come per interrompere quel silenzio.

«Io vincevo perché sono sempre stata molto intelligente» lui fece una smorfia e io scoppiai a ridere.

Lo guardai, si era sicuramente appena fatto la barba perché percepivo lo stesso fortissimo odore di dopobarba che utilizzava anche mio padre.

In fondo era un bel ragazzo, nonostante fumasse come un turco e mangiasse gomme da masticare in continuazione.

«Ma la fidanzatina?»dissi poi all'improvviso e la domanda doveva averlo stupito e non poco.

Iniziò a tichettare le dita sul volante e la sua bocca aveva preso una strana forma mentre si mangiucchiava le pellicine dal labbro inferiore.

Ci mise un bel po' a rispondermi e la cosa mi fece ridacchiare a sufficienza.

«Sei diventata mia madre per caso?»Mi chiese sarcasticamente mentre io feci una smorfia contrariata.

«Dai Vale, ma perchè devi sempre evitare le risposte!?» Gli diedi un pugno leggero al braccio e lui si mise a ridere.

Risi anch'io con lui e dopo la lunga risata mi guardò e tacque ancora un po'.

«Ce l'avrò prima o poi, sono innamorato di una persona da un sacco di tempo»Disse poi iniziando a usare un tono enigmatico.

«E ti sei già dichiarato? Voglio sapere ogni cosa!» mi sistemai meglio e lui scosse la testa.

«No che non mi sono ancora dichiarato... Aspetto il momento giusto per farlo»

Il momento giusto...

«E se rifiuta?»Domandai ancora più incuriosita.

«Lo sai che sei proprio una grande ficcanaso?» Scoppiai nuovamente a ridere mentre notai il colorito delle sue guance arrossire.

«Ma è normale, ci conosciamo da sempre e solo ora mi riveli di essere innamorato. È maschio o femmina?»

Valentino era esasperato, ma rideva ancora. Per dispetto mi strinse una guancia e disse che era una ragazza.

«Ti piace tanto?».

«Credo che se dovessi scegliere tra la mia vita e la sua, sceglierei mille volte la sua» Mi misi una mano al cuore e lo guardai addolcita. Era la cosa più romantica che avevo sentito dire.

«Sei così dolce, chiunque osi rifutarti è una folle»Lui accennò ad un sorriso e una volta liberati dal traffico parlammo dei nostri ricordi da bambini, di come in ogni guaio che riuscissi a cacciarmi lui era sempre lì a cercare di aiutarmi.

Mi comunicò che gli serviva aiuto in fabbrica quella sera in quanto quella dopo avrebbe dovuto ospitare un comizio di giovani ragazzi che volevano dire la loro sulla politica attuale.

Quando gli domandai se potevo quanto meno partecipare al comizio lui diventò di colpo freddo e mi rispose che era meglio che non mi immischiassi.

Quando vide la mia espressione contrariata mi disse però che potevo aiutarlo nella sistemazione e così mi illuminai immediatamente.

Una volta a scuola lui si fermò in una zona in cui non avrebbe potuto disturbare nessuno.

«Quando sei sicura di perdere il pullman, aspettami davanti casa tua che ti passo a prendere io senza problemi, ora che hanno chiuso la strada principale devo per forza prendere la secondaria che passa dietro casa tua, Va bene?»Mi chiese.

Annuii e lo ringraziai e, prima di scendere dall'Auto gli diedi un veloce bacio sulla guancia. Lui si risistemò gli occhiali da sole e guardò l'orologio.

«Ci vediamo sta sera»Disse lui sul punto di richiudere la portiera dell'automobile ma lo fermai subito.

«Che cosa dico ai miei genitori?»

«Che ti aiuto a fare i compiti di matematica e che ti riporto a casa io, devo chiamare tuo padre dopo, glielo dico io okay?»

Osservai l'automobile blu notte di Valentino allontanarsi e dopo essermi accorta che mancavano ancora 15 minuti all'inizio delle lezioni, decisi di sedermi su una panchina situata ai giardini dietro scuola e iniziai a studiacchiare per le verifiche che avremmo avuto nei giorni che sarebbero dovuti venire.

Al suono della campanella Elena si sedette accanto a me, non che avessimo molte possibilità, ci avevano diviso in classe.

Giorgio mi salutò con un cenno e io gli sorrisi notando però l'assenza di Elia.

Quando fui sul punto di chiederlo a Gio, la professoressa di educazione fisica ci chiamò per andare a fare la lezione con lei mentre i ragazzi restarono a fare Algebra.

La lezione di educazione fisica fu un vero trauma perché non era altro che un corso per pre-maman sul controllo del respiro e per ultima cosa ci affidarono a coppie dei bambolotti di cui ci saremmo dovute prendere cura.

Era assurdo tutto ciò ma la professoressa, che capii presto essere decisamente più schizzata delle ideologie che stavano cercando di inculcare nelle nostre teste, ci disse che dovevamo sentirci privilegiate.

Inutile dire lo sconcerto dei nostri compagni di classe alla vista dei bambolotti. Io tenevo in braccio il mio e quello di Elena e non ci fu proprio nulla da spiegare, dovevamo fare le mamme a scuola.

Era un bambino a tutti gli effetti, piangeva, faceva i bisogni e cose simili.

Quando arrivò Caruso ci guardò stranito mentre alcune cercavano di calmare i bambolotti isterici aggirandosi per la zona in cui ci era consentito stare.

Per nostra fortuna il nostro era tranquillo e dormiva.

«Bene... iniziamo il tema»ci disse poi iniziando a scrivere il titolo del tema.

"Io tra 10 anni">>

Prima del termine delle lezioni ci chiamarono a turni noi ragazze per quei odiosi controlli settimanali.

Quando arrivò il mio turno, ormai conoscevo bene la prassi, mi tolsi la camicia e maglietta, rimanendo in reggiseno davanti all'operatore che mi fece le stesse domande mentre controllava la mia pressione cardiaca e cose simili.

Guardai dietro di lei le mie compagne schedate, neanche fossimo state delle criminali.

La luce era poca e mi pareva di essere in uno di quei thriller in cui la protagonista impazzisce.

«Posso andare? »Chiesi ma lei mi guardò malissimo, come se l'avessi insultata.

«Sì, puoi andare» disse con un tono freddissimo sufficiente a farmi venire la pelle d'oca. Non esitai neanche un secondo, mi rivestii e sgattaiolai via da quel posto.

Tornai in classe con un'espressione sconvolta, il tono di quel l'operatrice mi aveva destabilizzato.

Le lezioni si conclusero e decidemmo di fare a turni io e Elena per tenere il bambolotto assatanato.

Quel giorno sarebbe toccato ad Elena di tenere quel odioso affare mentre io mi proposi per andare in biblioteca per una ricerca di Storia.

Tornai a casa dove mia madre era stata prontamente avvisata del corso per madri. Mi mostrò la massima disapprovazione per quello che stavano facendo, non perché non fosse comunque una buona cosa, ma perché non avevano chiesto ai partenti alcuna opinione al riguardo.

Mi passò comunque una busta con sopra un fiocchettino.

Lo spacchetai e quando vidi il libro sulla teoria della guida iniziai ad avere gli occhi lucidi.

L'abbracciai e lei sorrise dicendomi che avrei fatto bene a studiare in modo tale da prenderla quanto più presto possibile la patente.

Dopo che ebbi finito di pranzare mi recai in bicicletta alla biblioteca comunale.

Era enorme e almeno avrei potuto avere la possibilità di studiare in pace prima dell'appuntamento prestabilito con Valentino la stessa sera.

Andai alla ricerca del libro di storia per la ricerca fui veramente felice di trovarlo dopo un ora intera di ricerca.

Quando tornai ai tavoli, vicino al mio posto isolato che mi ero scelta per studiare in santa pace era apparsa una figura che conoscevo piuttosto bene.

Era il professor Caruso vestito come una qualunque persona: di nero.

Avrei voluto evitarlo ma ormai le mie cose si trovavano lì vicino a lui e non potevo fare altro che raggiungere il posto.

Mi riconobbe subito e mi mordicchiai il labbro quando riconobbe anche il libro per la sua ricerca.

«Ti ho rubato il posto?»

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