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Capitolo 6

«Datemi un secondo...»Disse Giorgio mentre apriva il marsupio che aveva in vita.

Avevamo terminato le lezioni da un paio di ore e, dopo aver finito di mangiare ognuno per conto proprio, avevamo deciso di riunirci in un posto "segreto" trovato da Elia nelle sue escursioni notturne.

Si trovava in campagna, in quel poco di campagna che ancora esisteva, isolato da tutto e circondato da campi verdi e zone boschive. Era abbandonata da anni ed era una fabbrica di scarpe. Ora che il governo si è preso carico di tutto quello che riguarda il vestiario, fabbriche come queste non esistono più da anni.

Saranno state le 16 e nonostante la primavera fosse alle porte il venticello non era per nulla caldo, anzi.

Elena indossava, oltre al suo cappotto di lana nera, una sciarpa che le copriva mezza faccia.

Eravamo completamente al buio, ci illuminava solo la flebile luce del sole che fuori era coperta da nuvoloni per niente amichevoli.

«Come facciamo a collegare la corrente se avranno tagliato tutto?» Chiesi guardandomi intorno facendo attenzione a dove mettevo i piedi.

«Useremo tutto a energia solare... Mio fratello, se riesce, dopo passa per vedere se questo posto è sicuro per starci.» Disse Giorgio mentre Elia emise un urlo dietro la povera Elena che saltò spaventatissima.

«Oh dai, andiamo Elia che palle»Si lamentò Elena avvicinandosi lentamente a Giorgio che cercava di far funzionare un vecchio lettore ad energia solare di 10 anni fa.

Il fratello di cui parlava Giorgio era Valentino. Era più grande di noi di 6 anni.

Io ripetevo a Giorgio che per me erano molto simili, sia di altezza ma anche per il loro portamento. I capelli di Valentino erano decisamente più corti di Giorgio che li teneva lunghi fino a metà collo, ma erano comunque ricci uguali.

A differenza del fratello era leggermente più loquace.

Era uno specializzando in infermieristica, un genio.

Pochi riuscivano ad arrivare alla sua età ad avere un lavoro.

I suoi genitori erano fieri di lui e Giorgio contava invece di seguire la carriera da insegnante.

Nel frattempo vidi Elia aggirarsi per la fabbrica alla ricerca di chissà che cosa e così, per evitare si potesse cacciare nei guai, lo seguii.

«Tu pensi che tra Giorgio ed Elena ci sia qualcosa?»Mi chiese come nel cercare sostegno a una sua ipotetica tesi.

Guardai Giorgio ed Elena che si toccavano, si accarezzavano e come risposta gli indicai i due annuendo e sorridendo teneramente.

«Da sempre, fino la prima media» Dissi poi mentre finalmente Giorgio riuscì a mettere la musica.

Era la vecchia playlist del padre, Rock totalmente, uno dei generi proibiti per via dei messaggi "devianti" che a quanto pare contieneva.

Un vero peccato perché il padre di Giorgio ci parlava di quando andava ai raduni da giovane e si scatenava con la musica rock del 1980 e non.

Sono passati 60 anni e la musica è ancora meravigliosa.

Elia mi trascinò a ballare, o meglio, scuotere la testa come due scemi.

Giorgio e Elena se ne stavano seduti su delle grandinate a guardarci ridendo mentre si stringevano, in quel momento credo che capii al pieno il discorso di Elia in classe la mattina.

Tutto quello, divertirsi e fare gli adolescenti poteva veramente venirci vietato? Da chi?

Se non potevamo essere noi stessi davanti la società lo avremmo fatto di nascosto e fu così che iniziò la nostra storia con la fabbrica. Ogni giorno quando potevamo passavamo a pulire la fabbrica,non era enorme ma vecchia e malridotta.

Valentino passava la notte, dopo che finiva il suo turno all'ospedale e, avendo la macchina, con un paio dei suoi amici ogni tanto portava qualcosa per decorare la fabbrica che, riportando le parole di Giorgio, prendeva sempre più la somiglianza di uno dei famosi pub del quale il professore di inglese ci parlava.

Se i viaggi internazionali fossero stati consentiti, ci diceva, ci avrebbe portato lì volentieri.

In due settimane riuscimmo a trasformare quel posto in un paradiso per rilassarci, il nostro ritrovo segreto.

Un pomeriggio, mentre io ed Elena sistemavamo un tavolo preso da Valentino e i suoi amici in una vecchia discarica, Elia ci portò, rinchiusi in un sacco nero, dei vecchi libri per metà bruciati di "sessuologia" o riviste considerate vietate allora.

«A qualcuno interessa il ka-ma-su-tra?»Ci chiese poi, mostrandoci una pagina piena zeppa di posizioni che misero a disagio non solo me, che prima di allora non ebbi mai visto cose simili, ma anche Elena che aveva una faccia stranita e disgustata allo stesso momento.

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