Capitolo 4
«Noo! Non esco in questo stato davanti a lui!» aveva detto Elena mentre noi compagne cercavamo di tirarla fuori dallo spogliatoio.
«Non-lo-devi-sposare!» le dicevo tentando di sollevarla, visto che aveva la stazza equiparabile a quella di un nano giardino.
L'insegnante di educazione fisica era assente e Caruso era stato chiamato per sostituirlo.
I ragazzi si godevano lo spettacolo accanto alla porta anti-panico della palestra, ridacchiando.
I neon non funzionanti continuavano a lampeggiare creando un'ambientazione da film horror, sembrava fossero le 2 di notte.
Eravamo tutti in pantaloncini e maglietta, ma Elena era l'unica profondamente a disagio in quella tenuta, non voleva mostrarsi così davanti a Caruso.
«Ragazze, che cos'è questo casino?» aveva detto il professore in tenuta ginnica. Non avevamo fatto in tempo a guardarlo avvicinarsi, che come stupide eravamo cadute per terra tutte e otto.
I ragazzi erano scoppiati a ridere, solo Giorgio, gentilmente, era venuto in nostro aiuto.
«Bella figura di merda...e indovina di chi è la causa» avevo detto a Elena mentre il professore mi guardava storto segnandosi qualcosa sul taccuino che aveva in mano.
«Forza, tutti in palestra. Prima pretendo che facciate qualche giro di corsa per riscaldamento, poi iniziamo con le cose da fare». Ci aveva spiegato velocemente, mentre alcuni avevano già iniziato a correre.
"Che bello vederlo in quel modo" pensavo, la vista della sua pelle nuda me lo faceva sembrare leggermente più umano.
Elia, notando il mio sguardo incessante, si era messo a correre di fianco a me apposta. Ero infastidita, ma non dovevo farglielo vedere.
«Chiudi la bocca che altrimenti perdi la mandibola» disse Elia dandomi una pacca dietro la schiena per niente delicata, scappando prima della mia reazione irritata.
«Gonzalez! Se ti becco.. » lo rincorrevo aumentando la velocità per raggiungerlo.
Lui imitava la mia faccia di quando guardavo il professore e mi sfotteva maggiormente.
Presa una palla da pallavolo nei paraggi, gliel'avevo scagliata addosso.
Non lo presi in faccia, ma l'avevo comunque beccato, colpendolo alla gamba.
Appena girate le spalle, il mio fan-club esultava con me, mentre il professor Caruso scuoteva la testa.
Bene, fantastico.
«Dato che la vostra compagna ha grande spirito di intraprendenza, direi di fare una partita di Dodgeball».
«Ragazzi contro ragazze» propose Elia pronto a vendicarsi su di me.
«Ma che bella faccia tosta Elia. Te la sei cercata la pallonata» mi difendevano le mie compagne di classe.
Il professore, divertito dalla situazione, aveva già posizionato le palle al centro della palestra.
«Gonzalez, Kone...pari e dispari per il campo». ovviamente avevo perso, perché Elia, come al solito, aveva sempre più fortuna di me.
I ragazzi, in uno in meno rispetto a noi, avevano preso il professore per pareggiare il numero.
«No...» disse Elena con una smorfia, borbottando per non colpire quel Bronzo di Riace. Per lei sarebbe stato un reato il farlo.
«Giochiamo per vincere, non so se ti è chiaro» le dissi mentre andavamo in fondo alla palestra in attesa dell'avvio del gioco.
I ragazzi ci prendevano in giro formando una L con le dita della mano destra e se la posizionavano sulla fronte. Ci davano delle perdenti.
Tutte noi eravamo cariche, perfino Elena, che quantomeno ci provava. Nonostante il broncio, sembrava dolce e carina.
Al via del professore era stata una strage.
Elia e tutti gli altri, compreso anche Giorgio, cercavano di buttarmi fuori.
«Lasciatemi in pace!» urlavo abbassandomi per schivare la palla in arrivo. Anche Caruso non si risparmiava e quel suo impegno l'avevo vissuto come un tradimento.
"Come aveva osato?!"
«Buttate fuori il professore» avevo gridato alle superstiti rimaste.
Eravamo in 4 contro 5.
«Non ti credevo così vendicativa» aveva ribattuto, con tono ironico il prof.
Intanto nessuno si era accorto di Elena, che senza nemmeno farlo apposta aveva beccato il braccio di Caruso.
«Scusi, scusi!» gli ripeteva mentre io le battevo il cinque soddisfatta.
"Ciao ciao" gli facevo con la mano, lui con la testa abbassata, ridendo, andava a sedersi con gli altri a bordo campo.
L'improvviso arrivo del sindaco aveva bloccato tutti.
Pure il professore si era alzato per accoglierlo, sorridendoci e spronandoci comunque a continuare.
L'autorità era accompagnata da alcune persone, sembravano straniere perché parlavano inglese.
Guardando il professore, mi ero accorta però del cambio d'espressione sul suo volto: sembrava si fosse incupito.
La partita si era conclusa con la vittoria dei ragazzi, o meglio gliel'avevamo data vinta. Infatti Elia non voleva ammettere di essere stato colpito da una di noi, rubandoci di fatto la vittoria. Era il solito bamboccio che piangeva se non vinceva!
Il professore parlottava col sindaco, i suoi accompagnatori invece si complimentavano con noi del match..
Rimasi seduta a bordo palestra a dissetarmi dalla mia borraccia insieme a tutti gli altri.
Appena sindaco e compagnia se ne andarono, il professore aveva guardato l'orologio incrociando le braccia.
«Oggi la lezione termina prima, il sindaco ha un annuncio da fare alla scuola intera e come intuite, serve la palestra. Quindi forza, a lavarvi».
Ancora non sapevamo che cosa ci sarebbe aspettato e forse era meglio non saperlo.
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