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Capitolo 17

Le cartoline furono il mio pensiero fisso, anche a scuola.

Mi appuntavo sul mio blocco notes tutti i modi in cui si poteva mandare un messaggio segreto senza farsi notare. 

I giorni passavano e gli sguardi che ci scambiavamo io e il professore diventavano sempre più intensi. 

Un giorno, durante una delle ricreazioni, si sedette sulla sedia davanti alla mia e mi disse che aveva un luogo da mostrarmi. 

Eravamo agli inizi della primavera e io accettai.

Non ebbi più notizie di quella ragazza incinta, non sapevo come era fatta ma dubito potesse ancora essere in giro. 

Forse ce l'aveva fatta per davvero e quindi si poteva scappare alla ricerca della libertà, si poteva fare davvero. 

Il pomeriggio mi recai al luogo che mi fu indicato da professore e non vi nego che mi passò tante volte nella testa l'idea di non accettare, di boicottare l'uscita e invece ero proprio lì in quella enorme distesa di fiori e margherite. 
Lasciai la bicicletta per terra e mi guardai attorno estasiata. 

Campi così erano un colpo al cuore, di distese così verdi non se ne vedevano quasi più. 

«Vedo che alla fine sei venuta...»Disse il professore nella sua veste da comune cittadino: nera. 

Io gli sorrisi leggermente imbarazzata mentre mi avvicinai a lui. 

«È... Meraviglioso tutto questo, ma come ha fatto a trovarlo?»Gli chiesi e lui mi fece cenno di sedermi. 

«Conosco un tale... »Inziò a fare il prezioso e io incrociai le braccia indispettita. 

Dell'aria spostò i miei ricci ora mai quasi incontrollabili e insieme a loro anche i fili d'erba, i fiori... Seguivano il movimento dell'aria. 

Mi sedetti a gambe incrociate e lui mi passò un blocco notes e delle matite. 

«È possibile? Ha pensato prorpio a tutto...»Dissi ringraziandolo. 

Iniziai a disegnare quella meravigliosa distesa di verde e mentre lo facevo, lui mi accarezzava una coscia. 

«Così mi distraee...»Gli feci notare. 

«Oh davvero? Anche se faccio così?»
Prese a baciarmi il collo, baci teneri e senza alcuna pretesa. 

Provai a rimanere concentrata ma non ci riuscii in alcun modo. 

«Prof...» Mormorai e lui, imperterrito, continuò. 

«Gabriele... Chiamami Gabriele quando siamo soli»

Lo fermai e lo guardai negli occhi. Ci sorridemmo a vicenda e dopo di che chi baciammo con passione sulle labbra. 

Il mio blocco note cadde per terra e lui mi sovrastò mettendosi sopra di me. 

Stavo perdendo totalmente la testa per lui e più passavamo assieme il tempo più me ne accorgevo. 

Mi insegnò a baciare e quello facevamo quando stavamo insieme e da soli. 
Lasciavamo che le nostre lingue si intrecciassero, che le nostre mani toccassero l'uno il corpo dell'altro. 

Le sue mani sfioravano i miei fianchi, le mie cosce, sfiorava i miei seni con tenerezza e quella senzazione di essere desiderata così tanto da qualcuno mi faceva andare su di giri. 

Quel giorno, quando mi trovai su di lui dopo una breve battaglia di prevalenza tra di noi, percepii con stupore il suo membro. 

Restammo in silenzio a lungo, si riprese la posizione sovrastante e mi guardò. 

«Che hai?»Aveva capito subito. 

Non risposi perché troppo imbarazzata. 

«Avanti siediti»Mi sedetti accanto a lui e sospirò. 

Inziò a spiegarmi l'educazione sessuale e fu molto dettagliato. 

Mi spiegò che l'uomo era fatto e creato per riprodursi, lo guardai con leggero imbarazzo ma lo ascoltai comunque molto attentamente. 

Quando capì che ero troppo imbarazzata smise di spiegarmi. 
«Sai quello che devi sapere» Disse poi.

«E quindi... Lei sta avendo un'erezione...»Avrò avuto sicuramente un'espressione strana perché lui si mise immediatamente a ridere. 

Si limitò ad annuire ma mi disse di rimanere tranquilla, non si sarebbe mai permesso di toccarmi neanche per sogno.

Diceva che andava bene così per entrambi e soprattutto che si sarebbe dimostrato troppo rischioso per entrambi farlo. 

Abbassai lo sguardo e lui me lo rialzò con un dito. 

«Lei vorrebbe? »Chiesi e lui ci mise un po' prima di confermare. 

«Vorrei ma non posso...»Mi accarezzò il viso e io sospirai. 

Guardò l'ora e decise che era tardi e che avrei fatto meglio a tornare a casa. 

Tornai a casa, con mille domande per la testa.

Non dormii affatto la notte, pensavo a cosa sarebbe potuto accadere se gli avessi permesso di continuare e se lui avesse avuto il coraggio per farlo. 

Valentino portò me, Elia, El e Gio a scuola, ma vedemmo già un paio di vedette e delle macchine con sopra delle bandierine del tricolore. 

Ci guardammo preoccupati, ci stava aspettando veramente un altra serie di restrizioni? 

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