Capitolo 15
Valentino mi accompagnò a scuola e disse che sarebbe passato a prendere me e gli altri il pomeriggio. Aveva deciso di fare il turno pomeridiano corto per assicurarsi che almeno noi stessimo bene.
Entrai a scuola con l'ansia addosso. Il luogo che credevo sicuro fino a poche settimane prima si era dimostrato pieno di insidie.
Elena venne portata da sua madre a scuola, mi disse che nenache la sua si fidava dopo gli spari e le vedette.
Elia e Giorgio arrivarono poco dopo, il primo era già infuriato, il secondo come al solito cercava di calmarlo.
«Che succede? »Chiesi guardando Elia decisamente troppo agitato.
Ci spostammo in una zona in cui nessuno avrebbe potuto vedere che stavamo confabulando tra maschi e femmine. Eravamo fuori vicino a delle siepi altre.
«Uno stronzo in borghese è arrivato e ci ha detto che doveva fare dei controlli. È arrivato e ha buttato giù tutte le cose all'interno del mio zaino, me lo ha ridato dopo essersi assicutato che non c'era niente di anormale. Gli ho urlato contro e ha tentato di colpirmi con uno stranissimo aggeggio elettronico che tirava scariche...»
Vidi Giorgio sospirare e la campanella suonò.
«e poi?»Chiesi ancora e Gio ci mostrò il collo, aveva una voglia e anche Elia ne aveva una identica.
«Gio ha cercato di calmare le acque ma siamo stati colpiti da quella scarica entrambi... I controllori sono scappati via lasciandoci doloranti nella metro.» Concluse Gio scuotendo la testa.
Cercai di vedere la gravità di quelle voglie ma entrambi ci impedirono di farlo, eravamo già troppo in ritardo per la lezione.
Entrammo in classe stupiti di non essere gli unici in ritardo.
Erano tutti provati.
Noi ragazze alla prima ora avevamo la lezione di educazione fisica e finalmente ci fu permesso di riconsegnare i bambolotti. Salutammo il nostro che fu l'unico che si mise a piangere dopo che ci separammo da lui.
Venimmo poi a sapere di essere state le più brave.
Sapevamo entrambe, io ed Elena, che non era una buona cosa.
Una volta in classe ci toccò la lezione di Esposito.
Io mi misi il più distante possibile, non volevo più neanche parlarci assieme a quello lì ed era comunque l'ultimo dei nostri problemi.
Sia Gio che Elia andarono in infermieria a farsi controllare e io ed Elena rimanemmo in silenzio durante la lezione di Esposito.
A fine lezione, mentre mi accingevo ad andarmene al più presto, Esposito mi chiese se potevo aiutarlo e io decisi di rifiutare proponendogli di farsi aiutare da qualcun'altro.
E quando vide il mio rifiuto cambiò le carte in carta, disse che voleva fossi io ad aiutarlo e che non era una richiesta cordiale ma bensì un ordine da lui imposto.
Dissi ad Elena di aspettarmi in infermieria e seguii il professore contro voglia.
Lo aiutai a catalogare le nostre vecchie verifiche scritte e rimasi assolutamente in silenzio.
La biblioteca scolastica era piccola rispetto a quella che frequentavo e quando finii con la catalogazione, sollevai il mio zaino da terra.
«Io vado.» Dissi fredda avvicinandomi ala porta.
«Mi stai tenendo il broncio per via di ieri?»Chiese sbeffeggiandomi, come se fossi stata una stupida ad essermela presa.
Percepii immediatamente quel tono e mi infuriai.
«Lei mi ha umiliato davanti a tutti. Cosa si aspettava che facessi? Sorridessi facendo finta di nulla? »Mi ero avvicininata per pericolosamente a lui.
In quel momento non mi importò delle conseguenze, la rabbia e l'irritazione che mi stavo portando da ieri dovevo sputarla e lo feci attaccandolo.
«E sa cosa? Ho ricontrollato la ricerca e non c'erano gli errori che tanto mi ha criticato, quindi oltre ad essere perfido è anche un incapace nel proprio lavoro.»Lui mi guardò dritto negli occhi e capii che ero spacciata, che avevo parlato troppo.
Feci due passi indietro come per andarmene.
«Mi... Mi dispiace, non volevo» Cercai di giustificarmi pentita delle parole di troppo.
Lui non disse, mi prese la mano e mi attirò velocemente a sé prima di guardarmi dritto ed intensamente negli occhi.
Una sua mano iniziò a sfiorarmi il viso e io deglutii piena di ansia.
Ci guardammo negli occhi per una buona manciata di secondi e chiusi gli occhi.
«Perché chiudi gli occhi?»Mi chiese all'orecchio e mi morsi il labbro inferiore dal nervosismo.
«Perché potrebbe darmi uno schiaffo e avrebbe tutte le ragioni per farlo»
Lo sentì sospirare e ridacchiare.
«E se ti volessi baciare cosa diresti?»
Riaprii gli occhi perplessa e quando il mio sguardo incontrò il suo scossi la testa.
«Che è un folle» Risposi mentre sentivo il mio cuore battere davvero velocemente, talmente tanto che, se quest'ultimo ne avesse avuto la possibilità, sarebbe saltato fuori immediatamente.
Lui doveva aver percepito il mio nervosismo e cosi prese una mia mano e se l'appoggiò esattamente sul suo cuore.
Spalancai gli occhi dallo stupore quando notai che anche il suo era così incontrollato.
«Allora permetti ad un folle di baciarti?»Richiusi gli occhi come per dargli il consenso di farlo.
Era oramai palese e non potevamo più tornare indietro. Le sue labbra sfiorarono le mie, le mie mani cingevano i suoi avambracci mentre entrambe le sue mani erano posizionate sulle mie guance.
Era il mio primo bacio in assoluto e non sapevo baciare. Non sapevo onestamente da dove iniziare, dovevo essere apparsa molto statica.
Ma nonostante ciò lui non me lo fece pesare, non si spinse oltre e si staccò dalle mie labbra in un modo che, per un attimo, mi fece credere di aver perso il respiro.
Era riuscito in quei pochi secondi di tenerezza a darmi così tanto che, quella separazione, aveva causato in me una crisi, ero già totalmente immersa in lui.
Tenni ancora gli occhi chiusi e lui con il pollice accarezzò le mie labbra.
Tutto quel susseguirsi di nuove emozioni mi fecero iniziare a tremamare leggermente, un tremolio che cercai di controllare.
«Hai ancora gli occhi chiusi...» Mi fece notare e io non volli staccarmi per niente da lui. Una delle mia mani difatti ancora stringeva una delle sue.
«Temo che appena li riaprirò mi sveglierò in camera mia» Dopo qualche secondo decisi comunque di riaprire gli occhi e lui era ancora lì che mi sorrideva.
«Non riesco a smettere di pensarti...»Ammise lui e abbassai lo sguardo imbarazzata.
Avrei dovuto rispondere lo stesso, che lo odiavo ma che allo stesso tempo lo amavo ed ero fortemente attratta da lui.
Ma non dissi nulla, mi limitai a strofinare le mie mani, innervosita, una contro l'altra.
«Dii qualcosa... Te ne prego.» Chiese in tono quasi supplicante e io non potei fare a meno di sorridere.
Mi limitai ad avvicinarmi a lui per dargli un altro tenue e veloce bacio sulle labbra.
«Devo andare...» Il mio tono era visibilmente affranto e lui mi trattenne ancora un po'...lo fece come meglio poteva: Mi guardava, mi accarezzava e non diceva nulla che potesse in qualche modo rovinare quella atmosfera.
Sapevamo entrambi di esserci cacciati in un guaio e che dopo quel bacio ne sarebbero susseguiti altri e chissà cos'altro e devo ammettere che la cosa, seppur mi spaventasse, mi eccitasse.
Il mio cervello da ragazzina sognante aveva già inziato a navigare con la fantasia. Iniziai già a pensare ad una casa, dei bambini assieme.
Fu il professore, tuttavia, a farmi tornare con i piedi per terra.
«Sarà il nostro segreto...» Sussurrò al mio orecchio poco dopo provocando in me una serie di leggeri ed eccitanti brividi. Dopo di che, come per ricomporsi, mi disse che potevo andare via. Sottolineò sul lotevo perché altrimenti avrebbe giovato volentieri della mia compagnia.
«E scusami per ieri»Aggiunse e io scossi la testa per tranquillizzarlo.
Quel bacio mi aveva scombussolato tutto, percepivo sensazioni nuove, la pelle d'oca, il sapore delle sue labbra che avevo avuto il privilegio di baciare.
Ci guardammo ancora, non ci staccammo gli occhi di dosso, nemmeno quando ebbi la mano sulla maniglia, pronta ad uscire.
Quando finalmente mi decisi di farlo ero molto spensierata, mi sentivo molto leggera, per quei attimi mi dimenticai veramente dei problemi circostanti a me.
La musica allegra finì di suonare quando vidi Gio ed Elia distesi sulle loro barelle in infermieria e tutto ciò mi ricordò che non ero in una favola con un lieto fine e che dovevo svegliarmi, vivevo all'inferno.
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