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Capitolo 12

Una volta a casa, terminati i miei ordinari compiti, incominciai a studiare per la patente di guida con molto impegno. 
Studiai un anche una buona ora con papà che non aveva da fare in casa. 

Il bambolotto dormì con me la notte, mi svegliò solo una volta, ma per il resto fu veramente bravo. 

La mattina fui svegliata da voci in cucina. Era presto e così, ancora in pigiama, scesi per vedere perché alle 6;30 ci fosse tutto quel casino. 

Vidi al tavolo Elia, Giorgio, Elena e Valentino che facevano tranquillamente colazione mentre Andrea, il papà di Vale e Gio, aggiustava qualche cosa che all'inizio non compresi molto bene. 

«Ciao..»Dissi poi strofinandomi gli occhi e sedendomi a tavola con loro. Erano addormentati anche loro, Vale più di tutti. 

Mi salutarono tutti e, mentre mia madre si apprestava a prepararsi per il suo lavoro, mi assicurai che gli ospiti facessero una buona colazione. 

«Come mai qui? »Chiesi poi mentre spalmavo la marmellata sul pane bianco. 

«Perché i nostri genitori partono per Roma per un corso di aggiornamento»Disse Elena.
Guardai quel pelato di mio padre che alzò le spalle con non curanza. 

«Non lo sapevamo e ora dobbiamo andare a prendere il primo treno per Roma»Ci annunciò Andrea con la sia immancabile camicia nera e grigia... Una versione triste da boscaiolo, lui diceva sempre così. 

Si grattò la schiena e mi chiese se potevo versargli del caffè in una tazza. 
Aveva una sigaretta in bocca, aveva il medesimo vizio del figlio. 
Non era per niente somigliante ai figli, aveva una corporatura massiccia e una barba mezza bianca lunga. 

Aveva i capelli lunghi e castani scuro e anche se il suo aspetto sembrava minaccioso in realta era un gigante buono. 

Mi aveva insegnato lui ad andare in bicicletta e stare in piedi con i pattini. 
Diciamo che era un folle ma nel senso buono della parola. 

Passai ad Andrea il suo caffè e lui mi ringraziò con un buffetto sulla guancia. 

«Andate adesso? »Chiesi poi e i due padri annuirono.

«permesso!»Urlò all'improvviso Carlos, padre di Elia accompagnato da Wei, o meglio Walter (così si faceva chiamare da tutti), il padre di Elena. 

Venni a scoprire che dovettero procurarsi dell'attrezzatura e dei libri di testo che Carlos aveva prontamente gettato nella sua soffitta piena di scarafaggi e chissà che cosa. 

Ci mettemmo tutti a ridere mentre Walter ci spiegò che il disordine in quella stanza era paragonabile a quella del cervello di Carlos. 

«Tuo padre è un grande maleducato Elena, mi ha insultato in cinese»Si lamentò Carlos ed Elena si mise a ridere. 

«Papà? »Richiamò Elia il padre. 

«Cosa? Okay, Ammetto di averlo provocato prima, ma lui mi ha insultato»Disse in sua difesa Carlos. 

«Potete smetterla di comportarvi come bambini di tre anni e vi decidete ad accompagnarmi a lavoro? Avete 50 anni ciascuno e state ancora a piangere su chi ha insultato chi. » gli rimproverò mamma e loro chiesero scusa. 

«Okay noi andiamo, Cécile fai attenzione ai fornelli spegni tutto. Chiudi la porta a chiave sempre.» Furono le indicazioni dei miei. 

I genitori ci lasciarono soli e io andai a cambiarmi per la scuola. 

Valentino, dato che c'era tempo, ci disse come si era svolta la riunione il giorno prima... A grandi linee perché non voleva ci immischiassimo troppo. 

Uscirono fuori confessioni shook e voci riguardanti chip rintracciatori. 

Quel giorno tra l'altro ci avrebbero aspettato alla piazza due esecuzioni pubbliche... Le prime. 

Elia insistette sul fatto di voler andare a vederle ma Elena dimostrò la sua contrarietà. 

Valentino disse che era a lavoro ma che neanche fosse stato libero ci avrebbe partecipato. 

Giorgio disse di voler seguire Elia per assicurarsi non combinasse guai e io concordai con Giorgio. 

Valentino ci accompagnò tutti a scuola, io mi misi dietro assieme ai ragazzi mentre Elena si mise davanti con Vale e il bambolotto. 

Era raro vederci tutti insieme così.
Elia mi stava soffocando e Giorgio pregava tutti i santi a finché creassero un telecomando per spegnere Elia. 

Non doveva bere il caffè. Non doveva proprio.

Quando finalmente giungemmo a scuola, diedi un calcio sugli stinchi a Elia per non essere stato tranquillo in auto e dopo di che ringraziai, una volta che tutti iniziarono ad avviarsi verso scuola, Valentino che pareva un cadavere. 

«Quanti anni ha la ragazza che ti piace?»Chiesi innocentemente ricevendo però un due di picche. 

«Vai a studiare, dai »Gli feci una linguaccia che lui ricambiò e poi corsi a raggiungere i miei compagni. 




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