Per Party-to Preso... (Finale Principale)
TZZZZ!... Sette anni dopo.
Sono passati sette anni. A stento ricordo dove fosse quel palazzo né come fosse organizzato quel PARTY. Di tutto quell'evento, ho in mente solo vaghi frammenti. Forse, ricordo unicamente ciò che ho fatto subito dopo: ossia niente.
«Sei pazzo, pazzo!»
Ora mi trovo nella mia stanza, a casa mia. È trascorso parecchio tempo da quell'assurda avventura nell'attico, ma i ricordi di tanto in tanto riaffiorano, senza un senso preciso. Io, come si fa con i fiori recisi, li lascio lì a morire in un vaso, lontani dalle mie allergie.
Ogni tanto, nella mia mente riappare l'immagine di uno stallone che corre, spaventato. Uno stallone, sì, se così si può definire.
«Sì, come no... dicono tutti così...»
Scappai da quel PARTY e, se non ricordo male, andai dritto al college... O forse no? La gente lì beveva, si drogava, tentava di vedere e diventare chissà che cosa. Ma era vero divertimento, quello?
Ogni tanto, dei flashback mi tormentano. Ho un puzzle difficile da ricomporre: non ricordo se fossi davvero al college oppure in un ufficio, sul posto di lavoro. Probabilmente ero in ufficio: alla fine, io al college non ci sono mai stato.
Tutto appare confuso, offuscato. A tratti affiora qualcosa, ma poi sparisce.
Come avrei voluto non accettare quell'invito...
Tutto ciò che mi torna in mente sono volti deformi e basta. Mi fa ancora ribrezzo il pensiero di diventare così "uguale" agli altri, così normale.
«Come me? Come tutti?»
Oggi ho buttato via il cellulare e ho lasciato l'università — ammesso che ci fossi mai andato, eh.
«È ufficiale: sei impazzito...»
Forse sarò pazzo, forse no. Non m'importa del Sistema, della mia carriera, della reperibilità sui social: preferisco concentrarmi su ciò che posso fare ora, su ciò che conta per davvero, ciò che è reale.
(Ero in ufficio? Al college? All'università?)
In ogni caso, lavorare davvero come uno vorrebbe è un'utopia. Voi annuite, vero? Che io studiassi come un forsennato o no, la "solita minestra" da mangiare sarebbe sempre servita, per tutti. E pure sui social, non sarei mai reperibile come vorrei, né per chi vorrei, nemmeno collegato ventiquattr'ore su ventiquattro. Tanto vale provare a vivere sul serio, e infischiarsene delle visualizzazioni.
Un vecchio amico diceva: "Il più grande nonsense per un nonsense è avere senso." Credo sempre più che questo nonsense abbia un suo scopo, un suo sistema. Forse un obiettivo c'è, e noi semplicemente non dobbiamo vederlo. Una volta notato, ahimè, tutto diviene decifrabile, prevedibile, monotono, misero.
«Sì, come no...»
Tornando al tema della reperibilità costante, ora lascio che siano gli altri a fare quel passo in più, se davvero mi desiderano. Non è questione di egoismo: è un modo per filtrare le persone, distinguere chi cerca solo "seguaci" (come in una setta) da chi desidera essere umano insieme a me.
«Quindi non vuole che gli altri le scrivano?»
Che mi scrivano lettere, allora! Oppure che vengano a trovarmi di persona, davanti a una bella tazza di cioccolata calda.
«Il tempo è poco, amico. E le cioccolate calde costano care, di questi tempi...»
Eppure, è lì che i nostri ricordi si immergerebbero nelle nostre menti, reciprocamente, senza password né schermi fra noi. Ho troncato le possibilità di una normalità fatta di discorsi sguaiati, feste sfrenate e ribellioni di facciata, ma ci ho guadagnato in personalità. Ho iniziato a suonare la chitarra sul serio! Riesco persino a eseguire "Wish You Were Here" dei Pink Floyd in maniera, oserei dire, sublime. Come chitarrista, adoro Gilmour, e voi? Accomodatevi pure...
E anche se vorrei che foste qui con me, immaginate che sia io a suonare il brano, adesso. Senza playback, dal vivo, proprio come farebbe Gilmour. Immaginatevi tanti altri lettori che cantano insieme a voi. Immaginate di stare insieme. Immaginate la calma. Immaginate la musica... allora inizio, ok? Orecchie aperte, occhi chiusi.
https://youtu.be/Ve3hsPpFY7Y
Come forse avete intuito dalle mie parole, io so di non esistere. Uno stallone non può suonare un brano dei Pink Floyd, così come un essere umano (per ora) non può vivere senza stressarsi almeno un pochino. Sono solo un personaggio creato da uno scrittore matto, ma questo non implica che io non esista affatto: sono un'estensione del mio creatore, che mi ha dato voce. Che io nitrisca o parli non conta. Sì, è vero, non esisto realmente. Ma voi sì (giusto?).
Io non posso fare quello che potete fare voi. Il mio essere è limitato a un racconto, ed è schiavo dell'immaginazione, del vostro Sistema.
Voi, invece, no: il vostro essere è vincolato soltanto dall'eternità.
Non rendetevi schiavi di un tempo stupido e maligno. Siate anomali. Siate in contrasto con la normalità marcia del mondo. Siate bizzarri.
Siate Schiavi della Libertà.
Ve lo confido qui, in questo discorso privo di un vero ordine cronologico, per partito preso... e adesso, lasciatemi pure volare, come solo gli stalloni digitali sanno fare.
Fine
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