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Parte 4







Aveva impiegato un giorno intero ad arrivare al villaggio più vicino, anche se in realtà i chilometri erano pochi.

Era stanco, solo, disperato, non aveva più forze neanche per camminare.

Vide in lontananza un campanile e si trascinò in quella direzione finchè gli ressero le gambe.
Svenne prima di capire da dove veniva la voce che richiamava la sua attenzione.

Il giovane soldato che trovò accanto a se quando si risvegliò, non era della sua unità.
Soldato semplice Jordan, fanteria corazzata. Lo portò al loro avamposto. Chiese più volte informazioni sui suoi compagni.
Su Horan, Malik, Payne.

Non aveva trovato i loro corpi e a meno che non fossero smembrati in mille pezzettini, in quella fossa non c'erano più.

Potevano essere stati uccisi poco lontano però. Catturati ed uccisi.

I Tedeschi iniziavano una inesorabile ritirata, non avevano tempo adesso di portare prigionieri con loro. Ma la certezza ovviamente non c'era.

Chiese di Louis.

Ad ogni soldato che incontrava, chiedeva di Louis.
Nessuno lo conosceva.
Nessuno aveva notizie.

Lo aveva perso.

Il soldato Jordan dopo averlo portato dal suo capitano, per cercare di aiutarlo, gli offrì un po' di tabacco e dei fogli di carta. Magari avrebbe voluto scrivere qualcosa a qualcuno.
Harry lasciò poi al soldato, il nome dei suoi compagni e quello di Louis.

Si stavano dirigendo verso Caen, magari qualcuno sapeva di loro. E forse se erano in due a chiedere, avrebbe fatto la differenza. Il capitano gli disse di unirsi a loro, non poteva restare lì.

Harry era disperato.

Doveva cercare Louis non poteva avanzare, lasciandolo indietro.

Rifugiandosi in un angolo buio della casa usata come avamposto, ormai dilaniata dai colpi di mitragliatrice alleati, si lasciò sopraffare dalla tristezza, lasciandosi cadere a peso morto sul pavimento in solitudine. L'indomani sarebbero partiti e non c'era traccia di Louis. Neanche l'ombra dei suoi compagni.

Era lui l'unico sopravvissuto alle granate tedesche.

Solo.

Con la schiena appoggiata al muro, lasciò andare tutte le lacrime che aveva in corpo.

L'angoscia e il dolore lo dilaniavano, lo spezzavano, lo aprivano in due.

Non respirava, il petto gli faceva male, il cuore gli tremava e voleva uscirgli dal corpo.

Le lacrime non si fermavano, le urla le soffocava in un braccio appoggiato alle ginocchia, stava piegato su se stesso, rannicchiato.

Se Louis era morto, voleva morire anche lui.
Nulla aveva senso senza di lui.
Non voleva vivere con la sua assenza.
Non voleva vivere senza i suoi occhi.
Non voleva vivere se lui non esisteva più.

Ma non poteva essere morto.

Louis era forte, era coraggioso. Ovunque fosse ce l'avrebbe fatta, ne era certo. Il pensiero di saperlo in mani nemiche, fucilato, torturato, accoltellato, esploso in mille piccoli pezzettini, dilaniato dalle bombe non lasciava però la sua mente, e questo lo distruggeva.

Doveva trovarlo, ad ogni costo.

Non lo avrebbe lasciato, non lì o dovunque fosse.

Mai.

Non riuscì a chiudere occhio. La mattina gli avevano recuperato un elmetto, un fucile, una pistola e un malconcio zaino completamente insanguinato, probabilmente appartenuto ad un soldato ormai morto. Iniziò l'inesorabile marcia insieme al reggimento a cui si era unito.
Era spaesato.

Non sapeva più neanche, come si faceva a sparare. Le mani gli tremavano. Era difficile anche solo impugnare un'arma.

Non c'erano occhi blu che conosceva vicino a lui.

Non c'erano sorrisi sinceri e battute pronte.

Non c'erano gli sguardi complici che erano soliti scambiarsi.

Non c'erano le sue mani che gli porgevano la stessa borraccia da cui bevevano, facendo a turno per trasportarla.

Non c'era Louis che gli camminava accanto.

Non c'era la sua presenza che era l'unica cosa che lo rassicurava in quella fottuta guerra.

Il cielo era scuro e carico di pioggia sopra di lui. Facce sconosciute lo guardavano, lo fissavano.



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Arrivarono all'ultimo avamposto vicino Caen, dopo cinque giorni di marcia. Ormai erano quasi due lunghe settimane che Harry cercava in ogni modo di buttarsi nell'azione.

Ogni volta che un nemico era alla loro portata, come spinto da follia, lo attaccava, lo uccideva.
Negli occhi, fiamme rosse di vendetta.

La disperazione aveva lasciato il posto all'astio, all'odio.

Quei nemici gli avevano portato via Louis.
Era rimasto solo, per colpa loro.

Per non pensare troppo, per non dover soffrire oltre, cercava di uccidersi, lanciandosi nell'azione, facendo mosse avventate, pericolose.

Ma l'istinto di sopravvivenza spesso prendeva il sopravvento.
Codardo.

Non aveva più nulla da perdere.

Non voleva più soffrire.

Ma un minuscolo barlume di speranza non riusciva a fargli prendere la decisione finale di lasciarsi morire. Quella stessa sera quando raggiunto il villaggio si accamparono, successe qualcosa.

Un gruppo di soldati stava ridendo mentre bevevano whisky da una bottiglia scura e sudicia, giocando a carte, per un po' di svago. Il poco che gli era concesso. Harry gli passò davanti, come al solito muto, con lo sguardo perso, stravolto, ricoperto del sangue di qualcuno.
Voleva isolarsi come ogni sera, dentro il suo dolore, nella solitudine.
Ma poi una voce lo richiamò

"Ehi Styles, vuoi proprio farti ammazzare è?"

Harry in un primo momento non badò a quelle parole, continuò a camminare lento.

"Styles che fai? Non parli neanche è? Vai a rifugiarti in qualche angolo per piangere?"

Tutti intorno a lui ridevano, ridevano a quelle parole dette con superficialità per ferire.

"Sapete, piange ogni notte, come un bambino. Che fai Styles, ti manca casa tua? Vuoi tornare dalla mamma?"

continuavano a ridere.

"Poverino vuoi la tua mammina? Ti hanno lasciato tutto solo?"

il soldato che aveva parlato e che continuava a ridere sguaiato, venne investito da un pugno fortissimo in pieno volto, all'improvviso, non lo vide neanche arrivare.

Una scarica di schiaffi e pugni lo colpì. Harry come una furia scaricava tutta la rabbia che aveva in corpo su di lui. Su quel soldato che aveva osato parlare di sua madre, su quel soldato che aveva osato giudicarlo.

Lui non sapeva, non sapeva nulla.
Brutto figlio di puttana maledetto.
Doveva solo tacere.
Zitto.
Zitto.
Zitto.
Doveva solo stare zitto.

Gli occhi gli erano diventati rossi.
Le mani gli facevano male e si erano aperte in più punti mentre le nocche colpivano il volto del ragazzo ormai a terra.

Nessuno osava dividerli, la furia di Harry era cieca.

"Fermi!"

gridò qualcuno, ma lui non sentì e continuò a colpire e colpire e colpire.

"Fermi, fermi ho detto!"

Riconobbe solo all'ora la voce dalla quale provenivano quelle parole.

"Styles falla finita e vieni con me immediatamente!"

Harry si fermò.

Si sollevò piano dal corpo del soldato.

Il viso insanguinato, mezzo tumefatto. Sicuramente gli aveva spaccato il naso.
Non gli importava.

Come un automa seguì il capitano in silenzio. Dentro la tenda appena allestita Harry si mise sull'attenti. Il capitano sempre in silenzio, prese una lettera dallo zaino che teneva sopra al baule malconcio con lo stemma dell'esercito Britannico.

"Riposo Styles"

si avvicinò

"Farò finta di non aver visto nulla di quello che è appena successo"

Harry irrigidì la mascella nervoso.

"Le targhette che ci hai riportato giorni fa, sono state utili per il riconoscimento dei tuoi compagni, le famiglie sono già state informate della loro sorte".

Harry ascoltava, lo sguardo basso e le braccia dietro la schiena.

"Ho visto come combatti negli scontri a fuoco, so che una furia simile si ha solo in due casi purtroppo."

il soldato teneva ancora lo sguardo basso, ascoltava con attenzione, il cuore a battergli feroce nel petto.

"Quali dei due siano, non posso saperlo, ma credo che tu debba avere questa, non possiamo permetterci di perdere un soldato come te, l'esercito Britannico ti ringrazia".

Il capitano gli porse la lettera che teneva in mano.
Il ragazzo dagli occhi verdi all'inizio non capì bene, poi con mani tremanti e battiti del cuore impazziti che non gli davano tregua, aprì la busta.

"Congedato"

sussurrò Harry

"Congedato con onore Styles!"
affermò l'altro.

Rimase immobile, fermo, non respirava.

"Hai salvato più di una vita laggiù in quella fossa, nessuno ti ha trovato ma i tuoi compagni si ricordano delle tue azioni a differenza tua".

Harry ancora immobile alzò lo sguardo sul capitano.

"I miei compagni?"

"Si, Horan, Malik e Payne, erano con te giusto?"

Harry annuì

"Sono in un sanatorio adesso, erano malconci quando li abbiamo trovati ma hanno raccontato com'è andata e hanno descritto il gesto eroico che avete fatto".

Il soldato deglutì, non voleva credere a quello che gli stava dicendo il capitano

"Sono vivi?"

"Vivi e vegeti quei grandissimi figli di puttana, avete fatto saltare un panzer con dentro non so quanto esplosivo!"

Il capitano iniziò a ridere, sembrava incredibile perfino a lui.

"Quei Crucchi bastardi stavano per distruggere il villaggio vicino, stavano per far saltare il ponte, ma voi eravate lì, ed affrontandoli avete fatto sì che l'unico collegamento con la sponda vicina non fosse distrutto, avete salvato più di una vita direi!"

Harry sentì un piccolo calore nel petto, si stava quasi risvegliando da un incubo infernale.

"Signore?"

"Mmh?"

"Posso chiederle se ha notizie del Sergente Tomlinson?"

Pronunciare quelle parole gli costò una fatica inumana, non parlava da giorni, e dire il suo nome era come morire, non voleva sapere, ma da una parte voleva, era confuso.

"Tomlinson... "
ci pensò un attimo, si prese il mento tra le mani come a pensare.
Come a cercare di ricordare qualcosa.
Harry continuò

"Era nella mia unità, non ho trovato nulla..."

trattenne un attimo il fiato, il dolore lo immobilizzava, deglutì ricacciando indietro la bile

"...non ho trovato il corpo o altro, ma...era lì con me".

Stava per cedere.
Ricordare, lo annientava, lo distruggeva.

"No mi dispiace, nessun Tomlinson!"

Harry fu nuovamente colpito da un macigno sul cuore, neanche lui sapeva più cosa pensare.

Era devastato.
Louis sembrava scomparso nel nulla.
Come mai esistito.

Dopo pochi secondi che parvero ore il capitano parlò di nuovo

"Devo però chiederle di svolgere un ultimo compito Sergente Styles".

Harry si rimise sull'attenti, era scosso, sconvolto, ma il dovere era dovere.

"Signor si signore!"

disse piano, ma con convinzione

"Deve tornare indietro, con un mezzo dei nostri, la scorterà un sottufficiale"

"Dove sono diretto signore?"

"Deve andare a prelevare un Sergente che come lei è stato congedato, non conosco il suo nome, la notizia è arrivata stamattina insieme alla sua. Ha riportato ferite molto gravi, è all'ospedale militare di Amiens"

si sentì morire.

Quanto ancora doveva durare quella tortura?

Lui doveva trovare Louis.

Non poteva ne essere congedato ne andare a prendere uno stronzo rimasto storpio, per riportarlo a casa.

Il capitano continuò

"Da lì andrete direttamente a Calais, una nave vi aspetta per tornare in patria. Ci sono solo alleati per tutto il tragitto, è terra liberata, sarà un viaggio tranquillo".

Harry mise una mano vicino alla fronte in segno di saluto al capitano

"Signor si signore!"

fece per andare

"Styles?"

Harry si voltò

"La patria è fiera di ragazzi come te, dovresti esserlo anche tu".

Il capitano lo guardava, Harry annuì e girandosi uscì scansando le tende.

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Quel mattino la nebbia sovrastava ogni cosa.

Era estate eppure l'umidità non abbandonava mai quelle zone.
La nebbia era fitta e densa e non lasciava modo di vedere nulla.

Johnson si avvicinò a loro in silenzio quasi di soppiatto, tornava da un giro ricognitivo al di là della piccola boscaglia che li divideva dal villaggio in cui dovevano andare.
Silenzioso, furtivo.

"Sono circa 20, hanno un panzer e almeno quattro MG 42, siamo nella merda!"

"Cazzo!"

"Porca Puttana!"

dissero Harry e Louis all'unisono.

Parlavano piano.

Si stavano rifugiando bassi in un piccolo fossato, quasi una trincea che faceva da margine tra la strada ormai diventata un sentiero e l'inizio della boscaglia. Non avevano altri ripari, solo quello e la nebbia. Una volta diradata l'avrebbero visti. Erano nei guai, guai seri.

Non potevano battere in ritirata, dovevano avanzare quelli erano gli ordini. Il villaggio vicino era di vitale importanza, Liam doveva assolutamente contattare il comandante con la radio e momentaneamente era fuori uso. Gli servivano batterie ed un riparo. Lì avrebbero trovato tutto.

Ma come ci arrivavano?

Cercarono di organizzarsi, nel miglior modo possibile.

"Zayn, devi metterti sulla destra, ho bisogno dei tuoi occhi e del tuo fucile per capire se si avvicinano"
Il cecchino scelto annuì ad Harry e si mise più in alto degli altri a pochi metri di distanza, completamente esposto.
Era l'unico che poteva capire quando e da dove sarebbero arrivati. Il rumore del cingolato che avanzava lento, ancora non si sentiva, avevano qualche minuto di vantaggio.

"Horan devi cercare di mettere almeno quattro mine a cento metri da qui, Evans ti guarderà le spalle!"

I due ragazzi annuirono agli ordini, cercarono di muoversi il più veloce possibile

"Louis che facciamo?"
chiese Harry al castano accanto a lui.

Stava fissando la nebbia di fronte a se, accovacciato come tutti gli altri dietro il fossato. Gli occhi limpidi a scrutare qualcosa che ancora non si vedeva.
Irrequieto, il cuore che gli batteva a mille.
Una goccia fredda di sudore gli scese da una tempia sotto l'elmetto.
I nervi tesi all'inverosimile

"Siamo nella merda porca puttana!"

"Questo l'ho capito!"

"Se Niall riesce almeno a rallentare il panzer possiamo avere vantaggio..."

si voltò verso Harry e continuò

"...Dobbiamo colpire gli stronzi che hanno le MG, sennò siamo fritti!"

Il ragazzo dagli occhi verdi annuì

"Dobbiamo essere pronti e stare uniti!"

Il cuore gli batteva nel petto velocissimo.
L'adrenalina iniziava a scorrere.
C'era chi stava pregando con un crocifisso tra le dita, chi stava scrivendo qualcosa su un pezzo di carta, forse alcuni pensieri che sperava sarebbero arrivati a destinazione, se loro, nella peggiore ipotesi non avessero potuto portarli.

Erano soldati si ma anche altro.
Molto altro.

C'era chi aveva già una moglie come Johnson, sentinella e unico soldato di colore del loro gruppo.
Chi era diventato padre da poco come Harris, ma suo figlio ancora non lo aveva mai visto.
Chi invece aveva solo diciassette anni come Rodgers, e ancora non aveva neanche sentito il calore di qualcuno nel suo letto.
C'era Evans che non parlava mai, nessuno sapeva nulla di lui solo che era un artificiere, unico nel suo genere.

Passarono alcuni minuti. Interminabili, lenti, quasi come se il tempo si fosse dilatato.
Il silenzio li sovrastava.
Una strana quiete aleggiava su di loro.
Finta, artefatta, bugiarda.

Sentirono un fischio flebile da destra, Zayn gli fece dei gesti con le mani, mentre teneva il fucile puntato sul bersaglio.

Stavano arrivando.

Horan e Evans ripiegarono in quel momento, si tuffarono nella fossa, accaldati e con il fiatone, l'adrenalina in circolo

"Fatto, spero solo che sia servito a qualcosa, sono praticamente qui!"

si zittirono tutti.

Iniziarono a sentire rumore di cingoli, flebile ma c'era, Malik li aveva avvertiti.

La nebbia ancora fitta, ovattava i suoni e celava ogni cosa alla vista.

Maledetta pianura del cazzo.

Louis si voltò verso Harry, erano vicini, spalla a spalla.

Negli occhi liquidi la forza che serviva ad entrambi.
Si trasmettevano coraggio dagli sguardi.
Cercarono di sorridersi.
Solo guardandosi si erano detti tante cose.
Sussurrarono solo una cosa

"Promesso"

Poi fu l'inferno.



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Congedato.

Su quella lettera che Mary gli aveva portato pochi minuti prima c'era scritto chiaro, congedato.

Le ferite riportate erano troppe e non avrebbe potuto riprendere il servizio attivo.
Sarebbero venuti a prenderlo per riportarlo in patria, a Doncaster, a casa.

Teneva quel foglio dattilografato stretto nella mano destra e quasi ci infilava le dita dentro. Lo aveva praticamente accartocciato.

Non poteva essere congedato.
Non adesso che camminava e si sentiva meglio.

Certo le ferite c'erano ancora ed era ancora a rischio infezione, ma poteva rientrare, si sentiva tutto sommato bene, fisicamente. Che gli avessero portato un elmetto e una pistola e lui si sarebbe messo in marcia da li a due ore al massimo.

Voleva andare, voleva con tutto se stesso.
Doveva cercare Harry, voleva trovarlo, voleva rivederlo.
Non voleva tornare a casa.
Non voleva finire quella stramaledetta e fottutissima guerra così.

Voleva combattere, voleva morire da soldato oppure vivere ma non da codardo, vivere per cercarlo.

Il congedo non lo poteva tollerare. L'unica cosa positiva di tutto quello, era che almeno, sapevano che lui era lì. Se Harry avesse chiesto a qualcuno magari glielo avrebbero detto.

Se avesse provato a cercarlo, magari lo avrebbe trovato. Era sicuro che lo stesse cercando ne era certo se lo sentiva, doveva raggiungerlo.

Oppure?

Oppure semplicemente Harry non c'era più.

Era morto.
Era esploso su una mina.
Era morto fucilato.
Era morto maledicendo qualche stronzo che stava per giustiziarlo.
La sua vita si era spenta.

No.

No.

No.

Doveva essere vivo.

Si riscosse dai suoi pensieri. Un flebile bussare alla porta lo riscosse

"Ehi, tutto bene?"

annuì a quel viso ormai familiare

"Buone notizie?"

Attese

"O cattive?"

"Non lo so"

rispose semplicemente.

L'infermiera avvicinandosi a lui in piedi nella stanza in cui dormiva, gli prese il foglio sgualcito che gli stava porgendo

"Congedato con onore"

guardò Louis

"Torni a casa!"

il castano annuì, ci fu silenzio.

Gli occhi di Louis ancora una volta, tradirono le sue parole e i suoi gesti sicuri. Mary comprese ogni cosa.

"Tu non vuoi tornare..."

gli si avvicinò di un passo

"...Tu non vuoi tornare senza di lui!"

il ragazzo tirò su la testa di scatto e la guardò negli occhi. Quel color nocciola così confortante, lo fece tremare.

Mary era stata paziente con lui, era stata l'unica cosa umana che aveva trovato dopo tutto quel dolore e quell'inferno. Aveva trovato in lei una sorta di conforto in quelle settimane.

Attimi di pace tra paura e angoscia.

"Non posso andare via"

gli disse infine, con voce flebile e spezzata

"Non posso farlo, non posso abbandonarlo ovunque sia".

Si voltò cercando di distogliere lo sguardo da lei, non voleva sentirsi così vulnerabile ma in quel momento lo era.

Non gli importava di nascondere quello che provava.

"Gliel'ho promesso".







Presto l'ultima parte di questa mini-long
Grazie per esserci e grazie a chi un giorno forse la leggerà.
XX

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