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Parte 2






Il sole estivo era caldo, le cicale frinivano rumorose.

L'erba all'inizio fresca contro la schiena, non gli dava più sollievo. Il suo corpo era però disteso e rilassato su quel manto verde.

Il rumore del vento e degli alberi che si muovevano al suo passaggio, gli cullava i pensieri. Era sveglio ma teneva gli occhi chiusi. Un braccio dietro la nuca a sostenergli la testa, l'altro invece cingeva il petto del ragazzo che stava appoggiando il capo sul suo addome.

Non c'era nessuno, solo loro.

Erano poco lontani dal punto in cui si erano accampati, era una domenica pomeriggio.
Arrivati il giorno prima da nord volevano riposarsi per poi dover ricominciare con la solita routine di preparazione delle armi e rifornimento merci al villaggio vicino, per poi ripartire con il resto della fanteria.

Passavano ogni momento libero insieme.
Quindi praticamente mai, l'avanzata alleata ormai era diventata veloce e repentina, era una corsa continua e dovevano arrivare all'obiettivo.

Da lì a pochi giorni si sarebbero staccati con un piccolo gruppo, procedendo su un altro percorso, per un obiettivo intermedio.

Durante i pochi mesi di addestramento in patria si erano odiati. Si erano picchiati, insultati, erano sempre in competizione tra loro. Due testardi, due caratteri forti. Si erano fatti male. Volontariamente. Si erano feriti con le parole e con i gesti. Nessuno dei due avrebbe mai ceduto, nessuno dei due si sarebbe tirato indietro o si sarebbe arreso all'altro. Nessuno dei due avrebbe finito quella guerra che si facevano ogni santo giorno.

Quando però la guerra e le battaglie, quelle vere, erano arrivate più reali che mai, e li avevano chiamati, si erano dati una tregua. Attimi di pace, momenti di riflessione. Avevano entrambi iniziato a conoscersi usando le parole e non i pugni o gli schiaffi. Avevano iniziato a confrontarsi.

I loro compagni inconsapevolmente avevano influito positivamente su di loro. Quando erano tutti insieme nella loro unità si potevano dire quasi amici. Quando erano con i più stretti compagni, si potevano quasi credere fratelli, si urlavano contro e si tenevano il muso, si sorridevano e scherzavano tra loro.

Avevano imparato a convivere vicini.
Stesso reggimento, stessa posizione, stesso grado militare.
Inconsapevolmente, si offrivano volontari per starsi il più possibile vicino ogni volta che potevano.
Ogni volta che una qualche missione richiedeva la presenza solo di uno di loro.

Non si lasciavano, vivevano in simbiosi.
Ogni tanto incazzandosi, urlandosi, ma sempre insieme.
Entrambi sapevano bene perché.

"Non voglio pensare a domani".

Sentì vibrare il suo addome perchè il ragazzo che ci si appoggiava aveva iniziato a parlare.

"Voglio solo poter stare qui".

Si sollevò aiutandosi con le braccia e sorreggendosi con i gomiti tirò su il busto guardando l'altro.

"E tu non pensarci!"

"Come faccio?"

"Pensa al presente, non pensare a domani, pensa ad adesso".

Si guardarono in silenzio.
Passarono alcuni istanti,dove le parole sembravano aver convinto il ragazzo.

"No, non ci riesco, sto troppo male sia se penso ad adesso sia se penso a domani"

Riappoggiò la testa sul bacino dell'altro.

"Lo abbiamo fatto altre volte, sarà veloce, il prossimo paese è vicino, faremo in un attimo".

"Invece no, in quella cazzo di pianura non c'è nulla, nulla di nulla, solo grano del cazzo e qualche fiorellino, poi solo mucche per chilometri, neanche un riparo, niente".

Il ragazzo che era steso sull'erba iniziò a ridere facendo definitivamente alzare l'altro.

"Che cazzo hai da ridere Styles?"

"Non lo so, mi fai ridere"

si alzò anche lui velocemente scuotendosi i pantaloni dall'erba

"Mi fai ridere perchè sembri davvero preoccupato"

Il castano lo guardò stranito

"Preoccupato? Styles forse non ti rendi conto..."

Si voltò dandogli le spalle e iniziando a camminare, l'altro lo seguì.

"...Quegli stronzi del cazzo sono dall'altra parte della fottuta collina, se urliamo un po' più forte ci sentono, a dividerci da loro solo qualche fottutissimo chilometro e quel cazzo di campo, e io non dovrei preoccuparmi?"

"Cos'hai contro quel campo?"

Il liscio si voltò con uno sguardo infuocato di rabbia.

"Vaffanculo!"

S'incamminò ancora più velocemente verso l'accampamento.

"Eh dai Louis scherzavo, fermati!"

"Non c'è un cazzo da ridere Harry!"

Il moro gli afferrò una mano riuscendo a fermarlo

"Lo so..."

Si avvicinò

"...lo so che non c'è nulla da ridere, ma la tua faccia preoccupata è adorabile".

Lo guardò di nuovo con uno sguardo dolce, un piccolo sorriso gli nacque spontaneo sul viso, ma poi...

"Vaffanculo! "

Ancora una volta il liscio si voltò e riprese a camminare a passo svelto.

"Louis porca puttana, ti fermi un secondo?"

Il ragazzo però continuava la sua marcia imperterrita.

"Quando la smetterai di sfottermi e sparare cazzate mi fermerò!"

Poi lo raggiunse, gli prese di nuovo la mano, questa volta attirandolo a se, i loro petti si scontrarono.
Harry era leggermente più alto di Louis, aveva i capelli più corti e i lineamenti del viso più dolci. Louis con i suoi zigomi alti e i capelli lisci che gli ricadevano sulla fronte lo guardava appena dal basso, il suo naso a sfiorare perfettamente le sue labbra.

"Tomlinson saremo insieme".

Louis sospirò quasi rassegnato.

"Saremo insieme, e quel fottutissimo campo lo attraverseremo in un secondo, saremo veloci e ce la caveremo! "

Louis sollevò appena lo sguardo su Harry. I loro occhi s'incontrarono, si guardarono a lungo.

"Promesso?"

Fece come una specie di broncio, come fanno i bambini, poi...

"Promesso!"

Harry sfiorò le labbra con quelle dell'altro, in un gesto delicato, in un gesto fulmineo, un bacio veloce, ma vero, sentito, sincero.

Perchè loro agli occhi degli altri erano solo due soldati, erano solo al servizio della loro patria e combattevano in una guerra che non avevano iniziato, in una guerra ingiusta che aveva portato via già tanti loro amici. Loro però sapevano di non essere solo soldati, sapevano di non essere solo amici.

Loro dell'amicizia avevano capito tanto, forse fin troppo, quando ne vedi morire tanti di amici, te ne rendi conto.
Loro, giorni prima su quella maledetta spiaggia ne avevano visti cadere a decine di amici.

Ma quello che li univa era un legame che andava ben oltre.
Era irresistibile, irrefrenabile, forte.

Con un sorriso Louis lo guardò ancora un secondo, poi ricambiò con un altro minimo gesto, un piccolo bacio rumoroso, e voltandosi ricominciò a camminare lasciando il moro indietro che lo guardava con la bocca appena socchiusa.

"Ti muovi Styles? Il mio culo è bello da guardare anche da più vicino! "

Ridendo Harry lo raggiunse, di nuovo.


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Sentiva un macigno sopra di lui.

Sentiva come una calda coperta che lo stava ricoprendo interamente, dal capo alla punta degli scarponi.

Non riusciva a respirare eppure sentiva di essere vivo. Il cervello rispondeva a tutti i comandi.

Muoveva piano le dita delle mani, un caldo asfissiante lo soffocava. Muoveva il capo e sentiva che aveva le orecchie e le narici piene di qualcosa, sicuramente terra, calda, umida, scura, quasi nera, questo lo ricordava.

Cercò di immettere aria nei polmoni ma non ci riuscì. Respirava a fatica, sentiva la terra anche dentro la bocca, era praticamente sommerso, la sua figura con un'occhiata da fuori, non si sarebbe vista.

Era completamente ricoperto, sotterrato vivo.

Riuscì appena a sollevarsi tirandosi su dalla posizione supina in cui si trovava. Non sentiva niente, niente neanche un rumore.

Neanche lo sfregare della divisa che si muoveva a contatto con la terra, niente intorno a lui. Forse un fruscio che riempiva il silenzio c'era, solo un debole fruscio fastidioso.

Si riscosse un attimo come se fosse stato imprigionato per diverso tempo in un incubo senza via d'uscita. Sputò per quanto poteva, tutta la terra nera dal sapore acre che aveva in bocca, un conato forte gli sconquassò l'addome, facendogli male, ma almeno adesso respirava. Era scosso, impaurito, cercò di guardarsi intorno mentre ancora seduto, si sfregava forte gli occhi ormai rossi al contatto con la fanghiglia lurida. Cercava di capire a tentoni, se tutti gli arti fossero al loro posto.

Era incolume.

Almeno gli sembrava.

Una tempia gli pulsava, la toccò appena e le sue dita si macchiarono di sangue, ma era quasi secco ormai, la superficie della parte destra del viso era tutta incrostata, il taglio che sentì sulla fronte, vicino all'attaccatura dei capelli non sembrava profondo ma bruciava.

Gli girava forte la testa. Cercò di alzarsi ma non ce la fece.

Intorno a lui nessuno.

Solo desolazione e odore di sangue.

Odore di terra e sangue.

Era ancora all'interno della bassa trincea che avevano improvvisato, sul limitare del bosco.

Il nemico non c'era più, i suoi compagni non c'erano più.

Nessuno.

Solo gli alberi e la terra scura che ancora sprigionava fumo lungo tutto il fossato che appena qualche ora prima li aveva malamente riparati.

Nessuno, nè amico nè nemico si palesò di fronte a lui. Il cuore iniziò a battergli forte nel petto.

Era solo, lo avevano lasciato lì.

Forse credendolo morto.

Ricordava che c'erano state delle esplosioni.

Granate.
Erano state delle granate a provocarle.

Avevano fatto saltare in aria tutto.

Si guardò ancora intorno e cercando di muovere un po' la bocca per cercare di riattivare il suo udito, vide corpi ovunque. Il cuore quasi gli uscì dal petto.

C'erano corpi dappertutto. Nessuno di questi si muoveva.
Si alzò piano e traballante sulle gambe che fortunatamente muoveva, si spostò su un lato della fossa, più riparato.

Non sapeva dove fosse il nemico, ma da soldato sapeva bene che stare nascosto era una di quelle cose che ti salvano la vita.

Gli occhi verdi pieni d'angoscia si riempirono di lacrime, non ce la fece a reggere oltre e si liberò.

Un pianto convulso, spaventato, scioccato.

Voleva urlare ma non ci riuscì l'istinto di sopravvivenza glielo impediva.

Si strinse la giacca sul petto con il pugno sinistro, cercando qualcosa a cui aggrapparsi per cercare di non spezzarsi in due dal dolore. Il cuore gli faceva male. Respirò piano, facendo uscire l'aria in forti sospiri e cercò di calmarsi.

Doveva agire.

Si asciugò le guance ormai nere di fuliggine e terra. Si alzò in piedi e controllò che nella fondina ci fosse almeno ancora la sua pistola. L'esplosione lo aveva scaraventato lontano, il suo zaino non era più con lui.
Doveva cercare aiuto.

Credendolo morto probabilmente lo avevano lasciato lì.

Dov'erano andati?

Dov'erano Horan e Payne?
Dov'era Malik?
Dov'era Louis?

Louis.

Louis.

Louis.

Louis.

Louis.

Il cuore gli si spezzò e le lacrime tornarono a scendere copiose.

Louis.

Louis.

Dov'era Louis?

Era ancora sotto cumuli di terra?

Era morto?

Era stato preso?

Dove cazzo era Louis?

Questa volta un urlo spezzato uscì dalla sua bocca e le labbra secche ed incrostate di terra non trattennero un gemito straziante.

Doveva cercarlo, lo doveva cercare ad ogni costo.
Iniziò ad aggirarsi per i cadaveri, li voltava e si assicurava che non fossero Louis.

Purtroppo passò in rassegna volti che conosceva bene.
Alcuni erano i suoi compagni, erano le persone con cui aveva condiviso quei lunghi mesi, gli amici che gli avevano guardato le spalle tante volte.

La sua unità.

Il dolore era tanto, quei ragazzi, sarebbero dovuti tornare a casa.

Evans, Johnson, Harris, Roberts.

Tutti morti, senza vita, uccisi dalla guerra, uccisi dalle granate, i corpi dilaniati.

Rossi, spenti.

Mentre li guardava, le lacrime non finivano di uscirgli dagli occhi.

Erano giovani, pieni di vita, bravi soldati, ragazzi onesti, figli, padri, mariti.

Ogni altro corpo che trovava, sperava non fosse...

Si sentiva morire dentro per quel pensiero, sperare che fosse il corpo di qualcun'altro.
Sperare nella morte di qualcun'altro invece che nella sua.

Si sentiva male, la bile raggiunse la sua gola, vomitò, questa volta dal dolore.

Non doveva essere lui.
Non voleva vedere il suo viso spento, tumefatto, freddo, bianco, rosso, morto.

Recuperò le targhette di riconoscimento dai corpi dei suoi amici. Piangeva mentre lo faceva, piangeva rumorosamente, piangeva di stanchezza, piangeva di dolore. Non riuscì a metterli tutti nella fossa, a qualcuno mancava un braccio, ad un altro una mano.

I corpi erano stati spezzati in più punti.

La giacca della divisa lo soffocava.

Non riusciva a respirare, tremava dallo shock.

Tremava e piangeva.

Doveva muoversi.

Doveva andarsene.

Doveva trovarlo.

Doveva trovarlo assolutamente.

Dov'era Louis?

Dov'era Louis?

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