Il paradiso (extra)
Bonus, perché mi sembra anche giusto dopo quaranta capitoli, e perché alcune lettrici erano curiose.
Xoxo❤️
Il mio riflesso tradiva la mia tranquillità. La mia immagine tremolava come una foglia sul vetro della finestra del bagno. Afferrai la saponetta e strofinai forte le mani. Poi mi bagnai la faccia e mi asciugai con la carta igienica, visto che ancora non avevamo disfatto gli scatoloni. Il bagno, così come ogni altra stanza della casa, era vuoto eccetto che per un paio di spazzolini, del sapone e la carta igienica. Lo stretto necessario per sopravvivere un paio di giorni mentre arredavamo la nostra nuova casa. L'aveva costruita tutta Gideon con le sue mani e quelle di alcuni collaboratori, come ultimo progetto di cantiere. Aveva smesso due settimane prima del matrimonio per concentrarsi sui test per entrare in polizia. Era modesta e accogliente, con le stanze quadrate e illuminate costantemente dal sole quando era giorno. Avevamo una veranda classica, con gazebo in legno e tendone ma niente giardino. L'impianto del gas e dell'acqua erano apposto, mancava solo la mobilia che sarebbe arrivata un paio di giorni dopo.
Mi fissai un'ultima volta allo specchio e mi sciolsi la coda, lasciando cadere le onde morbide sulle spalle. Avevo ancora il trucco del matrimonio mentre il vestito nero e argentato giaceva morente sul bordo della vasca. Cercai di rilassare le spalle con qualche movimento di stretching e mi misi persino a sgranchirmi le ossa. Piccolo vizio che avevo preso a causa di Gideon.
Presi un respiro e aprii la porta. La casa era in penombra, la sera era inoltrata e solo una fiaccola lontana rendeva meno opaco il mio tragitto. Seguii quella luce come una falena attratta e mi ritrovai nel soggiorno a fissare il materasso enorme che occupava gran parte del pavimento.
«Fa più fresco qui» disse Gideon, sdraiato già sul nostro precario letto. Portava ancora la maglietta ma si era tolto i pantaloni ed era in boxer. Faceva talmente caldo che aveva spalancato le finestre e teneva il ventilatore accesso in un angolo, per arieggiare.
Mi dava le spalle ma aveva avvertito il mio arrivo, così si era steso e mi attendeva. Cominciai a torturarmi le mani per l'agitazione. Quindi toccai l'anello freddo che mi circondava l'anulare. Lo fissai a occhi sgranati e m'innamorai di nuovo dell'uomo che mi stava aspettando pazientemente con una vaschetta di gelato tra le mani.
Certa che non sarei potuta tornare indietro, né l'avrei voluto per niente al mondo, piuttosto che frenarmi, corsi da lui. Letteralmente. Presi lo slancio e saltai sul materasso, facendo barcollare pericolosamente Gideon verso il bordo. Non che cadendo si sarebbe fatto male, il pavimento era lontano circa dieci centimetri.
«Che entusiasmo» Rise e mi porse la vaschetta. Mi sedetti sui talloni, davanti a lui, e presi la mia dose di gelato. Mentre mi godevo la prima cucchiaiata, notai lo sguardo fisso di Gideon su di me.
«Che c'è?»
Ci misi un secondo a realizzare cosa stava guardando. Non i miei occhi, né le mie spalle. Stava fissando le mie gambe, nude come lo erano le sue, e la canottiera con le bretelle di seta che avevo sotto al vestito. Ero vestita, o meglio svestita, quanto lui ma evidentemente vedere tutta quella pelle gli faceva ancora effetto.
«Toglila.»
Deglutii talmente in fretta il gelato che sentii il cervello congelarsi. Posai la vaschetta a terra e mi riabbassai sui talloni, guardandolo negli occhi.
«Cosa vuoi che mi tolga?»
«Tutto» sibilò a denti stretti, aveva posato anche lui la sua cena e adesso sembrava essere affamato di qualcos'altro.
Attendevamo tutti e due quel momento da ben oltre un anno, forse lui più di me, eppure non riuscivo a placare il mio cuore. Scalciava e galoppava come un vero cowboy, nella corsa della sua vita. Agganciai le dita ai bordi della canottiera e li tirai via lentamente dalla testa. Lui seguì il movimento e quando tornai a vedere il mondo, mi stava a un soffio dal naso. Posò le mani sul materasso accanto alle mie gambe e si avvicinò al mio collo, lasciando un languido bacio sul mento.
«Sei bella.»
«Anche tu.»
«E sei intelligente.»
«Anche tu.»
«E sei mia moglie.»
Sorrisi, estasiata dalla sensazione che davano i suoi baci sulla mia pelle e quelle parole nel mio cuore. Afferrai la sua maglietta e gliela sfilai, il che fu piuttosto semplice visto che Gideon aveva già alzato le braccia.
«Sono tua moglie.»
Le sue labbra toccarono una spalla, poi scesero lungo il braccio. Mi lasciai carezzare e adorare fino a che non esigetti di più, molto di più.
«Togliti tutto» gli sussurrai all'orecchio, nascondendo il viso nel suo collo per la vergogna. Ridacchiò sulla mia pelle facendomi salire i brividi lungo la schiena ma eseguì gli ordini come se non aspettasse altro. Nel corso dell'anno c'eravamo avvinghiati più volte, spinti lì dove presto non ci sarebbe stato più ritorno, ma non avevamo mai superato i limiti. Non lo avevo mai visto nudo e lui non aveva mai visto me.
Quando l'ultimo strato se ne andò, Gideon sigillò le nostre labbra, abbracciando il mio bacino. Mi aggrappai alle sue spalle e mi lasciai abbracciare dall'uomo che era destinato ad essere mio per sempre. Quella consapevolezza mi rendeva forte, felice e soddisfatta. Gideon era mio e io ero sua e niente avrebbe potuto cambiare questa condizione.
I nostri corpi s'incendiarono nel giro di pochi attimi. Le sue cosce presto aderirono alle mie e io sentii quella stretta ormai familiare e fastidiosa, che voleva essere messa a tacere. Le sue mani viaggiarono sul mio corpo più esperte di quanto ricordassi, conquistandomi carezza dopo carezza. Gli sussurrai di amarlo mentre mi toglieva tutto ciò che restava a coprirmi, affidandogli il mio corpo, la mia anima e ciò che restava del mio cuore che ancora non gli apparteneva. Adesso ero sua e mi sarei fatta prendere e conservare come quella margherita nella scatola. Mi avrebbe colto, accudito e custodito fino alla fine dei miei giorni. La situazione si ribaltò quando mi afferrò per le cosce e mi fece stendere sotto di lui con un'abile mossa. Risi sia per l'imbarazzo sia per la tensione e sentii il suo fiato riempire tutta la stanza buia. Eravamo illuminati da una lampadina mezza fulminata che ardeva sul piano della cucina, creando giochi di ombre sul muro alla nostra sinistra. Il materasso era nel bel mezzo del soggiorno e le tende svolazzano a ritmo della brezza estiva che riusciva a entrare, rinfrescando le nostre pelli in ebollizione.
«Sei perfetta per me» sussurrò affondando la testa nel mio collo. Sentii il suo corpo premere sul mio e ogni nervo si tese, pronto per accoglierlo. Allargai le gambe e avvolsi il suo bacino, poi gli abbracciai le spalle con le braccia e inclinai la testa per baciarlo.
«Porta tua moglie in paradiso.»
Fu quello che fece, senza esitazione. Così com'era entrato nel mio cuore e nella mia vita, inaspettatamente, di getto, senza alcun freno, così s'impossessò del mio corpo, l'ultima parte di me rimasta intoccata da lui. Fu una sensazione bellissima e dilaniante, che mi fece rimpiangere tutto il tempo che avevamo perso. Comunque, ne era valsa la pena. Il tenero e dolce Gideon che mi sussurrava di amarmi poco prima di addormentarsi lasciò il posto al testardo ragazzo dalla faccia corrucciata e il caratteraccio che prendeva ciò che voleva. E quel che voleva al momento era desiderarmi e avermi. Il materasso si inclinò e spostò al ritmo della nostra danza, facendo scricchiolare le assi del pavimento. Sperai che nessuno passasse proprio in quel momento accanto alla nostra finestra, altrimenti sarebbe stato difficile farsi amici i nuovi vicini.
Rovesciai la testa all'indietro quando fece pressione sul mio ginocchio per tenermi più aperta e lasciai che si godesse ogni istane, carezzandolo come meglio potevo, amandolo come sapevo fare meglio: con tutta me stessa. La sua voce strozzata riempiva la stanza e la mia bocca, mentre vedevo la luce tremolare sotto le palpebre. Quindi si accasciò al mio fianco, stremato e soddisfatto, sospirando sulla mia pelle.
«Cristo, menomale che ti ho sposato io.»
Risi così forte che sentii una fitta lancinante alla zona appena amata da Gideon e la mia voce s'incrinò.
«Tutto bene?»
Non avevo il coraggio di ammettere che, anche se era stato bellissimo, mi sentivo un po' ammattita. Gideon mi fissò per un istante, poi scrutò il mio corpo. Mi vergognai un po' della macchia di sangue sotto di noi e mi nascosi sotto il suo braccio. Lui si alzò e sentii subito un vento gelido avvolgere il mio corpo.
«Dove vai?»
Si piegò e mi baciò la fronte. «Torno subito.»
Scomparve nel bagno per pochi minuti ma mi parve un'eternità, tant'è che quanto tornò tirai un sospiro di sollievo. Tra le mani aveva due asciugamani, uno lo sistemò sotto di me, come fosse un lenzuolo, mentre l'altro lo strinse tra le mani prima di sedersi di nuovo sul materasso al mio fianco.
«Allarga le gambe.»
«C... Cosa?»
I suoi occhi grigi mi guardarono con divertimento e sfida. «Non fare la pudica, adesso.»
«Non faccio la pudica» brontolai ma aprii comunque le gambe. Prima che potessi prevederlo, Gideon vi posò delicatamente l'asciugamano che scoprii essere tiepido, e una sensazione di sollievo m'invase.
«Va meglio?»
Crollai sul materasso, abbracciando il suo grande e caldo braccio. «Sei proprio l'uomo della mia vita.»
Eravamo intorpiditi da tutte quelle nuove emozioni e ci venne naturale abbandonarci a tenerezze e complementi. L'indomani, ero sicura mi sarei svegliata accanto a un sacco di pelle sputa sentenze e ricco di sarcasmo.
Continuò a prendersi cura di me fino a che l'imbarazzo non lasciò il posto alla tenerezza della condivisione, fino a che non riacciuffò di nuovo le vaschette mezze piene e me ne porse una.
«Forse dovremmo finire la cena.»
Ma io non ne avevo alcuna intenzione. Avevo aspettato molto tempo e volevo essere accontentata. Scostai delicatamente l'asciugamano tiepido e mi convinsi di essere di nuovo pronta, soprattutto perché lo desideravo ardentemente. Avere Gideon era ciò che più si avvicinava alla mia definizione di paradiso. Piantai le mani sul suo petto e lo feci stendere. Quindi allungai una gamba oltre il suo bacino e mi sedetti sopra di lui.
«Non abbiamo ancora finito.»
Gli spuntò un sorriso che mi avrebbe condannato. Allungò le mani e le posò sui miei fianchi, aggrappandosi alla mia pelle.
«Non sai quante volte ho fantasticato su di te in questa precisa posizione.»
Abbassai gli occhi ma riuscii a non arrossire, ero determinata a rendermi più coraggiosa soprattutto in queste occasioni.
«Com'è la realtà?»
«Di gran lunga migliore.»
«Ah, menomale.»
Rise ancora, facendoci tremare entrambi. Quindi una sua mano si spostò verso l'altro, strizzandomi un seno. Fu una mossa che mi lasciò un po' perplessa ma non mi tirai indietro. Le sue mani erano forti e delicate allo stesso tempo, una combinazione perfetta in quel punto. Un'occhiata ai nostri corpi e mi resi conto che Gideon era pronto tanto quanto me, forse persino un po' di più. Mi strizzò l'occhio e tenne viva la fiamma del mio corpo.
«Porta tuo marito in paradiso, Lilylove.»
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