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30. Un cuore diviso a metà

Addy mi aveva espressamente chiesto di raggiungerla nella sala tatuaggi perché aveva dormito lì. Gideon mi aveva lasciato al dormitorio la mattina dopo il disastro e mi aveva ripetuto almeno un milione di volte che si dispiaceva ma non poteva stare con me durante la giornata. Io avevo la testa da un'altra parte e non ci avevo badato più di tanto ma non volevo restare da sola, così avevo chiamato Addy. Adesso attendevo che lei finisse la doccia seduta su una delle poltrone della casa di Todd, con lui che sorseggiava del caffè da una tazza nera.

«Sicura di non volerne un po'?» chiese, grattandosi distrattamente la pancia. Quando mi aveva aperto la sala tatuaggi, che per il giorno sarebbe stata chiusa, si era dimenticato di mettersi la maglietta e a quanto pareva ancora non aveva deciso di coprirsi, dato che rimaneva al mio fianco con solo una tuta grigia calante sui fianchi. Non avevo mai visto nemmeno a Gideon tanta pelle e avere Todd così vicino, e così poco vestito, mi stava un po' agitando. Come il mio ragazzo, era ricoperto di tatuaggi sulle braccia, gli ricoprivano persino le nocche delle dita; ma al contrario di Gideon erano colorati.

Sentivo l'acqua della doccia scorrere dall'altra parte della casa ma non mi andava di soffermarmi sul perché Addy fosse rimasta da Todd e sul perché nessuno lì dentro sembrasse a disagio per la cosa. Quando la mia amica arrivò, si era coperta con una maglietta che le arrivava fino alle ginocchia, lasciandole scoperte le gambe lunghe.

«Scusa il ritardo, non ero presentabile.»

Todd ridacchiò con le labbra attaccate alla tazza e si alzò per lasciarci da sole. Non si sfiorarono nemmeno quando le passò accanto per poi scomparire nel corridoio e io aspettai che fosse del tutto scomparso prima di rivolgermi a Addy.

«Non ti vesti?»

Lei si stava ancora tamponando i capelli umidi con un asciugamano quando venne a sedersi sulla seconda poltrona, là dove un attimo prima c'era stato Todd.

«Pensavo che saremmo potute rimanere qui.»

«A casa di Todd?» Non nascosi il mio tono stupito e scettico. Io volevo parlare apertamente con la mia migliore amica di un evento che mi aveva sconvolto la vita, ribaltandola completamente, ma non me la sentivo di affrontarlo rannicchiata sulla poltrona di uno sconosciuto. Va bene, Todd non era propriamente uno sconosciuto, in realtà eravamo amici e significava molto anche per Gideon, ma questo non mi metteva meno a disagio. Mi sentivo maleducata a costringerlo a nascondersi in casa propria e a usufruire dei suoi spazi per i miei comodi. Addy scacciò via i miei timori con un'alzata di spalle.

«Non dai nessun disturbo, lui mi ha suggerito di farti venire qui. Non ti preoccupare, non origlierà.»

«Ma tu ti senti a tuo agio qui? E poi non sappiamo se Ciel, la sorella, deve rientrare a casa. Lei sicuramente non ci vorrà tra i piedi.»

«Mi ricordo di Ciel» mormorò lei, posando l'asciugamano sullo schienale. «Todd mi ha detto che starà via per un paio di giorni, vuole stare con la ragazza. Daisy, ha detto che si chiama.»

«Sì, la conosco, è una mia amica.»
Addy sorrise, grattandosi la pancia, e mi sembrò un gesto tanto simile a quello di Todd che per poco non glielo feci notare. «Mi fa piacere che tu abbia tutti questi amici, Lily. Davvero, sono fiera di te.»

Mi crogiolai per qualche secondo nella sua approvazione e pensai che sì, avevo degli amici e mi trovavo molto bene con loro. Quindi dovetti arrendermi alla decisione di Addy e mi rilassai sulla poltrona leggermente reclinabile.

«Dovresti conoscerla anche tu, ti starebbe molto simpatica. Certo, tra poco andrai via, quindi non so...»

«Oh, non vado via.» m'interruppe lei.

«Come?»

«Sì, ho deciso di rimanere un altro po' qui.»

«E come farai con l'università? I corsi sono ricominciati...»

Lei scrollò le spalle stuzzicandosi l'orlo della maglietta enorme tra le dita. Dubitavo che fosse sua, probabilmente un gentile regalo da parte di Todd.

«Oh mio Dio» sibilai, con le mani sulla faccia. «Ci hai fatto sesso!»

Adrienne sorrise subito, nascondendosi la faccia anche lei tra le mani. «Credevo non ci saresti mai arrivata.»

Ero ingenua, non stupida. Ma probabilmente ci sarei dovuta arrivare molto prima, aveva ragione. Quei due si erano puntati subito e avevo capito che qualcosa stesse bollendo in pentola, ma non credevo che Addy potesse davvero concedersi a un ragazzo subito dopo la delusione con Mason. Forse perché non credevo davvero che si sarebbero lasciati definitivamente, forse perché speravo non fosse così.

«Ma Addy, come hai potuto fare una cosa del genere a Mason?»

La sua espressione si rabbuiò subito, la sua bocca si reclinò verso il basso. «Mi ha lasciato lui, se ben ricordo. E le cose non stavano andando bene.»

«Solo perché non stavate vivendo una favola negli ultimi tempi e perché lui è geloso, avendone tutte le ragioni, mi sembra, non puoi buttare al vento il vostro amore.»

«Non l'ho tradito, Lily. Ho fatto sesso con Todd dopo che Mason mi ha lasciato perché mi ha dato della puttana.»

Sgranai gli occhi, colpita dalle sue parole. «Non può davvero averti definita così.»

Conoscevo Mason molto bene, era il primo ragazzo che fosse diventato mio amico, il primo con cui avevo imparato a rapportarmi. Mason non avrebbe mai detto una cosa del genere alla ragazza che amava. Addy distolse lo sguardo, lanciandone uno veloce al corridoio buio e vuoto.

«Forse non ha usato quella parola, ma il concetto era abbastanza chiaro.»

Scossi la testa. «Devi aver frainteso, o comunque non lo intendeva sul serio. Sicuramente era arrabbiato e ferito e...»

«Ma perché lo sai difendendo?»

Il suo tono si era fatto più forte, si stava alterando. Io e Addy non avevamo mai litigato, per cui ero sicura che la sua rabbia fosse rivolta a Mason, persino a sé stessa, ma dovevo trovare il modo di farla ragione.

«Non lo sto difendendo» le dissi, con la calma che m'identificava. «Sto cercando di evitare che tu commetta degli errori di cui potresti pentirti in futuro.»

«Pensi che essere andata a letto con Todd sia stato un errore?»

Era ancora alterata ma percepivo del dubbio nelle sue parole. Sospirai, intrappolata tra due fuochi. «Conosco Todd, è il migliore amico di Gideon e ho imparato a volergli bene. È un bravo ragazzo e non può essere un errore infatuarsi di lui. Ma potrebbe esserlo per una ragazza che non ricambia i suoi sentimenti.»

Addy scoppiò a ridere, ma sapevo che era sprezzante, che mi stava prendendo in giro. «Oh mio Dio, Lily, è stata solo una scopata. Certo, ho intenzione di riandare a letto con lui, perché è stato bello, bellissimo! Stavi davvero cercando di avvertirmi sul non ferire i suoi sentimenti perché sono ancora innamorata del mio ex?»

«Vedi, l'hai ammesso! Sei ancora innamorata di Mason.»

Addy si alzò in piedi, ringhiando contro il muro. «Ma certo che sono ancora innamorata di lui, solo perché mi ha lasciato non vuol dire che i miei sentimenti siano scomparsi. Sono innamorata, ma sono anche arrabbiata e soprattutto sono stanca. Questi mesi sono stati difficili. Appena sono tornata a casa e ho trovato te, e poi lui, mi sono sentita meglio. Per un po' non ho dovuto pensare a che disastro stessi diventando, alla delusione per aver rovinato tutto con Mason. E adesso tu mi vieni a fare la paternale?»

Avevo ascoltato tutte le sue parole e in qualche modo l'avevo capita, aveva bisogno di staccare un po'. Eppure non riusciva a togliermi dalla testa la sua ultima esclamazione, quando mi aveva presa direttamente in causa. Mi alzai anch'io, cercando di andarle vicino.

«Perché non dovrei fartene una? Sto solo cercando di proteggerti dalla tua stessa impulsività.»

«Non ho bisogno che tu mi protegga!» esplose e per un attimo pregai affinché Todd non ci avesse sentito. «So cosa fare della mia vita e ti ringrazio per volermi bene e starmi accanto, ma non posso accettare consigli proprio da te. Mi dispiace, Lily, ma non sei la persona più indicata per i problemi di cuore, o di sesso.»

Avevo un groppo in gola, che però non voleva decidersi a uscire. Non sapevo se fossero parole, lacrime o rabbia repressa. Avevo così tante cose da dire che mi frullavano nella testa, e non solo ad Addy. Volevo gridare a lei che doveva stare attenta, che i cuori sono fragili, persino quelli di un ragazzone pieno di tatuaggi; volevo gridare a mia madre di avermi rovinato la vita con la ricerca della perfezione e anche che le volevo bene, nonostante tutto; volevo gridare a Gideon che ero insicura di lui, di quello che provasse per me perché ormai io ero troppo dentro e mi stavo facendo del male. Volevo gridare ma restai in silenzio, con il groppo alla gola.

Dalle scale sopraggiunsero dei rumori di passi e io e Addy ci girammo, l'una con la bocca semiaperta e le guance rosse, l'altra con gli occhi lucidi. All'ombra dell'arco comparve la figura mastodontica di Gideon con il cellulare in mano.

«Todd, spero che tu non sia in mutande, perché sono appena entrato!» gridò, prima di alzare lo sguardo e incontrare il mio. «Lily. Che cosa ci fai qui?»

Diedi le spalle a Addy, che fece per dire qualcosa ma poi ci ripensò, e cercai di formulare una frase.

«Nulla, stavo andando via.»

Adrienne non disse nulla per fermarmi. Mi accostai a Gideon, rimasto fermo accanto all'arco. Dal corridoio sopraggiunse il fischiettio di Todd e un attimo dopo comparve lui, questa volta con indosso una maglietta.

«Ohi, già sei qui?»

Gideon infilò il cellulare nella tasca e mi sorpassò. «Non sono in anticipo. Sei pronto?»

«Andate da qualche parte?» chiese Addy, mordendosi il labbro inferiore. I suoi occhi erano completamente rivolti a Todd, che si stava aggiustando il codino.

«Andiamo a fare un giro e poi mangiamo dal cinese, ci vuoi fare compagnia?»

Gideon mi fissò ma io lo stavo già guardando. «Ti stavo per scrivere, i miei impegni si sono spostati. Hai parlato con Sawyer?»

Adrienne finalmente guardò me. «Perché dovevi parlare con Sawyer?»

Abbassai lo sguardo e arrancai di nuovo nella loro direzione, per afferrare le mani di Gideon. «Mi accompagni ai dormitori?»

Lui sembrò un po' spaesato per non avermi sentito rispondere a Addy ma non disse nulla. Si agitò un po', spostando il peso da un piede all'altro.

«Stavo per andare a fare un giro con Todd.»

Lo sapevo e mi dispiaceva interromperli, ma avevo quello strano senso di oppressione nella gola che non voleva svanire e il mio corpo, e la mia mente, sentivano l'esigenza di avere Gideon accanto.

«Lo so, mi dispiace, ma credo... Credo di aver bisogno di te adesso.»

L'avevo detto a bassa voce cosicché solo lui potesse sentirmi ma Todd si schiarì la voce un attimo dopo, fingendo di non aver capito, mentre le sopracciglia di Addy viravano tristemente verso il basso. Ancora una volta, fece per dire qualcosa ma restò in silenzio. Gideon non rispose per un po', fissandomi con un'intensità tale che mi costrinsi a fare un passo indietro. Sul suo volto non vi era segno di voler mollare Todd e venire con me, anzi, sicuramente stava cercando un modo carino per dirmi che non l'avrebbe fatto. Interruppi le sue scuse mentali staccandomi da lui.

«Non fa niente, lascia stare.»

«Lily...»

Non sapevo chi mi avesse chiamato, avevo già dato le spalle a tutti.

«Non fa niente» continuai a mormorare anche quando ero sulle scale, ancora con la gola come fosse un groviglio. Nessuno mi venne dietro.

•••

Il primo giorno Gideon aveva detto di dover recuperare quegli impegni che il giorno prima erano saltati. Il secondo che avrebbe studiato, per recuperare qualche materia. Il terzo che si sentiva poco bene, forse stava per venirgli un terribile raffreddore; anche se mi ero offerta di portargli un brodo e un film da vedere insieme, mi aveva espressamente consigliato di restare al dormitorio per conto mio, così che non potessi essere contagiata. Il mio cellulare era intasato ormai delle email di mio padre, che mi chiedeva di tornare a casa, ma a nessuna avevo risposto. Dakota, che stava molto più tempo in camera di quanto avessi potuto prevedere, mi stava accanto come poteva, dedicandomi attenzioni e piccole frasi d'incoraggiamento. Ma io non avevo bisogno di questo. Avevo bisogno di sapere perché i miei genitori si erano comportati in quel modo. E soprattutto, dovevo sapere perché Gideon mi stava evitando. Ancora. Dopo tutto questo tempo. Mi sentivo peggio se la mia mente pericolosamente virava sulla possibilità che lui mi stesse mentendo. Ormai era palese, da molto prima che incontrassi Sawyer e sapessi la verità: Gideon mi stava nascondendo qualcosa di grande e non aveva la minima intenzione di mettermi al corrente.

Il quarto giorno mi presentai a casa sua, la coda sfatta e la faccia emaciata. Sapevo di non essere un gran che, non stavo dormendo molto bene e durante la giornata mi trascinavo a lezione come uno zombie. Le mie capacità di concentrazione erano assai diminuite e mi prendeva una grande ansia al cuore se pensavo che, forse, non avrei saputo come affrontare gli imminenti esami. Gideon non mi fece salire, mi disse di aspettare e si presentò di sotto, nel giardino condominiale. Restammo all'ombra del piccolo portico di marmo, lui sopra il gradino e io davanti a lui, con le braccia strette a petto. La prima cosa che mi disse fu: «Hai parlato con Sawyer?»

Dovetti sforzarmi per non perdere le staffe e buttarmi a terra, presa dalle convulsioni. Negli ultimi tempi la mia pazienza si era decisamente esaurita, così come la mia buona volontà. Mi stupiva che non riuscisse a capire quanto avessi bisogno solamente di lui presente.

Decisi di ignorare la sua domanda e fare un grande respiro prima di rispondere. «Perché mi stai ignorando?»

Non rispose e seppi che, faccia a faccia, non riusciva a mentirmi. Lui non mentiva mai, diceva sempre la verità. Però non a me. Di scuse ormai ne aveva accaparrate tante.

«Non lo neghi nemmeno?» la mia voce era sia delusa sia esterrefatta, mi sentivo lo stomaco in subbuglio.

«Non ci riesco» mormorò infine, e fu la prima volta che lo vidi abbassare la testa.

«Non ce la fai a fare cosa?»

Il cuore stava palpitando a mille, il nodo alla gola si era stretto fino a strozzarmi.

«Non ce la faccio a mentirti.»

«Allora non farlo.»

C'era una supplica nella mia voce, che pensai potesse addolcirlo. Invece lui gonfiò il petto e tenne dentro di sé parole che non avrei mai ascoltato. Su cosa mi stava mentendo in quel momento? Cosa non mi stava dicendo?

«Gideon...» le parole mi mancarono per un secondo ma poi lo vidi e seguii il mio cuore, letteralmente. «Tutto il tempo che abbiamo passato insieme è stato meraviglioso, per me. Mi dispiace per averti spaventato con i miei sentimenti ma voglio che tu sappia che sono assolutamente sincera quando dico di amarti, perché non riesco a immaginare che quello che provo possa essere qualcosa di diverso o d'inferiore all'amore e...»

«Oh, Lily, ma tu non mi ami.»

Mi bloccai sbarrando occhi e bocca. «Cosa? Certo che ti amo!»

«No, non è vero.»

Cercai nel suo sguardo un sentore di scherzo ma i suoi occhi erano così seri, la mascella così tirata. Si girò ed entrò l'atrio del portone, cominciando a salire le scale. Fui talmente stupita che non lo seguii subito e rimasi come un'ebete a fissare la sua schiena. Poi corsi su anch'io.

«Gideon, aspetta!»

«Non dovresti essere qui» disse lui, dalla tromba delle scale. Sveltii il passo e raggiunsi la sua porta un attimo prima che si chiudesse.

«Dove altro dovrei essere? Tu sei qui.»

Si stava togliendo la giacca e la mollò sul divano, posandovi le mani e poggiandosi al mobile. «Non mi hai detto sei hai parlato con Sawyer.»

«Non è importante questo, adesso. Perché hai detto una cosa del genere?»

Non mi azzardai ad avvicinarmi e rimasi accanto alla porta, ormai chiusa. Notai che la casa fosse un po' troppo buia, fredda. Perché non accendeva il riscaldamento? Gideon mi dava ancora le spalle, che erano miseramente incurvate in avanti. Sembrava stesse soffrendo.

«Perché è vero.»

«Non dirmi cosa provo!» esplosi e finalmente sentii la gola liberarsi di un peso enorme. «Non dirmi cosa sento o non sento. Non dirmi chi sono e con chi voglio stare. Non tu. Lo hanno fatto sempre tutti, per tutta la mia vita; sono stata circondata da persone che credono di sapere chi io sia e cosa farò del mio futuro. Come mi comporterò, cosa mangerò, come costruirò la mia vita. Ma nessuno sa qual è la verità. Quindi, non dirmi che non ti amo perché io so che è così. Se sei tu a non credermi, non è un mio problema. Se sei tu a non amarmi, non è un mio problema!»

La mia rabbia mi morì in gola mentre la vista si appannava. D'un tratto, mi sembrò tutto così chiaro. Così ovvio.

«Allora è questo... Non mi ami.»

Gideon non si girò e non rispose. Non avrebbe mentito. Quindi, tacendo, aveva detto più di mille parole.

«Puoi dirmelo» mormorai, cercando di non far tremare la voce. «Devi dirmelo.»

«Io non mento» lo sentii mormorare appena e quando si girò, lo vidi mascherato della sua impassibilità. Se non riuscivo a togliergli quell'espressione, allora avrei dovuto immaginare di non essere fatta per stare con lui. Il mio petto era freddo, il battito era tornato regolare. Appena ritrovata la calma, m'investì un'onda gelida.

«Avrei dovuto capirlo prima.»

Attimi di silenzio si congelarono tra di noi prima che Gideon sospirasse, guardandomi con occhi vacui. «Capire cosa?»

«Che stavo facendo un errore. Forse l'ho sempre saputo, avevo ragione fin dall'inizio ad avere paura di te, dei tuoi marchi neri e del tuo caratteraccio. E nemmeno tu mi volevi, non mi hai mai voluto. Ti ho sempre corso dietro, ho sempre dato io un'altra possibilità a noi due. Perché non ammetti che non ci hai mai creduto, a me e te insieme, e la facciamo finita?»

Un altro suo silenzio, un'altra mia convinzione. Il ghiaccio stava cominciando a espandersi dentro di me e stava pericolosamente raggiungendo il cuore.

«Mia madre ha sempre detto che sono una ragazza intelligente. Allora perché non ho capito prima che mi hai usato perché ti sentivi perso e senza speranza? Eri un po' come me, queste cose non le sapevi fare. E io ho insistito e tu mi hai accontentato. Che grande sforzo, il tuo.»

Mi venne da ridere, ma la voce stridette come un treno sulle rotaie. «Non riesci a credere nemmeno che i miei sentimenti siano sinceri. Non riesci a vedere quanto abbia bisogno di te, adesso, che la mia vita è stata completamente stravolta. Tu non ci credi, Gideon, ma io ho sempre avuto bisogno di te. Ancora prima di conoscerti, stavo aspettando il momento per incontrarti. E tu non mi credi!»

Sentivo le gambe molli, le ginocchia tremare. Gideon era muto, le labbra strette in una linea sottile, pallida. Gli occhi che mi fissavano senza sentimento.

«Credo nella devozione ma credevo anche che questo fosse giusto, a un certo punto. Credevo fosse amore, persino il tuo. Forse la colpa è mia, non avrei dovuto pensare che andasse bene così. Al carnefice è andata la vittima. A Gideon Lily. E a entrambi l'eterna distruzione di sé stessi, dico male?»

Eccolo, un guizzo negli occhi. Poi più niente. Il cuore era avvolto da una tundra ghiacciata senza orizzonte, un vastissimo luogo deserto, morente.

Finalmente abbassai lo sguardo e quando mi toccai il viso, fui sorpresa di non sentire una fredda goccia calante. «Non va più bene, vero?»

Nulla.

«Rispondimi!»

Non disse niente.

«Non ce la faccio, così.»

«Allora lasciami! Vattene!»

Gridò talmente forte che andai a sbattere alla porta stringendo gli occhi. Ero rimasta immobilizzata, senza forze neanche più per capire. Ogni mia certezza stava cadendo in mille pezzi. Mi sentivo persa, completamente alla deriva.

«Vattene.»

Furono le sue ultime parole. Mi ritrovai avvolta da una nebbia confusa mentre scendevo di corsa le scale e finivo nell'aria viziata d'inizio febbraio. Appena fui fuori, corsi a perdifiato fino alla macchina, tuffandomi dentro. Non alzai lo sguardo, non mi concessi di riflettere. Semplicemente sgommai via. E non tornai più indietro.

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