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29. Altre verità o altre bugie?

«È assolutamente uno dei miei posti preferiti in città.»

Appoggiai la testa sulla spalla di Gideon mentre attraversavamo la strada assieme a Sawyer.

«Non ho mai avuto il piacere di visitarlo» rispose quest'ultimo, con sincera curiosità.

«Io sì» s'intromise Addy. «Milioni di volte. Mi ci trascinava a ogni compleanno. Posso dirvi tutte le costellazioni a memoria.»

Todd, accanto a lei, fece una smorfia impressionata. «Talento notevole.»

Addy lo guardò da sopra una spalla e fece la finta modesta. «Ci vuole testa per queste cose.»

Li ignorai e mi concentrai sulla strada che ci avrebbe presto portati all'osservatorio. Dall'esterno era un grande edificio a cupola con pareti in mattone e cemento, con grandi vetrate sul tetto arcuato. Todd non faceva che chiedere come avremmo potuto vedere le stelle alle cinque del pomeriggio mentre Addy se la rideva addosso al suo braccio.

«Vedremo una riproduzione» rispose Gideon, oltre la mia testa. «È pressoché la stessa cosa. È molto bello.»

Alzai gli occhi verso di lui e gli sorrisi, ricordando la prima volta che lo avevo portato e l'emozione di vedere attorno a noi venti azzurri, violetti e gialli. Tutti furono stupiti dallo spettacolo, e per tutti intendo Todd e Sawyer, gli unici due che non avevano ancora avuto l'onore di vederlo con i propri occhi.

«No, era quella del cancro!» esclamò Addy con una risata, davanti a noi, mentre si aggrappava con gambe e braccia alla schiena di Todd.

«A me sembrava un polipo.»

«Ma non esiste la costellazione del polipo.»

«Forse l'ho appena scoperta.»

Gideon si era tolto le scarpe, seguito da Sawyer, e camminavano tra i lunghi fili d'erba come se niente fosse. Avevano provato a convincermi ma l'idea che fosse umida e che mi avrebbe solleticato le piante dei piedi m'infastidiva. Avevamo deciso di camminare verso il primo ristorante che avremmo incontrato e fermarci lì per cena. Un telefono squillò e notai Addy scivolare subito via dalla presa di Todd. Rispose al telefono e si allontanò da noi, lasciando il ragazzone con uno sguardo un po' deluso.

«Torno subito» mormorai a Gideon, mentre raggiungevo la mia amica all'ombra di un albero. Ombra per dire, perché ormai il cielo s'era imbrunito.

«No» singhiozzò Addy e seppi con certezza che stava parlando con Mason. «Ti ho detto di no! ... Non so di cosa... Ma fammi il piacere, Maze!»

L'aveva chiamato con il suo nomignolo e appena pronunciò quelle parole, si morse le labbra e chiuse gli occhi, avvolta dal dolore.

«Sei ridicolo» ricominciò a sbraitare al telefono. «Torno quando voglio. Sì, sto bene qui. No, non c'è nessun ragazzo. Mason, smettila immediatamente! ... Mi stai dando della troia? ... Ah, no? Perché sembrava da quello che hai appena detto... Ma non ho detto niente! COSA?»

I singhiozzi si tramutarono in grida isteriche che ero sicura tutti i presenti, sebbene a qualche metro di distanza, stessero udendo.

«Vaffanculo, Mason!»

Attaccò con un gesto violento e lanciò il telefono contro l'albero, con un impeto così drammatico che lo schermo si ruppe. Ma lei non badò troppo ai danni, si asciugò le lacrime fredde con il dorso delle mani e marciò verso di me. Mi afferrò una mano, stringendo le mie dita alle sue, e ci riportò dagli altri.

«Mi ha lasciato» annunciò, con la voce che tremava ma il volto rigido quanto una statua.

«Che cosa?» gridai, sconvolta. «Perché?»

«Ho la macchinetta fotografica collegata al computer di Boston. Questi giorni ho fatto delle foto qui e, tra gli scatti, ce n'era anche qualcuno di Todd. Si è incazzato.»

«Ma... gli hai spiegato che non è successo nulla tra voi due? Non l'hai tradito.»

«No.»

«No non l'hai tradito o no non gliel'hai detto?»

«Entrambe.»

Mi lasciò la mano solo per ripiombare sulle spalle di Todd e lui l'afferrò come se niente fosse e pesasse quanto una piuma. Al minimo segnale di Addy, tornammo tutti in marcia.

•••

«Siete stati molto gentili ad accompagnarmi.»

Lasciai che Gideon e Sawyer scivolassero dentro la mia camera poiché Dakota era uscita con Connor. Sawyer aveva bisogno del bagno e non era voluto entrare in nessun bar durante il ritorno. Appena scomparve oltre la soglia, Gideon appoggiò le labbra sopra la mia testa.

«Mi è venuta in mente un'idea.»

«Spara» dissi, circondandogli il bacino con le braccia.

«Dovresti chiamare i tuoi.»

Appoggiai il mento al suo addome, per poterlo osservare con la fronte aggrottata. «Di che cosa stai parlando?»

«Perché non fai pace con loro?»

«Perché loro non vogliono fare pace con me.»

«Ma è assurdo, certo che vogliono fare pace con te.»

«E tu che ne sai?»

Mi passò una mano lungo la schiena e poi si allontanò, raggiungendo la finestra. «Non lo so, hai ragione. Ma è certo che avete litigato per colpa mia e mi sento in dovere di spingerti a rimediare.»

Ecco, adesso sì che mi si era addolcito il cuore. Mi avvicinai piano, dondolando sulle punte delle ballerine.

«Non è colpa tua, è colpa dei loro stupidi giudizi. Certo, non hai mai fatto molto per renderli più tranquilli, con quell'aria ombrosa.»

Gli indicai le sopracciglia, già corrugate, e lui ritirò quello che stava per dire, rilassando la posa. Sawyer uscì dal bagno e ci sorrise, i capelli scompigliati.

«È stata una piacevole serata, peccato per il disguido con la tua amica.»

Dopo cena, Addy aveva chiesto a Todd di riaccompagnarla a casa e ancora non mi aveva inviato un messaggio per farmi sapere come stesse andando. Ero preoccupata per lei, per il suo cuore instabile. L'ultima azione di Mason l'aveva sconvolta e Addy agiva sempre seguendo i propri sentimenti, senza riflettere troppo sulle conseguenze. Se prima aveva intenzione di frenarsi con Todd e non far accadere nulla a causa del suo ragazzo, adesso che era un ex poteva succedere di tutto. Questo mi dispiaceva, perché Mason amava Adrienne quanto lei amava lui e Todd era finito nel mezzo di un ciclone, probabilmente ne sarebbe uscito piuttosto ammaccato. Avevo esposto i miei dubbi a Gideon nel viaggio di ritorno ma lui mi aveva rassicurato che Todd fosse un uomo adulto, con la testa sulle spalle e che sapeva difendersi da solo; non dovevo angustiarmi per il suo possibile coinvolgimento in una disastrosa storia d'amore a tre.

«Niente male» dissi io, con un sorriso sincero. Sawyer stava cominciando a piacermi parecchio, con quell'aria sempre felice, i sorrisi luminosi e dei completi stravaganti. Per la serata aveva scelto una cravatta blu con i pupazzi di neve rosa, che io avevo scambiato per fenicotteri, e una giacca dalle spalle particolarmente dritte. Sebbene l'intero completo fosse un po' ridicolo, a lui stava benissimo.

«Bene, allora buonanotte.»

Gideon si piegò verso di me, sfiorandomi le labbra. «Buonanotte» mormorò sulla mia pelle, facendomi rabbrividire tutta la schiena.

Pesanti botti alla porta mi fecero sobbalzare. «Chi è a quest'ora?» chiese Sawyer, sorpreso quanto noi.

«Dev'essere Dakota, si sarà scordata le chiavi» mormorò Gideon.

Sawyer si avvicinò all'uscio prima che potessi farlo io e mi fece un cenno di rimanere dov'ero. Appena la porta si spalancò, per poco non mi esplosero i bulbi oculari.

«Mamma? Papà?»

Mio padre aveva ancora un pugno alzato, le sopracciglia contratte e un cipiglio orribile gli storceva la bocca mentre la mamma... Lei fissava Sawyer.

«Che cosa ci fate qui?» mi feci avanti, sempre più ammattita. Lanciai una rapida occhiata a Gideon, presagendo che non fosse una coincidenza quello che mi aveva detto poco prima sul fare pace con i miei con il ritrovarmeli adesso alla porta, ma lui sembrava stupito quanto me. Un attimo prima ero sorpresa di aver trovato i miei genitori alla mia porta del dormitorio dopo settimane di silenzi, quella dopo perché la mamma era scoppiata a piangere.

«Oh mio Dio, mamma, che succede?»

Il papà si era fatto indietro, stringendola tra le braccia. «Che succede, tesoro?»

La mamma non piangeva mai. E anche adesso, con gli occhi spalancati e le guance tremanti, le lacrime che scendevano copiose giù fino al mento, non sembrava quasi impazzita. Però era scossa.

«Che cosa ci fai qui?» sbraitò e prima di poter capire a chi si stesse rivolgendo, Sawyer sospirò.

«È un piacere rivederti anche per me.»

Stavo per mettermi a gridare, almeno qualcuno si sarebbe accorto di me. «Tu la conosci?»

«È...»

«Lily» tuonò mio padre, mentre stava già portando via la mamma. «Vieni subito con noi.»

Il mio cuore tremava di fronte a quella scena, non avevo mai visto mia madre piangere. Lei era sempre composta, sempre ordinata, con un sorriso di circostanza; mai sconvolta e sempre pronta a qualsiasi inconveniente. Adesso la sua voce rauca stava spaventando tutti gli alunni che passavo nel corridoio. Per evitare altre scenate, afferrai la borsa e seguii mio padre.

«Chiamami» sentii gridarmi dietro da Gideon e lo salutai con una mano, pensando solo alla faccia sconvolta di mia madre. Quando fummo per strada, papà le fece fare dei grandi respiri.

«È lui?» gli sentii chiedere.

La mamma non disse niente, con una mano premuta contro il petto a placare il proprio affanno, ma in qualche modo dovette dare una risposta a mio padre, che si girò nella mia direzione. Se il suo sguardo infuriato avesse potuto incenerire, allora io sarei già stata un mucchietto di polvere sull'asfalto. Non io, qualcuno alle mie spalle. Mi voltai appena e individuai subito Sawyer. Perché ci aveva seguito? E Gideon non era sceso con lui? Guardai l'ingresso degli alloggi e notai che lui non c'era.

«Che altro vuoi?» sbraitò mio padre e per la prima volta vidi anche lui profondamente scosso, con dei riccioli grigi sparati in tutte le direzioni e la camicia fuori dai pantaloni.

«Non ho fatto niente» rispose Sawyer, a modo.

Mi avvicinai alla mamma, mentre la mia testa vorticava nel dubbio. Le posai una mano sulla spalle e lei subito si girò verso di me, stringendomi le mani sulle braccia.

«Lily, andiamocene da qui. Torna a casa.»

«Perché prima non mi dici che cosa succede? Perché stai piangendo? Conosci Sawyer?» chiesi, con il tono più dolce che riuscii a trovare in me. Improvvisamente tutta la rabbia nei loro confronti si era nascosta, dando la precedenza al senso di protezione che sentivo.

«Sawyer...» mormorò lei, con gli occhi sgranati. «Da quanto lo conosci?»

«Da qualche giorno, perché?»

«Non le ho detto niente» intervenne lui, con la voce rabbiosa. Mi strinsi a mia madre, d'un tratto spaventata da qualcosa che ancora non sapevo. Mio padre gli sbarrò la strada, evitando di avvicinarsi.

«Come hai fatto a trovarla?» chiese la mamma e ancora una volta capii troppo tardi che stava parlando con il ragazzo alle mie spalle. «No, anzi, lascia stare. Non m'interessa. Non avresti dovuto, Sawyer.»

«Tu avevi detto...»

Mio padre alzò un braccio e lo indicò a mo' di avvertimento. «Ti conviene non aprire la bocca, ragazzo.»

Sawyer si liberò della stretta e io notai con angoscia che molti si erano girati nella nostra direzione. Nel frattempo la mamma tentava di calmarsi, sistemandosi la coda di cavallo perfettamente agghindata.

«È una minaccia, signor Prescott? Sta davvero minacciando me

Il tono di Sawyer non mi piaceva ma più che arrabbiato sembrava triste, maledettamente frustrato. Non mi piaceva nemmeno l'ira di mio padre perché se lui era fuori controllo allora non c'era speranza per nessun altro.

«Lascialo stare, David» borbottò mia madre, evitando accuratamente lo sguardo di Sawyer. Mi girai verso di lei, sempre più in pena.

«Che cosa è successo, mamma? Dimmelo, ti prego.»

«Avanti, dillo» la spronò Sawyer, con gli occhi che brillavano.

Mio padre aveva lasciato stare Sawyer e si era messo alle spalle della mamma, cercando di farla andare via. «Lily, vieni con noi.»

«Prima ditemi che cosa sta succedendo! Perché conoscete Sawyer?»

Il papà non voleva saperne di rispondere, riservava il suo sguardo per ammonire Sawyer e per raddolcire la mamma, sempre più calma. Ecco, adesso sì che riconoscevo la gelida anima che era in lei. Si stava lentamente ricomponendo, anche se, quando parlò, la voce tremava ancora.

«Non c'è nulla che tu devi sapere. Vieni con noi, torna a casa, parleremo lì.»

«Ma come conoscete Sawyer? Perché siete arrabbiati con lui? È un mio amico, nient'altro, ed è amico di Gideon. So che Gideon non vi piace ma sono bravi ragazzi, davvero. È successo qualcosa alla nonna?»

La mia mente stava andando in tutte le direzioni possibili immaginabili, non capivo nulla in quel caos.

«Ditelo!» aggiunse Sawyer stringendo i denti, come a dover sopportare un dolore indicibile.

Dalla bocca della mamma uscì un altro singhiozzo silenzioso, privo di umanità, e i suoi occhi freddi si puntarono su di lui. «Sawyer, non è il momento. Non m'interessa come hai conosciuto Lily, devi starle alla larga.»

«Spero tu stia scherzando!»

«L'hai sentita» mormorò mio padre, che d'un tratto sembrò riaver acquistato compostezza. Si stava guardando intorno, imbarazzato per essere al centro dell'attenzione di così tanti giovani scalmanati.

«Sì, l'ho sentita. Quello che ha detto è assurdo. Ma come fate...»

«Adesso basta!»

La mamma aveva stretto la presa sul mio polso e le sentivo battere il cuore attraverso le vene pulsante. Tumtumtum.

«Non le diremo che...» s'interruppe prima che fosse troppo tardi.

«Dirmi cosa?»

Sulle labbra di Sawyer s'increspò un sorriso, ma non raggiungeva gli occhi e si spegneva come lenta cenere morente. «Che sono tuo fratello.»

•••

L'acqua mi travolse e sconvolse il dolore per un po', poi non seppi più distinguere lacrime da gocce. La mia pelle diventò presto rossa ma non ebbi la forza di girare la manovella e raffreddare il getto, mi piaceva che il vapore si avvolgesse attorno al mio corpo come un dolce abbraccio. Le mie mani ancora tremavano. La porta del bagno si aprì e chiuse in fretta, sapevo che Gideon stava soffrendo per il vapore rannicchiato all'angolo più lontano del bagno ma non me ne feci una colpa.

«Ti si sente piangere dal soggiorno.»

Non smisi di singhiozzare e continuai a insaponarmi i capelli, sperando che il sapone non mi finisse negli occhi mentre li strofinavo forte.

«Sawyer ha chiamato. Mi ha detto tutto.»

C'era da immaginarlo. Tanto meglio, non avevo proprio voglia di parlarne. Continuai a lavarmi il corpo, sperando in qualche modo che anche dentro mi sentissi più pulita, meno grezza e ombrosa. Il mio cuore era avvolto da uno strato nero, lurido, pieno di tutte le bugie che i miei genitori mi avevano propinato per tutta la mia vita. Ero cresciuta in mezzo ai loro segreti, dentro una campana di vetro, e adesso che ero fuori, non riuscivo a sopravvivere. Questo era quello che mi avevano fatto, celandomi verità importantissime.

Chiusi il getto e mi schiarii la gola, sperando che Gideon capisse di dover uscire. Quando non sentii la porta aprirsi, sbirciai oltre la tenda. Lui si era girato e mi dava le spalle. Mi avvolsi il corpo caldo e leso dall'acqua con un grande asciugamano poi sospirai, facendo capire a Gideon che aveva il via libera. Appena mi vide, mi strinse tra le braccia e mi fece accasciare sul water.

«Oh, Lilylove...»

Solitamente usava quel nomignolo quando doveva prendermi in giro, ma sentirlo in quel momento mi fece tremare qualcosa dentro e scoppiai di nuovo in lacrime; ero grata di averlo lì, ero grata che mi stesse sostenendo. Mi avvolgeva completamente, ormai anche i suoi vestiti erano zuppi, ma a nessuno dei due sembrava importare. Sentivo il suo cuore pompare forte nel petto, poteva gareggiare con il mio, mentre i bicipiti si stringevano attorno al mio capo, sempre più forti e opprimenti, sempre più riparatori. Non volevo pensare a niente, volevo spegnere la testa, e grazie alla presenza di Gideon sarebbe stato molto più semplice del previsto. Mi cullò fino a che non mi calmai, quindi mi aiutò ad asciugarmi la faccia e mi lasciò per darmi il tempo di cambiarmi. Quando uscii dal bagno, lui era nella sua stanza, steso sul letto con un portatile tra le gambe. Mi rannicchiai sotto il suo braccio, sprofondando la testa nel suo collo.

«Vuoi parlarne?»

«No.»

«Okay, allora vediamo un film.»

Non ci volle molto prima di rilassarmi completamente tra le sue braccia, stesa accanto al suo corpo caldo. La tenda aperta che svolazzava alle risate del vento notturno cullava l'ambiente mentre il respiro di Gideon si regolarizzava. Aspettai la fine del film prima di chiudere il portatile e restare nel silenzio. Di addormentami non c'era verso. Continuavo a rivivere le scene di quella sera, una dietro l'altra, come in 50 volte il primo bacio.

Non ricordavo molto da quando, dopo la confessione di Sawyer, mi avevano portato a casa. Ero stata tutto il viaggio in silenzio, nessun altro aveva fiatato, e sebbene Sawyer avesse provato a riconcorrere la macchina per un isolato intero, alla fine si era arreso. Ero rimasta in silenzio anche quando, seduti sul divano di casa, i miei avevano finalmente avuto il coraggio di ammettere che Sawyer non stava mentendo, che era davvero mio fratello. O almeno, era il figlio di mia madre, avuto durante la sua adolescenza a causa di un terribile errore.

«C'è solo una cosa di cui mi pento» mi aveva detto, stringendo convulsamente le mani tra di loro. «Ed è aver avuto Sawyer.»

Chissà perché, ma quello mi aveva fatto arrabbiare ancora di più, ed ero esplosa. Mi chiedevo come avesse potuto anche solo pensarlo, e soprattutto, come avesse fatto a nascondermelo. Un fratello! Sawyer era mio fratello.

«L'ho dato in adozione» aveva risposto mia madre alle accuse, con la voce di nuovo ferma e di nuovo glaciale, sicura che sarebbe riuscita a gestire la mia nuova e irriconoscibile ira. «Ero sicura che non lo avrei mai più rivisto. Quando ha compiuto diciotto anni, è tornato a cercarmi. Io ovviamente ero andata avanti, avevo già te, Lily, e non potevo permettere che un errore del passato tornasse a distruggere quello che, con fatica, avevo costruito. Gli ho fatto promettere che non sarebbe più tornato a patto che, ogni tanto, ci fossimo incontrati in una zona neutrale. Non lo avresti mai dovuto conoscere.»

Dopo la sua confessione, avevo cercato nel mio cuore un po' di tenerezza per mia madre, per quello che aveva subito da adolescente, abbandonando suo figlio; ma le sue bugie e il tono gelido con cui aveva ammesso di volerlo fuori dalla mia vita eclissavano ogni giustificazione potessi arrancare. Il mio cuore stesso si era spezzato un po', inclinato sotto il peso di quell'ammasso di bugie che avevo dovuto sopportare, tutta sola, per diciotto anni. Solo allora mi ero alzata ed ero andata via. A un certo punto, per strada, dovevo aver chiamato Gideon perché presto mi ero ritrovata nel suo appartamento a voler fare una doccia.

Con tutta la delicatezza di cui fui capace, mi alzai e socchiusi la porta della camera di Gideon alle mie spalle, arrancando verso il bancone per un bicchiere d'acqua. La testa rischiava di esplodermi da un momento all'altro. Trovai una coperta arrotolata sul divano e decisi di rannicchiarmi lì, per non disturbare il sonno di Gideon con i miei continui spostamenti o la mia agitazione. Pensare alle verità che erano appena traboccate a galla mi spaventava e allo stesso tempo mi dava un'energia incredibile, come se dentro di me avessi sempre saputo che là fuori qualcuno avrebbe dovuto raggiungermi. Avevo sempre collegato questa sensazione all'avvento di un ragazzo, di un amore, e credevo che si sarebbe sopita grazie a Gideon; invece si era trattato di Sawyer, un fratello. Non facevo che chiedermi a come sarei cresciuta se avesse sempre fatto parte della mia vita. Non riuscivo a immaginare i miei genitori diversi da com'erano, con ferree regole da non trasgredire mai, eppure, se ci fosse stato Sawyer a condividere con me il fardello, forse avrei avuto la metà dei problemi che mi affliggevano. Forse, e dico forse, avrei anche imparato a gestire in maniera normale i ragazzi. Continuavo a sognare a occhi aperti un ragazzo che si prendeva cura di me, un fratello con cui crescere, e la tristezza di non averlo mai vissuto s'irradiava dentro il petto come una ragnatela, raggiungendo ogni piccola parte sensibile. Conoscevo Sawyer da pochi giorni ma era l'immagine di lui, di quello che rappresentava, a mancarmi immensamente. Provavo un senso di perdita e allo stesso tempo la sconfitta di una che è stata presa in giro per tutta la vita. Proprio mia madre, con la sua etichetta, con il suo mento alto e la disciplina, aveva tenuto a marcire nell'armadio un segreto così grande che, se solo fosse venuto fuori in un momento sbagliato, le avrebbe rovinato l'immagine per sempre. Proprio lei, che cercava di rendermi perfetta, che non voleva vedermi accanto a Gideon, era rimasta incinta da ragazzina. Adesso capivo le sue paure, così malamente rispecchiate in me e nella mia vita. Mi teneva chiusa in una campana perché non dovessi passare quello che era successo a lei. Ero arrabbiata con lei e soffrivo per me, tanto quanto soffrivo per lei. Anche se aveva detto di essersi pentita di Sawyer, non riuscivo a crederle fino in fondo. Bastava credere nell'amore che provava per me e quello che aveva cercato di fare per proteggermi, per capire che lei, la madre, voleva farla. Forse non era una di quelle perfette e magari doveva aver gettato nel fuoco qualche manuale su come essere particolarmente amorevole e permissiva; ma si era rimboccata le maniche e aveva preso con serietà la mia istruzione e la mia crescita. Sawyer era arrivato solo nel momento sbagliato e le aveva incasinato un po' le idee.

Alle due del mattino mi arrivò un messaggio.

Mi dispiace tantissimo per quello che è successo, non avrei voluto che lo scoprissi così. Se vorrai ancora vedermi in faccia, prendiamoci un caffè domani, e lasciami spiegare.
P.S. Il numero me l'ha dato Gideon. Non ti arrabbiare con lui, gliel'ho chiesto io.
Firmato, Sawyer.

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