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26. Stare bene in famiglia

Gideon entrò senza bussare, nonostante sotto il cartello evanescente Tattoos By Todd ci fosse chiaramente scritto che il negozio fosse chiuso per vacanze. La sala tatuaggi era fredda e ombrosa, ogni disegno appeso alle pareti sembrava un insetto gigante pronto a mangiarmi la faccia. Riconobbi il lato della cassa, i divanetti nella sala d'attesa e le tendine nelle quali Todd tatuava i suoi pazienti. Poi, da dietro il bancone, comparve l'omone con un berretto di lana tra i capelli e un sorrisone da bambino.

«Siete in anticipo!»

Gideon mi trascinò verso il suo amico mentre gli stringevo convulsamente la mano, aggrappandomi all'unico sostegno che conoscessi in quel posto.

«Buon Natale» mormorai, mentre entrambi mi facevano passare per prima al fine di entrare nella sala sul retro che sapevo essere un piccolo rifugio non agghindato. Era accogliente quanto la prima e unica volta che vi ero stata, per chiedere a Todd che fine avesse fatto Gideon mentre quest'ultimo faceva di tutto per ignorarmi. Le pareti avevano ancora il colore bronzeo che ricordavo, le luci semi spente e il mini frigo aveva un'anta aperta.

«Ciel non mi vuole aiutare con il cibo, così sto improvvisando qualcosa dell'ultimo minuto.»

Piuttosto che restare fermi lì, fui sollevata nel vedere Todd sorpassarci e avvicinarsi a una porticina scura che non avevo proprio notato l'ultima volta. L'aprì senza troppe galanterie e vi passò attraverso, lasciandola semichiusa per avvisarci di seguirlo.

«Todd abita qui sopra, con Ciel» m'informò Gideon, notando il mio sguardo saettante da tutte le parti. Oltre la porta, vi erano delle scale a chiocciola piuttosto anguste e completamente in ombra; mi aggrappai alla ringhiera arrugginita e seguii il rumore dei passi metallici del tatuatore sopra la mia testa. Finimmo direttamente nell'appartamento, non c'erano porte né corridoi, nessun varco ad arco.

«Sono fratelli, lui e Ciel?» domandai a bassa voce, tentando di prepararmi per eventuali brutte figure.

«Fratellastri» mi corresse. «Da parte di madre.»

«Perché abitano insieme?»

Lui alzò le spalle e non mi rispose, forse non lo sapeva nemmeno lui. L'appartamento non era piccolo come immaginavo, ma largo quanto la sala tatuaggi e il rifugio messi assieme. C'erano più finestre che porte e le pareti erano in mattone scuro; per il resto, sembrava fresco e accomodante. Gli occhi puntarono subito verso un paio di poltrone nere, in pelliccia imbottita, occupate parzialmente dal tronco di un abete, il quale tristemente si era afflosciato sul pavimento in parquet.

«E quello?» domandai, mentre mi crogiolavo nel calore della piccola casa.

Gideon mollò la presa sulle mie mani solo per togliersi la giacca e poi sfilarla anche a me.

«È l'albero di Natale. Ogni anno, dopo cena, lo addobbiamo con gli avanzi dell'anno precedente e con qualsiasi cosa troviamo per la casa.»

Non seppi cosa dire o cosa pensare; le regole sul Natale a casa mia erano diversissime, così lontane dalle loro che potevo solo che rimanere di stucco. Probabilmente i miei avevano abbellito un piccolo albero sintetico accanto alla televisione e avevano ridotto al minimo gli addobbi in casa, per evitare confusine. Comunque, sin da bambina potevo respirare aria natalizia a giorni di distanza, con tutto il cibo che sfornava Georgia ogni mattina e le grandi cene di famiglia.

Ciel era seduta a terra, proprio davanti all'abete triste, e giocava ai videogiochi.

«Buon Natale!» squittì ironica, senza nemmeno riservarci un'occhiata.

«Ignoratela» urlò Todd dalla cucina. «Il Natale la mette di cattivo umore all'inizio, poi si scioglie come una palla di neve.»

La tensione era quasi palpabile, la leggevo negli occhi da gatto di Ciel e la sentivo scorrermi nelle vene. Gideon invece era proprio a suo agio, con il volto inespressivo e una gran voglia di buttarsi da qualche parte, per rilassarsi.

«A cosa giochi?» lo sentii chiedere alla ragazza, che s'incurvò tutta e sbraitò contro la televisione. Subito dopo, sentii una musichetta deprimente, segno che aveva perso.

«Non ne ho la più pallida idea» rispose Ciel. «Però continuo a perdere.»

«Questo perché sei una schiappa. Dai, fammi spazio.»

Si sedette anche lui per terra, tirandosi su le maniche della maglietta e afferrando un joystick. Subito dopo alzò gli occhi su di me, che ero ancora impalata come uno stoccafisso davanti a loro. Batté le mani sul legno chiaro accanto a sé, invitandomi ad accostargli, e non me lo feci ripetere due volte.

Cominciarono a giocare e gridare contro la televisione, delle volte persino a insultarsi, mentre lottavano per il primo premio in quella che pensai fosse una gara di macchine. Fui scossa da tutta quella competizione e quelle grida, in tutta la mia vita non avevo mai giocato ai videogiochi; poi arrivò un attimo, preciso e indolore, che mi sorprese. Mi ero fatta un po' più in là per evitare che Gideon mi colpisse la faccia con uno dei suoi gomiti e mi ero raggomitolata accanto alle poltrone, dei piccoli aghi di abete – vero, non sintetico – mi pizzicavano le mani. Fu allora che vidi Gideon mordersi il labbro per la concentrazione mentre tentava di far andare Ciel fuori strada; fu allora che la ragazza emesse una risata spettacolare, di pura gola, come quella dei bambini; fu allora che dalle scale comparve Daisy con una teglia in mano e delle buste appese alle braccia e Todd la raggiungesse dalla cucina, con il grembiule sporco allacciato lungo i fianchi e gli occhi luminosi, pronti ad accoglierla.

E fu sempre allora che respirai un'aria diversa, un'aria tutta nuova, speciale. Frizzava tra me e il pubblico dei miei occhi, come una scena a rallentatore. Avevo stoppato il tempo e osservavo indisturbata la bellissima scena che si stava svolgendo. La casa era illuminata come se ci fosse stato un fuoco acceso da qualche parte, le finestre davano sulla vista mozzafiato di una Seattle illuminata; Gideon aveva il volto rilassato, più che mai, e si respirava odore di famiglia. Nemmeno quando avevo passato intere giornate nella casa di Addy potevo sentire quel dolce profumo che invece adesso sembrava inondarmi le narici. Erano solo congetture, poteva ancora trasformarsi in una serata disastrosa, ma appena premetti di nuovo l'avvio, niente consumò le mie aspettative. Ciel mise subito in pausa il videogioco, saltando in piedi e correndo verso la ragazza. Daisy, che era stata alleggerita da Todd, le accolse a braccia aperte e le stampò un bacio tutto appiccicoso e smielato sulle labbra. Poi i suoi occhi virarono verso di me e sembrò sorpresa.

«Lily! Non credevo ci fossi anche tu. Buon Natale!»

La differenza di come ci aveva accolto la padrona di casa rispetto alla sua fidanzata era quasi esilarante ma non dissi niente quando mi alzai in piedi e abbracciai la mia amica dai capelli mostarda. Salutò in fretta anche Gideon e prese un grande respiro.

«Questo sì che si prospetta un Natale con i fiocchi!»

«Perché?» domandò Ciel, spaesata.

Daisy le passò un braccio attorno alle spalle nonostante fosse notevolmente più bassa. «È il primo che passiamo insieme e anche il primo che Gideon passa con una ragazza!»

Si sentì una risata profonda e giocosa dalla cucina e un attimo dopo Todd fece capolino, gli occhi strizzati e le guance rosse. Gideon gli alzò un medio e tutti risero ancora. Cominciavo a sciogliermi anch'io ma ero sicura che dovesse passare ancora molto tempo prima che mi sentissi completamente a mio agio. Un attimo dopo Todd batté le mani, si sfilò il capellino di lana e si tolse il grembiule; ci raggiunse in soggiorno e ci riservò una lunga occhiata.

«Bene, dovremmo essere tutti. Che si dia inizio agli addobbi!»

Mi feci un po' da parte, insicura su cosa dovessi fare, e lasciai gli altri muoversi per la stanza. Allora notai i calzettoni con le renne di Ciel e mi venne da sorridere; aveva i capelli blu sciolti sulle spalle, pesante trucco nero sugli occhi, le labbra rosse come un pomodoro e un maglione nero pece, in tinta con i collant. Ma quei calzettoni... erano esilaranti. Non dissi niente, finsi di non accorgermene e continuai a vedere il loro operato. Cominciarono Todd e Gideon dal mettere in piedi l'abete e poi sistemarlo ad un angolino, accanto a una grande finestra. Daisy mi finì accanto mentre Ciel spostava tutte le buste regalo accanto al piccolo tronco.

«Sono nuova anch'io» mi disse la mia amica. «Ma Ciel mi ha detto tutto riguardo al loro Natale stravagante. Prima di cena si abbellisce l'albero con qualsiasi cosa si riesce a trovare in giro, poi si mangia tutti in cerchio sul tappetto con un film d'azione alla televisione e infine ci sono i regali.»

Le sorrisi immensamente. «Grazie.»

Lei mi ammiccò, divertita. «Figurati, sono felice che ci sia anche tu. Non sono sicura che ce l'avrei fatta da sola.»

Era il primo Natale con Ciel anche per lei, il primo in quella stravagante e anormale famiglia e infondo, lo sapevo, anch'io ero grata di condividere questo momento con qualcuno nelle mie stesse condizioni. La seguii ovunque andasse, e lei a sua volta seguiva Ciel, alla quale venivano impartiti ordini da Todd.

«Al mio tre comincia la caccia!» disse a un certo punto Todd e io andai nel panico. Non sapevo cosa fosse la caccia ma non ebbi il tempo di domandarlo che subito gridò «Tre!» e io sobbalzai. Gideon era comparso al mio fianco e mi aveva afferrato la mano.

«Vieni con me.»

Mi condusse di fretta in cucina mentre io lanciavo un'occhiata alle mie spalle, gli altri tre si erano persi nei corridoi.

«Che succede?»

«Dobbiamo abbellire l'albero» rispose lui, cominciando ad aprire tutti i cassetti. «Io di solito vado in cucina, Todd nella camera di Ciel e lei in bagno, oppure in soggiorno. Dai, aiutami.»

Cominciai a frugare anch'io e restammo lì fino a che non ci riempimmo le braccia. Quindi tornammo nel soggiorno, dove Daisy stava già appendendo orecchini e calze da sera nere. Gideon si posizionò su un lato dell'abete e io cominciai a passargli gli oggetti. Appese un paio di forchette legate tra loro da dello spago, un mestolo e tre presine. Presto si aggiunsero anche due paia di mutande, delle mollette per i panni, piccole candele profumate a forma di stella e un reggiseno.

«Quello è mio!» esclamò Ciel, indicando il pezzo di stoffa con il pizzo.

«Uh, è il mio preferito» disse Daisy.

Todd scosse le spalle. «Non c'è niente d'interessante nella tua stanza. Aspetta... ma quelli sono miei.»

Gideon scoppiò a ridere prima che potessi rendermi conto di cosa Todd stesse parlando. Subito dopo seguì Daisy e io mi girai. Appesi ad alcuni ramoscelli verdi c'erano dei palloncini sgonfi e bianchi con una forma assai strana... Preservativi. Sbarrai gli occhi mentre Ciel faceva spallucce come il fratello prima di lei.

«Nemmeno nella tua stanza c'era qualcosa d'interessante.»

Avevo già visto dei preservativi, durante le ore di educazione sessuale nel mio liceo, ma questo non ammortizzò la sorpresa. Nessuno sembrava benché meno scosso dal fatto e tutti ignorarono presto le particolari decorazioni. Quindi ci mettemmo a osservare quell'albero che pendeva un po' a destra, dalle decorazioni più strane che avessi mai visto e che spargeva aghi di abete dappertutto sul pavimento. Todd sospirò di sollievo e sembrò stringere Ciel al suo fianco, sotto il suo muscoloso braccio tatuato.

«Adesso sì che è un bel Natele.»

Tempo dopo, durante la cena, non si poteva tenere una conversazione tranquilla a causa del volume alto del film, nel quale delle costosissime e coloratissime macchine sembravano sempre gareggiare e degli omoni con le facce squadrate e i muscoli pompati le guidavano, oppure finivano per scazzottarsi con il cattivo di turno. Arrivai presto alla conclusione che qualcuno, in quella famiglia, doveva proprio essere appassionato di auto e mi convinsi quasi del tutto che fosse Ciel. Gideon azzerò il volume quando tutti finimmo il primo piatto e fece una smorfia.

«Mi piacerebbe almeno sentire i miei pensieri, durante la cena.»

«Dai sempre troppo retta ai tuoi pensieri» lo zittì Ciel. «Qualche volta puoi anche lasciarli al loro silenzio.»

Gideon si alzò, ignorandola, e prese i piatti di tutti. Lo seguii in cucina perché volevo aiutarlo e, sotto le istruzioni urlate da Todd dal soggiorno, riempii i piatti con una torta salata portata da Daisy.

«Come va?» sentii chiedere a Gideon mentre sistemavo le posate accanto a me. Lui si era riempito un bicchiere e lo stava sorseggiando lentamente, guardandomi oltre il bordo con occhi socchiusi. Gli sorrisi.

«Va bene.»

«Sei scomoda seduta per terra?»

«Non ho mai mangiato tenendo tra le mani il mio piatto ma mi sono adattata piuttosto in fretta. Non ti preoccupare.»

Mi aiutò ad afferrare i piatti e tornammo dagli altri. A metà strada mi lanciò un'altra occhiata e io ridacchiai, un po' in ansia.

«Sto bene, davvero.»

«I tuoi genitori ti hanno chiamato?»

Non sapevo come avesse fatto, ma evidentemente i miei pensieri erano scritti sulla mia faccia. La verità era che non mi avevano nemmeno scritto un messaggio, dopo che io avevo augurato a loro un felice Natale.

«No» misi fine così alla conversazione e una volta raggiunti gli altri, fui subito catturata da ciò che Daisy aveva iniziato a dire.

«Abbiamo deciso di fare un gioco. Ognuno di noi, a turno, deve raccontare tre fatti personali e solo uno deve trattarsi di una bugia. Gli altri devono indovinare qual è la bugia tra le tre.»

«Mai sentito» fece Todd, afferrando il suo piatto con un sorrisino simpatico. Nonostante fosse ricoperto di tatuaggi e avesse l'aria da cattivo ragazzo, proprio come Gideon, era capace di sorrisi tenerissimi, che mi ricordavano quelli di un bambino. I suoi modi erano gentilissimi, molto diversi da quelli che ricordavo o con i quali si era presentato durante i nostri incontri. Aveva mostrato un lato più diffidente, celato sotto uno strato difensivo che nascondeva la sua vera natura. Evidentemente si sentiva abbastanza a suo agio, nonostante la mia presenza, da lasciar cadere il velo con la sua famiglia e mostrare quel sorriso splendente.

«Ci sto» disse invece Ciel, facendo l'occhiolino alla sua ragazza. Tutti guardarono me, che mi ero appena accostata a Gideon, tentando di lasciare in equilibrio il piatto sulle ginocchia.

«Oh, sì, sì va bene.»

Gideon annuì con un gesto netto e Todd fu pronto per cominciare. Le sue prime parole però vennero interrotte da un paio di voci provenienti dal corridoio.

«Chi è?» fece Daisy a bassa voce, con occhi sospetti. Tutti ci girammo verso l'arco che separava la casa dalle scale e attendemmo di capire chi si fosse intrufolato. Todd si sporse in avanti, posando il piatto a terra.

«Siete ladri?» gridò. Gideon gli lanciò un'occhiataccia e si alzò subito in piedi, seguito da Todd, in vedetta. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente, mentre nessun dei presenti sapeva cosa dire. Un attimo più tardi, dall'arco di pietra comparve la faccia spaventata e piagnucolante di Dakota, seguita da quella piuttosto incattivita di Connor.

«La porta era aperta» singhiozzò Dakota, tirando su con il naso. «E Gideon ci ha detto di raggiungerlo, nel caso ci avessero cacciato di casa.»

Sapevo che giorni prima Gideon aveva proposto ai due di passare il Natale a casa di Todd, scherzando sul fatto che i loro genitori si sarebbero potuti arrabbiare per la questione gravidanza. Dallo sguardo di Connor e dalle lacrime di Dakota, capii che era andata proprio così. Todd si avvicinò, salutando entrambi con dei veloci abbracci; evidentemente si conoscevano già tutti. Gideon raggiunse il suo amico mentre Daisy corse subito ad abbracciare Dakota.

«Che cosa è successo?» domandò Gideon, con le sopracciglia aggrottate.

«I suoi genitori hanno fatto una scenata» spiegò Connor, togliendo delicatamente il cappotto a Dakota come Gideon l'aveva filato a me qualche ora prima. «Hanno chiamato i miei e si sono messi a gridare. Allora io mi sono incazzato, e il signor Parker si è incazzato e Dakota è voluta andare via.»

Un altro singhiozzo scosse la mia amica e fu il mio turno di raggiungerla, per darle il mio conforto. Mi allacciò subito le braccia attorno alla vita, soffocandomi in una morsa disperata.

Todd li fece accomodare nel salotto. «Cos'è meglio di un dramma il giorno di Natale? Sedetevi pure con noi, avete fame? Vi prendo dei piatti. Stavamo giusto cominciando un gioco.»

I due nuovi arrivati vennero fatti sedere sul tappetto e il cerchio si allargò. Sapevo che non era tempo di ulteriori domande, probabilmente avevano bisogno solamente di svago e di un posto dove non c'era spazio per gli errori e le incomprensioni. Lì avrebbero solamente ricevuto conforto e un piatto succulento da gustare. Todd animò subito l'aria con il suo fare allegro e genuino, mettendosi in mostra e facendo sbuffare spesso Gideon, che era al centro di ogni sua battuta pungente. Io mi limitavo a ridacchiare, incomprensibilmente presa da quell'atmosfera non proprio natalizia, ma sicuramente accogliente. Gideon non mi diceva niente, ma sapevo che notava ogni mio tacito consenso alle squallide prese in giro di Todd. Delle volte gli facevo la linguaccia, per infastidirlo un po'. Il gioco continuò fino a dopo cena e a ogni giro Dakota si calmava un po' di più e Connor si dimenticò presto perché si fosse innervosito tanto.

«Ma è impossibile che non ti piaccia la pizza» fece Todd guardandomi, mentre era sdraiato con un gomito a sostenerlo.

«È tutto inutile» fece Dakota, ridacchiando. «Abbiamo con noi il primo esemplare umano. Speriamo che non si riproduca e trasmetta il gene alieno.»

Tutti guardarono inspiegabilmente Gideon mentre lui era preso dal tappetto, passava il dito sui decori con lentezza, perdendosi nelle spirali colorate. Quando notò il silenzio, alzò lo sguardo.

«Che c'è?»

«Nulla» rispose Ciel, grattandosi il naso. «Adesso siamo certi che Lily non si riprodurrà.»

Todd ridacchiò. «E che vorrebbe dire questo?»

Io avevo stretto le labbra in una morsa, non mi piaceva essere presa in causa, soprattutto se si parlava di riproduzione. Gideon era rimasto impassibile – ovviamente – ma le sue sopracciglia avevano avuto un fremito non indifferente.

«Bambolo non stava nemmeno prestando attenzione ai discorsi sulle attività sessuali della sua ragazza.»

Più voci contemporaneamente occuparono i cinque secondi successivi; la mia – Bambolo? -, quella di Gideon – Ma che cazzo? –, e quella di Connor – Non stavamo per niente discutendo delle attività sessuali di Lily –.

Grazie al cielo c'era Connor, perché Dakota e Todd non facevano altro che ridacchiare e coprire dei sorrisi con le mani. Ciel alzò le braccia all'aria, lanciando uno sguardo esasperato a Daisy. Lei fece spallucce.

«Cavatela da sola.»

Ciel alzò gli occhi al cielo prima di puntare un indice su Gideon. «Stavo scherzando, rilassati.»

Quel dito s'inarcò fino a indicare Connor. «So perfettamente di cosa stavamo parlando.»

Infine arrivò a me, con gli occhi socchiusi e le labbra strette. «Il tuo ragazzo assomiglia a una bambola fatta male, non trovi? Sembra che una ragazzina psicopatica si sia divertita a staccargli la testa, immergerla nel petrolio, e poi rimetterla a posto, anche un po' storta.»

Non faceva che ripetere che io ero la ragazza di Gideon e viceversa; non che la cosa m'infastidisse, ma era strano sentirlo dire da lei. Rendeva tutto così reale e... momentaneo. Come se rappresentassi il gioco del momento, una distrazione per qualche tempo, e fossi destinata a scomparire prima di quanto tutti credessero.

«Quest'anno ho incaricato Gideon di portare il dolce ma sono stato ignorato, perciò dovrete accontentarvi di acolici e caramelle al miele» disse Todd, cambiando discorso. Gli fui grata con ogni cellula del mio corpo.

«Io ho il dolce!» esclamò Daisy, rendendo tutti felici. «Però è piccolo, dovremmo dividerlo in fettine minuscole.»

Quindi si tirò su a sedere e cominciò ad avvicinarsi alla cucina. «Prendete i regali!»

Dakota si rannicchiò contro il petto di Connor, il quale ci guardò con gli occhioni verdi luccicanti come quelli di un cucciolo bastonato.

«Noi non abbiamo portato niente.»

Mi facevano tenerezza; Dakota per le sue guance rosse e Connor per il modo in cui l'abbracciava. Mi feci un po' avanti, reggendomi sulle ginocchia.

«Avete portato voi stessi, va benissimo così.»

Entrambi mi sorrisero timidamente. Dopodiché raggiunsi lo pseudo albero assieme a Ciel e afferrammo tutti i regali. Il cuore cominciò a battermi come un tamburo impazzito pensando al momento in cui Gideon avrebbe aperto il mio regalo. Non sapevo se anch'io ne avrei ricevuto uno ma non m'importava più di tanto. Ero piuttosto soddisfatta di essere stata accolta quel giorno di festa, che avevo assolutamente voluto passare con lui. A pensarci bene, avrei potuto accettare l'offerta dei miei genitori e tornare a casa senza di lui; ma mi sembrava assurdo e cattivo. In più, volevo stare con Gideon. A casa mi sarei sentita sola e mi sarebbe mancato; avrei sempre pensato a lui. Al suo fianco, invece, o quando mi teneva per mano, dimenticavo la lite con i miei e che il mio futuro ormai fosse incerto.

Daisy tornò da noi tenendo un piatto in equilibrio su un palmo della mano, conteneva un grande brownies diviso di tante piccole fettine quadrate, tutte cosparse di una profumata crema ai mirtilli. Scommettevo che fosse deliziosa. Gideon stese le gambe accanto al tavolino, poggiando la schiena a una delle due poltrone. Sgusciai silenziosamente al suo fianco e sebbene avessi una voglia ladra di rannicchiarmi tra le sue braccia come Dakota con Connor, mi morsi le labbra e restai al mio posto. Comunque lui non aveva accennato a volermi così vicina, quindi dedussi che stesse bene, e lo sarei stata anch'io.

Ciel cominciò a distribuire i pacchetti e lasciò nel mezzo tutti quelli anonimi. Io afferrai quello per Gideon prima che chiunque potesse notarlo e lo nascosi dietro la schiena, glielo avrei dato personalmente. All'ennesimo «Tre!» di Todd, tutti cominciarono a far volare la carta e a sorridere davanti ai propri regali. Ciel e Daisy si scambiarono qualche bacio, gli altri degli abbracci impacciati e carini. Io tirai fuori il mio pacchetto e lo misi sotto il naso di Gideon. Lui era intento a guardare i suoi amici eccitarsi per le feste e non si accorse subito della mia sorpresa. Poi i suoi occhi si abbassarono sulle mie mani e lentamente cominciarono a sgranarsi.

«Per me?» mormorò, senza distogliere lo sguardo dal pacchettino.

Annuii velocemente, in preda all'ansia. Il mio cuore mi ruggiva nelle orecchie. Quindi il suo sguardò s'intrecciò al mio e io arrossì.

«Oh, Lily...» mormorò, con lo sguardo vacuo. Quindi si sbatté una mano contro la fronte. «Mi è completamente passato di mente.»

«Che cosa?»

«Il tuo regalo» rispose, distogliendo lo sguardo. «Io non ti ho fatto niente.»

Non sapevo se essere contenta di aver messo in conto che poteva succedere oppure avvilirmi proprio perché l'avevo fatto, come se mi aspettassi che Gideon non mi facesse alcun regalo. Non ero triste o amareggiata, in fondo non avevo bisogno di niente, e non volevo che si sentisse in colpa.

«Non fa niente, davvero. A me faceva piacere farti qualcosa, ma è talmente stupido che...»

Pensando al mio regalo, mi bloccai. Ero ridicola. Lui non mi aveva fatto niente e il mio pacchetto nascondeva una stupidaggine che l'avrebbe deluso. Improvvisamente volevo scomparire. Prima che potessi ritirare la mano, le dita di Gideon si strinsero sul pacchetto e lo prese.

«Non me lo merito.»

«Non crearti aspettative» mi sbrigai a dirgli. «È una stupidata. Probabilmente rimarrai deluso.»

Aprì il pacchetto e gettò la carta accanto alle sue gambe. Io gli rimasi accanto, contenta che gli altri non si fossero accorti di noi. Stavano tutti provando le loro nuove sciarpe o qualche altro regalo che non mi presi il disturbo di vedere. Ero concentrata sulla reazione di Gideon. Finalmente arrivò al regalo e rimase qualche istante in silenzio, rigirandosi pigramente tra le mani il foglio trasparente nel quale era incastrata una margherita. Io ancora conservavo la mia, quella che Gideon stesso mi aveva regalato il giorno del ringraziamento. Avevo amato il pensiero, soprattutto perché si trattava del mio fiore preferito, e l'idea che Gideon avesse qualcosa di simile accanto a sé mi scaldava il petto. Lui non disse niente, e capii che non gli era piaciuto.

«Scusa, è stata una pessima idea...»

«Hai ancora la mia?» chiese lui, guardandomi. I suoi occhi avevano assunto sfumature più scure, come quando si arrabbiava, ma non era teso né nervoso. Le sue sopracciglia erano rilassate, sembrava semplicemente impassibile.

«Sì, certo.» risposi, cercando la fermezza nella mia voce.

«Hai...» non finì e non seppi mai cosa volesse dire. Mi agganciò una mano attorno al collo e mi trascinò verso la sua bocca, già aperta. Per non cadergli addosso, puntai le mani sul pavimento e lasci che conducesse il gioco, come sempre. Non mi aspettavo tale reazione, ma forse non gli aveva fatto così schifo. Oppure, semplicemente, non voleva offendermi. Comunque, sapevo che si sentiva in colpa per non avermi fatto niente, quindi probabilmente avrebbe evitato di dirmi in faccia che il mio regalo era strano e inutile. Il bacio fu tempestoso come sempre. Anzi, ci mise talmente impeto, da farmi vergognare. Non eravamo soli e a me non piacevano le manifestazioni d'affetto con un pubblico, soprattutto per il tipo di pubblico che avevamo al momento, ma il modo in cui mi stava baciando mi tormentava di mille punti interrogativi; era vorace, volitivo, stava raggiungendo uno scopo. Forse voleva parlarmi, dirmi che era felice che stessi con lui, che anche se il mio regalo gli aveva fatto schifo apprezzava il gesto. E poi la sua mano stringeva i miei capelli con così tanta disperazione che non me la sentii di farmi indietro. In quel bacio ci fu una nota di malinconia che non fui in grado di interpretare.

Ci fermammo quando sentimmo dei fischi e l'inconfondibile voce di Todd gridarci di prendere una stanza, preferibilmente non la sua. Gideon mollò a presa sul mio collo e strinse a sé il pacchettino, tirandomi verso di lui e riassumendo quell'espressione completamente illeggibile, come se non mi avesse appena mangiato la faccia. Per la vergogna, guardai il pavimento, la dove le nostre gambe si toccavano. Mi piaceva ogni suo bacio, dal più lieve sfioramento di labbra alla più intensa gara di passione, eppure questo mi aveva trasmesso sensazioni contrastanti che, per timore, preferii non analizzare. Le accantonai così in un angolino della memoria, sperando di poterle presto gettare nel dimenticatoio. Todd ci fece alzare tutti e volle mettere allo stereo delle canzoni dei Misfits, invitandoci a ballare o agitare le braccia con lui. Così Gideon mi afferrò per le mani e mi tirò su. Nel farlo, un movimento sospetto alla finestra catturò la mia attenzione. Mi avvicinai cautamente e appoggiai una mano sul gelido vetro.

«Guarda Gideon, nevica!»

Lo avevo chiamato, come una bambina, ma non m'importava. La neve mi piaceva da impazzire. Tutti furono catturati dalla mia esclamazione, avvicinandosi e fermandosi davanti alla vetrata. Gideon mi finì dietro, poggiando il petto alla mia schiena. Mi sentii subito avvolta da un dolce calore. Mentre tutti esprimevano la loro felicità per la prima nevicata della stagione, il mio cellulare trillò. Lo tirai fuori e quasi mi venne da piangere. Era un messaggio, da parte dei miei genitori.

Buon Natale, Lily.

Strinsi la mano a Gideon e mi poggiai a lui. Osservai la neve, poi la mia compagnia, e infine di nuovo la neve. Mi sentii felice.

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