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2. Una sorpresa

Il mattino successivo, appena mi svegliai nel mio comodo letto, la prima cosa che feci fu inviare un messaggio di auguri ad Adrienne.

Lei mi rispose con tanti cuori e tante faccine, e mi disse che mi sarebbe venuta a prendere con la sua nuova macchina in giornata.

Avrei aspettato quel momento con tanta ansia perché non avevo voglia di parlare con i miei genitori. Era la prima litigata seria dopo tanti anni quella della sera prima e per un motivo così futile che sbuffavo al solo pensarci.

Mi alzai dal letto scostandomi le coperte e andai a farmi la doccia. La notte faceva caldo ed ero leggermente sudata.

La sveglia segnava le otto di mattina, segno che i miei genitori erano svegli già da due ore.

Dopo essermi lavata, vestita e tirata su i capelli con un elastico, scesi le scale diretta in cucina per la prima colazione.

Papà stava seduto al tavolo con un nuovo giornale tra le mani. Mi augurò il buongiorno mentre mi sedevo alla tavola già apparecchiata e colma di sano cibo quale, toast, succo, frutta di vario genere e del buon caffè.

Sapevo che la mamma era scesa prima per preparare tutto, come faceva ogni mattina. Infatti si trovava al bancone, intenta a pulire i piatti. Quella settimana la domestica non aveva potuto raggiungerci e mamma doveva lavare la casa da sola. Sapeva farlo, indubbiamente, ma oramai si era abituata a lasciarlo fare a qualcun altro. Quando un piatto quasi le sfuggì di mano, mi alzai e la andai ad aiutare.

Avrei mangiato più tardi. Mi lanciò una breve occhiata prima di acconsentire in silenzio al mio aiuto e lasciarsi aiutare. Le presi il piatto e lavai al posto suo mentre lei metteva a posto quelli già asciutti.

<<Abbiamo discusso ieri notte, e anche questa mattina.>> annunciò mio padre, dopo che il silenzio in casa era diventato opprimente.

<<Siete arrivati a una conclusione?>> chiesi, concentrata sulle mie mani bagnate.

Sentii la mamma schiarirsi la voce e allontanarsi dal lavello per sedersi a tavola. Poco dopo la raggiunsi, riempendomi una tazza di caffè e prendendo una mela dal cestino al centro del tavolo.

<<Non capiamo questa tua voglia di andare in un dormitorio.>> cominciò mio padre. Stavo per ribattere ma lui mi fermò con una mano.

<<Ma acconsentiamo a questa tua scelta. Hai ragione, stai diventando adulta e se è questo ciò che credi sia giusto, allora lo sarà per te. Cercheremo di sostenerti.>>

Quel cercheremo di sostenerti mi rimase un po' amaro ma non per questo mi impedì di sorridere. Avevo vinto, avevo davvero vinto con i miei genitori.

<<Ma ci sono delle condizioni.>> esordì mia madre, alzando un braccio.

<<Appena noteremmo un grado di distrazione dai tuoi doveri, torni a casa.>> asserì severa, contando con le dita. Poi me le puntò contro.

<<Niente sorprese, dovrai rimanere inerente hai piani che hai scelto della tua vita, perché sono quelli che ti porteranno lontano.>>

Annuii con vigore, lasciando la mia mela mangiucchiata sul tavolo e correndo ad abbracciare mio padre e successivamente mia madre.

<<Non vi pentirete, davvero! Sono così felice che abbiate capito.>>

<<Rispetta le regole, e tutti saremo felici.>> finì mia madre, stringendo un braccio intorno a me.

¤¤¤

<<Te l'avevo detto che avrebbero capito.>> esclamò Adrienne, abbassando il volume della radio della sua auto.

<<Erano da anni che non urlavo tanto con mamma ma alla fine ho vinto.>> asserii con un sorriso. Non avrei dovuto esserne felice ma ero soddisfatta.

<<Allora, come va il tatuaggio?>>

Adrienne fece una smorfia.

<<Te ne se già pentita? Ah, lo sapevo, non avresti dovuto fartelo.>>

<<No, non è questo.>> m'interruppe lei.

<<I tuoi genitori...>> capii a bassa voce. <<Come l'hanno presa?>>

<<Intendi quando glielo ho detto o quando accidentalmente il vaso costoso dei nonni è finito a terra perché papà mi ha sentito proprio mentre stava travasando una pianta?>>

<<Quello di cristallo?>>

<<Quello di cristallo.>>

<<A parte i cocci, ci sono state grida, pianti o scatoloni da portare nella mia cantina?>>

Lei rise anche se per poco. <<Mamma ha gridato un po', papà per la maggior parte del tempo ha provato a calmarla. Quando tutto si è fatto tranquillo, mi hanno chiesto cosa mi fossi tatuata e sono stati felici della scelta di farlo piccolo e del suo significato. Per questo ti vogliono a cena.>>

<<Aspetta un momento. Cosa c'entro io con il tuo tatuaggio e con la cena?>>

Lei sorrise. <<Ti vogliono solamente un po' a cena. Manchi a tutti.>>

<<Ma se sono venuta meno di una settimana fa a dormire a casa tua.>>

Lei liquidò il discorso con un gesto della mano.

Quando sentii il suo cellulare squillare sul cruscotto della macchina, Adrienne mi chiese di rispondere al posto suo. Sullo schermo comparve il nome di Mason.

<<Amore, scusa se ti ho richiamato ora, sono stato impegnato con dei panni sporchi. Allora, quando vai a prendere Lily?>>

Mi concessi di sorridere al suono della voce del mio amico, era da un po' che non lo sentivo.

<<Felice di sapere che hai ancora problemi con i panni sporchi. Li spedisci a tua madre durante i weekend?>>

Vidi Adrienne alzare un sopracciglio e io mi limitai a scuotere la testa.

<<Lily! Non pensavo rispondessi al cellulare di Addy.>>

<<Sta guidando.>>

<<La tua voce mi è mancata sai?>> lo sentii ridere forse più per le prime parole che mi aveva porto.

<<Quanto sei smielato. Tu non mi manchi per niente.>>

<<Ah, ah. Lo so che piangi la notte per la mia assenza.>>

<<Come fai ad avermi beccata? Ammettilo, torni qui ogni notte solo per spiarmi.>>

Vidi Adrienne alzare gli occhi al cielo ormai abituata ai colloqui tra me e Mason.

Lui era stato il primo ragazzo con il quale avevo interagito nella mia vita, nonché il mio unico amico del sesso opposto.

E nonostante non fossimo così legati come me e Adrienne, d'altronde, lei era la mia migliore amica, nessuno sarebbe stato legato a me più di lei, mi mancava molto. Mi mancavano i suoi spessi occhiali e i suoi capelli rossicci sempre spettinati. Anche la sua pigrizia, la sua goffaggine e perché no, anche i momenti in cui cercava di fare il sapientone.

<<Se avete finito di dirvi sdolcinatezze, qui c'è una certa fidanzata frustrata che deve colloquiare con il suo amatissimo e tremendamente idiota fidanzato.>> disse Adrienne, spostandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.

Sentii ridere Mason e dopo misi il vivavoce.

<<Sono tutto tuo, amore.>>

<<Vorrei ben vedere se non fosse così. Volevo solo comunicarti della lite con i miei genitori.>>

<<Cosa? Perché?>> il tono di Mason cambiò radicalmente, diventò serio e preoccupato per la ragazza.

<<Il tatuaggio, amore, te lo sei già scordato?>>

Sentii Mason annaspare. <<Giusto. Non l'hanno presa bene, vero?>>

<<Non molto, ma gli è già passata. Ora vogliono Lily a cena.>>

<<E ci credo.>> ribatté felice il mio amico.

<<Mi spiegate cosa non so riguardo questa cena?>> interruppi i loro discorsi.

Adrienne fece finta di non sentirmi. <<Adesso devo solo... Oh no!>> Frenò di colpo, sbalzandomi in avanti. Un urlo uscì dalle mie labbra e spinsi in avanti le braccia, per attutire il colpo.

<<Adrienne! Adrienne, cos'è successo? Stai bene? State bene? Oddio... mi sentite?>> Mason stava urlando attraverso la cornetta del telefono.

Guardai un attimo Adrienne che aveva strizzato leggermente gli occhi, senza curarsi di avermi fatto prendere un colpo e di aver quasi ucciso il suo fidanzato.<<Stiamo bene, amore. Ho solo frenato.>>

<<Cazzo, Addy, mi hai fatto venire un infarto.>>

<<Che cosa è successo?>> chiesi, con un tono di voce un po' troppo alto. Aveva fatto venire un infarto anche a me.

<<Ho dimenticato le chiavi di casa dal tatuatore.>>

¤¤¤

<<Mi spieghi come hai fatto a entrare ieri sera?>> le chiesi, quando ormai stavano ferme al lato della strada. Avevamo finito di parlare con Mason e ora stavamo pensando al da farsi.

<<Ho incontrato mio padre sul vialetto. Ha aperto lui la porta e io nemmeno mi sono accorta di non avere le chiavi.>>

<<Beh, non ci sono i tuoi genitori a casa in questo momento?>>

<<Stanno al supermercato e poi andavano a fare un salto dalla zia. Tornano per cena.>> Si mise le mani nei capelli e io mi lasciai andare sul sedile.

<<Mi spieghi come hai fatto a lasciarle lì?>>

Adrienne sospirò. <<Stavano nella tasca anteriore e mi davano fastidio mentre mi tatuava. Così le ho tolte e le ho posate sul tavolino di fianco a me. Quando sono uscita ero troppo entusiasmata e me le sono scordate. E se qualcuno le avesse prese? Oddio, Lily... >>

<<Ei, non ti preoccupare. Nessuno può essersele prese e vedrai che Todd le avrà trovate e messe da parte.>>

<<Chi è Todd?>>

Mi morsi la lingua. Non avevo parlato ad Adrienne del mio piccolo colloquio con il ragazzo tatuato e da lui avevo saputo il nome dell'altro.

<<Il ragazzo che ti ha tatuato, non lo sapevi?>>

<<No, come facevi saperlo tu?>>

Alzai le spalle, sperando che ad Adrienne non importasse più di tanto. Infatti fu così. <<Dobbiamo andare a prenderle.>>

<<Vuoi dire che dobbiamo tornare lì?>> chiesi, forse un po' troppo agitata.

Lei annuì. <<Devo per forza, altrimenti non entro in casa.>>
<<Non possiamo aspettare i tuoi genitori?>> chiesi, sperando di non mettere piede ancora una volta in quel posto.

Ma lei fece finta di non ascoltarmi e ripartì.

Tattoos By Todd era esattamente come il giorno prima, non era cambiato niente. Solamente, c'era un cliente che aspettava al bancone e una donna al posto di Todd. Più che una donna era una ragazza dai capelli blu accessi e rasati da un lato. Portava due tipi diversi di piercing al naso e aveva un solo avambraccio tatuato. Gli occhi colorati di un nero intenso.

<<Può tenersi il resto se vuole.>> L'uomo al bancone le fece l'occhiolino e lei con un sorriso s'infilò il resto nel reggiseno.

Quando l'uomo se ne andò, lei lo guardò andare via.

<<Ciel, puoi evitare di rimorchiare uomini dell'età di tuo padre? Che cosa direbbe se fosse qui?>> La voce del ragazzo che parlava con la ragazza l'avevo già sentita e proveniva sempre dal bancone, ma da un lato nascosto da un'alta pila di scatoloni.

La ragazza da capelli blu, che presupposi fosse Ciel, si girò nella sua direzione.

<<Mi darebbe una pacca sul culo perché non si ricorderebbe che sono sua figlia.>> Il tono con cui pronunciò quelle parole mi lasciò perplessa. Era assolutamente impassibile mentre sparlava di suo padre. <<Se sei geloso vatti a fare un giro, Gideon.>>

Sentii una risata sonora e poi più niente.

<<Scusa.>> disse Adrienne, facendosi avanti.

La ragazza alla cassa si girò verso di noi e in un attimo mi sentii il suo sguardo giudicatorio addosso. Ci stava squadrando senza contenere il suo ribrezzo nei nostri confronti.

<<Posso aiutarvi? Vi siete perse?>>

Mi chiesi perché tutti là dentro pensassero che ci fossimo perse. Prima Todd, adesso questa Ciel.

<<In realtà ieri sono stata qui per farmi un tatuaggio... >>

Ciel la interruppe. <<Non mi dire, hai tolto la benda e adesso ti fa male. Non ti hanno avvertito di lasciarti le mani in tasca, ragazzina?>>

Ecco un'altra ramanzina. Chiamavano sempre Adrienne "ragazzina". Dall'espressione della mia amica capii che si stava irritando.

<<No, niente del genere. Ho solamente lasciato le chiavi di casa qui. Potrei riprenderle?>>

Ciel la guardò un attimo, come se odiasse essere corretta.

<<Dove le hai lasciate?>> chiese infine.

<<Nella sala tatuaggi.>>

<<Puoi entrare, non c'è nessuno al momento. Fai in fretta.>>

Adrienne guardò prima me e poi si diresse nella saletta.

Sarei dovuta andare con lei, ma rientrare in quella stanza mi avrebbe ricordato gli aghi. Volevo perfino aspettarla fuori ma lei mi aveva chiesto di accompagnarla anche dentro, così non potevo rifiutare.

Ciel rimase a guardarmi e di colpo l'ossigeno fu di meno. Quando feci i primi passi, pronta a raggiungere la mia amica, lei mi fermò.

<<Tu non puoi entrare.>>

Mi girai verso di lei. <<Sono con lei.>> indicai distrattamente il punto in cui era scomparsa Adrienne.

<<Hai lasciato anche tu qualcosa lì dentro?>>

<<No.>>

<<Allora puoi rimanere qui.>>

<<Perché non posso entrare?>>

<<Non mi sembri il tipo che può entrare. Non lo sei, quindi perché dovresti entrare?>>

<<È solo una sala tatuaggi, voglio raggiungere la mia amica, perché non posso?>>

<<Senti... >>

Ma un'altra voce la interruppe. <<Ciel, lascia stare.>>

Il ragazzo tatuato del giorno prima era comparso dietro il bancone, prima nascosto dalla pila di scatoloni. La voce era la sua quando l'avevo sentito parlare con Ciel del padre.

<<Gideon, la conosci?>> chiese Ciel, nella sua voce un po' troppa amarezza.

Lui non l'ascoltò e fece un cenno con il capo nella mia direzione. <<Grazie per aver dato il messaggio a Todd.>>

Annuii e abbassai lo sguardo. Non avrei più voluto discutere con quella Ciel su cosa potessi o non potessi fare, così in silenzio camminai verso la poltroncina sulla quale mi ero seduta anche il giorno prima.

Sentii dei passi avvicinarsi e uno sguardo lontano bruciarmi le spalle.

Per un momento pensai che il ragazzo, quel Gideon, si stesse avvicinando a me. Quando me lo ritrovai dinanzi, alzai lo sguardo, incontrando di nuovo i suoi fianchi. Portava una maglietta nera a maniche corte e un paio di jeans aderenti.

Si alzò sulle punte dei piedi e alzò un braccio, allungandosi per afferrare qualcosa sopra una mensola alta, posta esattamente dietro la mia schiena.

<<Ti dispiace?>> chiese lui, tornando a terra senza niente in mano.

Non capii a cosa si riferisse ma quando squadrò il punto in cui ero seduta, mi alzai. Sentii una piccola risata alle mie spalle ma non mi girai.

Gideon spostò la poltrona e afferrò uno scatolone. Quando tornò sulle punte, la maglietta scura si alzò leggermente sul bacino, scoprendo parte dell'addome. Era tatuato anche lì.

<<Almeno cerca di contenere la bava.>> sentii pronunciare parole così aspre dalla stessa ragazza che in quel momento mi stava squadrando, ancora una volta, non aveva smesso di farlo da quando ero entrata.

<<Come scusa?>> chiesi subito, allontanandomi visibilmente da Gideon, che nel frattempo si stava dirigendo di nuovo dietro il bancone.

Lei s'indicò un angolo della bocca con l'indice. <<Hai giusto un po' di...>>

Mi toccai ingenuamente la bocca ma quando la sentii asciutta capii che mi stava prendendo in giro. Un altro fattore che mi fece arrivare a quella conclusione fu la sua risata sfacciata.

Gideon si girò verso di noi, avendo ascoltato la conversazione.

<<Lasciala stare.>> ripeté, visibilmente annoiato.

<<Ti stava scopando con gli occhi.>> ribatté la ragazza con un misto di divertimento e di amarezza.

<<Io non... cosa?>> la mia voce uscì più acuta e più disperata del normale.

Quando tolsi lo sguardo da quello di Ciel, incontrai gli occhi di Gideon, che mi stavano già fissando. Trovai la cosa imbarazzante e assolutamente inopportuna.

Scossi la testa, delusa da quegli eventi, e diedi le spalle a ognuno dei due.

Dovevo uscire da quel posto.

<<Dove vai?>> sentii chiedere da Gideon, subito dopo il suono di uno scatolone che veniva posato a terra.

<<Aspetto Adrienne fuori.>> annunciai senza voltarmi. Avrei anche non potuto dargli spiegazioni ma se la mia amica non mi avesse visto lì al suo ritorno almeno loro avrebbero potuto dirle le mie intenzioni.

Quando aprii la porta, la mia faccia finì contro qualcosa di tosto e sudaticcio.

<<Ops, attenzione.>> La stazza di Todd mi sovrastava. Feci dei passi indietro per lasciarlo passare.

<<Ti ho già vista.> esclamò socchiudendo gli occhi analizzandomi per poco. Proprio in quel momento, la testa bionda della mia amica spuntò alle tendine.

<<Non riesco a trovare le chiavi da nessuna parte.>>

<<Cosa ci fate voi due qui di nuovo?>> chiese Todd, avvicinandosi al bancone. Salutò con un cenno del capo Ciel e Gideon, che si era spostato e mi si stava avvicinando.

<<Ha scordato le chiavi ieri.>> rispose questo al suo amico.

<<Non riesco a trovarle.>> ribatté Adrienne.

Todd si portò una mano sulla testa. <<Ma certo! Ho trovato un mazzetto di chiavi proprio ieri sera. Seguimi, le ho messe nell'altra stanza.>>

<<Addy, ti aspetto fuori.>> le dissi, mentre questa seguiva il tatuatore. Non mi rispose, non diede segno di aver capito ma sperai tanto che lo avesse fatto perché subito dopo mi diressi fuori dal locale.

L'aria tiepida mi colpì il volto facendomi volare qualche ciocca di capelli.

Il sole ancora era alto in cielo e il vicolo sembrava meno ombroso rispetto alla sera prima.

Feci in tempo a scansare un sassolino con i piedi e a posare la schiena al freddo muro, che la porta del locale si aprì.

Mi raddrizzai subito, pronta per seguire Adrienne e tornare a casa, ma non fu lei a uscire.

Gideon fece qualche passo avanti, aggiustandosi la maglia sul punto vita prima di guardarsi attorno.

Si portò una mano nella tasca posteriore dei jeans ed estrasse un pacchetto di plastica bianco.

L'anellino che portava al labbro per un momento scintillò, quando il sole che filtrava dal vicolo si scontrò con la sua pelle.

Piegò le braccia flettendole verso il busto e si portò una sigaretta alle labbra, accendendola poi con un accendino. Piegò la testa di lato per far sì che il vento non colpisse la fiamma e dopo aver aspirato, buttò fuori una nuvoletta grigia.

Notò la mia presenza solo dopo aver girato la testa al suono della mia scarpa contro l'asfalto.

<<Devi scusare Ciel.>> furono le sue parole. Quando non feci cenno di avvicinarmi, né di ricambiare le parole, fu lui a venirmi vicino.

Alla luce del sole i suoi lineamenti giovani erano più marcati. Mi chiesi quanti anni potesse avere. Sembrava più grande di me di qualche anno, ma non così tanto alla fine.

<<Si comporta sempre così quando si sente minacciata.>>

<<Minacciata da cosa?>> chiesi, subito, dimenticandomi del voto del silenzio che avevo deciso di fare contro quel ragazzo.

<<Da te.>>

<<Vi siete per caso sognati le mie minacce? Non le ho in pratica rivolto parola.>>

<<Non è di parole che si tratta. Sei bella.>>

Quelle sue parole così dirette mi mandarono in confusione e quando voltai di scatto la testa verso di lui, quasi pensai mi stesse prendendo di nuovo in giro. Ma la sua faccia era seria, il suo volto impassibile.

Stavo per ringraziarlo quando fu di nuovo lui a parlare. <<Anche la tua amica è bella. E Ciel si sente minacciata da altre ragazze belle. Credo funzioni così tra voi ragazze, quando vedete un'altra più bella, più magra o semplicemente più, subito entrate in norma odio. Anche se dovrebbe essere chiamata gelosia o pura invidia.>>

La sincerità nelle sue parole mi sconfortò. Forse più il fatto che la tranquillità nella sua voce non ammetteva controbattute.

Allora mi chiesi perché mi stesse dicendo tutte quelle cose. Non avrebbe dovuto parlare con me, né io con lui. Perché era qui fuori a parlarmi dell'invidia della sua amica nei miei confronti?

<<Non dovrebbe tramutare la sua invidia in cattiveria. Anche se ancora non afferro il suo concetto d'invidia.>>

<<Mi vorrei soffermare sul punto in cui parli di cattiveria.>> Quando aspirò dalla sua sigaretta, le labbra piene si contrassero e quando buttò fuori il fumo piegò la bocca quel tanto da indirizzarlo nella direzione opposta alla mia.

Doveva aver capito che non amavo il fumo, né tantomeno chi fumava.

<<Perché?>>

<<Perché cosa?>>

<<Perché ne stiamo parlando?>>

<<Non è interessante anche per te parlare di questo?>>

Il suo concetto d'interessante era lungi dal mio. Camminare lungo una mostra d'arte era interessante, andare all'osservatorio era interessante, fare ricerche su tradizioni antiche era interessante. Parlare dell'invidia ingiustificata e di altrettanta cattiveria di una ragazza con uno sconosciuto, per di più tatuato, addosso al muro di un buio vicolo non rientrava nella categoria.

Adrienne mi salvò prima di dover dare una risposta. <<Lily!>> mi chiamò, uscendo.

<<Sono qui.>> risposi, staccandomi dal muro e avvicinandomi alla mia amica. Questa per un attimo guardò verso il ragazzo che mi ero lasciata alle spalle e poi mi diede un piccolo pizzico sul gomito, vogliosa di saperne di più.

Quando sentii un fischio mi girai, non seppi bene perché.

<<È stato... >> cominciò lui ma lo interruppi.

<<Una sorpresa.>>

Quando lo vidi annuire e aspirare di nuovo, mi concessi di girarmi e camminare per la mia strada.

¤¤¤

<<Quello cos'era?>> mi chiese Adrienne, sorridendo in un modo assai divertente.

Era rimasta in silenzio per tutto il tragitto e appena varcammo l'uscio della sua dimora, mi fece la domanda.

<<Quello cosa?>> chiesi ingenua, incamminandomi verso il divano. Lei si lasciò cadere al mio fianco, nella casa rimbombavano solamente le nostre voci.

<<È stato... una sorpresa.>> ripeté lei, imitando la scenetta.

Alzai gli occhi al cielo, non c'era niente da dire.

<<Chi era quel tipo?>>

<<Non lo so.>> risposi sincera.

<<Non sembrava che non lo sapessi mentre ci parlavi.>>

<<Credo lavori dal Tattoos By Todd. Era uscito per fumare.>>

Adrienne continuava a sorridere mentre accendeva la televisione.

<<Tu non parli con ragazzi del genere.>>

Le lanciai un'occhiatina. <<Mi correggo: non parli con i ragazzi.>>

<<Mason cosa sarebbe? Un cane?>>

Addy rise. <<Lui non conta.>>

<<E perché no?>>

<<Perché lui sta con me.>>

<<Questo non gli impedisce di essere un ragazzo. Un ragazzo con il quale parlo molto aggiungerei.>>

Lei scosse la testa divertita. <<E va bene, questo te lo concedo. Parli solo con un ragazzo, che è il mio ragazzo per di più. Fa di te comunque una che non parla con i ragazzi per secondi fini.>>

Cercai di divagare il discorso con una smorfia e un gesto della mano, simile a quelli di mia madre.

<<Allora, questo tatuaggio?>> chiesi speranzosa.

Lei sorrise, dimenticando completamente ciò di cui stavamo parlando un attimo prima.

<<Lo vuoi vedere?>> chiese, raddrizzandosi sul divano.

La seguii. <<Certo.>>

Lei annuì e si alzò in piedi. Io la seguii con lo sguardo. Si spostò i capelli di lato e poi lentamente si alzò la maglietta.

Aveva ancora le bende. Delicatamente se le staccò dalla pelle quel tanto da farmi vedere il disegno nero.

Era delicato, questo dovevo concederlo. Era una piccola rondine stilizzata, in perfetta armonia con lo stile di Adrienne. Come aveva chiesto lei dentro non era colorata ma c'era una piccola lettera corsiva che si arricciava. Mi avvicinai per vedere meglio e lei fece un passo avanti.

L

<<Quello è una L?>> chiesi socchiudendo gli occhi.

Lei annuì, gli occhi le brillavano.

<<Perché ti sei fatta una L?>> chiesi subito dopo. Pensai ai genitori ma nessuno di loro aveva il nome che iniziava con la L. Mason non poteva essere.

<<Lily!>> mi richiamò lei, la faccia stralunata.

<<Lily.>> ripetei come se fossi in trans. <<È il mio nome.>>

<<Fino a prova contraria.>> ribatté divertita.

<<È per me?>>

Quando la vidi annuire balzai in piedi. <<Hai fatto il tatuaggio per me?>>

Annuì ancora e in un attimo fu nelle mie braccia. <<Oh, Addy, non dovevi.>>

<<Sei mia sorella Lily, certo che dovevo. Staremo lontane e io voglio una parte di te sempre con me.>>

Mi strinse a sua volta, affondando la testa nei miei capelli. Se non fossi stata una ragazza emotiva non avrei pianto, ma dato che lo ero, piansi. Non tanto, qualche lacrima di gioia e qualcuna di dolore perché l'idea di separami da lei si fece più intensa. A lei sfuggì una lacrima.

<<Vedo che le hai fatto vedere il tatuaggio.>> disse una voce alle nostre spalle. La madre di Adrienne venne verso di noi mentre il padre chiuse la porta. Ridemmo tra le lacrime asciugandocele un attimo dopo.

Poi Susi mi abbracciò. <<Resti a cena vero?>>

<<Certo.>> risposi sorridente. Presi per mano Adrienne, che felice si fece trascinare in cucina da me.

La cena passò tranquilla tra le solite chiacchiere di Susi e Paul, i genitori di Addy. Parlammo del suo tatuaggio, del suo trasferimento e della mia università.

<<I tuoi genitori saranno fieri che sei entrata a legge.>> disse Paul, sorridendomi.

<<Molto fieri.>>

<<Anche tu dovresti essere orgogliosa di te stessa, è quello che hai sempre voluto.>> continuò Susi.

Era quello che avevo sempre programmato assieme ai miei genitori: entrare in una buona università, seguire legge o economia e diventare qualcuno, qualcuno d'importante. Ero orgogliosa di me stessa.

<<Chi vuole i broccoli?>> chiese allora Susi. Mentre Adrienne fece una smorfia, io allungai il piatto per essere servita della mia porzione di vegetali.

¤¤¤

La domestica ancora non era tornata e il nostro frigo era pressoché vuoto. Quando esposi il dilemma a mia madre, lei alzò le spalle incurante dell'argomento, non sapendo darmi una soluzione. Ma poi le feci capire che per cena avremmo dovuto mangiare dei panini o la pizza, e subito la sua espressione d'indurì e si concentrò.

<<Potrei andare a fare la spesa.>> proposi, sapendo che lei non ne sarebbe stata in grado.

<<Sicura di avere del tempo?>>

<<Quali altre possibilità abbiamo?>> chiesi retorica. Non avevo fatto la spesa molte volte ma sicuramente più di mia madre. Qualche volta mi capitava di dover andare al supermercato per accompagnare Adrienne, sapevo qualcosa a riguardo. Mia madre sarebbe apparsa un pesce fuor d'acqua.

Alla fine convinsi mia madre che sarei andata molto volentieri, che avrei preso la macchina e non avrei fatto nessuna tappa di sosta. Non chiamai Adrienne per chiederle di accompagnarmi solamente perché sapevo che negli ultimi tempi era impegnata con i preparativi della partenza e non volevo disturbarla per un inutile salto al supermercato.

Guidai indisturbata per una decina di minuti, il tempo per raggiungere il centro, e una volta parcheggiata la Porsche, entrai nell'edificio basso e bianco lattice.

Dentro l'aria era fresca e le luci particolarmente accese. Il contrasto con il tramonto dell'esterno rendeva l'abitacolo ancor più artificiale.

Passai in rassegna alla maggior parte degli scaffali, afferrando barattoli e scatole che pensai potessero essere utili. Non avevo fatto una lista, né mia madre ci aveva pensato.

Alla fine delle corsie, il mio carrello era pressoché pieno e faticavo a farlo scorrere, tant'è che chiesi un paio di volte scusa per essermi scontrata con il carrello di qualche sconosciuto.

Arrivata nella corsia delle spezie, pensai che qualcheduna potesse esserci utile. Cominciai a leggere le targhette di ognuna, non sapendo riconoscerle a occhio.

Tra tante ne lessi alcune che attirarono la mia attenzione: pepe, pepe nero, origano, curry e noce moscata.

Mi allungai per prenderli tutti e alla fine feci più fatica per afferrare l'ultimo ingrediente.

Mi misi in punta di piedi, allungando il braccio il più possibile, ma riuscivo a sfiorare la bottiglietta solamente con i polpastrelli. Mi appoggiai al carrello, ma presto questo scivolò in avanti facendomi inciampare.

Quando riprovai, presto vidi la boccetta essere afferrata sotto i miei occhi.

Ritornai con i talloni a terra e mi girai.

<<Noce moscata. Hai qualche cena prelibata da preparare?>>

Quella stessa voce mi fece trasalire. Gideon mi stava davanti con la mia boccetta di noce moscata tra le mani, guardandola con attenzione.

Poi mi guardò e piano me la porse.

Non so per quale istinto rimasi in silenzio, e rivederlo mi fece un certo effetto.

Curiosità, o forse stupore. Sorpresa, magari.

Alzò il sopracciglio sinistro, quello tagliato, nell'esatto momento in cui non proferii parola dopo un bel po' di secondi.

<<Vedo che non sei di molte parole questa sera. Ancora.>>

Anche lui aveva un carrello, ma a differenza del mio, era carico di cibi essenziali che occupavano la metà della metà dello spazio che invece occupavano i miei nel mio carrello.

<<Cosa ci fai qui?>> riuscii a chiedere dopo essermi ripresa.

Mi guardò come fossi pazza. <<La spesa. Non è ciò che si fa di solito in posti come questo?>>

Mi resi conto di aver porto una domanda sciocca e mi ricrebbi subito dopo aver sentito la sua risposta.

Forse la mia domanda nacque dal presupposto che tipi come lui non erano soliti fare la spesa, o almeno, non se ne vedevano in giro. Insomma, non sembravano il tipo.

Non mi sarei mai aspettata di vedere Gideon, il ragazzo del negozio di tatuaggi, fare la spesa allo stesso piccolo supermercato dove solitamente la nostra governante ci riforniva le mensole della cucina.

<<Vedo che ci sarà una grande cena questa sera? Qualche evento?>> chiese, rivolgendo un gesto del capo in direzione del mio carrello pieno.

Per un momento mi chiesi perché stesse dialogando con me e non mi avesse semplicemente porto la spezia per poi andarsene con un saluto.

Scossi il capo. <<Il frigo è vuoto.>>

<<Da quanti mesi?>>

Non notai alcun tono di scherno nelle sue parole, sembrava troppo serio. Ma cercai di allontanare qualsiasi pensiero potesse portarmi a pensare a lui.

Così semplicemente ignorai la sua domanda. <<Grazie per la noce moscata.>> Poi la misi nel carrello e continuai a camminare verso la cassa, ignorando il suo sguardo che mi bruciò la schiena.

Pensai, per un secondo, di averla scampata, ma quando me lo ritrovai dietro, nella fila per il pagamento, pensai a quanto fosse cattivo il karma.

<<Paga con la carta o con il bancomat, signorina?>> mi chiese la giovane cassiera.

<<Bancomat.>> risposi, tirando fuori dal portafoglio la carta di credito che i miei genitori mi avevano prestato.

<<Vuole delle buste?>>

<<Sì, grazie.>>

Ne prese una bella manciata e dopo aver pagato, cominciai a imbustare. Misi più cose che potevo alla rinfusa, con il risultato di averle riempite troppo e aver sicuramente sprecato più buste del necessario. Il problema era che mancavano ancora alcuni prodotti.

<<Hai imbustato male.>> disse una voce, al che alzai lo sguardo. Gideon stava pagando alla cassiera, e non aveva nemmeno alzato il mento prima di parlarmi.

<<Come, scusa?>>

<<Hai imbustato male e adesso stai bloccando la fila.>>

Guardai distrattamente la fila dopo di lui e qualcuno stava sbuffando, notando le mie buste. Cercando di mantenere la calma e contendendo l'agitazione che mi stava salendo al petto, misi tutte le buste nel carrello e mi caricai sulle braccia i pochi prodotti che rimanevano. Se mia madre mi avesse visto così impacciata, mi avrebbe sgridato.

Mi affrettai ad andarmene, sperando che nessuno si lamentasse.

Nel tentativo di raggiungere la macchina, il carrello inchiodò. Girò bruscamente e un lato iniziò a pendere pericolosamente verso il terreno. Allungai le braccia per tenerlo in equilibrio, facendo cadere tutti i prodotti che trasportavo su di esse.

Ma il carrello era troppo pesante, e sbilanciò anche me.

Il risultato finale fu un carrello rovesciato e tutta la spesa sull'asfalto del parcheggio del supermercato. Per mia fortuna, non stavano circolando macchine.

Imprecai in silenzio e cercai di mantenere sotto controllo la situazione, sperando che nessuno mi avesse visto, ma quando qualcuno inciampò su un mio barattolo di pomodori, sentii che le mie forze stavano cedendo.

<<Ma che cazzo? Che cosa è successo?>> sentii imprecare Gideon, dietro di me, con due buste per ogni mano.

<<Scusa.>> dissi, inchinandomi per raccogliere il barattolo. In fretta raggruppai tutti i prodotti caduti, sperando che nessuno c'incappasse ulteriormente.

Quando si piegò anche lui sulle ginocchia, posando le sue buste da una parte, trattenni il respiro.

Non mi aspettavo che mi avrebbe aiutato, non me lo aspettavo proprio.

Ero intimorita da quel ragazzo, dai marchi che portava, dal suo sguardo duro. Ma mi stava aiutando e lo ringraziai ancora.

<<Smettila di ringraziarmi, preferirei che la gente uscisse viva dopo aver fatto la spesa e non inciampasse su ciò che hai fatto cadere.>>

Il suo tono era duro, e per un momento mi pentii di essere stata gentile a ringraziarlo.

<<Non l'ho fatto apposta. Sono caduta.>>

<<Sì, con tutto il carrello.>> mi beffeggiò, raccogliendo le ultime cose. Alla fine fece gran parte del lavoro lui e rimbustò, mettendo poi le cose nel carrello. Questa volta, tutto era entrato nelle buste e dell'amaro mi si formò in bocca quando realizzai che aveva ragione: avevo sbagliato ad imbustare.

Ma come giustificazione potevo dire che non l'avevo mai fatto in vita mia.

Quado finalmente presi il controllo del mio carrello, lui riprese le sue buste da dove le aveva lasciate.

<<Grazie ancora.>> esclamai, socchiudendo gli occhi a causa della linea rossa che formava il sole con il mare.

<<Dovere.>> rispose lui, tirando su col naso e dandomi le spalle.

Poi s'incamminò nella sua direzione, non dandomi il tempo nemmeno di realizzare ciò che era appena successo. Mi aveva ancora una volta lasciata completamente sorpresa dal suo atteggiamento.

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