Louis
Eccomi qua, bellissime le mie bellezze (?!), e come prima cosa ci tengo a condividere con voi un dubbio che mi assilla da tempo. Ora, sapete già che sono una vecchia signora, e tante cose di voi ciovani non le comprendo, ma ce n'è una in particolare che mi consuma. Quando mi scrivete "molto Tumblr", o "questa frase è molto Tumblr," esattamente, cosa state cercando di dirmi? Ahahahah, non sono COSÌ vecchia da non conoscere Tumblr, ma davvero non capisco quale sia il nesso con le cose che scrivo. E soprattutto, è una critica o un complimento?
Vabbeh, vi lascio al capitolo che è meglio, e lo voglio tanto tanto dedicare a @green_meet_blue.
Ciao a tutte, siete molto Tumblr (spero con tutta me stessa che non sia un'offesa 🤔😐).
Con le sopracciglia aggrottate e le labbra umide e rosse di vino speziato, Edward contemplava il contrasto magnifico che la fiamma arancione scoppiettante nel grande camino di pietra, creava su quella pelle chiara come la luna. Guardava ipnotizzato la luce danzare sulla schiena sottile di William, dove la stola di pelliccia era scivolata dalla sua spalla, permettendo agli occhi del cavaliere di godersi quello spettacolo di colori e sensazioni.
Sotto il suo sguardo, il ragazzo si voltò appena, mostrandogli parte del volto e quell'accattivante sorriso di cui Edward era l'unico, geloso testimone.
"Dovreste riposare, mio signore," sussurrò, tornando a dargli le spalle, protendendosi in avanti per godere del calore del fuoco, "lo so che la ferita vi fa ancora male."
Edward si asciugò le labbra con il dorso della mano e gli si avvicinò lentamente, sopprimendo una smorfia di dolore.
Aveva ragione. Erano passati giorni dall'ultima battaglia, giorni da quando le mura non si erano sgretolate come Edward avrebbe voluto, ma dopo due intere settimane senza cibo né acqua, i convogli di provviste bloccati, il ponte levatoio si era abbassato e i pochi superstiti all'interno del castello, affamati ed infreddoliti, si erano arresi e avevano lasciato che l'esercito del Sud varcasse le loro porte.
Edward si era seduto da vincitore al desco dei signori dei Nord che gli avevano giurato aiuto e fedeltà, ma il dolore non se n'era andato e quel maledetto gelo che stringeva ogni cosa nella sua morsa, sembrava acuire la sua sofferenza.
Il maestro gliel'aveva detto, quella ferita non si sarebbe mai rimarginata completamente, e il cavaliere avrebbe dovuto imparare a conviverci. E l'avrebbe fatto, ma non avrebbe mostrato ad anima viva la sua debolezza. William rappresentava la sua unica eccezione.
Dietro di lui, bastò schiarirsi la gola perché il ragazzo si voltasse nuovamente e lo guardasse negli occhi.
"Non hai cenato alla mia tavola questa sera," gli disse, fallendo il tono di rimprovero.
William si strinse nelle spalle appuntite ed incrociò le braccia al petto, anch'esso lasciato parzialmente scoperto dalla stola.
"Siete un signore del Nord adesso, e i signori del Nord non lasciano che i servi prendano parte ai loro pasti," gli fece notare Will con voce lenta e morbida come una carezza.
Le labbra di Edward si tesero in un sorrisetto divertito.
"Se facessi come ti dico, invece che di testa tua, forse anche questi famigerati signori del Nord rinnoverebbero le loro secolari tradizioni."
Will copiò il suo sorriso sornione, alzandosi sulla punta dei piedi ed avvicinando il volto a quello del cavaliere.
"Ditemelo, mio lord," bisbigliò, così vicino alla sua bocca eppure ancora così lontano, "ditemi adesso cosa volete che faccia."
Edward avvertì l'addome contrarsi, mentre lasciava che le proprie mani scivolassero sul corpo di William e ne percepissero il tepore.
Non lo baciò, non ancora, ma sciolse i lacci della stola e la guardò scorrere lentamente fino a terra, non prima di aver abbracciato un'ultima volta le sue membra esili e pallide, macchiate qua e là da cicatrici ormai impresse nella mente e nel cuore di Edward come sigilli di cera.
"Lo sai già," disse infine, le sue labbra rosse finalmente su quelle sottili di William, "lo sai già."
***
Louis sbatté le palpebre passandosi una mano sul volto, le gambe strette strette sotto il banco.
Con un sospiro profondo, si costrinse a chiudere il taccuino e a riaprire il libro di fisica.
La fiera di scienze si avvicinava pericolosamente, e lui ed Harry ancora non avevano terminato il loro progetto.
La sospensione del riccio si era finalmente conclusa e proprio quel giorno aveva fatto il suo ingresso più o meno trionfale tra le mura della Mt Blue High, inseguito da sguardi e sussurri curiosi. I pettegolezzi parevano essersi quietati, ma con il suo ritorno le luci del palcoscenico si erano nuovamente accese su di loro e la rissa che aveva causato il suo allontanamento.
Le voci circa il loro rapporto aumentavano, ed Harry non faceva che nutrirle, standogli appiccicato come una cozza allo scoglio. E a Louis mica dispiaceva, no signore, ma la verità era che nessuno, per quante speculazioni e crudeli illazioni potessero essere bisbigliate fra i corridoi, era a conoscenza di ciò che li legava davvero. Anima viva non avrebbe scommesso sul serio che Harry Styles, ormai precipitato al fondo della piramide gerarchica della scuola, ma un tempo al suo apice più splendente, potesse aver perso la testa per Louis Tomlinson, il secchione sfigato che nel tempo libero si divertiva a scrivere racconti sul suddetto riccio caduto in disgrazia.
E per quanto Louis provasse a fingere che tutto questo non facesse male, faceva male eccome.
Harry era venuto a patti con se stesso e ciò che provava; aveva abbandonato i suoi amici per lui, aveva persino ridotto la faccia di uno di loro ad un colabrodo per lui, ma la mano fra i corridoi non gliela stringeva, e i baci e le dolcissime parole che gli riservava non lasciavano mai la calda sicurezza delle loro case. Non lo stringeva fra le braccia, non gli accarezzava i capelli con la punta delle dita; non gli gironzolava attorno pregandolo di continuare la storia di Edward e Will, non lo faceva sentire importante come nessuno prima, e soprattutto, soprattutto, non lo invitava al ballo d'inverno.
Ah, il ballo.
Gli piaceva provare a convincersi di essere uno di quegli adolescenti misantropi, che aborrono quelle stupide tradizioni stantie fatte di orrendi corsage* e luoghi comuni. Se ci avesse preso parte una volta soltanto, avrebbe potuto dire, "ecco, lo sapevo, non ne valeva pena." Ma ahi lui, non aveva ricevuto lo straccio di un invito in quattro maledetti anni, e gli era rimasta solo la sua cinica immaginazione.
Negli ultimi giorni la scuola era tappezzata di cartelloni che gli ricordavano quando patetica fosse la sua vita sociale, e di quanto, infondo, volteggiare al ritmo di un lento tra le forti braccia di Harry fosse il sogno segreto della ragazzina innamorata che dormiva dentro di lui.
E avrebbe dovuto concentrarsi sul progetto di scienze in quell'ora libera, ma il suo cervello era spaccato a metà. Da un lato Edward e Will che ci davano dentro come conigli, e Dio solo sa che avrebbero dovuto essere lui ed Harry, ma quel suo stupido imbarazzo lo fermava ogni santissima volta; mentre dall'altro, il ballo d'inverno, e la sua idiotica speranza che questo fosse l'anno buono.
Soffocò un grugnito di frustrazione, e guardandosi attorno, si sistemò la patta dei jeans. E va bene, la prima metà stava vincendo a mani basse.
Lo rivide in mensa, quando gli si sedette accanto tutto sorrisi e fossette e ricci indomabili.
Certo era strano. Harry Styles, il più dolce dei frutti proibiti, seduto al suo fianco, al tavolo dei derelitti, Tim al posto di fronte e Archie alla sua destra, Bessie e Mary Anne all'altro capo che parlavano sommessamente, quest'ultima da poco giunta a Wilton e già emarginata.
Louis non ci era ancora abituato. Forse non si sarebbe mai abituato, nemmeno a quelle carezze appena accennate che Harry gli regalava nascoste agli occhi del mondo.
"Questo venerdì ci sarà il ballo d'inverno," esordì con quella voce lenta e profonda, composta direttamente dagli Angeli del Paradiso, "voi ci andate?"
Ed ecco che di nuovo ogni sguardo era su di lui, sbigottito come se fosse stato un alieno a parlare con loro.
Louis si mordicchiò le guance, d'un tratto ogni nervo a fior di pelle.
"No che non ci andiamo," borbottò Archie, roteando gli occhi e addentando un tozzo di pane stantio.
La speranza di Louis che quella conversazione finisse in fretta fu altrettanto in fretta spazzata via dall'ingenua domanda di quello che segretamente chiamava il suo ragazzo.
"E perché no? È divertente," esclamò, facendo sporgere appena la lingua prima di masticare una patatina.
Louis sbatté ancora le palpebre e si costrinse a spostare gli occhi. Maledette labbra rosse, maledetta lingua. Maledetto Harry. Soppresse sul nascere le immagini conturbanti di Edward e Will e tossicchiò nervoso.
Tim e Archie si scambiarono un'occhiata complice.
"Non eri il suo tutor, Tomlinson?" Chiese il rosso, un mezzo sorriso sul volto costellato di efelidi.
Le sopracciglia di Louis scattarono verso l'alto, e il suo piede in avanti, collidendo perfettamente contro la gamba di Archie.
Soddisfatto di vederlo sobbalzare ed arrossire, a Louis non servì altra risposta, mentre Harry continuava a guardarsi attorno ignaro.
"Neanche tu ci vuoi andare?" Domandò ancora, le sopracciglia arcuate alte sulla fronte mentre puntava quei magnifici occhi verdi nei suoi.
Lo stomaco di Louis scattò e si chiuse come un trappola per orsi.
Fece no con la testa, le mani in grembo e lo sguardo basso che gli impedì di notare l'espressione incuriosita di Harry.
"Perché no, Lou?"
"Perché no e basta," tagliò corto. Ma come cavolo faceva a non arrivarci? O lo stava soltanto provocando?
Afferrò il vassoio di cibo che non aveva sfiorato e si alzò mentre gli altri parvero non farci nemmeno caso, affrettandosi verso l'uscita della sala.
"Lou!"
Harry trotterellò veloce dietro di lui agitando le mani, ma quello non si fermò finché non furono entrambi immersi nel silenzio del corridoio deserto, al riparo da occhi e orecchie indiscreti.
"Che succede? Perché scappi?"
Louis si arrestò improvvisamente e, voltandosi, vide il suo viso incredulo e quasi ferito. Il pugno stretto attorno al proprio stomaco divenne doloroso.
"È da stamattina che sei strano," disse nuovamente, spostandogli così dolcemente la frangetta che gli ricadeva sulle spesse lenti degli occhiali, "lo sai che se c'è qualcosa che non va, puoi dirmelo."
Le loro vite erano state diametralmente opposte fino a quel momento. Harry era popolare, Harry era bellissimo ed invidiato. Louis non poteva pretendere che cambiasse in uno schiocco di dita. Era già cambiato tutto, e per adesso, doveva bastare.
"Lou," insistette quando non ottenne risposta, pregandolo con quegli occhioni di giada.
Gli concesse un mezzo sorriso, e scosse ancora la testa.
"Niente, Harry, è tutto a posto," borbottò, grattandosi la nuca fintamente distratto, "davvero," aggiunse poi, per cercare di convincerlo.
Invano, perché il riccio aggrottò le sopracciglia e si fece più serio.
"No che non è vero," ribatté, incrociando le braccia al petto. Avrebbe aspettato che Louis parlasse, avrebbe atteso la verità e non si sarebbe accontentato di una mezza risposta.
Louis si mordicchiò il labbro inferiore e si sistemò gli occhiali sul naso. Si scostò nuovamente i capelli dal volto e si passò i palmi sudaticci sui jeans, a corto di idee e di tempo.
Harry lo levò dall'impiccio almeno per qualche secondo.
"Lo so che è per qualcosa che ho detto, e giuro che non mi muovo finché non me lo spieghi."
Appunto. Sapeva essere una testa durissima quando ci si metteva. Non era già abbastanza imbarazzante così, senza dover far luce su ogni dettaglio più patetico della sua vita prima del loro incontro?
"Non....non ci sono mai stato," balbettò, mentre una sensazione di sgradevole calore gli risaliva dal collo fino alla punta dei capelli e tentava in ogni modo di sfuggire allo sguardo di Harry.
"Dove?"
Se avesse potuto, gli avrebbe tirato un pugno.
"Al ballo, Harry. Non sono mai stato ad un ballo della scuola."
Ciò che vide fu l'ultima cosa che si sarebbe aspettato. Un sorriso, tutto denti bianchissimi e fossette, che raggiungeva gli occhi e gridava meraviglia.
"Finalmente," esclamò, e lo prese fra le braccia, lasciandogli un piccolo bacio sulla fronte, "è tutto il giorno che aspetto che tu me lo dica."
Louis era frastornato. Louis non capiva, ma prima che potesse esternare i propri dubbi, Harry lo prese per mano, intrecciando le dita alle sue e dondolandole avanti e indietro come un bambino. Lo trascinò a ritroso per il corridoio fino a raggiungere di nuovo la mensa, e Louis era troppo imbambolato, rincretinito quasi, per pronunciare parola, perché Harry Styles gli teneva la mano di fronte a quegli sguardi stralunati, perché il sorriso di Harry Styles illuminava la stanza e dava il la al concerto di farfalle nel suo addome, perché Harry Styles adesso lo stava baciando, trattenendolo così vicino come volesse che diventassero una cosa sola.
Dio, quanto ti amo.
E il ballo chi se lo ricordava più.
***
Davanti allo specchio del bagno, Louis sbuffava animosamente. Quegli stupidi capelli non ne volevano sapere di stare in ordine, eppure, qualcosa per cui andare fiero ce l'aveva. Lo smoking che aveva affittato gli stava d'incanto, oh sì, e persino uno con l'autostima sotto i talloni come lui l'aveva notato. Ora non gli rimaneva che sperare lo notasse anche Harry.
Era pure riuscito, dopo svariati tentativi fallimentari e due occhi gonfi come palloni, ad infilarsi quelle stramaledette lenti a contatto. Poteva ritenersi abbastanza soddisfatto.
Al ballo non ci avrebbero messo piede. Harry aveva insistito che non ne sarebbe valsa la pena. Trascorrere una serata con gli sguardi di ogni singolo studente puntati su di loro, circondati dalle malelingue ed insulti mal celati, non era esattamente ciò a cui aspiravano entrambi. Non gliel'aveva detto, ma Louis era piuttosto sicuro che non fosse nemmeno riuscito ad ottenere i biglietti. La Mt Blue High non era propriamente una scuola gay-friendly, nonostante i maldestri sforzi profusi dal corpo insegnante; e da quando Harry l'aveva baciato nel bel mezzo della mensa, confermando una volta per tutte i sospetti che li accompagnavano da giorni, la vita di Louis era tornata ad essere l'inferno che aveva conosciuto. Harry non poteva essere al suo fianco per tutta la durata delle lezioni, ed erano proprio quei momenti che i compagni sceglievano per prenderlo di mira. Il riccio, suo malgrado e sua fortuna, esercitava ancora una sorta di timore reverenziale, ma quando Louis era solo, non c'era nulla che impedisse alla crudeltà gratuita di abbattersi su di lui come un acquazzone improvviso. Cercava di vedere il bicchiere mezzo pieno: finché lo scherno e le ingiurie non si fossero tramutate in pugni, le giornate potevano ritenersi più o meno positive.
Niente ballo, dunque, ma Harry gli aveva promesso un appuntamento da sogno. Louis aveva arricciato il naso, ma poi il ragazzo scolpito dall'esperte mani degli dei, aveva aggiunto "niente gabbiani", e Louis si era tranquillizzato.
Non aveva idea di ciò che la serata, ed Harry, gli avrebbero riservato. Aveva dovuto infilarsi uno smoking ed attendere, le mani sudate ed il cuore che ballava la rumba.
"Lou, Harry è qui!" Urlò Arlene dal piano inferiore.
Con un ultimo sguardo al proprio riflesso arrossato ed un sospiro, Louis spense la luce e corse di sotto, inciampando un paio di volte nei suoi stessi passi nervosi.
"Dio, ragazzi, siete bellissimi!" Esclamò la madre, congiungendo le mani davanti al viso e ridacchiando felice.
Louis non avrebbe scommesso su se stesso, ma avrebbe puntato i suoi interi risparmi sull'angelica visione che lo accolse in salotto. Harry in smoking, ricci domati dietro le orecchie ed un sorriso puntato nella sua direzione, sarebbero stati la fantasia che l'avrebbe perseguitato per il resto dei suoi giorni. Era bello da far male, bello come il primo raggio di sole dopo una tempesta, come la luna piena che fa capolino dietro cumuli di nubi nere, come una distesa di tulipani mossi dal vento.
Ti amo.
"Fatevi fare una foto," squittì Arlene, afferrando il figlio per le spalle e trascinandolo accanto al ragazzo che lo aspettava.
Provò a nascondere il viso, ma Harry gli cinse la vita con un braccio e sorrise alla fotocamera.
Quel suo ego dirompente non gliel'avrebbe mai tolto nessuno, nemmeno il declino della sua stella.
"Harry, no, ma che-?
Il suo sorriso, contro le proprie labbra, gli impedì di proseguire. Trovava sempre un modo di zittirlo, e questo era senza dubbio il suo preferito.
Si assicurò che la sciarpa gli coprisse completamente gli occhi prima di schioccargli un altro bacio ed allacciargli la cintura.
"È necessario?" Chiese Louis, e se il tessuto pruriginoso non l'avesse celato, Harry l'avrebbe visto alzare lo sguardo al cielo.
"Certo," rispose quasi canticchiando ed accendendo il motore dell'auto, "lo sai che è una sorpresa."
"E tu lo sai che non mi piacciono le sorprese," ribatté Louis, incrociando le braccia al petto e segretamente ringraziando la sciarpa che gli nascondeva il volto, così Harry non avrebbe visto nemmeno il suo sorriso divertito.
"Lo so, Tomlinson, ma so anche che ti piace fare il duro, ma sotto sotto sei una principessina,"' ridacchiò il riccio.
Al buio, Louis allungò una mano e lo pizzicò sul fianco. O almeno sperò che fosse il fianco, perché dallo squittio di Harry, non ne fu poi tanto sicuro.
Il tragitto fu più breve del previsto, e prima ancora che Louis potesse rendersene conto, l'auto si era fermata ed Harry gli prendeva la mano aiutandolo a scendere.
"Siamo già arrivati?"
Un altro bacio, appena sotto l'orecchio, gli intimò nuovamente di stare zitto.
Quel gioco del silenzio cominciava a piacergli davvero.
Lo guidò per pochi passi, tenendolo stretto accanto a se', mentre Louis cercava di distinguere suoni e profumi, che d'un tratto si fecero stranamente familiari. Sentiva i bassi dello stereo ed il vociare di alcune persone, il tutto condito dallo speziato aroma della cannella; udì una porta spalancarsi, ed ogni suono farsi più forte e vicino.
Quando Harry sciolse la sciarpa che gli aveva legato dietro la nuca, e la luce tornò prepotente a bruciargli gli occhi, Louis sapeva già dove l'aveva portato. A casa sua, dove il solito salotto spoglio adesso lo accoglieva illuminato a festa, il parquet ricoperto di palloncini rossi e bianchi, e i visi sorridenti di Archie, Tim, Bessie e Mary Anne lo salutavano timidi.
"Se la montagna non va a Maometto," esordì Harry, mordicchiandosi una guancia, "no aspetta, com'è che era?"
Louis scoppiò in una fragorosa risata, allacciandogli le braccia al collo. Sproloquiò una cantilena di "grazie", ma tutto ciò che percepiva erano le mani di Harry sulla sua schiena, che lo stringevano e lo accarezzavano; i suoi ricci contro il viso, morbidi come seta, la sua voce profonda un'eco languida nelle sue orecchie e nella sua testa.
"I miei saranno fuori tutta sera, quindi ho pensato che il nostro ballo potevamo farlo qui," spiegò, e non ce n'era davvero bisogno, ma Louis sarebbe rimasto ad ascoltarlo per ore.
Si era ripromesso che quelle due parole le avrebbe soffocate, giù, giù in fondo, nel buio più nero, ma poi Harry faceva una cosa del genere, poi Harry lo baciava, poi gli prendeva la mano...poi Harry sorrideva, e Louis si innamorava di nuovo come la prima volta.
Fu la più cliché delle serata, e Louis ne amò ogni istante.
Niente alcool, ma solo punch alla frutta e the freddo per Harry; niente di quella orrenda musica house, ma solo sciocche canzoni che cantarono insieme. Tante, troppe animate discussioni su fumetti e super eroi, un'accesa disputa sull'eterna battaglia tra Guerre Stellari e Il Signore degli Anelli, nella quale il bellissimo riccio stupì tutti quanti dimostrandosi un fan accanito di entrambe le saghe. Passi di danza goffi e scoordinati, ma anche lenti e quasi sensuali, durante i quali Louis ed Harry assistettero al tragicomico, ed invano, tentativo di Archie di avvicinarsi alla nuova arrivata.
Poi, scoccata la mezzanotte, il club dei derelitti, più unito che mai, scivolò lontano dalla casa che li aveva ospitati, sparendo nel gelo e nell'oscurità di quella notte senza luna, lasciando Louis ed Harry dietro di sé, un'intera abitazione da ripulire e finalmente quella privacy che il primo stava agognando da ore.
Non fece in tempo ad afferrare un sacco della spazzatura, che la mano calda e rassicurante di Harry prese la sua e lo fece volteggiare su se stesso, offrendogli uno di quei suoi famigerati sorrisi, quelli che sapevano tramutare anche il cuore di pietra più dura in soffice gelatina.
"Me lo concede un ultimo ballo, Mr Tomlinson?" Domandò fingendosi serio ed improvvisando un mezzo inchino.
Louis ridacchiò ma annuì in fretta, mosso soltanto dal desiderio di essere di nuovo intrappolato da quelle braccia e cullato dal suo dolcissimo profumo.
Non riconobbe nemmeno la canzone che aveva scelto per lui, ma quando Harry cominciò a mormorarne le parole al suo orecchio, il cuore di Louis prese a battere al tempo di un tamburo di guerra.
"Guardami negli occhi, e vedrai cosa significhi per me. Guarda dentro il tuo cuore, dentro la tua anima, e quando mi vedrai proprio lì, capirai che non dovrai più guardare altrove," canticchiò, voce roca e bassa, armoniosa ed eterea, avvolgente come una coperta fatta di sole e stelle.
Louis strinse le mani attorno alla sua vita e poggiò la testa sulla sua spalla.
Non piangere, non piangere, non piangere, si ripeteva, ma non era affatto certo di riuscire nell'intento, per questo nascose il volto nell'incavo del suo collo, sentendo il pulsare del suo cuore, o forse era il proprio, ma tutto girava e gli sembrava di essere sospeso in quella dimensione che tanto adorava, quel filo sottile tra sogno e realtà dov'era solito rifugiarsi.
Le note della canzone sfumarono lente, ma entrambi continuarono a muoversi, chiusi in una bolla di sapone che risplendeva dei colori dell'arcobaleno.
Poi le parole di Harry rimbombarono nella stanza, e nel suo intero corpo, e la bolla scoppiò, lasciandoli soli nella concretezza del mondo reale.
"Lou," iniziò, le dita fra i suoi capelli e le labbra rosse come succose ciliegie, "ricordi quando ti ho detto di essermi innamorato del mio vecchio vicino di casa?"
E a quel punto, Louis non ricordava nemmeno cosa fosse la salivazione, perciò non gli rimase che annuire e tenere sigillata la bocca impastata. Gli avrebbe tirato volentieri anche un pugno sul naso, perché, sul serio, Styles? Il tuo vicino di casa? Ma ahi lui, non era solo la saliva della quale aveva dimenticato l'esistenza, ma il suo stesso cervello. Per evitare di rendersi oltremodo ridicolo, optò ancora una volta per il silenzio.
Harry gli regalò un altro mezzo sorriso, e udite udite, due guance rosse proprio come le sue labbra. Gli si avvicinò quel tanto che bastava perché si specchiassero l'uno nelle iridi dell'altro, perché respirassero la stessa aria, se Louis non stesse per dimenticare anche come si faceva a rimanere vivi.
"Non gliel'ho mai detto," ricominciò Harry, prendendo un respiro profondo, e Louis vide lo sforzo sul suo viso di porcellana. Non era bravo con le parole, ma ci stava provando, e valeva più di ogni altra cosa.
"Non gli ho mai detto che lo amavo, ma...ma questo non lo rendeva meno vero, capisci?"
E Louis capì. Le farfalle, le libellule, gli pterodattili che si erano stabilmente insinuati nel suo stomaco, non parvero essere altrettanto acuti, ma Dio o chi per lui l'avevano dotato di una mente funzionante, e capì.
Anche io.
QOFC: cosa sta cercando di dirgli davvero Harry?
E avete capito quale canzone sta cantando? È difficile, lo so, anche perché la traduzione (dall'inglese) non è letterale, ma ehi, provateci! Shoutout a chi indovina 😁
Grazie di tutto, come sempre, soprattutto della vostra infinita pazienza.
*corsage: braccialetto floreale usato in occasione di feste, matrimoni, o appunto, il ballo della scuola.
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