Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Louis

Buonasera bellezze! Tornata da Londra, stanca e felice. Altro concerto strepitoso, dal quale mi sento di trarre alcune banalissime conclusioni. Sono bellissimi. Sono bravissimi. Li amo.
Ecco.
A voi il nuovo capitolo, non odiatemi, e lasciatemelo dedicare a Galwaygirl269.
All the love.

Adesso vomito, adesso vomito, adesso vomito.
Oppure muoio.
O muoio annegato nel mio stesso vomito.
   Louis camminava avanti e indietro con il respiro affannato e le braccia strette al petto. Il corpo un fascio di nervi pronti ad esplodere come una bomba ad orologeria, provava a calmarsi passeggiando fra gli alberi, lontano dagli occhi e dalle orecchie dei ragazzi che aveva lasciato accanto alle tende.
Harry non aveva nemmeno provato a seguirlo, ma si era seduto con gli altri e si era fiondato sul cibo. E meno male, altrimenti Louis sarebbe morto per davvero.
   Di solito accadeva soltanto nella sue recondite fantasie. La sera, fra le lenzuola ed il tepore delle coperte, nel buio della sua stanza, immaginava che Harry fosse lì al suo fianco, accarezzandolo lentamente e sussurrandogli dolci parole all'orecchio, prima di avvicinarglisi di più e depositare sulle sue labbra lenti baci, tanto teneri quanti sensuali.
Quindi se adesso Louis rischiava un infarto, era solo colpa di Harry Styles. Non era mica pronto a rendere reali le sue fantasie.
Si inchiodò al terreno, mentre un brivido gelido lo scuoteva dalla testa ai piedi, costringendolo a stringere i denti. Chi glielo diceva che Harry avesse davvero avuto intenzione di baciarlo? Il fatto che si fosse avvicinato tanto da far incrociare gli occhi turchesi di Louis pur di non smettere di guardare quella meraviglia della natura; non significava necessariamente che sarebbe successo quello che sognava ogni notte durante gli ultimi due anni.
Scosse la testa, portandosi la mano alla bocca, ascoltando il proprio cuore rimbombargli nelle orecchie come l'eco dei tamburi che annunciava il sanguinoso giungere dell'esercito di Sir Edward.
Harry non era gay, ad Harry non piacevano gli uomini. Ad Harry non piaceva Louis. Se per qualche inspiegabile allineamento planetario il riccio si fosse interessato ad un altro uomo, quell'uomo non sarebbe stato Louis.
    Nel suo momento di debolezza, Harry si era sentito in dovere di confortarlo, forse per ripagare quel debito che credeva di aver contratto quando Louis e sua madre l'avevano trovato fradicio e disperato sotto la tempesta di Portland.
    Girovagò nel bosco per un'altra buona mezz'ora. Lo stomaco stretto in una morsa, di raggiungere gli altri e ritrovarsi difronte la stessa faccia che fino a poco prima era stata a meno di due centimetri dalla propria, lo costrinse a continuare a camminare.
I raggi del sole filtravano affettati in tanti spicchi bianchi e splendenti tra le fitte fronde degli alberi, splendidamente dipinte dalle tinte calde dell'autunno. Le foglie già morte ricoprivano il sottobosco, formando un tappeto soffice ed altrettanto colorato sotto i piedi, attutendo i suoi passi ed amplificando l'immobile silenzio di quel luogo. Circondata soltanto dalla meraviglia della natura, la mente di Louis balzò prepotente di ricordo in ricordo, tornando alle tiepide estati della sua infanzia, alle lunghe passeggiate fra quegli stessi alberi, gli stessi silenti  testimoni dello scorrere inesorabile del tempo.
Poggiò una mano sul tronco di una grande quercia, tastandone la corteccia ruvida e fredda, tracciandone le profonde venature scavate nel legno. Si chiese se gli alberi la capacità di conservare i ricordi. Sapeva che non era così, ma in fin dei conti gli piacque pensare che dieci anni prima, quella stessa quercia fosse lì, e fosse in grado di riconoscere quel bambino ora adulto. Gli piacque pensare che l'albero sapesse, che conoscesse il motivo del suo cambiamento, le ragioni dietro le sue lacrime e la sua sofferenza. Gli piacque pensare che al mondo, esistesse qualcuno che poteva capire.

   Quando tornò dagli altri, prese il panino che Tim gli aveva tenuto da parte e ne addentò un boccone, sedendosi a gambe incrociate il più lontano possibile da un certo riccio che lo studiava invece come fosse una cavia da laboratorio. Louis abbassò immediatamente lo sguardo e si finse indifferente, mentre dentro era un turbinio di emozioni ed imbarazzo paralizzante. Si unì ad Archie e Tim in una noiosa discussione circa l'ultima graphic novel di Batman, pur di non incontrare neppure per sbaglio lo sguardo smeraldino di Harry.
Pareva un bambinetto capriccioso. Con la coda dell'occhio lo vide sbuffare, tentando in ogni modo di attirare l'attenzione.
"Quindi? Che facciamo?" Disse, mettendosi in piedi e stiracchiandosi verso l'alto. Louis trasalì alla vista di quella porzione di pelle candida tra l'ombelico e l'elastico dei boxer. Sbatté le palpebre e tornò ad abbassare la testa, fintamente concentrato sul fumetto che Archie gli stava mostrando.
Quando nessuno lo degnò di una risposta, Harry trotterellò fino a Louis, piantandoglisi di fronte con le mani sui fianchi ed un sorrisetto da schiaffi sulle labbra.
"Allora?" Si inginocchiò fino a che non fu alla sua altezza, "dai, Louuuuu," piagnucolò, storcendo la bocca in un broncio degno di un bimbo.
Louis si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. Evidentemente non gli bastava far parte dei suoi pensieri ogni giorno della settimana e rendergli la vita impossibile. A quanto pare aveva deciso di seguirlo come un cagnolino ed imbarazzarlo di fronte alle uniche persone che gli rivolgevano la parola tra le mura scolastiche.
"Che c'è, Harry?" Domandò, senza alzare lo sguardo dal giornaletto che Archie teneva aperto fra le lunghe gambe scarne.
"Mi annoio, Lou! Facciamo qualcosa!" Lo implorò con quel suo viso da cucciolo e da macchina del sesso insieme. Stupido, stupido Styles.
Louis avvampò quando si ritrovò nuovamente il suo volto vicino, e dovette far leva su ogni fibra del proprio corpo per mantenere un certo autocontrollo. Dio, gli sarebbe saltato addosso da un momento all'altro.
Non avrebbe dovuto essere libero di girovagare per il mondo con un viso ed un corpo come quelli. Harry Styles avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.
Scacciò rapidamente quei pensieri idioti dalla mente e fece spallucce.
"Se ti annoi, fatti un sonnellino," gli rispose, scandendo ogni parola con il timore che potessero strozzarglisi in gola.
Harry sbuffò nuovamente, rimettendosi in piedi con quelle sue gambe chilometriche fasciate dai jeans.
"Ho già fatto un sonnellino, facciamo qualcosa insieme," mugolò, sbattendo le ciglia scure che incorniciavano gli occhi più belli del creato. Maledetto Styles.
"Nessuno ha un pallone da football?" Chiese guardandosi attorno speranzoso.
Louis avrebbe voluto schiaffeggiarsi. O schiaffeggiarlo. Archie, Bess e Tim alzarono le teste e lo guardarono come fosse un marziano. Louis chiuse gli occhi e pregò che quello strazio finisse presto. Stava domandando a dei nerd di fare una partita a football. Quando credeva non ci potesse essere limite al peggio, Harry se ne usciva con una richiesta simile.
Louis posò il fumetto con un sospiro e si alzò a sua volta. Prese Harry per il braccio e lo trascinò lontano dai ragazzi che ancora lo osservavano basiti. Dio, quel sorrisetto gliel'avrebbe levato dalla faccia a suon di pugni. E baci. Ah, soprattutto baci. Louis non avrebbe disdegnato affatto quell'ipotesi se mai si fosse ripresentata l'occasione.
Smettila, idiota, si disse, mentre raggiungevano ancora una volta le rive del lago Webb camminando a passi svelti.
Quando si fermarono, Louis prese un respiro profondo.
"Harry," iniziò, provando ad ignorare il dolce profumo che gli solleticava le narici e lo trascinava come un'onda tra le sue braccia toniche, "mi spieghi perché sei voluto venire con noi questo weekend?"
Chi l'avrebbe mai detto. Fino a poche settimane prima, si era limitato ad osservarlo da lontano, a fantasticare su quei ricci soffici color del cioccolato più squisito, su quelle labbra rosse come ciliegie mature, sperando che un giorno o l'altro, la sua voce roca e profonda gli sussurrasse all'orecchio avvolgendolo come un morbido lenzuolo di seta pura.
Ora invece eccolo lì, di fronte a lui, dopo aver trascorso un'intera notte insieme, testimoni l'uno delle lacrime segrete dell'altro, uniti da qualcosa che andava al di là della comprensione di entrambi. Un rapporto fatto per lo più di silenzi e parole non dette, forse anche di bugie, ma in qualche modo vicini.
   Harry si scostò i capelli dalla fronte e smosse i sassolini della spiaggia con la punta della scarpa.
"Perché mi piace l'astronomia, e voglio vedere le stelle," disse, poi sorrise uno di quei sorrisi che trasformarono in gelatina le ginocchia di Louis, "ma non dirlo a nessuno," aggiunse, ridacchiando.
Una voglia irrefrenabile di sbattere ripetutamente la testa sulle rocce colse Louis all'improvviso. Lo sapeva, lo sapeva il maledetto, di essere così infinitamente sexy. Sapeva quello che gli stava facendo, ma continuava a provocarlo con quei sorrisi al miele e quelle occhiatine furbe.
Louis sbuffò e gli diede le spalle, incapace di sostenere i suoi occhi di giada.
"Davvero ti interessi di astronomia?" Borbottò a mezza voce, poco convinto. Se gli avesse detto di aver semplicemente voluto trascorrere il fine settimana in sua compagnia, a Louis sarebbe andato bene lo stesso. Probabilmente gli sarebbe scoppiato il cuore, ma gli sarebbe andato bene.
Lo sentì bofonchiare qualche parola incomprensibile, e quando si voltò lo vide agitarsi sul posto.
"Ho pensato che potessimo prendere qualche spunto per il progetto di scienze, visto che ancora non abbiamo un'idea," disse Harry, alzando le spalle.
Louis aggrottò le sopracciglia, sempre meno convinto. Ridacchiò, incapace di credere alle proprie orecchie.
"Harry, per analizzare nel dettaglio un fenomeno meteorico, come minimo ci servirebbe il telescopio di Hubble," sghignazzò.
Vide Harry annuire con espressione confusa, ed ebbe la certezza che non sapesse di cosa stesse parlando.
"E va bene, va bene," esclamò poi, mettendo le mani davanti al corpo come a difendersi. Sbuffò e fece qualche passo avanti e indietro, sotto lo sguardo perplesso di Louis.
"La verità è che ho rifiutato l'invito di Scott per stasera. Mi ha chiesto di andare con lui a casa di Brody, e credimi, avrei fatto qualunque cosa pur di evitarlo."
Louis dischiuse le labbra per interromperlo, ma non ne uscì alcun suono. L'unico rumore che riuscì ad avvertire fu quello del proprio cuore.
"Ma ehi, la vista è splendida," aggiunse il riccio con un mezzo sorriso, allargando le braccia ed indicando il paesaggio che li circondava, "e anche se voi ragazzi siete parecchio strani, sono sicuro che alla fine riusciremo a passare un bel weekend."
Crack. Il cuore di Louis collassò su se stesso. Avrebbe anche potuto donarlo in beneficenza, ormai non gli sarebbe più servito. Harry ci era saltato sopra esattamente come Brody era saltato sulla sua mano.
"Oh," disse solamente, annuendo senza nemmeno accorgersene.
Nella sua mente, la voce di Edward risuonava insieme al suo corno di guerra.
Te l'avevo detto, sembrava urlare.
Louis si voltò e lasciò Harry dietro di sé, la sua immagine che si confondeva e sovrapponeva con quella del cavaliere.

Il pomeriggio scivolò veloce, portandosi via il tepore del sole tramontato dietro le creste delle montagne, che ora stagliavano le loro ombre lunghe come mani che stringevano la vallata fra dita gelide e buie.
Harry si era appisolato davvero, arrotolato nel sacco a pelo e con la bocca aperta, ma Edward, lui sì che era sveglio e vigile. Si aggirava per la foresta con passo felpato, la mano sull'elsa della spada pronto a sguainarla al minimo rumore. Aveva ucciso tanti nemici da non poterne tenere il conto, eppure adesso aveva paura. Il terrore gli imperlava di sudore freddo la fronte spaziosa, e la sua armatura d'acciaio, scintillante alla luce della luna che lo trafiggeva come lame tra i rami dei larici, pareva più pesante di minuto in minuto.
   Aveva fallito. Il celebre cavaliere aveva fallito nella prova più grande. Il suo scudiero, William, giaceva inerme nelle segrete del castello di Dunure da giorni, mentre Edward cercava di non pensare a quali orrende torture lo stessero sottoponendo. I suoi commilitoni non capivano; non potevano capire perché si desse tanta pena per quel ragazzino ossuto che sellava il suo nero destriero. Ma quel ragazzino si era macchiato della colpa più grande, e il temutissimo Sir Edward, cavaliere di Arran, avrebbe attraversato mari e scalato montagne per ritrovarlo.
Gli aveva rubato il cuore.

   Louis annotava ogni parola sul suo quaderno con estrema dedizione. La penna danzava rapida sul foglio, mentre la sua mente lo portava lontano, sempre più lontano, fuggendo da quella realtà che sapeva di amaro.
Mentre Archie e Bess preparavano i loro telescopi ed i binocoli, e Tim si occupava di ravvivare il falò, borbottando di tanto in tanto contro il vento; Louis si era pressoché dimenticato del motivo per il quale si trovasse con loro.
   Aveva accettato di unirsi ai ragazzi per trascorrere un weekend immerso nella natura, e sebbene lo spettacolo dello sciame meteorico sarebbe stato senz'altro mozzafiato, gli eventi delle ultime ore l'avevano trasportato nella dimensione che più preferiva. La sua fantasia.
Faceva male sapere di vivere una storia d'amore che esisteva soltanto nella sua testa, ma rendersi conto pian piano che il ragazzo dei suoi sogni non aveva nulla a che fare con il perfetto gentiluomo innamorato che aveva creato, lo trascinava sempre più a fondo nei meandri della sua illusione.
Le parole di Harry l'avevano colpito come sassi, ma pur di non rimuginarci sopra ancora e ancora, preferiva rifugiarsi nei mondi fantastici che la sua mente creava e modellava come creta. Quella sorta di quasi bacio era stato rimosso alla velocità della luce dalla verità che il riccio gli aveva rivelato. Se era stato genuinamente felice che Harry avesse confessato al preside la realtà, sapere poi che si era unito a loro solo per sfuggire alle conseguenze di quel gesto; aveva gettato Louis in un vortice di sconforto e delusione.
"Forse è meglio che svegli il tuo amico," gli disse Tim, spezzando un altro ramoscello da mettere sul fuoco.
Louis alzò la testa dal taccuino, svogliato, ed annuì. Gattonò fino alla tenda che Bess gli aveva prestato, e poggiò una mano tremante sulla spalla di Harry.
"Ehi," bisbigliò, scuotendolo appena. Harry mugugnò qualcosa per poi stringersi nel sacco a pelo. Louis avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo e sbuffare, ma era semplicemente troppo bello e dolcissimo così appallottolato, con quell'espressione sognante che lo faceva apparire ancora più giovane di quanto già non fosse.
"Harry," ritentò, provando a togliergli di dosso il sacco a pelo. Quello borbottò nuovamente prima di aprire un occhio soltanto.
"Ancora cinque minuti," biascicò con la voce impastata dal sonno. Louis ridacchiò, intenerito. Bastava guardarlo per dimenticarsi di ogni turbamento, perché era così incantevole e pareva tanto innocente da ispirare solo bellezza.
"Se vuoi vedere le stelle cadenti, ti devi alzare," gli disse sottovoce, quasi avesse paura di poter spezzare quel momento di magia.
Ci pensò Harry poco dopo, sbuffando e mettendosi a sedere, stropicciandosi gli occhi come un bambino. Louis mal celò un sorriso e si strinse al petto il suo quaderno.
Harry dovette averlo notato, perché aggrottò le sopracciglia, indicandolo.
"Si può sapere cos'è che scrivi sempre?" Chiese, la voce più roca del solito.
Louis avvertì le guance scottare e si voltò, lasciando la tenda. Iniziava comunque a fare troppo caldo in quel piccolo spazio.
"Niente," borbottò, "dai, esci. Tra poco inizia lo spettacolo."
Osservò Harry stiracchiarsi per l'ennesima volta quella giornata, e lo vide rabbrividire una volta uscito all'aria fredda che proveniva dalle montagne. Lo guardò prendere posto di fronte al fuoco, sbadigliando sonoramente.
"È già ora? Avevo letto da qualche parte che il momento migliore per guardare le stelle cadenti è poco prima dell'alba," disse, passandosi una mano fra i ricci disordinati.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui, sbalorditi.
"È vero," disse Bess con gli occhi sgranati. Archie e Tim annuirono, altrettanto increduli. Harry li guardava confuso, mentre Louis cercava di trattenere una risatina.
"Hai ragione," intervenne per toglierlo dall'imbarazzo, "ma lo sciame si può osservare per diverso tempo. Gli altri si alzeranno anche tra qualche ora," aggiunse, indicando i tre ragazzi.
Harry si voltò verso di lui. "E tu no?" Chiese inclinando la testa e sbadigliando ancora.
Louis si strinse nelle spalle. "Le ho viste tante volte, ci venivo spesso qui da bambino. Mi basta poterne vedere alcune."
Abbassò lo sguardo, puntandolo verso le fiamme scoppiettanti del falò. Non gli piaceva parlare della sua infanzia, eppure sembrava non fare altro quando Harry glielo chiedeva.
Il riccio prese uno dei binocoli che Archie aveva posto lì accanto, e lo mostrò a Louis.
"Bisogna guardarle per forza con uno di questi?"
Louis fece no con la testa. "Solo se vuoi vederle meglio, ma anche a occhio nudo va benissimo."
Harry annuì, poi si alzò nuovamente in piedi. Fece il giro attorno al fuoco e si risedette al suo fianco, offrendogli un piccolo sorriso con tanto di fossette.
Rimasero in silenzio, solo il crepitare del fuoco ed il fruscio del vento tra gli alberi a far loro da compagnia, mentre aspettavano le stelle cadenti.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro