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Harry

Amori miei! Direttamente da Londra, aspettando con ansia il concerto di domani, vi auguro una splendida serata e soprattutto happy Larry anniversary! #2yearsofLarrymarried

Alla fine ce l'aveva fatta. L'aveva convinto senza grandi sforzi, aiutato dai suoi occhioni verdi e brillanti, le labbra a cuoricino mentre lo pregava, e un altro sacchetto colmo di muffin ai mirtilli per i quali aveva costretto sua madre ai fornelli la sera precedente.
Ed ecco che Harry parcheggiava di fronte alla casa di Louis, scendendo baldanzoso dall'auto con i ricci scompigliati dal vento, ed un sorriso furbo mentre raggiungeva il gruppetto di ragazzi radunati nel piccolo giardino con grandi zaini ai loro piedi.
Quell'espressione soddisfatta abbandonò il viso di Harry veloce com'era arrivata, notando gli sguardi attoniti e le bocche spalancate di quegli studenti dei quali non conosceva nemmeno il nome. Cavolo. Erano poco più di cento in tutta la scuola, e lui non si era neanche preso la briga di guardare le loro facce nei corridoi.
"Ehm," borbottò Louis arrossendo come suo solito, allacciando le braccia al petto, "già, mi sono dimenticato di dirvelo. Harry si unirà a noi questo weekend."
Harry alzò la mano in segno di saluto ed offrì loro un altro sorriso poco convinto. Tutto d'un tratto gli parve di essersi tramutato in uno squalo affamato circondato da un banco di sardine. Non sapeva se quei ragazzi fossero più sconvolti o più spaventati dal semplice fatto che lui si trovasse lì.
"Ciao!" Esclamò giulivo, sperando di allentare la tensione.
Ottenne dei mugugni sommessi come risposta, occhi bassi ed altre guance color porpora.
Louis lo affiancò e cominciò ad indicare i presenti uno per uno.
"Harry, questo è Tim," disse, allungando il dito indice verso un ragazzetto biondo con i capelli sparati in ogni direzione, che ridefiniva in pieno il concetto di bed hair. Dietro gli occhialetti tondi, nascondeva un paio di occhi azzurri ed sporgenti, vuoti ed acquosi come quelli di una rana. Harry si trattenne dal ridacchiare.
"Lei è Bess. Siamo insieme nel corso di scienze e di inglese," annunciò Louis, probabilmente sapendo benissimo che Harry non ne avesse la minima idea. Maledizione, come aveva fatto a non averla mai vista prima? Con quei capelli castani che sfumavano al fucsia sulle punte era piuttosto difficile non notarla, eppure Harry ci era riuscito.
Bess gli porse la mano cicciottella e tremolante, ed Harry si affrettò a stringerla sorridendo come un ebete con una paresi facciale. La sentì trattenere il fiato e temette che potesse iniziare a perdere fumo bollente dalle orecchie rossissime. Non fu in grado di nascondere un altro sorriso di soddisfazione.
Era innegabilmente appagante sentirsi il più figo della situazione, anche se quei nerd gli rendevano la vittoria piuttosto facile.
"E lui è Archie."
Louis terminò le presentazioni indicando un ragazzo allampanato con i capelli rossi ed il viso cosparso di lentiggini.
Harry parlò prima di connettere il cervello. "Come quello dei fumetti, vi assomigliate," ridacchiò picchiettando la mano sulla sua spalla.
Parve che una folata di aria polare li investisse, e se gli sguardi avessero potuto uccidere, quello che Louis gli riservò l'avrebbe fatto stramazzare a terra senza vita in meno di un secondo.
Harry deglutì e spostò il peso da un piede all'altro, passando dall'essere il più figo al più odiato nella stessa brevissima frazione di tempo.
Dopo altri secondi di imbarazzante silenzio, Harry batté le mani. "Bene! Quindi...si parte?"

Sulla Gran Voyager della madre di Louis ci stettero tutti quanti, comodi e con tanto spazio per gli zaini e i sacchi a pelo.
Harry si offrì di guidare, ben grato di poter concentrarsi su qualcosa che non fossero gli sguardi torvi dei ragazzi che lo circondavano.
Dopo un paio di fallimentari tentativi di conversazione, accese la radio e canticchiò tra sé, rimpiangendo di aver rifiutato l'invito di Scott. Magari Brody gli avrebbe spaccato la faccia, ma quantomeno non si sarebbe sentito tanto stupido e fuori posto.
Dietro di lui, Archie, Bess e, come cavolo si chiamava quell'altro, si lanciarono in un'animata discussione sul progetto di scienze a cui stavano lavorando, parlando a proposito di reazioni chimiche e strani liquidi che evaporavano. Louis intervenne di tanto in tanto, e fra loro ridacchiavano senza che Harry fosse minimamente in grado di capire il perché.
Sbuffò, tamburellando le mani sul volante. Sarebbe stato un lunghissimo fine settimana. E lui era persino più idiota di quanto avesse mai osato pensare.
Quando finalmente giunsero al Mt Blue State, lasciarono l'auto nella zona adibita e si caricarono gli zaini in spalla. Per raggiungere l'area camping avrebbero dovuto camminare una buona mezz'ora, ma il tempo era bello, il cielo terso e lentamente i raggi del sole filtravano dalla fitta boscaglia, riscaldando le membra.
Harry scattò per primo, lasciandosi dietro quel gruppo al quale sentiva di appartenere meno ogni minuto che trascorreva in loro compagnia. Aveva sperato che Louis gli riservasse più attenzioni, ma notò tristemente che il ragazzo dagli occhi blu non ne sembrasse particolarmente incline. Ad onor del vero, non pareva a suo agio nemmeno con gli altri; più che altro dava l'impressione di essere perso nei propri pensieri, lo sguardo fisso al terreno accidentato dai sassi e dalle foglie secche, ed un broncio adorabile a storcergli le labbra.
Camminò tanto rapidamente che quando giunse a destinazione, in un ampio prato punteggiato già qua e là da altre tende e piccoli bungalow sulla riva del lago Webb, degli altri ancora non c'era traccia.
Facendo spallucce, scelse uno spiazzo che gli sembrò congeniale e abbandonò zaino e sacco a pelo sull'erba umida di rugiada, guardandosi attorno nella radura circondata dal bosco e dalle montagne a nord-ovest.
Inforcò i suoi Ray-Ban Aviator e si sedette a terra, godendosi il tiepido sole della mattina. Pensare di essersi alzato all'alba pur di sfuggire alla serata a casa di Brody, per trascorrere invece l'intero weekend con quegli svitati, gli parve l'idea più imbecille degli ultimi anni. Certo dovette ammettere quanto il paesaggio fosse mozzafiato, immerso nei mille colori dell'autunno che dipingevano ogni cosa di tinte calde e vibranti.
Quando il gruppetto lo raggiunse, nessuno di loro perse tempo, ed immediatamente iniziarono a montare le tende. Harry li guardò svogliato e vagamente assonnato, storcendo la bocca in una mezza smorfia.
"Dobbiamo raccogliere un po' di legna per il fuoco," suggerì Bess, asciugandosi il sudore dalla fronte.
Ignorandola, Harry si sdraiò incrociando le braccia dietro la testa, le lenti scure degli occhiali da sole che nascondevano la sua espressione scocciata.
Un colpo al polpaccio lo fece sobbalzare.
"Andiamo io ed Harry," disse Louis, colpendolo nuovamente perché si rimettesse in piedi.
Avrebbe protestato, il riccio, ma un'altra occhiataccia di Louis lo convinse a tenere la bocca chiusa e seguirlo verso l'angolo di foresta limitrofo.
Quando si furono allontanati dal gruppo e gli alberi si fecero abbastanza fitti da lasciarli in penombra, Harry si schiarì la voce.
"Tutto bene?" Tentò, ascoltando il canto degli uccellini fra le fronde, sperando che riuscissero a calmare almeno in parte quella rabbia che pareva fumare dalla testa di Louis come braci incandescenti.
Quest'ultimo rimase più compassato di quanto Harry avesse osato sperare.
"Smettila," gli disse soltanto, cominciando a raccogliere qualche ramoscello rinsecchito da terra.
Harry si appoggiò al tronco di una grande quercia ingiallita ed inclinò la testa di lato, infilando le mani nelle tasche dei jeans attillati.
"Di fare che?"
Quello dovette aver risvegliato la belva. Louis si voltò guardandolo in cagnesco, puntandogli addosso un rametto manco fosse una spada affilata.
"Di fare che? Ma ti vedi almeno?" Ringhiò a denti stretti, gli occhiali che scivolarono lungo il ponte del suo nasino all'insù.
Harry aggrottò la fronte.
"Lou, davvero, non capisco-"
"Smettila di essere così...così," Louis sembrava furioso, ma anche a corto di parole, "così Harry Styles!" Sbraitò alla fine, arrossendo e spostando lo sguardo.
Harry strinse le labbra ma non riuscì ad impedire che una risata gli sfuggisse gutturale dalla gola.
"Scusami?" Chiese sbalordito, provando a calmare l'attacco di risa. Louis arrabbiato, più che incutere timore, sembrava un gattino con il pelo ispido. O un riccio appallottolato. Harry non seppe decidersi. Sorrise di nuovo senza potersi controllare, e le fossette profonde gli spaccarono in due le guance lisce.
Louis sospirò frustrato, dandogli le spalle e continuando a spostare le foglie che ricoprivano il terreno alla ricerca di legna adatta al falò.
"Lou, spiegami, perché non capisco, sul serio. Io sono Harry Styles!" Il riccio lo seguì, trotterellando per stargli dietro.
Louis si bloccò all'improvviso e per poco Harry non gli planò addosso.
"È proprio questo il problema! Sei Harry Styles!"
Parlò ancora senza guardarlo negli occhi, così Harry gli si piantò di fronte, le mani sui fianchi ed un'espressione confusa.
Louis alzò gli occhi al cielo. "Ma guardati, santo Dio! Siamo venuti in campeggio e tu sembri pronto per una sfilata!"
Si voltò nuovamente, evitando il suo sguardo verdissimo. Harry soppresse un altro sorrisetto scaltro. Finse di osservare i propri vestiti come se cadesse dalle nuvole.
"Che c'è che non va?"
Louis allargò le braccia, esasperato da quella conversazione che per entrambi pareva non avere alcun senso.
"Non siamo a scuola. Mi spiace dirtelo, ma qui non sei il bellissimo Harry Styles che tutti amano e venerano."
Si piegò e raccolse un altro ramoscello. Non riuscì a nascondere il suo volto paonazzo e la mano che gli copriva la bocca, perché Harry li vide. Perfettamente.
Il sorriso del riccio si fece più ampio e luminoso. Da schiaffi quasi. Non si sarebbe stupito se Louis si fosse voltato e gli avesse mollato una sberla in pieno volto. Ma era obiettivamente troppo appagante sentirlo dire una cosa del genere e poter osservare la sua reazione.
"E va bene," disse, una volta liberatosi di quel ghigno soddisfatto. Si inginocchiò al suo fianco e gli prese i rami da sotto braccio. Con quella mano rotta, Louis non avrebbe potuto portarne molti in ogni caso.
"Facciamo un patto," propose poi, offrendogli uno sguardo speranzoso.
Louis abbassò immediatamente gli occhi, ma annuì lentamente.
"Io smetterò di essere così Harry Styles, e tu mi farai sentire un po' più partecipe e meno fenomeno da circo." Allungò una mano a voler sigillare quella promessa.
Louis non la prese, ma lo studiò confuso per qualche secondo. Poco dopo parve capire, o forse ci rinunciò e basta. Gli strinse la mano con un mezza smorfia.
Raccolsero altra legna in silenzio, il volto di Louis che continuava ad andare a fuoco, ed il sorriso ebete del bellissimo Harry Styles che tutti amano e venerano, sempre stampato sulle labbra.

Bess ripassava per qualche test; Tim, ecco come si chiamava, ed Archie leggevano dei fumetti. Manco a dirlo.
Quando Harry ebbe terminato di sistemare la legna per il fuoco come Louis gli aveva indicato, si alzò pulendosi i palmi sui jeans e guardò il gruppetto che al contrario non lo degnava di uno sguardo.
"Allora? Come ci sistemiamo nelle tende?" Quello parve attirare la loro attenzione, ma non esattamente nel modo in cui Harry aveva immaginato.
Tim sollevò la testa proteggendosi dai raggi del sole con la mano scarna.
"Ognuno dorme nella sua," rispose stizzito, come se Harry fosse l'essere umano più stupido con cui avesse mai avuto a che fare. E forse lo era, perché spalancò gli occhi verdi e con quelli cercò il volto di Louis. La
"Non hai portato la tua tenda?" Gli chiese Louis sotto voce, prendendolo per il braccio e facendolo allontanare di qualche passo.
L'espressione da ebete di Harry gli comunicò la risposta.
Louis sospirò, stringendosi il ponte del naso fra due dita. Tornò dagli altri, con Harry che lo seguiva come un cagnolino con la coda fra le zampe.
"Ehm, ragazzi, abbiamo un problema," annunciò. Harry avrebbe voluto sotterrarsi vivo.
"Harry non ha un tenda, quindi dovremo arrangiarci."
Quello attirò decisamente l'attenzione del gruppo.
Archie ridacchiò ed indicò Bess, seduta accanto a lui. "Quella di Bessy è la più grande. Può dormire con lei," lui e Tim si scambiarono un'occhiata divertita.
Bessy. Bessy.
Dopo che Harry ebbe sentito quel soprannome, gli tornò alla mente di averla effettivamente notata fra i corridoi. Si sentì un verme, ricordando di come Scott e gli altri la schernivano, chiamandola Nessy, il mostro.
Arrossì e si morse il labbro inferiore. Ora cominciava a capire sul serio ciò che Louis aveva tentato di dirgli poco prima nel bosco.
La ragazza fulminò gli altri due con lo sguardo, il volto rubicondo e paonazzo.
Harry decise di intervenire, per il proprio bene e quello degli altri.
"Oppure posso dormire con Lou," offrì, sorridendogli e cingendogli le spalle con un braccio, "tanto abbiamo già dormito insieme."
Louis si divincolò dalla sua presa e si coprì il volto con le mani. Harry sghignazzò tra sé e sé, gongolando di quella sua incredibile timidezza.
"Avete dormito insieme?" Le voci degli altri si unirono in un unico coro.
"No!" Esclamò Louis.
"Sì," rispose tranquillamente Harry.
"Ti uccido," mormorò il ragazzo dagli occhi blu come il cielo limpido di quel giorno.
Harry finse di non averlo sentito e gli sorrise di nuovo. Provocarlo era esilarante.
"Facciamo così," iniziò Bess, indicando la propria tenda, effettivamente più spaziosa di tutte le altre, "se a voi sta bene, io prendo quella di Louis, e voi due dormite nella mia."
Prima che Louis potesse ribattere, Harry lo precedette.
"Perfetto."
Louis serrò strette le labbra, e senza dire una  parola, si allontanò, raggiungendo la riva del lago.
Harry ridacchiò nuovamente, poi decise di schiacciare un pisolino.

Si svegliò per il brontolio allo stomaco. Mise la testa fuori dalla tenda e notò gli altri ancora indaffarati nelle noiose occupazioni di poco prima. Di Louis nessuna traccia.
Quando chiese spiegazioni, gli dissero che era ancora seduto sulle sponde del lago, così Harry, stiracchiandosi e provando ad ignorare la fame, zampettò verso la spiaggia ghiaiosa, allegro e rigenerato dal sonnellino.
Louis era seduto poco lontano dall'acqua, le gambe piegate al petto, e scriveva su un piccolo quaderno, soffermandosi di tanto in tanto a pensare, facendo sporgere la punta della lingua al lato della bocca.
Harry rimase ad osservarlo qualche metro più in là, mentre scribacchiava ed era il solito adorabile Louis.
Perché continuava a pensare che fosse adorabile? Un cortocircuito doveva avergli fuso il cervello negli ultimi giorni.
Si avvicinò silenziosamente, ma i sassi e la sabbia sotto le sue Converse ne rivelarono l'arrivo. Louis chiuse il taccuino improvvisamente, senza che Harry riuscisse a leggere una sola parola, tranne quello che gli parve un nome, Edward, o qualcosa del genere.
"Che fai?" Domandò, prendendo posto al suo fianco.
Louis si strinse nelle spalle e ripose a terra il quaderno.
"Niente," mormorò, arrossendo ancora, con l'espressione di chi era appena stato colto con le mani nel sacco.
Harry decise di non indagare oltre, ma si rilassò e spostò lo sguardo sulla superficie piatta del lago, immobile ed azzurra, specchio del cielo senza nuvole.
"È davvero bellissimo qui," disse. Quel luogo sapeva donare una piacevole sensazione di pace ed armonia, e si rimproverò di non esserci stato prima.
"Non c'eri mai venuto?" Chiese Louis, giocherellando con le stringhe slacciate delle scarpe.
Harry fece no con la testa. "Da quando ci siamo trasferiti, praticamente non mi sono mai spostato da Wilton. I miei sono sempre occupati con il lavoro, e per le vacanze torniamo sempre a Palm Beach*," spiegò, aggrottando la fronte.
In Florida non gli era mai capitato di sentire davvero la mancanza dei due genitori. C'erano i suoi nonni, gli zii e i cugini, mentre adesso, tornando ogni giorno in una casa vuota, quella sensazione di solitudine gli teneva compagnia più spesso.
"Come mai vi siete trasferiti nel Maine?" Louis continuò nel suo interrogatorio. Ad Harry non dispiacque. Non sembrava semplicemente curioso, ma onestamente interessato.
Gli sorrise. "A mio padre hanno offerto una cattedra fissa alla Maine University. Insegna Filosofia, mentre mia mamma è un assistente sociale. Lavora per la Contea."
Louis lo guardava con ammirazione. "Wow," disse, gli occhi che gli brillavano come il lago illuminato dal sole.
Harry non ricambiò il sorriso, ma si strinse nelle spalle, smuovendo la ghiaia sotto le suole delle scarpe.
"E tua mamma? Lavora in ospedale, no?" Chiese per smettere di pensare alla propria famiglia.
Louis annuì. "È un chirurgo," spiegò, un'espressione orgogliosa sul viso appena abbronzato.
"Vuoi fare il medico anche tu?"
Louis era così intelligente. La carriera di medico gli parve adatta alla sua mente brillante.
Il ragazzo sembrò invece di tutt'altro avviso. Scosse la testa velocemente e fece una smorfia disgustata. "Assolutamente no! Il sangue mi fa impressione," bisbigliò come fosse un segreto. E se lo fosse stato, Harry l'avrebbe mantenuto.
Si morse il labbro, poi osò chiedere. "E tuo padre?"
La prima volta che gliel'aveva chiesto, Louis era parso piuttosto irritato dall'argomento. Erano passati giorni, ed Harry si sentì in qualche modo più coraggioso. Sperò che Louis adesso si fidasse abbastanza da condividere altri dettagli della propria vita.
Vide il suo volto farsi scuro d'un tratto, mentre un cipiglio imbronciato e vagamente malinconico gli dipingeva la fronte aggrottata.
"È morto cinque anni fa," mormorò, sempre intento ad arrotolarsi le stringhe delle sneakers attorno alle dita.
Harry si mise la mano davanti alla bocca. Credeva che i genitori di Louis avessero divorziato, che il padre se ne fosse andato, non certo che fosse deceduto. Fu mosso da una profonda tristezza, e si ritrovò a ringraziare di non aver mai subito un lutto in famiglia.
Accarezzò la spalla del ragazzo seduto al suo fianco, sentendolo rabbrividire.
"Mi dispiace tanto, Lou," bisbigliò.
Quello puntò lo sguardo dritto davanti a sé, un'espressione che ora Harry non seppe decifrare.
"Mi ci sto abituando, più o meno. Forse," disse, inciampando nelle proprie parole e nelle proprie certezze.
"Deve mancarti molto," intervenne Harry. Non poteva dire di avere un rapporto stretto ed idilliaco con i propri genitori, ma non riusciva nemmeno ad immaginare cosa significasse perderne uno.
Louis continuava a guardare il lago, forse trovando pace nella sua distesa calma e blu. Strinse le braccia al petto, come a ripararsi dalle sue stesse emozioni.
"Non lo so, a volte sì. Quello che so è che dovunque lui sia, io non gli manco di certo," borbottò, la voce tremolante come se lo dicesse ad alta voce per la prima volta.
Ad Harry parve di aver ricevuto uno schiaffo. "Lou!" Esclamò, adirato quasi, che un ragazzo come lui potesse dire una cosa tanto abbietta. "Non parlare così! Era tuo padre, certo che gli manchi! Ed è fiero di te, sicuramente," aggiunse. Nessuno avrebbe potuto non essere orgoglioso di un ragazzo intelligente e gentile come Louis.
Quest'ultimo mal trattenne una risatina amarissima, prima di poggiare la fronte sulle ginocchia piegate. La mano di Harry non aveva ancora lasciato la sua spalla.
"Tu non sai niente," lo sentì borbottare. Era vero. E per qualche oscura ragione, fece male sentirselo rinfacciare.
Quei pensieri lasciarono il tempo che trovarono, perché improvvisamente la schiena sottile di Louis fu scossa da un tremito, ed Harry udì dei singhiozzi sommessi. Senza rifletterci due volte, si precipitò a cingerlo fra le braccia, posando il mento sulla sua spalla appuntita, accarezzandogli i soffici capelli che rilucevano dorati fra i raggi del sole ormai alto nel cielo.
Pianse Louis, lacrime che probabilmente non versava da troppo tempo, ed Harry lo tenne stretto, cullandolo esattamente come aveva fatto giorni prima il ragazzo dagli occhi azzurri con lui. Lo tenne stretto, ed avvertì di nuovo quel delizioso profumo di casa.
Quando fece per allontanarsi, Harry gli sollevò con delicatezza gli occhiali sopra la testa, e con i pollici, gli asciugò le ultime lacrime che solcavano quegli zigomi pronunciati, scivolando lentamente sulle guance rosse. Lo sentì deglutire, e singhiozzare ancora una volta, le labbra sottili e tremanti. Erano tanto vicini che Harry riuscì a scorgere il verde dei propri occhi immerso nel blu cristallino di quelli di Louis, mentre una strana sensazione gli avviluppava lo stomaco. Non seppe darle nome, ma gli piacque.
Le sue mani grandi e nodose non lasciarono il viso accaldato di Louis, quasi per paura che privandolo di quel semplice contatto, potesse soffrire ancora. Harry non avrebbe mai voluto vederlo soffrire ancora.
Si avvicinò ulteriormente, fino a che avvertì il suo fiato tiepido e nervoso sulle proprie labbra. E gli piacque di più. Si concentrò solo sul proprio cuore, che pulsava forte nel suo petto, e a quella sensazione che non provava da...
"Lou?"
La voce di Archie li fece sobbalzare entrambi. Si allontanarono in una frazione di secondo e si voltarono verso la fonte del rumore.
Il ragazzo rosso li guardava con le sopracciglia alzate ed un'espressione confusa.
"Ehm," si grattò la nuca nervosamente, "è passato mezzogiorno. Ci chiedevamo se voleste mangiare qualcosa con noi," mormorò, il volto punteggiato di efelidi colorato di un rosa vivace.
Louis scattò in piedi raccogliendo il proprio taccuino. Annuì e lo seguì a passo spedito, senza voltarsi nemmeno una volta.
Harry si rimise in piedi poco dopo, sgranchendosi le gambe addormentate e passandosi una mano fra i ricci.
Merda.

*Palm Beach: famosa località della Florida, situata nell'omonima contea.

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