Harry
Harry in camicia rosa a pois è la mia nuova religione. Ci tenevo a dirvelo.
E Louis che fa il segno del cuore per indicare il microfono di Harry, beh. Quella è la mia morte.
Se poi vogliamo parlare degli orsi al concerto...anzi no. Meglio che non ne parliamo. O i vicini chiamano la neuro.
Ciao bellezze, vado a lanciarmi di sotto.
Sincerely yours, MB
Ps: Briana chi?
Harry si guardò attorno nell'ampio parcheggio quasi deserto, incassando la testa nelle spalle per ripararsi dalle folate di aria pungente che trascinavano le foglie secche in un danza colorata.
Non era mai arrivato a scuola tanto presto, e per la prima volta guardò quel vecchio edificio con un certo disagio. Aveva trascorso due anni della sua vita lì dentro, ma quella mattina, gli parve di vederlo davvero per la prima volta, con la netta sensazione che tutto quanto, proprio come l'estate lasciava il posto all'umido autunno, stesse cambiando.
Entrò quasi in punta di piedi, stringendo i denti allo stridio del portone cigolante che si chiudeva dietro di lui. Ascoltò il tetro silenzio dei corridoi, interrotto soltanto dai suoi passi strascicati sul pavimento che lo conducevano lentamente verso l'ufficio del preside Fischer.
Bussò con mano tremante alla porta e sbirciò all'interno prima di ottenere risposta.
"Styles?" Esclamò il preside, stupito di quella visita inattesa e mattiniera.
Harry scivolò nella stanza, coprendosi le dita con le maniche della felpa.
"Buongiorno signore, scusi il disturbo," bisbigliò, spostandosi i capelli dalla fronte bagnata di sudore freddo.
"Che succede, figliolo? Che fai qui così presto?" Il preside si sedette all scrivania riponendo alcuni fascicoli nel cassetto e con un cenno della mano, invitò il ragazzo a prendere posto di fronte a lui.
Harry avanzò insicuro, sedendosi su quella sedia come se fosse ricoperta di gusci d'uovo.
"Ecco, io," incespicò sulle proprie parole, sospirando frustato. Ma chi gliel'aveva fatto fare? Se qualcuno solo pochi giorni prima gli avesse detto che quella mattina si sarebbe trovato in una situazione simile, Harry l'avrebbe certamente mandato a quel paese.
Ed invece eccolo lì, a fare la cosa giusta, per qualche strana ed inspiegabile ragione.
"Tutto bene, ragazzo?" La voce del signor Fischer si fece più bassa e rassicurante.
Harry prese un altro respiro e deglutì l'eccesso improvviso di salivazione.
"Ho visto cos'è successo a Louis ieri."
Il preside si accigliò ed aggrottò le sopracciglia. Lo studiò con sguardo curioso ed indagatore, ma solo per qualche secondo. Poi si sciolse in un ampio sorriso.
Harry sedette al solito tavolo, circondato dai soliti amici. Almeno non chiacchieravano delle solite cose. L'argomento del giorno era ovviamente la sospensione di Brody.
Harry l'aveva visto lasciare la scuola quella mattina, trascinato dai genitori schiumanti di rabbia. Se per il comportamento vergognoso del figlio, o per la decisione del preside Fischer di sospenderlo per il resto della settimana e di rifilargli una punizione di altre due, Harry non ne aveva idea. Aveva visto anche Louis osservare la scena nascosto dall'anta del proprio armadietto, gli occhioni blu spalancati dietro le spesse lenti degli occhiali.
Non aveva trovato il coraggio di parlargli ancora, soprattutto dopo le glaciali parole che il ragazzo gli aveva sputato contro il pomeriggio precedente, ma quanto meno, la sua coscienza aveva smesso di protestare additandolo come un codardo. Aveva fatto il suo dovere. Delle conseguenze, si sarebbe preoccupato più tardi. Per esempio quando Brody sarebbe tornato a scuola.
"Non ci posso credere," esclamò Scott, prendendo posto di fronte a lui, lasciando cadere sul tavolo il vassoio colmo di cibo dall'odore stantio. "Avete visto la faccia di Brody quando se n'è andato?"
Harry si trattenne dall'alzare gli occhi al soffitto. Eccone un altro.
Melanie, la migliore amica di Christie, si unì alla conversazione. "Scommetto che quello sfigato ha fatto la spia."
Harry bevve un lungo sorso del suo the freddo. Christie scosse la testa e sventolò in aria la forchetta.
"Allora è più scemo di quanto pensassimo. Vuole morire evidentemente."
"Di sicuro Brody lo ammazza."
"Stupido frocio del cazzo."
A quell'ultima esternazione, Harry sbatté il pugno sul tavolo, così forte che rimbombò tra le mura dello stanzone e gli studenti si voltarono nella sua direzione.
Avrebbe voluto urlare in faccia a Scott, prenderlo per il colletto della camicia e sbatterlo contro il muro. Il mulo che dà del cornuto all'asino, avrebbe detto sua madre. Lui probabilmente avrebbe usato parole più dure.
"Non è stato Lou a fare la spia," bofonchiò alla fine, sotto lo sguardo attonito e quasi impaurito degli amici.
"Lou?" Ridacchiarono all'unisono le due ragazze.
"Sì, Lou. Louis, senza la esse," borbottò il riccio, alzando davvero gli occhi al cielo questa volta.
Scott aggrottò le sopracciglia, incredulo. "Ma che cazzo ti prende, Styles?"
Harry gli lanciò un'occhiata e schiacciò la lattina di the in un pugno, prima di gettarla con poca delicatezza sul vassoio di cibo che non aveva nemmeno sfiorato.
"Niente. Vi dico solo che non è stato lui a dire al preside quello che è successo."
Si alzò lentamente, gli occhi dei compagni che seguivano ogni suo movimento.
"E tu come fai a saperlo?" Christie diede voce alla domanda a cui ognuno di loro stava pensando.
I suoi occhi verdi saettarono per la stanza alla ricerca di Louis. Quando lo vide sorridere con alcuni ragazzi che non conosceva, Harry abbassò lo sguardo e lo puntò dritto sulla bionda. Fece spallucce, e poco prima di allontanarsi, parlò ancora.
"Perché sono stato io."
"Lou! Lou, aspetta!"
Harry gli corse incontro, inseguendolo nel parcheggio dopo l'ultima campanella. Louis si voltò nella sua direzione sbuffando, ma quando se lo trovò davanti, solo pochi centimetri a separarli, quell'aria di spavalderia lasciò in fretta il posto ad un paio di guance rosse ed uno sguardo basso.
"Lou, hai un minuto?" Chiese, riprendendo finalmente il fiato che la corsa gli aveva tolto.
Il ragazzo con gli occhi azzurri, e verdi, e grigi, annuì, mordicchiandosi l'unghia del pollice.
Harry gli guardò l'altra mano, fasciata ed ingessata fino al polso, ed avvertì nuovamente il gusto acre della colpa e del turbamento pizzicargli le labbra.
"Non ho ancora trovato nessun'idea per il progetto, scusami," ammise. Quello stupido compito di scienze era stato davvero l'ultimo dei suoi pensieri negli ultimi giorni; ma da che Louis gli aveva detto di non voler perdere altro tempo, ci aveva provato a scervellarsi per farsi venire in mente un'idea interessante. I vulcani e le patate elettriche avevano vinto di nuovo, visto che ogni altra cosa che aveva letto su Internet gli era parsa tanto irrealizzabile quanto incomprensibile.
Louis alzò le spalle, fingendosi disinteressato. Era abbastanza chiaro quanto la presenza di Harry lo mettesse a disagio; il riccio non aveva ancora capito se quel disagio fosse soltanto imbarazzo o ci fosse dell'altro. Forse lo odiava sul serio. Ahi lui, il pomeriggio precedente avrebbe testimoniato a favore di quest'ultima ipotesi.
"Non importa, cercherò qualcosa io," rispose, spostando lo sguardo sugli studenti che li guardavano incuriositi.
Scostandosi i ricci dalla fronte, gli regalò un sorriso.
"Pensavo che, se non hai da fare, potremmo vederci questo weekend. Non mi va che tu faccia il lavoro da solo," suggerì. L'idea di trascorrere altro tempo con Louis, per qualche ragione, gli piaceva.
Erano così diversi l'uno dall'altro, e probabilmente senza alcun interesse in comune, ma Harry non si sarebbe dimenticato facilmente di ciò che il ragazzo e sua madre avevano fatto per lui. E poi era carino, con quei suoi occhiali spessi, e quel sorriso splendente, e le guance arrossate...aspetta, cosa?
Louis puntò quegli occhioni da cucciolo spaventato direttamente nei suoi. Harry dovette deglutire. Aveva proprio degli occhi splendidi, e questo nemmeno il suo cervello stanco poteva negarlo.
"M-mi spiace, non posso," disse con voce bassa, realmente amareggiato.
Harry corrugò la fronte. "Oh," disse, rendendosi conto di quanto idiota dovesse sembrare. Si affrettò ad aggiungere, "né sabato né domenica?"
Vide Louis scuotere la testa. "Passerò il fine settimana in campeggio. Sabato sera è la notte delle Leonidi*." Arrossì più intensamente e la voce divenne un sussurro mentre continuava a mordicchiarsi le unghie.
Harry alzò le sopracciglia. La notte di che?
Louis dovette aver notato il dubbio sul suo viso, tanto che gli offrì un sorrisetto.
"Ci sarà una pioggia di meteoriti. Vado con qualche ragazzo del club di scienze," fece di nuovo spallucce e ridacchiò, "giuro che è più interessante di quello che sembra. E poi saremo nel Mt Blue State*, è una meraviglia in questa stagione."
Harry sentì le labbra piegarsi, mosse da volontà propria a formare un sorriso prima che lui stesso potesse rendersene conto.
Probabilmente, se chiunque al mondo gli avesse parlato di una pioggia di meteore, gli avrebbe sbadigliato in faccia per poi voltargli le spalle ed andarsene. Non riuscì a spiegarsi perché Louis fosse in grado di far sembrare adorabile una cosa tanto noiosa.
"Ecco, già. Quindi..."
La voce imbarazzata di Louis riscosse Harry dal ronzio dei suoi pensieri.
"Ehm, sì, facciamo settimana prossima allora?" Propose il riccio, tentando di non far vedere quanto dentro di sé fosse deluso.
Louis annuì ancora una volta, ma prima di salutarlo e tornarsene a casa, balbettò nuovamente con quel suo visino color porpora.
"Ah, g-grazie per i muffin."
Era ufficiale. Harry Styles aveva perso la capacità di controllare il proprio sorriso.
Scott sbatté la porta con tanta violenza che fece sobbalzare Harry dal letto dove era mollemente sdraiato.
"Tu mi devi dire che cazzo ti è passato per la testa!" Tuonò, gli occhi stretti in due fessure che sembravano lanciare saette nella direzione del riccio.
Quest'ultimo sbuffò, mettendosi a sedere e scostandosi i capelli dalla fronte. Ricambiò lo sguardo, osservandolo con una strana luce negli occhi verdi, per nulla turbato dall'astio che l'amico gli stava riservando.
Scrollò le spalle, stiracchiando le braccia verso l'alto.
"Di che parli?" Domandò, sarcastico, fingendo di cadere dalla nuvole.
Vide Scott stringere i pugni e sorrise.
"Smettila di prendermi per il culo, Styles. Che cazzo ti è saltato in mente di andare dal preside? Sei impazzito o cosa?"
Scott continuava a schiumare di rabbia, agitandosi sul posto, combattuto se scaraventarsi addosso ad Harry o lasciar scemare il momento di follia.
Il ragazzo con gli occhi di giada gli rese la battaglia più facile. Si alzò e gli andò incontro, poggiandogli le mani sul petto.
"Cos'è? Stare con lo sfigato ti sta cambiando?" Lo provocò Scott.
Harry strinse le dita sulla sua felpa e lo spinse contro la porta dalla quale era entrato. Quando Scott fece per ribattere e divincolarsi, Harry gli prese i polsi e li bloccò sopra la sua testa.
"Sta' zitto," ringhiò, premendo più forte, intrappolandolo tra il proprio corpo e il legno massiccio della porta. Gli morse il labbro inferiore, sentendolo rabbrividire. Sorrise di nuovo, inclinando la testa e mordendogli la mandibola, poi il collo, ancora impedendogli ogni alto movimento. Udì il respiro di Scott farsi più pesante, e seppe di aver vinto.
"Ha-Harry," balbettò, provando a liberarsi della sua presa, tentando di combattere contro quei brividi che lo facevano tremare.
"Zitto," ripeté il riccio, scendendo più in basso, sulle sue clavicole sporgenti, bagnandole delle propria saliva, strusciandosi su di lui lentamente, come un gatto appena sveglio e bisognoso di attenzioni. Quando un gemito sommesso sfuggì dalle labbra di Scott, Harry lasciò le sue mani, tornando a guardarlo negli occhi.
"Dillo anche a me," soffiò a pochi centimetri dalla sua bocca, "dillo anche a me che sono un frocio del cazzo."
Non disse niente. Si aggrappò al collo di Harry e rimase zitto, proprio come gli aveva ordinato.
Aprì la finestra e lasciò che l'aria fredda del tramonto entrasse e purificasse la stanza, sperando che purificasse anche la sua stessa vergogna. Con la pelle d'oca, si rituffò fra le coperte, osservando Scott rivestirsi, contando i secondi che lo separavano dalla loro dipartita.
Le lenzuola erano ancora impregnate di lui e lo stomaco di Harry si chiuse in un nodo. Aveva un buon odore, ma non era quello di Jamie. E nemmeno quello di Louis. Louis profumava di fresco, di pulito, di casa. Era strano, ma quando l'aveva abbracciato e aveva pianto sulla sua spalla, aveva avvertito una sensazione che non provava da tempo. Nostalgia. Il profumo di Louis era rassicurante, caldo ed avvolgente, come i raggi del sole che gli scaldavano il viso, seduto sulla sabbia soffice e bianca della spiaggia vicino a casa; dall'effetto calmante, come il costante movimento delle onde dell'oceano che si fermava a guardare in Florida ogni giorno di ritorno da scuola.
Mentre Scott si infilava le scarpe, Harry aveva le sopracciglia aggrottate. Perché tutto d'un tratto gli era venuto in mente il profumo di Louis? Che poi non era mica solo il suo profumo, erano pure i suoi occhi. E le sue ciglia lunghissime, e i suoi capelli morbidi come la seta...Ma che cavolo?
"Tutto bene?"
La voce di Scott lo riscosse. Harry sbatté le palpebre un paio di volte e si voltò verso il ragazzo come se lo vedesse per la prima volta. Annuì distratto, scivolando più in basso sul letto.
"Ti stavo dicendo che questo sabato ci vediamo tutti da Brody. I suoi non lo faranno uscire per mesi, gli facciamo compagnia," disse Scott prendendo il telefono e le chiavi dell'auto dal comodino di Harry. Quest'ultimo sentì una sensazione di panico invadergli la gola.
"Così magari gli spieghi anche che cazzo hai combinato," aggiunse, aprendo la porta.
Harry spalancò gli occhi e quando fece per dire qualcosa, le parole gli morirono tra le labbra.
"Ehm," borbottò, alla ricerca di una scusa plausibile. Il pensiero di dover affrontare Brody e trascorrere l'ennesima serata in compagnia dei suoi amici, gli strozzò la bocca dello stomaco.
Scott alzò le sopracciglia, attendendo quella risposta che tardava ad arrivare.
"Non posso!" Esclamò Harry d'un tratto, rimettendosi a sedere.
"Che significa? Come non puoi?"
Harry deglutì rumorosamente mentre si scervellava per inventare un pretesto credibile.
"Devo...devo, ecco...devo andare in campeggio!"
Scott parve più confuso di poco prima.
"Ci sono le Leonesse* questo sabato," disse Harry sfoggiando un sorrisetto soddisfatto.
"Cosa?"
"Le stelle cadenti! Per il progetto di scienze. Andiamo in campeggio a vedere le stelle cadenti," Harry gesticolò come se fosse la cosa più ovvia del mondo, quando in verità non sapeva nemmeno lui di cosa stesse parlando. Sperò che Scott se la bevesse.
"Mi prendi per il culo?"
Harry imprecò fra sé e sé. Faceva schifo come attore. Si grattò la nuca e sospirò.
"Le Leonine* si possono vedere solo una volta all'anno. Louis ha insistito tanto," sentì le guance scottare ed un senso di colpa divorante farsi strada nel suo petto.
"Ma non erano le Leonesse?"
Il viso di Harry parve prendere fuoco.
"Leonesse, Leonine quel cazzo che è. È Louis il secchione, mica io." Mentre parlava, stringeva le lenzuola nei pugni.
Scott sbuffò scocciato.
"Fai un po' come ti pare. Quando sei rinsavito, chiamami."
Chiuse la porta e lasciò una volta per tutte la casa di Harry.
Il riccio espirò tutta l'aria che aveva nei polmoni e si stese, coprendosi il volto con le mani. Fantastico. Ora non doveva fare altro che convincere Louis a portarlo con sé con un altro gruppo di sfigati per guardare le stelle.
Rifiutò di ammetterlo persino a se stesso, ma l'idea di trascorrere il weekend in una tenda striminzita e poter guardare gli occhi di Louis davanti ad un falò scoppiettante, aspettando le stelle cadenti, non gli dispiacque come avrebbe voluto credere.
Solo un pochino, eh.
*Leonidi: sciame meteorico causato dal passaggio vicino al sole della cometa Temple-Tuttle. È visibile ogni anno intorno al 17 novembre. Qui fingiamo che accada con almeno un mese di anticipo ;)
*Mt Blue State Park: riserva naturale situata nella contea di Franklin. L'area si biforca attorno ad un lago, il Webb Lake, ed è circondata da una catena montuosa che comprende, tra gli altri, il Mt Blue.
*Leonesse/ Leonine: volutamente errato. (Harry non ha la minima idea di ciò che sta dicendo).
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