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Capitolo 38

"Abbiamo studiato ogni mossa e se non l'abbiamo fatto è tardi per rimediare e hai fatto la scelta più saggia nel mandare me."

"Sei veramente una potenza fratello, sono felice che mia sorella sia tua moglie, non te l'ho mai detto ma sei di famiglia Nils, indipendentemente da come andranno le cose." Lui annuisce e due dei tre uomini più importanti della mia vita si stringono poco per mantenere la virilità ma l'affetto che traspare da quella stretta è incalcolabile.

"Papà torna presto Vittorio, non devi preoccuparti, fai il bravo con la mamma." Si rivolge poi a nostro figlio.

"Deb, torno presto, sul serio. Poi avremo una vita per stare insieme senza alcuna preoccupazione. Sarai laureata, io prenderò il diploma, avremo tanti altri figli, appuntamenti, litigate. Andremo a trovare mia madre se proprio ci teniamo e avremo la vita che meritiamo." Posa una mano sulla mia guancia e una lacrima scende su di essa, Nils si affretta ad asciugarla ma non riesce a farlo quando scoppio in un vero e proprio pianto.

"No piccola, non piangere, non serve. Andrà tutto bene, andrà tutto come deve andare questa volta. Mi credi? Ti fidi di me?"

"Sì Nils io mi fido di te, io ti-" Lui mi interrompe sorridendomi.

"Non dirlo altrimenti il distacco farà ancora più male. Se provi quello che dici non farlo." Ridacchia e cerca di smorzare la tensione ma poi gira le spalle dopo aver salutato anche Aurel e Simona e va via. La mattina dell'8 settembre 2127 parte mio marito per salvare le sorti dell'Italia. Lascio Vittorio nelle braccia di mio fratello e scappo via nel nostro appartamento dando sfogo al mio pianto liberatorio, le gambe mi cedono e sono costretta ad aggrapparmi alle lenzuola del nostro letto continuando a piangere come una disperata per ore, nonostante i richiami di mio fratello, mia cognata e le mie dame di compagnia che vorrebbero farmi svagare. Facile per loro, non hanno mandato il loro marito o il padre dei loro figli contro un destino assolutamente incerto. Salto anche la cena e mi rintano nelle mie coperte fino a quando sulla poltrona nella nostra camera da letto noto che è ancora posato il completo che ha indossato l'altro ieri per andare a teatro.

Mi alzo con un sorriso per sentire il suo odore sugli abiti, provando a sentire anche le sue emozioni, i suoi gesti, rivivendo quella bella serata. Quando stringo il suo pantalone però noto che una macchia si estende sulla gamba sinistra e provo a pensare cosa sia. Non abbiamo mangiato fuori o comunque non l'ho vista quando eravamo in giro ed io presto molta attenzione agli abiti altrui. Che lo abbia messo un altro giorno? No. Ha passato questi giorni con me per salutarmi.

E poi la realtà si infrange contro di me come un'onda oceanica, mi travolge, mi investe, il mio corpo sento che rimbalza su ogni parete della camera. Il mio sguardo è vuoto se non per l'immensa paura che possono trasmettere i miei occhi, le mani lasciano la presa sul pantalone e si poggiano sulla mia bocca spalancata mentre la mente mi dà modo di mettere insieme ogni pezzo del puzzle.

Eravamo in macchina e mi stava dicendo della partenza. Ha tossito in quella maniera violenta come fa da mesi ormai e ha pulito la sua mano di fretta sulla gamba sinistra, vicino alla portiera, nascondendosi da me. Nascosto da me. La tosse. Il dottore.

Quello sul pantalone di mio marito è sangue.

Il suo.

Le mie gambe non si controllano mentre corro in tenuta da notte e scalza verso l'appartamento di mio fratello. Qualche nobile ancora sveglio mi guarda spaesato, le guardie cercano di dissuadermi e di riportarmi in camera ma l'obbiettivo lo ho ormai già fissato e io devo assolutamente parlare con Sua Maestà che è l'unico che può fare qualcosa.

Quando sono finalmente nella loro camera da letto accendo la luce e Aurel e Riccardo si svegliano ancora assonnati ma si riprendono appena sentono i miei forti singhiozzi e il panico che è visibile dalle mie condizioni.

"Debora! Debora! Cosa è successo?" Riccardo mi viene incontro e mi scuote per le spalle mentre Aurel è seduta sul letto e stringe a sé le coperte, come uno specchio d'acqua dato forse dalla solidarietà femminile anche lei inizia a piangere silenziosamente.

"Lui! Non deve! No! Deve tornare qui! Non può! Sta male! Tu lo sai? Ti prego! Dobbiamo chiamare qualcuno!" Le parole mi escono sconnesse e mio fratello cerca di capire il concetto criptato.

"Sorellina se non ti calmi non capisco cosa dici."

"Nils sta male Ricky! Deve tornare qui! Deve curarsi! Non può affrontare una battaglia!" Gli grido e lui sgrana gli occhi.

"Come lo hai scoperto?"

"ODDIO! TU LO SAPEVI!" Riccardo rimane in silenzio.

"LO SAPEVI! MA PERCHÈ NON MI AVETE DETTO NULLA? È MIO MARITO CAZZO E NON SO NEMMENO CHE COS'ABBIA! SO SOLO CHE È A CHILOMETRI DI DISTANZA DA ME E CHE È MALATO!"

"Deb, non sarebbe stato facile tu ti saresti preoccupata inutilmente e-"

"Inutilmente? INUTILMENTE? MIO MARITO TOSSISCE SANGUE! NON SO SE TI È CHIARO!" Sbotto infuriata.

"Sì lo so, ha la tubercolosi, è molto debole alla malattia e non è la prima volta che la ha, ha gli anticorpi sviluppati, in più siamo nel duemilacentoventisette sappiamo come si cura una tubercolosi. Appena sarà a Roma ci occuperemo solo di questo."

"E non avrebbe potuto curarsi prima?"

"Beh il periodo era pieno di subbugli, in più non voleva far preoccupare te e voleva assolutamente occuparsi lui di questa storia con gli austriaci. Deb, tu lo conosci meglio di me, sai com'è quando si mette in testa una cosa." Sospiro e nonostante mi sia un po' calmata, non ho smesso di piangere mentre stringo i capelli tra le mie mani.

"Voglio sentirlo."

"Purtroppo la prima cosa che ci hanno abbattuto gli austriaci è il centro di comunicazioni Deb."

"Mio marito è in guerra, malato e adesso anche solo? Riccardo cazzo mi spiego come non siamo andati allo sbaraglio se non sai gestire neanche due austriaci del cazzo!" Sbotto e lui mi guarda malissimo ma non ribatte sapendo che adesso sono infuriata.

"Debora, ora va in camera, sei scossa, ne parleremo domani con più razionalità." Mi spinge delicatamente e io mi arrendo sapendo che da lui non otterrò altro ma quando sono nel mio appartamento, passo la notte a camminare avanti e indietro nell'ingresso.

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