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27

Non ha più parlato.
Siamo stati in silenzio per tutto il tragitto.
Una volta arrivati sotto casa ha accostato senza spegnere l'auto.
<devo andare via un attimo>
Non si era mai comportato così con me.
Sono avvilita e preoccupata.
<ok... >
Metto la mano sulla maniglia della portiera, ma prima che la apra la sua mano mi stringe una gamba
<cazzo... Piccola mi dispiace, tu non c'entri niente... Devo risolvere una cosa, quando torno ti spiego>
<va bene... >
Scendo e infilo le chiavi nella serratura.
Lui è ancora fermo, appena mi chiudo il portone alle spalle lo sento partire a gran velocità.

Sono a casa già da un ora.
Sono le 4 del pomeriggio e il mio stomaco è completamente chiuso.
Ho sistemato un po' in giro , visto che ieri non ho fatto granché.
Quando ho finito accendo il PC e scarico tutte le foto della vacanza.
Le guardo una a una ripensando a quei momenti.
Quando, con la malinconia chiudo il PC mi accorgo che la stanza è buia.
Accendo la luce e prendo il telefono.

Segna le 7 di sera.
Sono rimasta seduta per tre ore.
Nessuna chiamata, nessun messaggio da parte di derek.
Lo stomaco mi brucia, probabilmente perché non mangio niente da stamattina.
Non ho fame, ma mi impongo di mettere sotto i denti qualcosa.
Un pacchetto di patatine andrà più che bene.
Dopo la seconda che metto in bocca mi si rivolta lo stomaco.
Lascio perdere il cibo e prendo il telefono.
Non voglio tartassarlo, ma sono preoccupata.
Gli scrivo un semplice messaggio.

"tutto bene?"

Alle 9 non ho ancora ricevuto risposta.
Lo chiamo.

"ciao, se hai bisogno lascia un messaggio"

La sua voce registrata mi fa venire i brividi.
Riattacco. Non ascolta mai i messaggi in segreteria, sarebbe inutile.
Vado in bagno e mi spoglio.
L'acqua della doccia è bollente.
Dopo dieci minuti che sono immobile sotto il getto sento che i miei nervi si rilassano.

Le ore passano lente.
Sono le 11, e di lui neanche l'ombra.
Spengo la lampada da comodino e mi rannicchio nel letto.
Le lenzuola sono fredde, senza di lui non è la stessa cosa.
Potrei chiamare Katrina, ma non voglio farla preoccupare, e poi è molto tardi.
Avrei dovuto farlo prima, ma non pensavo che sarebbe stato via così tanto.

Sono le 2, e io sono ancora qua a rigirarmi nel letto.
Una brutta sensazione non mi fa chiudere occhio.
Scalcio le lenzuola e mi alzo.
Preparo del the caldo e mi metto sulla poltrona.
Gli occhi mi fanno male, li sento pesanti ma non riesco a chiuderli.
Bevo l'ultimo sorso, ormai ghiacciato, e metto la tazza nel lavandino.

3,30.
Vorrei fare qualcosa, ma non so cosa.
Non saprei dove andare a cercarlo, e sono a piedi.
Mi rimetto nel letto.

Sento dei rumori fuori dalla porta.
Prendo il telefono e controllo l'ora. 4,38.
Non so se sto sognando o sono sveglia.
I ricordi riaffiorano nella mia testa.
Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo.
Stev che arriva a casa ubriaco e mi cerca.
I rumori sono sempre più forti, la porta si apre.
Qualcuno inciampa facendo cadere una sedia.
Presa dal panico faccio quello che ho sempre fatto.
Corro a nascondermi dentro l'armadio.

Sto sognando, non sono nella mia vecchia casa. Non c'è Stev la fuori.
Nessuno vuole farmi del male.

Continuo a ripetermi queste frasi.
Sento un imprecazione, poi un borbottio.
Prendo un maglione e me lo metto sulla faccia tappandomi le orecchie.
Non voglio fare rumore.
Un tonfo mi fa capire che la persona ha sbattuto contro qualcosa.
Faccio dei respiri profondi e chiudo gli occhi.
Sto tremando e le gambe mi si sono informicolate.
Le muovo pianissimo cercando di riacquistare la mobilità.
Sfortunatamente faccio cadere qualcosa di appeso.
La gruccia cadendo provoca un rumore metallico.
No, no, no...
Tolgo il maglione dalla faccia e cerco di ascoltare i rumori fuori.
Tutto sembra silenzioso.
A d'un tratto l'anta dell'armadio viene aperta.
È buio pesto, non vedo chi c'è dall'altra parte.
Un forte odore di whisky mi travolge.
Stev... Lui puzzava sempre di alcol.
Senza via di scampo incomincio a piangere a dirotto.
Una mano mi tocca la spalla.
Mi copro la testa con le braccia e singhiozzo impaurita e spaventa a morte.
<ti prego... > imploro allo sconosciuto
<non farmi del male... >
<cazzo...No,Piccola, sono io... >
Derek.
Non riesco a parlare. Sono paralizzata.
Le sue forti braccia mi avvolgono le gambe e la schiena.
Mi alza e mi prende in braccio.
Ha bevuto, il suo respiro sa di alcol, ma non mi sembra ubriaco.
Si siede sul bordo del letto e mi accarezza la testa.
<sono io, sono derek... Ti prego torna da me... Mi dispiace... >
Singhiozzo talmente forte che il mio petto vibra.
Mi culla dandomi baci sulla testa
<shsss... Non piangere... >
Continua a sussurrarmi.
<shss... >
Con un po' più di leggerezza per averlo qui vicino riesco ad addormentarmi.
Quando apro gli occhi sono nel letto, una coperta è appoggiata sopra le mie gambe.
Subito mi ritornano in mente le immagini di poche ore fa.
Cerco di capire se ho sognato.
Ma intuisco subito che è successo per davvero.
Il corpo di derek è appiccicato al mio, un braccio mi tiene stretta a sé.
Indossa ancora le scarpe e  i vestiti del giorno prima.
Cerco di fare il più piano possibile per non svegliarlo.
Prendo il telefono e controllo l'ora.
Sono le 7 di mattina.
Praticamente ho dormito si e no un'ora e mezza.
Prendo dei vestiti puliti e mi chiudo in bagno.
Quando sono pronta torno in camera.
Derek non si è mosso.
Adagio la coperta sopra il suo corpo e vado in cucina.
Prendo la tracolla e le scarpe ed esco di casa.
Chiudo la porta cercando di non fare il minimo rumore.
Mi appoggio al muro e infilo gli stivali.
Inizio a camminare per andare a scuola, ma quando, dopo quindici minuti rialzo la testa mi accorgo di essere in tutt'altro posto.
La stazione dei treni.
Non so perché, entro e acquisto un biglietto.
Come se fossi tornata indietro nel tempo cammino verso il binario.
Mi sento un automa.
Non ho il controllo del mio corpo.
La mia mente fa tutto da sola.
Salgo e mi siedo.
Mentre il treno va riguardo fuori dal finestrino tutti i paesaggi che fino a qualche mese fa vedevo ogni giorno tornando a casa.
Non riesco a pensare a niente oltre a che non riesco pensare a niente.
Mi sforzo di far imprimere nella mia mente qualcosa, ma non riesco.
La voce gracchiante dell autoparlante annuncia la mia fermata.
Scendo e cammino tra i vari pendolari che prendono il treno per la direzione da dove sono venuta io.
Fuori dalla stazione una folata di vento mi scompiglia i capelli.
La neve qui non è stata spazzata come in città.
I marciapiedi sono ancora ricoperti di cumuli di neve.
I barboni si scaldano davanti ai falò improvvisati.
La gente passa vicino a loro guardandoli con sufficenza, poi lo stesso sguardo lo riservano anche a me.
Mi guardo il corpo. Non ho addosso il cappotto.
Non mi sono nemmeno accorta.
Non sento freddo. Non sento niente.
Cammino verso l'unico posto che conosco.
Davanti alla mia vecchia casa mi sento strana.
Molteplici emozioni mi travolgono.
Provo tristezza per la mia vita.
Paura nel ricordare perché è così la casa.
Nostalgia di qualcosa che non ho vissuto.
Rancore per avergli permesso di farmi diventare così.
Qui, immobile davanti a questa vecchia casa mezza bruciata capisco che non potrò mai essere la ragazza che speravo.
I ricordi mi invadono la testa tutti insieme.
Se prima non riuscivo a pensare, ora non riesco a smettere di farlo.
Cammino fino al giardino sul retro.
La neve ha ricoperto ogni cosa.
Le cataste di legna sono nascoste sotto un manto di neve.
L'altalena ha una corda spezzata, pende tutta da un lato.
Cerco di fare un nodo per aggiustarla.
Si è accorciata di molto, ma mi è molto facile salire, visto che è stata costruita quando ancora ero bambina, una bambina normale.
Prendo il telefono per controllare l'ora.
Ma senza guardare lo schermo tengo premuto il tasto di spegnimento.
Non mi curo del seggiolino bagnato e mi dondolo avanti e indietro.
Come un flash mi torna in mente un sogno che ho fatto.
Ero seduta qui, sull altalena, stev e Miranda erano sotto il portico.
Ridevano e mi dicevano che non sarò mi una ragazza normale, che ero strana... E che sarei rimasta da sola per sempre, perché nessuno mi avrebbe mai amata.
<avevate ragione...ce l'avete fatta a farmi diventare così... >
Parlo all'aria.
Abbasso la testa sconfitta.
Mi guardo la punta delle scarpe, poi noto qualcosa che sbuca fuori dalla neve.
È l'urna dove c'erano le ceneri di stev. La prendo e la pulisco dalla neve.
La stringo finché le nocche non mi diventano bianche poi di scatto mi alzo e la lancio contro una finestra.
Un forte rumore di vetri rotti infrange il silenzio surreale che c'è in questa cittadina.
<VAFFANCULO! >
grido con tutto il fiato che ho in gola.
"ehi! Che ci fai li? Chiamo la polizia!"
Una signora affacciata a una finestra mi grida di andarmene.
<VAI A FARTI FOTTERE ANCHE TU! >
Il mio odio è esploso.
Anche loro sapevano, e non hai mai fatto niente.
Tutti sapevano che fottuto bastardo era stev, e nessuno ha mai fatto niente.
La signora rientra in casa velocemente.
Non sono soddisfatta, perciò vado verso la casa e frugo tra i vetri.
Riprendo l'urna e la rilancio su un'altra finestra.
Il ticchettio di qualcosa che gocciola mi distrae.
Mi guardo intorno e ai lati delle mie scarpe vedo due pozze rosse tingere il manto di neve immacolato.
Alzo mani,  sono imbrattate di sangue.
Entrambi i palmi hanno dei piccoli tagli.
Conficcati  ci sono dei pezzi di vetro.
Cerco di togliere i più grandi, ma più le guardo più mi sento male.
Un conato mi risale in gola facendomi piegare in avanti.
Sento la finestra della vicina aprirsi di nuovo, perciò incomincio a correre.
Esco in strada e giro in una vietta.
Quando sono abbastanza lontana rallento.
Sono vicina al centro.
Il pub dove era solito andare stev è dall'altra parte della strada.
Anche se è giorno, qualche uomo se ne sta fuori fumando e bevendo.
Uno di loro si gira e mi fissa, poi spalanca gli occhi
<HEI TU! >
Non può avermi riconosciuta.
Nessuno mi conosce.
<hei ragazzina! Vieni qua>
L'uomo attraversa la strada.
Cammino più veloce sconvolta e affannata.
Mi dileguo tra le viette.
Sento che ancora mi segue e mi intima di fermarmi.
Continuo a guardarmi indietro finché non sbatto contro qualcosa, anzi qualcuno.
<Debby?! >
Alzo lo sguardo, un agente in divisa mi guarda stupito.
Lo riconosco. È l'agente Parker, l'uomo che mi ha aiutata in centrale.
<ma che ci fai qui? >
Mi volto per vedere se l'uomo mi ha raggiunta.
L'agente mi prende una mano
<ma che?! Cos'è tutto questo sangue? E... Sei ghiacciata! Vieni... >
Davanti a noi c'è l'auto della polizia.
La apre e tira fuori una coperta e me la posa sulle spalle.
<vieni, ti porto in centrale... >
<no, grazie non ce n'è bisogno, ora torno a casa... >
<quale casa? >
Mi chiede fissandomi.
<ho ricevuto una chiamata da una tua vecchi ex vicina di casa ... Una ragazza stava dando di matto nel tuo giardino... Presumo fossi tu?! >
<io... Be ecco, non stavo dando di matto>
<ok, ma ora ti devo portare in centrale, le tue labbra stanno diventando viola per il freddo, e ti devo medicare le mani... Sanguinano ancora>
Tiro le maniche del maglione e le stringo tra le dita.
Piccole fitte di dolore mi fanno stringere il labbro tra i denti.
<dai... > mi apre la portiera e aspetta che salga.
Mette in moto e parte.
<che ci fai qui? Non stavi a Richald? >
<si, io... Non lo so... >
Dico sconfitta dalla verità.
Non so perché mi trovo lì.
Forse perché oltre a casa di derek non conosco un altro posto.
O forse perché volevo solo la conferma che stev, la mia vecchia casa e la mia vecchia vita fossero solo un brutto ricordo.
Stanotte, quando derek è tornato a casa ho pensato veramente di non essere mai uscita dalla mia cameretta.
La situazione che si è creata è stata identica a quella che vivevo praticamente ogni notte.
Ho cercato di dimenticare il passato.
Ma non posso cancellarlo.
Ogni minimo errore mi riporterà sempre indietro, a quei ricordi che a tutti i costi voglio chiudere in una scatola, troppo piccola per contenerli tutti.
Ogni volta che il mio passato mi sfiorerà la mente, la scatola esploderà facendomi rivivere ogni singolo brutto ricordo.
Non posso vivere così.
<Debby.... >
Stacco la testa dal finestrino e mi volto verso l'agente Parker.
<siamo arrivati>
Scendo e lo seguo dentro la centrale.
Appena apre la porta delle grida ci accolgono.
Riconoscerei quella voce tra un miliardo di persone.
<NON ME NE FREGA UN CAZZO! ADESSO VOI VI ALZATE E ANDATE A CERCARLA! >
Derek.
Grida contro degli agenti che cercano di calmarlo.
Parker si avvicina a lui
<ragazzo... Stai tranquillo... >
Sono dietro il suo corpo, mi faccio piccola piccola per la vergogna.
<NON STO TRANQUILLO UN CA->
Perker si sposta, così faccio un passo avanti.
<DEBBY! > derek mi corre incontro abbracciandomi forte.
<mi dispiace piccola... Mi dispiace così tanto... È tutta colpa mia>
<no, Derek...dispiace a me... Scusa se sono andata via così... >
<non fa niente... Piccola... Mi sono preoccupato da morire>
Mi prende il viso con le mani e bacia.
<sei gelata! >
Toglie il giubbotto e me lo infila.
Il suo profumo mi invade la narici.
<bene ragazzi> Parker ci interrompe
<Debby, vieni nel mio ufficio, ti disinfetto>
Derek mi squadra da capo a piedi.
<cos'hai? Ti hanno fatto del male? >
È sconvolto e preoccupato
<no, sono... Inciampata, mi sono graffiata i palmi>
Non l ha bevuta, ma per adesso non continua il discorso.
Seguiamo l'agente nel suo ufficio.
Ci fa accomodare e va a prendere la valigetta del pronto soccorso.
<ragazzo, puoi andare a prenderle dell'acqua? >
<certo, arrivo subito piccola >
Esce quasi correndo.
<scusa, ma non volevo ti vedesse le mani... >
<la ringrazio... >
Sono imbarazzata. Ho combinato un bel casino.
<ci metterà un po'... La macchinetta è rotta> mi sorride dolcemente.
<senti, visto che non c'è voglio dirti due cose... Se hai dei problemi, se hai voglia di scappare, chiamami, non è sicuro per te venire qui da sola... L'altra volta non ho avuto il tempo di dirti quello che ho scoperto su tuo padre>
Il disinfettante brucia sui miei palmi.
<resisti , ho fatto...devo solo togliere qualche pezzo di vetro... >
Usa delle pinzette per prendere le piccole schegge rimaste conficcate.
Poi con delle bende mi avvolge la prima mano.
<appena finito ti do il mio numero, privato... Con calma, nei prossimi giorni chiamami, ci facciamo due chiacchiere >
Finisce con la prima mano e mi prende la seconda, la tiene stretta tra le sue
<è importante Debby... > <ok>
Ripete l'azione anche su l'altra mano.
<cos'è successo per farti scappare qui? È stato il tuo ragazzo? Ti ha fatto del male? > mi fissa intensamente
<NO! > dico disgustata.
Non posso immaginare derek che mi faccia del male.
<lui... Io mi sono comportata da immatura, è uscito ieri, ed è tornato stanotte... Non mi aveva mai lasciata sola per più di un ora, quando è tornato mi sono spaventa, ho rivissuto i momenti con mio padre... >
Quando finisce il lavoro si alza e mette via tutto.
<tieni, questo è il mio numero >
Scrive su un blocco e poi strappa il pezzo di carta.
<grazie... >
<Debby, chiamami ok? >
<ok... Cosa voleva dirmi dopo? >
<ah, si... Ecco secondo me->
<ECCOMI! >
Derek entra nella stanza trafelato
<scusa ma la macchinetta è rotta>
Mi apre la bottiglia e me la passa.
<grazie > bevo un generoso sorso e la richiudo.
<possiamo andare? >
<si... Grazie agente parker>
Si alza e ci accompagna alla porta
<non ringraziarmi debby>
<grazie mille, è un bravo agente>
Derek lo ringrazia più di me
<figliolo, è il mio lavoro, e poi mi state simpatici! Ora andate, Debby ha bisogno di mangiare, e riposare... E a vedere le tue occhiaie direi che anche tu hai bisogno di dormire... >
<si, ho dovuto risolvere una questione con mio cugino...>
Al suono di quelle parole mi risveglio dal mio trance.
Lo guardo preoccupata.
E poi mi maledico mentalmente.
L ho fatto preoccupare inutilmente, quando ha già dei problemi suoi.
Stupida, stupida, stupida.

<mi dispiace... >
Siamo in macchina da un paio di minuti, la prima a parlare sono io
<sono stata stupida e immatura>
<non dirlo neanche per scherzo piccola...è tutta colpa mia, sono un coglione, mi dispiace così tanto... >
Gli trema la voce.
Deve essersi preoccupato molto.
<come hai capito dov'ero? >
<ho la tua posizione sul cellulare... Quando mi sono svegliato e non eri in casa sono andato nel panico... Ho chiamato Marc per sapere se eri a scuola, ma non ti aveva vista, così ho guardato la tua ultima posizione, era a casa tua... sono corso qua, ma non c'eri, ho ricontrollato la posizione, ma il tuo telefono era spento... Ho pensato di andare alla polizia>
<si, ho incontrato l'agente per strada...>
Mi porto le mani sul viso
<mi sento così in imbarazzo... >
<non devi piccola... Sono io che mi sento un fottuto bastardo, mi sono comportato malissimo con te... >
Di colpo rallentare e accosta
<piccola, io ti amo tantissimo e non ti farei mai del male intenzionalmente... Ieri è stato uno sbaglio, non succederà mai più...>
<derek, anch'io ti amo tantissimo, ma non ti devi colpevolizzare, sono stata io a reagire da stupida... >
<ti prego, non parliamone più... >
Ha ragione, per oggi è meglio lasciar perdere.
Mi sento meglio rispetto stamattina.
Vederlo in questo stato in centrale mi ha fatto tornare in me.
<cos'è successo con tuo cugino? >
Sospira e mi lancia un occhiata
<anche questo discorso, lasciamo per dopo... Ora voglio andare a casa, fare un bel bagno e stare abbracciato a te fino domani mattina... >
Ho bisogno delle stesse cose.

"ciao! Mi raccomando lascia un commento per farmi sapere cosa ne pensi e metti una bella ⭐" grazie!!
See you soon 🚀

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