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Capitolo 9

Una cosa che i tre avevano capito in tutti quegli anni era che un momento tranquillo sarebbe stato spazzato via sempre da una telefonata. Maledetti gli aggeggi tecnologici che impedivano ai tre una vita semplice e speranzosa. Il telefono continuò a suonare interrottamente quasi volesse indicare la gravità delle cosa. E forse faceva bene. Serena si guardò intorno, accertarsi che non fosse uno scherzo. Guardò i suoi amici, aveva ancora la lettera in mano. Peter all'inizio non capì. Poi apprese allargando gli occhi in modo immaginabile. Peter voleva davvero bene a quei ragazzi, non voleva vedere qualcuno che soffrisse e lui odiava sentirsi imponente. Un po' come Luke, forse un po' di meno. Gli dispiaceva più che altro, sapeva che quelle facce non promettevano nulla di buono. Serena si avviò verso il telefono con un senso di oppressione in cuore. Cosa poteva essere successo? Anzi, era sicura che fosse successo qualcosa? No. Ma ecco, il suo sesto senso non sbagliava mai e come sempre succedeva qualcosa di brutto. Nessuno si sarebbe aspettato quella telefonata. Non Serena, che qualche anno prima aveva subito la stessa cosa. Non adesso che Luke e Rosaline andavamo d'amore e d'accordo e che stavano lavorando per ritrovare loro figlio. E non Peter che pensava ciò che pensavano tutti: era passato. Ma quella conversazione sembrava così sconvolgente, dalla faccia che la moglie aveva assunto, che si convinse del contrario. Non era tutto passato, né tutto presente e futuro. Era un miscuglio di tempo e non c'era niente che poteva fare per cambiare ciò.  Serena era comunque terrorizzata. Anche lei si chiedeva cosa diavolo fosse successo. Francesco, suo fratello che non sentiva da tempo, aveva chiamato. Anzi, presumibilmente  era lui. Le parole le scivolarono dalla bocca, come le lacrime dagli occhi: quella telefonata era l'unica cosa che la legava a lui, in un primo momento, aveva pensato. Aveva pensato che suo fratello avesse smesso di incolparsi, avesse capito di non avere colpa e finalmente tornare a Londra, la sua patria, la sua casa. Odiava ciò che il fratello le aveva fatto ma non tanto da allontanarlo così tanto. Da farlo partire per quella campagna con uno sfondo da dipinto per non tornare più. Le sue lacrime non avevano fatto una piega, Francesco era andato via, salutandola a stento, qualche anno prima. Quanto, aveva pensato, quattro anni? E dopo la sua partenza, che coincideva con la sua depressione, un altro pezzo del suo cuore era sparito nelle pieghe del dolore. Silenziosamente Francesco era uscito dalla sua vita per non tornare, malgrado per una buona intenzione (secondo lui), aveva lasciato lei sola. E non aveva fatto ritorno. Aveva cercato di non pensarci come se la cosa le andasse bene, anche se tutti sapevano cos'era successo prima che la ragazza andasse i suoi muri: notti e giorni a piangere. E ora quella chiamata, aveva pensato. Era felice dentro di sé, anche se non lo dimostrava perché il suo sesto senso la torturava. Aveva risposto sibilando un 'pronto' e le avevano risposto in modo affrettato. E non era suo fratello. La sua faccia si era modellata subito in una maschera di terrore. Dopo qualche minuto ritornò alla realtà anche se quello sembrava proprio un deja-vu di quando aveva ricevuto la telefonata del ex commissario Wilson che l'avvisava della morte di Luke. "Chi è?" Rispose con calma scegliendo con la stessa cura le parole. Magari la persona dall'altro capo aveva trovato il cellulare e dopo averlo sbloccato aveva chiamato il primo numero che aveva trovato. Coincidenza, era lei? No, quasi impossibile. E poi in campagna il telefono non funzionava bene quindi presumeva che il fratello lo lasciasse ogni santo giorno nella sua casa e che non lo portasse sempre con sé.                                                                                                                      "Salve, sono il vicino di Francesco, qualche giorno fa, mentre io ero fuori per lavoro, mia moglie e i miei bambini in casa hanno sentito un porta sbattere. So che la cosa può sembrare strana o addirittura patetica, ma Francesco non sbatte mai la porta. Mia moglie si è insospettita ma è rimasta in casa pensando che comunque sarebbe potuto succedere a tutti di avere una giornata no." Prese una pausa che durò qualche secondo: aveva parlato troppo velocemente e non aveva sentito ancora una parola della ragazza . Serena si sentì all'improvviso stanca e si diresse verso il divano dove mise il vivavoce per gli amici e il marito. "Quello che è successo dopo non lo so di preciso. Mia moglie ha sentito piatti che rompevano e urla. Ma non di Francesco, o meglio in parte, era urla sconosciute e mia moglie quando me l'ha raccontato era spaventata a morte, suppongo per quelle urla e per gli schiamazzi. Vede, quando si è lontani da tutti è  un po' difficile che qualcuno abbia dei problemi. Dopo poco tempo però  la situazione non è cambiata. Allora mia moglie si è decisa ad andare a bussare alla sua porta. Si è assicurata che i bambini non uscissero e non si facessero male ed è andata. Non so di cosa abbiano parlato, in realtà non ha voluto parlarne alla polizia. Sì, mia moglie vedendo che la situazione non cambiava, prima di avviarsi verso casa di suo fratello, ha chiamato la polizia che però, dista molto da casa nostra: circa mezz'oretta.  Stavo dicendo che dunque mia moglie è  andata da suo fratello ed aprirlo è stato proprio lui. Le urla si sono fermata. Francesco, a primo impatto, non ha detto niente di sensato: ha dato un cellulare  a mia moglie, un codice, e un nome poi l'ha  pregata di andarsene. Mia moglie se ne è andata spaventata ed è tornata dai bambini, ma quando è tornata dentro ha sentito altre urla e uno sparo. Non so se abbia fatto bene, ma ha pensato ai nostri figli.” Un singhiozzo salì  alla gola di Serena, l’uomo era così spaventato che quasi si mangiava le parole, Rosaline aveva un bocca sulla bocca, Luke e Peter stavano già pianificando qualcosa. In sospiro arrivo dall’altro capo. “Mia moglie ed io volevamo bene a Francesco.” Continuò a dire “Non lo avremmo lasciato mai, glielo avevamo promesso, per quanto fosse grande. Ma sapevo che qualcosa non quadrava: non ci ha mai detto di avere una famiglia, non ci ha mai detto niente né della sua famiglia né  del suo passato. Era un buon uomo. Mia moglie è corsa di nuovo fuori, ma non c’era nessuno né  in casa di Francesco né in giro. Voleva entrare ma sono arrivati gli inquirenti e l’hanno allontanata. Francesco è  scomparso da qualche giorno, signora. Vede, dato che mia moglie ha chiamato e ha assistito, per così dire, al litigio e hanno richiesto la sua presenza quasi  ogni giorno e dato che la centrale è molto lontana la vado a prendere e ieri mi è capitato di sentire alcuni agenti che parlavano del caso di suo fratello. Come potete sapere abitiamo in una piccola frazione di una piccola città e questi casi non sono molto comuni. Da quanto ho capito, gli agenti vogliono nascondere alle forze dell’ordine che, davvero sanno prendere in mano queste cose molto pericolose e delicate. Vogliono insabbiare la cosa perché solo io e mia moglie lo sappiamo oltre a loro e sanno che non potremmo contattare altri inquirenti, non ne avremo il coraggio. La centrale non è competente qui, soprattutto per questi casi molto delicati ma, nel caso lo risolvessero, avrebbero un po' di gloria. Qualcuno potrebbe anche salire di grado. Mi dispiace dirlo, ma a quest’ora Francesco… potrebbe essere già morto, nessuno riesce a trovarlo ed essendo sì  e no una frazione lo andrebbero a dire in centrale e noi non vogliamo avere guai.” Serena guardò il cellulare, allora perché l’aveva chiamata? “Ma mia moglie appena sentito quello che le ho raccontato ha insistito di chiamare questo numero, non so come facesse a sapere di lei, probabilmente è una delle cose che non mi ha detto.” “Cosa non le ha detto?” Rispose Serena a tono.  “Quando sono tornato a casa, mia moglie era in lacrime, mi ha raccontato tutto ma non quello che le ha detto Francesco, se non in una piccola  parte. Non so cosa si siano precisamente detti. Mia moglie mi ha chiesto di chiamarla e vorrebbe parlare con lei ma non al cellulare. Sa, non si è mai troppo prudenti. Sappiamo che vive a Londra e che è sposata, e cosa ha passato lei e i suoi amici. Vorremmo davvero venire da lei se non è un problema. Domani saremo in città con i  nostri figli, se per lei va bene potremmo fare in pomeriggio. Che ne dice?” Serena si sentì sprofondare, aveva pianto molto quando Francesco se ne era andato e adesso stava piangendo molto perché se ne era andato di nuovo, inseguito da una nuova minaccia o per sempre. Aveva paura. Quella situazione  era così brutta da non voler incontrare il vicino di suo fratello. Ma si costrinse a mugulare di nuovo un sì. “Sarebbe perfetto per me, penso sappiate dove abito dato che vi siete informati.” Si sentì  dall'altra parte un po' di esitazione e qualche urletto di qualche bambino. “Sì, l’abbiamo fatto e ci dispiace per quello che le è accadu-" Serena cercò di interromperlo. Non voleva la porta di nessuno. Sapeva che sui giornali oltre a tutto il caso elaborato in ogni minimo dettaglio, vi erano notizie anche più recenti come l’aborto che aveva avuto. “Non si preoccupi, la prego, ci vediamo domani a casa mia.” L'uomo si rilassò. “Grazie mille, signora Wright.” Serena le apparve strano come l’aveva chiamata. Con il suo cognome: non la chiamavanl così da tanto tempo.”La ringrazio, signor-?” “Mane Justin.” Rispose prontamente lui. “La ringrazio signor Mane, a domani.” E chiuse la chiamata. Luke e Peter si irrigidirono.
Serena guardò i suoi amici, adesso con la scomparsa di Julio e Francesco le cose sarebbero cambiate e nessuno avrebbe potuto impedirlo. Quella volta non potevano fare niente, neanche quella volta non avrebbbero potuto fare niente.


Spazio Autrice.

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