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Capitolo 8

Serena si guardò intorno. Il suo sguardo premeva sugli amici distrutti. Come tanto tempo fa, si ritrovano in casa sua, al centro di Londra.
In realtà non c'era nessuno se suo marito e nonostante tutto, sperava che quei due, Luke e Rosaline, le facessero visita. E perché no, anche Mark era ben accetto in quei momenti. La verità, che era molto altro che una visita di cortesia, iniziava a ucciderla pian piano e di certo non si sarebbe sentita protetta neanche dalle parole rassicuranti degli amici. Di certo non l'avrebbero convinta perché neanche loro lo erano. E sperava che fosse davvero così.
Serena Wright  aveva passato gli ultimi anni, sposata e senza figli, una vita agiata e parecchio felice con suo marito, Peter. Era riuscita a dormire, a raccontare ciò che aveva visto, è non farsi prendere dal panico quando, quelle parecchie volte che succedeva, le persone la guardavano di sottecchi. Come sempre l'opposto di Rosaline. Aveva cercato di avere una carriera, ma non ci era riuscita. Non perché non fosse brava o altro, ma solo perché non riusciva ad aprirsi con le persone. Ci aveva rinunciato da tempo e non ci pensava più. Quei piccoli, pochi amici che aveva, le bastavano.
Serena aveva cercato lavoro soprattutto nel campo del marketing, benché la facoltà che avesse scelto, indirizzava ad altro. Alla fine si ritrovò con tantissime domande di lavoro e ne accettò solo qualcuna, che non durò al lungo.
Dopo qualche anno a lavorare per i suoi superiori, alla fine, si era stufata e decise di lasciare tutto; anche se il guadagno le serviva. Sì, in casa, le cose andavano bene, ma non così tanto bene da far sì che Serena non lavorasse e scagliasse tutti  i problemi su Peter. Voleva essere per lo più indipendente, ma di certo, seppur conducendo una vita agiata, i problemi economici non mancavano.
Ma alla fine tutto finì e a causa di questo Peter si allontanò dalla loro casa, avendo litigato. Suo marito proprio non capiva quando smettere. Se lei non era riuscita ad abituarsi nell'ambiente, significava che qualcosa non andava: non riusciva più a fidarsi di nessuno e  dei giorni lavorativi iniziava a ricordare solo l'inferno intravisto negli sguardi dei colleghi.
Pet comunque, resosi conto dello sbaglio commesso o perche non sapeba dove andare, tornò qualche mese dopo, ne passarono tre, chiedendo perdono alla moglie per averla stressata quando lei si era rifiutata di lavorare: non poteva costringerla.
Avendo fatto pace, i due cercarono  di rimettere insieme la famiglia  provando a fare figli, ma uno dei due era sterile. Altri problemi si aggiunsero alla vita di Serena dopo quella scoperta.
Una scoperta, che più di altre, le avrebbe cambiato la vita in peggio.
Sapere che fosse sterile annientò quel poco di bello che c'era nella sua vita e né le visite prolungate di Rosaline e Luke sembravano aiutarla.
Era ferma lì, dov'era ora, a fissare il vuoto, immaginandosi una vita con un bambino: le cose sarebbero state diverse. Da allora seppe che la sua vita sarebbe stato un susseguirsi di vicende tristi e dolorose. Se ne era convinta e ancora lo pensava, forse, meno fermamente.
Sapeva di essere testarda, ma non voleva davvero fare niente. Neanche adottare un bambino perché, per quanto fosse egoistico, non voleva vedere qualcuno che avesse caratteristiche non simili alle sue. Ma il pensiero che più le catturava la mente quando si parlava di ciò era che il bambino, seppur l'avesse cresciuto lei, non sarebbe mai stato suo figlio, che suo figlio non l'avrebbe mai riconosciuta come madre genealogica e che lei non avrebbe mai partorito. A ucciderla ancora di più in quel periodo fu quando le diedero una speranza.
Da giorni non si sentiva affatto bene e non sapeva a chi rivolgersi, pensando che fosse un'indigestione, si era recata all'ospedale più vicino. Lì,  aveva scoperto di aspettare un bambino di sei settimane. Ma quello non servì a nulla.
Dopo averlo perso durante il travaglio, si era sconfortata.
A grandi linee era quella la sua vita, non si sapeva niente su di lei; da quanto aveva capito dal vociferare della gente. Non le importava molto in fondo dellagente, del suo continuo vociferare, non come una volta almeno. Quando quasi tutto si era ristabilito, tutto era crollato con la scomparsa Julio. Pensava davvero di aver superato quel lasso di tempo  quando aveva temuto per la sua vita più di qualsiasi altra cosa. E adesso che lo ammetteva faceva meno male.
Faceva meno male pensare al suo egoismo perché, per quanto si facesse vedere, sperava solo di uscirne viva. Era un sentimento che era piombato nella sua vita dopo il tutto: il sollievo di non essere morta.
Rosaline e Luke avevano riportato, anche loro, segni evidenti di quella guerra vinta e non sapeva come si sentissero malgrado tutte le volte che si vedevano.
Mentre pensava ciò, le sue mani si attorcigliavano una sull'altra in una danza frenetica e del sudore freddo calava sulla tempia sinistra. Aveva i palmi sudati.
Gli amici erano sconvolti, ma sapeva che Luke stava facendo un buon lavoro e dopo neanche una settimana, era riuscito a trovare le informazioni sufficienti per erigere un'ipotesi che avvolgeva tutti i casi di quei giorni in una sola cosa.
Si erano riuniti a casa sua perché, da come gliel'era stato detto in precedenza, erano arrivati i risultati del test dei capelli ritrovati sul corpo di Ayrton Lanel. Da quanto aveva capito, dalla chiamata frenetica che aveva avuto con Peter, aveva intuito quanto seria fosse la cosa.
Sperava che Luke e Rosaline, come un tempo, si recassero a casa sua per superare la paura insieme. Lo sperava tanto.
E il campanello trillò.
Si doveva essere speranzosi nella vita, no?
I due si trovavano sull'uscio della porta con una busta bianca in mano e Ser scorse che fosse già stata aperta. Sorrise, anche se dentro si sentì morire. In un altro periodo loro non avrebbero mai aperto qualcosa senza di lei, ma i tempi erano cambiati. Loro si erano divisi, intraprendendo vie lontane e difficili, nel suo caso.
"Peter mi ha detto tutto"- disse e facendo cenno alla busta non più sigillata -"cosa dice?"
Luke gliela passò. Rosaline trattenne un stridulio portandosi una mano sulla bocca. L'altra ragazza non lo seppe interpretare e rendendosi conto che fossero ancora fuori, li invitò dentro con una mano sul pomello della porta e la lettera nell'altra.
Mentre gli altri si accommodavano nel suo salatto, rimasto delle stesse pareti bianco sporco e con un carinissimo divano in pelle al centro, aprì la busta. Non ci capì molto: tutto era scritto in note legali e scientifiche. L'unica cosa che interpretò per buono fu l'ultima riga dove, da quanto pensava di aver compreso, i capelli erano davvero di Julio.
Raggiunse i suoi amici e vedendo i loro volti un po' più sollevati, sorrise e li abbracciò passando poi la lettera al marito  che reggeva un vassoio con delle tazze.
Adesso riusciva ad interpretare quello sguardo e quell'urletto di Ros.
Ma la gioia durò poco, come sempre.

Uno squillo di un telefono fisso raggelò i loro cuori.

Spazio Autrice.
Non è molto carino da parte miaslatare fuori in questo modo?
Ed ecco un altro capitolo che doveva uscire quando? Una settimana fa?
Ragazzi/e scusatemi molto, ma è davvero importante per me quello che sta accadendo. Ho deciso di partecipare a un viaggio con alcune persone per una settimana in momtagna, in Trentino. Sarò un giorno anche a Trento magari, se qualcuno è  di quelle parti,potremmo incontrarci.
Prima di partire vorrei scrivere altri tre capitoli quindi aspettatevi di tutto.
Scusate gli errori se ce ne sono. Votate, ma sopratutto commentate.

A presto
-lucy387 ❤

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