Capitolo 3
Luke iniziò ad arrabbiarsi davvero quando nessuno rispose al telefono del suo ufficio. Una volta che chiamava lui, nessuno rispondeva.
Erano passate, sì e no, cinque ore da quando Mark aveva scoperto che il nipote era scomparso e ne erano passate otto dall'ultima volta che lui stesso l'aveva visto. E tre da quando aveva sentito gli spari.
Erano le cinque di mattina e il sole sarebbe sorto un'ora dopo.
In centrale sapeva di non poterci andare: sarebbe stato cacciato e lo avrebbero escluso dal caso di suo figlio. Troppo coinvolto.
Si era barricato dentro casa da otto ore ed era corso fuori solo quando aveva sentito quei rumori agghiaccianti.
Sua moglie, Rosaline, aveva urlato il nome del figlio mentre lui usciva di casa. Ma niente, troppo tardi. Era uscito dalla porta troppo tardi.
Ed ora non sapeva cosa fare. Aveva cercato di ricevere informazioni di nascosto da Pet, ma Mark se ne era accorto e tutto era saltato.
Il fratello aveva preso in mano la situazione senza farsi tanti scrupoli: si era dimostrato freddo e, al contrario di Luke, si era trattenuto da urlare imprecazioni verso il loro superiore.
Così Mark era riuscito ad avere il caso, mentre Luke ne era rimasto fuori.
Succedeva spesso che, Mark, si recasse a casa loro ogni giorno e a Luke non piaceva. Ma adesso avrebbe fatto di tutto pur di riuscire a vederlo, a sapere come stessero andando le indagini. 'Era ancora presto per parlare' aveva detto Pet prima che gli venisse chiuso il telefono in faccia. Lo sapeva anche lui che era troppo presto: sarebbero dovute passare almeno ventiquattro ore prima che si potesse denunciare il rapimento. Ed erano passate solo otto ore. Mark, Pet e il dipartimento non potevano fare nulla se non aspettare.
Luke non si era mai sentito così nervoso negli ultimi vent'anni.
Neanche la paura dei vari casi che gli toccavano poteva essere paragonabile a quella che adesso gli attanagliava lo stomaco.
Fuori non si sentiva niente, se non qualche macchina passare a tempo inderteminato facendo aumentare il suo nervosismo.
I rumori degli spari erano ancora nella sua testa come a voler dimostrare qualcosa d'importante. L'ansia l'aveva intrappolato nel suo studio e lì lo aveva lasciato a immaginare le cose più terribili. Conosceva quel suono.
Era un suono così famigliare da fargli venire i brividi. I colpi erano stati sparati dallo stesso modello della sua pistola.
Aveva detto tutto ai suoi colleghi quando, dopo la telefonata della moglie, si erano precitati a casa sua. 'Abbiamo cercato tracce di sangue o qualcosa di tuo figlio' aveva detto uno degli agenti 'ma l'unica cosa che abbiamo trovato è solo sangue. Faremo il test ma ci vorrà del tempo, giorni.' Certo, sapeva, che ci sarebbe voluto tempo, ma non poteva aspettare.
Rosaline, intanto, si era chiusa in camera da letto. Erano circa le due di notte quando era uscita fuori per vedere se Julio stesse tornando. Ed erano sempre le due circa quando aveva sentito degli spari e un corpo accasciarsi a terra, ma era lontano, troppo, da poter vedere chi fosse. Quel corpo, però, le pareva troppo famigliare. Troppo da pensare che non fosse suo figlio. Aveva visto poi un uomo ma, maledetti gli occhiali, non era riuscita a identificarlo. L'uomo si era avvicinato al ragazzino come se volesse ucciderlo ma l'aveva preso e l'aveva trascinato nel fitto boschetto sulla sinistra.
Aveva urlato, chiamato Luke, che si era precipitato fuori appena sentiti gli spari, ma l'uomo era già sparito con il bambino.
Seppur avesse detto più e più volte cosa avesse visto, dovevano procedere seguendo un adeguato programma.
Avrebbero prima cercato nel bosco, poi avrebbero aspettato il resto della giornata e dopo che le ventiquattro ore fossero passate, avrebbero iniziato a cercare Julio.
Era tornata dentro sconfortata anche dal fatto che Luke sarebbe stato allontanato dal caso poiché troppo coinvolto, ma anche perché aveva urlato contro il suo superiore, Alphonzo Lanel. Avevano saputo solo dopo che il padre, quella stessa sera, fosse stato ucciso da un colpo di pistola che, Luke non aveva capito bene, gli avevano perforato il petto o la testa.
Rosaline quindi era tornata dentro e si era rinchiusa in camera così come aveva fatto il marito nello proprio studio.
Aveva sempre odiato di dover dare ascolto ai propri pensieri e per questo che aveva voluto fare la psicologa.
I suoi pensieri venivano spazzati via da quello degli altri e quando si ritrovava da sola, si accorgeva di non essere più la stessa ragazza spensierata. I suoi pensieri non correvano più al divertimento, ma alla paranoia. Aveva affrontato cose che nessuno avrebbe dovuto affrontare. L'accaduto di molti anni fa le ritornava in mente come un film con una trama intricata e vecchia d'anni. Non ricordava tutti i particolari, ma di certo non s'era dimenticata della paura che aveva provato quando, ad esempio, si erano trovati in quel capanno di fronte a Francesco, che a quel tempo si faceva chiamare D. e provocava alla sua mente cose che non aveva mai pensato di vedere.
Quel nuovo mondo l'aveva spaventata così tanto che lei stessa era cambiata.
Aveva trovato, nel lavoro, la sua sicurezza e, come il più delle volte accadeva, cercava di essere il più disinvolta possibile.
La gente che l'era attorno, la fissava per minuti come se avesse fatto chissà cosa. I loro occhi parlavano più delle loro parole: cercavano di immedesimarsi nel suo passato, come lei, d'altronde, faceva con i suoi pazienti.
C'era voluto tempo, molto, prima di ritrovare la sua serenità; prima di dimenticare ciò che aveva vissuto e ciò che le persone pensavano di lei.
In ventidue anni era cresciuta, aveva percorso il suo viaggio in silenzio con le sue paure e i suoi ricordi. Aveva cercato di proteggere suo figlio ma evidentemente aveva sbagliato tutto, come sempre. Era ridicolo cosa avesse fatto, ora che ci pensava.
Sapeva bene cosa avesse suo figlio ma, forse per egoismo, aveva lasciato stare.
Ed ora, se fosse stato lui qualche ora prima, Julio, era ferito con un uomo di cui non aveva visto niente.
La vita era così ingiusta: aveva perso persone prima di conoscerle e non avrebbe saputo perderle ancora.
Spazio Autrice.
Capitoli lenti, ne sono consapevole.
Spero vi piaccia.
Scusate gli errori.
A presto
-lucy387❤
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