Capitolo 2
Luke odiava sentirsi imponente e non vedeva l'ora di ritrovarlo. Inoltre si parlava di Julio e aveva sempre avuto paura di perdere qualcuno della famiglia ma, mai, avrebbe pensato che quel qualcuno sarebbe stato suo figlio.
Julio Jack Aaron Wilson era un bambino di undici anni che si odiava da sempre. Nessuno l'avrebbe mai detto: 'casa stupenda, madre psicologa, padre poliziotto e una famiglia perfetta.' Ed era proprio questo il punto! La sua non era altro che una famiglia a pezzi. Non aveva mai visto la pace in quella casa o l'unione dei genitori: sua madre rimaneva fuori quasi tutto il pomeriggio e suo padre, a volte, non si vedeva per giorni.
Lui, quindi, dopo scuola rimaneva con colleghi di suo padre o con Serena Wright.
La sua semplice routine lo deprimeva e il suo essere importante a causa dei genitori non cambiava la situazione... forse la peggiorava.
A scuola Julio voleva essere un ragazzino come altri, preso dall'ansia della prima interrogazione di storia o letteratura. Ma il ragazzino aveva ansia per qualcosa più grande di lui: un assalto, un incendio o un omicidio.
L'essere paranoico non aiutava per niente: lo allontanava dal gruppetto degli amici e solo qualche volta si lasciava andare davvero.
I genitori, dal canto loro, erano più che paranoici. Avevano paura di quello che poteva succedere, dicevano. Julio non ci credeva molto perché sapeva ciò che avevano passato e secondo lui, semplicemente, non volevano dimenticare quella realtà.
Julio si sentì strattonare da una mano, in avanti, e ritornò nello squallido vicolo che avevano intrapreso poco prima.
Sentiva le mani del signor Lanel che lo intrappolavano a sé e ancora non credeva che avesse assistito a un omicidio e che adesso stesse seguendo l'assassino senza fare storie.
In fondo aveva una pistola come quella di suo padre e non una di quelle giocattolo.
Aveva già sentito dei rapimenti e di come erano andati a finire.
Eppure in quella situazione Julio sentiva crescere in sé il senso di libertà tanto represso in quei pochi anni della sua vita.
Sarebbe dovuto fuggire, andare il più lontano possibile, e chiamare il padre o lo zio. Ma da una parte non voleva, non aveva lasciato mai casa sua e adesso, anche in un occasione come quella, non voleva tornare indietro.
Il fatto di aver visto ucciso un uomo era un piccolo dettaglio e si allontanava pian piano. La sua mente voleva riposarsi ma, il suo corpo rigido non glielo permetteva.
Julio si accorse di aver intrapreso, con il rapitore, una strada che conosceva e si fermò così velocemente che l'altro inciampò nei suoi piedi.
"Perché ti sei fermato? Non dirmi che adesso devi andare in bagno, eh! La scusa più vecchia del mondo per scappare! Bada bene, ormai non puoi farlo. Saresti dovuto scappare appena vista la pistola invece di rimanere fermo! Anzi no, meglio così, so bene chi sei, ti si riconosce dai tuoi capelli arancioni, come quelli di Luke Wilson. Non guardarmi con quella faccia, è stato con noi almeno due mesi e anche se non si fosse tolto quel passamontagna, ti avrei riconosciuto. Non si parla molto di te, sai? È come se non esistessi per lo più." Disse l'uomo con enfasi, quasi divertito a vedere la faccia del figlio del suo ex amico Wilson. Era proprio vero quello che aveva detto. Di Jack Aaron Wilson, ribattezzato anche Julio, se ne era sentito parlare solo quando la Black l'aveva partorito. Poi tabù. Come se tutto non fosse mai successo, non si aprì più discorso riguardante lui. Tutti sapevano che il figlio di Wilson era intoccabile per vari motivi.
"Chi è Luke Wilson?" Chiese il figlio, facendo finta di niente. La paura stava aumentando.
"Tuo padre! Chi sennò? La tua recita sarebbe stata valida se non somigliassi molto a tuo padre e tua madre. Ah, Rosaline Black! Che bei ricordi, la conoscevo sai?"
"Mia madre non conosce tipi loschi come te, semmai è stata intrappolata in tutta questa situazione come mio padre. Cosa c'è? Pensavi non conoscessi la storia dei miei genitori? Me l'hanno ripetuta più e più volte per mettermi in guardia. E guardami dove sono finito. Cos'è? Adesso diventerò un ostaggio e un testimone, fantastico direi." Disse Julio distrattamente, sapeva che sarebbe potuto succedere, eppure, non aveva paura. Lo si poteva ben capire già da come gli parlava. La situazione era così strana che Julio pensò di essere, lui, il pazzo. A vederli sembravano davvero molto in sintonia: lui grande e grosso, con un sorriso inquietante, Julio piccolo e sgarbato. Padre e figlio, avrebbero pensato le persone, se i due si fossero somigliati un po'.
"Si vede proprio a chi sei figlio. Tuo padre non stava un attimo fermo, era sempre davanti a tutti. Sei già diventato un testimone ma non ancora un ostaggio. Io spesso lavoro da solo quindi nessuno saprà chi ti avrà rapito. Prendila come una vacanza nel mondo della mafia. Ma comunque perché ti sei fermato?"
Julio tremava. Sapeva che quella strada l'avrebbe portato dritto a casa. Avrebbe avuto una possibilità di tornare a casa sua, alla sua routine - seppur noiosa e monotona. L'adrenalina che aveva sentito aveva lasciato spazio a tanta paura. Aveva paura di quell'uomo che pareva conoscere suo padre, sua madre e lui. Avrebbe avuto una speranza? Sarebbe potuto scappare dall'inferno correndo veloce verso la casa dei genitori?
Nel frattempo Julio aveva pensato di assecondarlo, di far finta di non capire ma non sembrava convincere l'assassino. E poi c'era anche una pistola. Se fosse riuscito a scappare ci sarebbe stata la possibilità di una pallottola dentro di sé e non era una cosa da poco, lo sapeva.
Si ritrovò a pensare a un modo per sottrarre la pistola o comunque a renderla innocua. Casa sua si avvicinava sempre più mentre lui ancora calcolava cosa avrebbe potuto fare. Cercava di non guardare alla sua destra, di non guardare il punto dove si trovava la dimora perché l'uomo si sarebbe insospettito. Poi si accorse che l'uomo non era più al suo fianco e girandosi lo trovò fermo a guardarlo aspettando forse qualcosa. Una risposta. Julio non aveva risposto alla sua domanda e si diede mentalmente uno schiaffo.
"Cosa hai detto?" Cercò di essere più sicuro possibile.
"Perché ti sei fermato all'inizio di questa strada?" Ripeté lui per la terza volta quella sera. Odiava già quel bambino.
"Oh, niente. Stavo pensando." Arricciò le spalle mentre mentalmente contava.
Uno.
"Non penso stessi pensando." Rispose l'uomo facendo un passo.
Due.
Julio si sposto con un piede all'indietro.
Tre.
"Conosci questa strada?"
Quattro.
Lui scosse la testa restando fermo.
Cinque.
Non fare un passo falso, niente passi falsi o questo ti uccide.
Sei.
L'uomo fece un altro passo.
Sette.
Julio indietreggiò di due passi: ora si trovava sul marciapiede di destra.
Otto.
L'uomo si voltò come se avesse sentito un rumore.
Nove.
Indietreggiò ancora, silenziosamente.
Dieci.
Velocemente iniziò a correre cercando di raggiungere casa sua.
Poi sentì due spari e un dolore forte alla gamba.
La pistola! Si era dimenticato subito di quel piccolo dettaglio. Non aveva neanche corso per un metro che adesso era a terra. L'uomo arrivò.
"Questa strada non la conoscevi, eh?"
Lo prese e iniziò a camminare più velocemente di prima causando i lamenti del piccolo Julio. Attraversarono e si inoltrarono in un piccolo bosco sulla sinistra.
I due però non sapevano una cosa: Luke Wilson aveva sentito gli spari.
Spazio Autrice.
Ciao a tutti/e,
come va? Spero bene. Scusate l'assenza ma come ho scritto in bacheca sono successe tante cose.
Senza soffermarci troppo sui miei problemi quindi andiamo avanti.
Vi piace il capitolo?
Ci sono errori di qualsiasi tipo?
Cosa avete fatto a Pasqua (auguri in ritardo)?
Eh niente, votate, commentate, leggete e fate quello che volete.
Noi ci vediamo al prossimo capitolo che spero di pubblicare in settimana.
A presto
-lucy387❤
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