Capitolo 10
Londra era così fredda quel giorno che l'uomo, prima di avviarsi fuori, aveva indossato un paio di guanti, anche se leggeri, e uno scialle di cotone. Per essere in pieno autunno faceva molto freddo e le poche persone, costrette ad uscire dai propri appartamenti, si tenevano stretti nei loro cappotti e a differenza di altri giorni, erano tutti vicini come per ricevere un po' di calore in più. La gente camminava velocemente, in ritardo, dopo la pausa pranzo. Le vetrine dei negozi riflettevano gli abbigliamenti di quei giorni e la gente che correva veloce mentre il tempo si rischiarava e si oscurava con un periodo discontinuo. Le case, tutte tirate a lucido, si presentavano tutte scure e con una desolazione mai vista prima. I vincoli, le strette strade che portavano in luoghi oscuri della periferia, rimanevano bui come se i pochi raggi solari non li raggiungessero mai e forse era proprio così. Lì non c'era posto per la luce. Quartieri completamente abbandonati a loro che avevano perso le loro ricchezze. Erano caduti in rovina a causa degli innominabili. Lo sapevano tutti, anche i turisti, che quei posti non dovevano essere visitati: poteva capitare di tutto. L'uomo si distrasse un attimo come se tutto quello fosse un sogno. I piccoli particolari che saltavano agli occhi sembravano colpirlo con una forza invisibile. Nessuno si accorgeva di quei vicoli e se lo faceva, girava il volto dall'altra parte. L'uomo incominciò a sentirsi a disagio e accelerò il passo. I suoi figli e sua moglie lo aspettavano a pochi minuti di lì e sarebbe arrivato prima se tutte quelle persone non ci fossero state. Aveva lasciato la famiglia in un parchetto lontano ed era andato a cercare del cibo. Erano arrivati solo la notte prima e ancora non avevano mangiato. Da dove venivano, la colazione non si faceva quasi mai e si abbondava a pranzo, ma quel giorno una fame improvvisa era venuta fuori. Seppur in ritardo per pranzare, aveva cercato un luogo dove si cucinava qualcosa di simile ai loro piatti. Gli alimentari erano quasi tutti uguali: una grande vetrata, un tendone di stoffa gialla e arancione, e varie cose di cui l'uomo non aveva mai sentito parlare. Si notava da lontano che quell'andamento troppo curvo non potesse appartenere a un cittadino londinese. Il suo era un semplice andamento rurale, uno che aveva la schiena spezzata da mattina a sera per avere una vita dignitosa, sua e per i suoi figli. La sua famiglia è tutto ciò che aveva d'importante e ora correva un grosso rischio. L'essere arrivati a Londra così furtivamente, avrebbe scatenato vari problemi. Perché se ne erano andati così, come ladri? Nessuno l'avrebbe saputo spiegare, se non gli inquirenti. Sarebbero diventati criminali incolpati di aver divulgato notizie completamente ristrette? Un po' di paura ce l'aveva pure lui, ma quei pensieri potevano essere infondati. Prima di partire, si erano assicurati che la moglie avesse riferito tutto quello che sapeva. Nessuno li avrebbe cercati se tutto fosse andato secondo i piani. Ma come sempre i piani sono solo un modo semplice per raggirare la mente che tutto possa andare bene. L'aria, intanto, si era fatto più leggera, segno che i quartieri poveri avevano lasciato spazio a quelli più puliti e abitabili. Di lì a poco avrebbe dovuto svoltare l'angolo e sulla sinistra un piccolo parchetto si sarebbe affacciato ai suoi occhi. I due bambini, uno di quattordici e l'altro di dodici anni, si sentivano a disagio. Li chiamava ancora bambini seppur ormai fossero più che grandi. Stavano seduti su una panchina con la madre in mezzo e non parlavano. Sembrava quasi che i due avessero dei problemi. Ed era così. All'età di tredici anni, il più grande, aveva iniziato ad essere sempre più indipendente a discapito del piccolo. Per varie ragioni quindi avevano smesso quasi di parlarsi se non per convenevoli. Problemi tra ragazzi, tra fratelli. Non era davvero odio quello che li legava, nessuno può odiare qualcuno del proprio sangue, più che altro era la spiacevole sensazione di essere di troppo. I genitori non sapevano più cosa fare, nessuno parlava mai e nessuno cercava di trovare una situazione che andasse bene a tutti. Era sempre stato troppo difficile trovare un punto d’accordo per tutta la famiglia. L’uomo si sentiva male guardando la sua bella moglie che aveva sposato appena vent’anni prima. Erano passati anni da quando non si sentiva così triste, da quando quella solita tristezza che si portava addosso non tornava a fargli visita. Si guardava pensieroso attorno mentre, con in mano un sacchetto, attraversava la strada per andare incontro alla famiglia. La moglie di Justin Mane era una donna giovane e furba, troppo per abitare in quelle quattro mura in campagna, ma non ne aveva fatto mai una lamentela. Amava suo marito e, suo malgrado, quello era il suo sacrificio d’amore. Sapeva però che l'amore non era sacrificio, ma di più, sapeva anche che i suoi figli amavano essere primi in tutto, amava anche sapere tutto di tutti. Ed era forse per questo che quel maledetto giorno era uscita di casa, andando a bussare da Francesco. Quel povero uomo era stato buono con loro e li aveva aiutati in tutti quegli anni. Adesso lei voleva ricambiare il favore. Tuttavia non sapeva se portando anche i suoi ragazzi avesse fatto un grosso azzardo, ma ormai indietro non poteva tirarsi indietro. La giornata, che pareva fatta apposta per quel suo segreto, stava scorrendo troppo velocemente. La giornata scorreva veloce e nel mentre la famigliola camminava tra gli uomini pieni di orgoglio di città. Serena aspettava tremolante il loro arrivo. Il suo volto pallido, la sua gola secca, gli occhi di quel colore svampito, davano alla donna qualcosa di stranamente contorto, e allo stesso tempo uno sguardo che Luke e Rosaline avevano già visto.
Julio intanto dormiva beato su un sudicio divano in pelle, coperto da un telo sporco arancione, bucato anche da qualche parte. La sua gamba era stata fasciata, e il dolore che aveva provato lo aveva straziato. Ricordava le storie del padre sulle sparatorie ma nulla era uguale a quello che stava provando. Un bambino di undici anni, in fondo, poteva anche essere più intelligente degli altri, ma non avrebbe mai potuto avere l’esperienza di qualcuno più grande. Nonostante la sua voglia di non ribellarsi, all’età di undici anni, la bestia dell’orgoglio non intimoriva il piccolo adolescente. I suoi sogni erano tormentati, i suoi pensieri, invece, erano confusi. Aveva così tanto avuto paura, adrenalina e rabbia dentro che la testa stava quasi per scoppiare. Il dolore fisico e mentale che provava, lo stava mangiando pian piano: lo stavano uccidendo. Non ne sarebbe uscito indenne, lo sapeva lui, il suo rapitore, e sperava anche i suoi genitori. Il sogno cambiò e con uno scatto si voltò dall'altro lato, cercando di trovare una posizione più comoda. Ma alla fine si alzò in piedi urlando, con le lacrime agli occhi, e il dolore alla gamba che si espandeva. Gemette mentre si tirava su a sedere. Per un momento pensò di essere tornato nel suo letto, aspettando ancora l’attimo di fuga che aveva ideato, aspettando ancora l’adrenalina della sera e il dolore che pian piano gli cambiava i pensieri. E proprio mentre si rendeva conto del divano, dei buchi, del legno, il sole che filtrava dalla finestra, proprio mentre ricerca la luce della felicità, si rese conto che, nonostante tutto, nonostante l’orgoglio, aveva sbagliato lui, sempre. I suoi occhi si chiusero per un momento, il tempo di riprendere coraggio, il tempo di ritornare alla realtà.
Il carico doveva arrivare un'ora prima. L'uomo iniziò a pensare che fosse successo qualcosa, un intoppo. E forse, forse era davvero così. L'orario era sempre stato il loro punto forte. Allora perché un’ora di ritardo? Non riusciva a capire. Quel bambino si sarebbe svegliato tra qualche minuto se fosse stato fortunato. Sperava che avesse capito la lezione, la cruda realtà della criminalità. Con una gamba fuori uso non sarebbe dovuto essere un problema, non sarebbe riuscito a scappare. Ma quel ragazzino, coi capelli rossi come quelli di Luke, non lo convinceva. Anche lui era stato un ragazzino e con suo fratello, ricordava, non se ne facevano scappare una. La loro superbia, la loro freschezza che l’età giovanile doveva allettare, era sta la loro rovina. La loro prima colpa, il primo sangue sulle mani. Quell’uomo che aveva ucciso quella sera gli aveva ricordato l’infanzia. Lanel aveva avuto la sua stessa storia e questo non lo sopportava: la sua storia doveva essere solo sua e di suo fratello semmai. Poi li avevano separati, nel modo più crudele: uccidendone uno. Colpa di sua madre, a dire il vero, ma i suoi pensieri non volevano fermarsi sull'orlo del burrone. Era rimasto solo, e solo aveva continuato la sua storia, la sua via. Nessuno avrebbe potuto aiutarlo, non dopo aver visto la morte presentarsi in casa e portandosi via suo fratello. La morte era stata così veloce a strappare tutto quello che in tanti anni si era costruito che non credeva più a nulla. L’uomo vide dei ragazzi fargli segno. Si guardò intorno e mentre lo faceva, i ricordi se ne andarono. In fondo nella vita tutto viene e tutto va e magari non ritorna niente.
Spazio Autrice.
Buona giorno e bentornati dopo la bellezza di due mesi su questa storia. Ebbene cari sono riuscita a finire questo capitolo è spero di riuscire a continuare al più presto. Sono cambiata tantissimo e mentre scrivevo pensavo che ogni personaggio abbia una storia nella mia vita. Che tutti abbiano una storia da raccontare a qualcuno: ai genitori, agli amici, agli insegnanti. Questi personaggi senza rendermene conto sono diventati me ed io sono diventata loro. Se io non metto ciò che sento sul foglio di Word, mento a me stessa. Ecco perché la storia non ha mai avuto una trama, fino all'ultimo ho tentennato su A.D., perché doveva essere perfetto, la perfezione che sto cercando di raggiungere nella mia vita in un momento delicato come questo. Ultimamente ho capito che niente è più forte del desiderio dall'avere di più e che non bisogna abituarsi alle cose. La vita è fatta per compiere tutto e anche se delle volte è impossibile, cercherò da questo momento di fare di tutto per avvicinarmi al stare bene interiormente.
Bene, non voglio dilungarmi oltre spero che non ci siano troppi errori (E se ci sono segnalateli), buona giornata. E noi ci rivediamo a un prossimo capitolo (che arriverà al più presto).
Un bacio,
A presto
-lucy387❤
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