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8. Lupo di mare

Note:

- Capitolo non betato. Molto probabilmente subirà dei cambiamenti non appena verrà revisionato.

- I prompt dei giorni passati verranno recuperati il prima possibile. La febbre mi è scesa, ma continuo a non stare granché bene (quindi, se notate errori strani, è anche per questo motivo).

Con il cannocchiale puntato verso l'orizzonte, Akaza scrutava le cime dei monti aridi delle terre del Sud. Dopo tutti quei giorni passati a navigare sotto il sole cocente, quasi non gli sembrava vero di riuscire a scorgere le sponde dell'altro continente; solo che sembravano ancora così lontane e la scorta di acqua potabile aveva cominciato a ridursi in maniera drastica già da un po'. Anche se avevano fatto rifornimento solo pochi giorni prima e iniziato a limitare la frequenza con cui bere durante la giornata, Akaza temeva che l'acqua sarebbe finita prima di riuscire ad arrivare in uno dei porti mercantili di quelle terre lontane. I suoi uomini cominciavano ad essere stanchi e il malumore si stava facendo sempre più accentuato e persistente.

Akaza ripose il cannocchiale lungo il fianco, appendendolo alla cintura che portava attorno ai fianchi, e sospirò appena. Sperava con tutto sé stesso che quel viaggio avesse portato davvero qualche buon profitto o stavolta il suo equipaggio non ci avrebbe pensato su due volte a rivoltarsi contro di lui, costringendolo così a prendere delle decisioni drastiche e a svolgere determinate azioni per sopprimere ogni atto di ammutinamento – teneva alla ciurma che Keizo gli aveva affidato, ma l'onore e la propria vita venivano prima di tutto il resto.

Spostando lo sguardo dall'orizzonte lontano, puntò le iridi ambrate in direzione del ponte di coperta, individuando senza problemi la folta chioma bionda di Kyojuro. Il tritone se ne stava seduto sulle assi di legno, con la schiena poggiata contro i pioli della ringhiera laterale e le gambe incrociate; tra le mani, teneva l'estremità di una cima a cui stava facendo un nodo robusto e intricato. Dopo ciò che era successo dentro il suo bagno privato, la creatura marina non aveva più fatto niente di inopportuno o di diverso rispetto al solito: lo guardava sempre con quei suoi occhi grandi e magnetici pieni di curiosità, gli sorrideva raggiante e dormiva raggomitolato sul divano vecchio e logoro troppo piccolo per quel corpo così muscoloso e prestante.

Il tritone non aveva più provato a toccarlo, né a cercare di prestargli cure non richieste con quella sua lunga lingua biforcuta e impertinente – anche perché, in soli due giorni, i tagli sul petto di Akaza si erano rimarginati completamente, lasciando solo il segno di cinque cicatrici chiare. Così come non aveva fatto alcun riferimento alla reazione che il corpo del capitano aveva avuto di fronte a quelle strane attenzioni, portandolo più volte a chiedersi se Kyojuro avesse agito in quel modo consapevole dell'effetto che il suo carisma da tritone aveva sugli esseri umani, e quindi solo per ammaliarlo e fare di lui ciò che più voleva, o se l'avesse fatto senza alcun secondo fine, unicamente per velocizzare il rimarginarsi di quelle ferite che gli aveva inferto.

Anche se cercava in tutti i modi di convincersi che questa seconda ipotesi fosse l'unica da prendere in considerazione e che il suo corpo avesse reagito in quel modo per colpa di un bisogno fisiologico represso per troppo tempo, Akaza non avrebbe chiesto alcun tipo di spiegazione. Dentro di sé, sapeva che un confronto con la creatura avrebbe portato solamente ad ammettere di essere attratto inesorabilmente da Kyojuro – cosa che non sarebbe mai dovuta accadere e di cui nessuno sarebbe venuto a conoscenza; doveva restare uno sporco segreto tra sé stesso e la propria coscienza, che ormai non perdeva occasione per deriderlo beffarda e riportare a galla ciò che aveva provato nel farsi toccare in quel modo dal tritone.

Sentendosi osservato, Kyojuro alzò lo sguardo e incrociò quello di Akaza. Gli sorrise raggiante e lo invitò a raggiungerlo con un gesto della mano. Come attratto da una calamita, il corpo del giovane capitano si mosse da solo, prima che lui potesse dargli il comando per farlo. Cercando di mantenere un comportamento disinteressato e di far passare quel suo improvviso avvicinarsi al tritone come un gesto di controllo, per vedere cosa stesse facendo, Akaza si avvicinò a Kyojuro e guardò il nodo che aveva finito di fare.

«Te la cavi bene, per non essere un marinaio.» Disse, sinceramente sorpreso dalla precisione con cui era stata legata la corda.

«Ho passato molto tempo ad osservare gli umani. In un certo qual modo, anche voi sapete essere affascinanti ed intriganti.» Rispose Kyojuro, continuando a sorridere e annuendo con convinzione per enfatizzare meglio le proprie parole.

Akaza sogghignò appena, di fronte a quell'affermazione. Non sapeva esattamente perché, ma scoprire che anche i tritoni provassero attrazione nei confronti degli esseri umani, lo rendeva entusiasta. Tutto ciò che era successo fino a quel momento, il decidere di restare a bordo della "Terza Luna Crescente" per aiutare coloro che l'avevano catturato e che continuavano a pensare di ucciderlo, lo strano momento condiviso all'interno del bagno: nella sua mente, quelle cose avevano improvvisamente assunto tutto un altro significato – anche se una vocina lontana continuava ad urlargli flebilmente quanto si stesse sbagliando.

«Ehi, tu!» Di punto in bianco, Hakuji si intromise tra di loro, rompendo la strana bolla che si veniva a creare ogni volta che Akaza parlava con Kyojuro, riportandolo bruscamente con i piedi per terra. «Se non vuoi finire appeso all'albero maestro come quel maledetto traditore lassù, ti conviene dirmi esattamente dove si trova questa fonte di cui parli. Mi sono rotto le palle di navigare senza una vera meta, sotto questo dannato sole rovente.» Disse il corvino, schiaffando la mappa nautica sulla cassa posta vicino al tritone e indicando con un dito l'uomo legato sopra l'ultimo pennone dell'albero maestro, ormai morto e il cui corpo continuava ad arrostire sotto il calore dei raggi solari.

Dopo un giro di interrogatori dai metodi persuasivi e poco ortodossi, Akaza era riuscito a scoprire chi tra i suoi uomini avesse fatto razzia di lacrime di sirena, vendendole a sua insaputa per una manciata di monete d'oro quando avevano fatto porto – non solo quel ladro da quattro soldi aveva saccheggiato le loro scorte, ma si era anche fatto fregare sul reale valore delle lacrime e aveva speso tutto in rum e prostitute di basso borgo. Prima di legarlo con il viso rivolto al sole cocente e farlo morire di una morte lenta e dolorosa, Akaza e Hakuji lo avevano pestato per bene, scaricando su di lui tutta la propria rabbia repressa.

«Si trova qui.» Disse Kyojuro, appoggiando il polpastrello dell'indice della mano destra sopra un punto della mappa. «È dentro una grotta non molto distante dalla spiaggia. A giudicare dalla distanza che ci divide dalla terra ferma, entro domani sera dovremmo essere giunti a destinazione.»

Hakuji grugnì qualcosa di incomprensibile come risposta, senza sbilanciarsi troppo a ringraziare il tritone. Guardò per un attimo Akaza, così intensamente che il capitano si sentì scrutare fin dentro l'anima dalle iridi azzurre del gemello, poi scosse appena la testa e gli si avvicinò.

«Akaza, stai attento

Hakuji sussurrò quelle parole contro l'orecchio del fratello per poi dirigersi verso il timone, lasciandolo nuovamente in compagnia del tritone. Akaza rabbrividì lievemente anche se aveva il corpo bollente e coperto di sudore. Non serviva chiedere ad Hakuji a cosa si stesse riferendo con quelle poche parole; il messaggio gli era arrivato chiaramente e a grandi lettere: "stai attento a non invaghirti di lui".

«Conosco la fonte di cui parli, giovanotto. È conosciuta come "La fonte Ubuyashiki", dico bene?» Chiese ad un tratto un uomo bassino e dai capelli bianchi come la neve, palesandosi quasi dal nulla dietro le spalle di Akaza, facendolo sussultare.

Il vecchio Kuwajima riusciva sempre a prenderlo alla sprovvista, materializzandosi all'improvviso e camminando silenzioso per tutta la nave come fosse un fantasma. Anche se la sua gamba destra era stata sostituita da una protesi di legno ormai anni addietro, il suo passo era appena percettibile. Come ci riusciva, era un mistero che il giovane capitano aveva smesso di cercare di risolvere, limitandosi a pensare che forse un giorno, con il passare del tempo e quando anche lui sarebbe diventato un lupo di mare come Jigoro, avrebbe sviluppato le stesse capacità.

«Sì, è quella.» Rispose Kyojuro, sporgendosi appena per intercettare con lo sguardo l'uomo che aveva appena parlato.

Da quando si trovava su quella nave, a parte Akaza e Hakuji, quello era il primo membro di tutto l'equipaggio che gli rivolgeva la parola. Il tritone ci aveva provato a mostrarsi gentile e disponibile, mettendosi a disposizione per aiutare chi ne avesse bisogno, ma lo avevano trattato tutti con diffidenza, ignorandolo completamente. Era stato strano sentirsi chiamare "giovanotto", ma non gli dispiaceva per niente.

«Pensavo fosse solo una leggenda. In tutti questi lunghi anni passati in mare, ne ho sentito parlare molto, ma mai in maniera positiva. So che chiunque abbia avuto la fortuna di trovare la fonte, ne sia rimasto estremamente deluso. Non ha alcun potere, è un semplice specchio d'acqua dolce.» Disse Jigoro, avvicinandosi per rivolgersi direttamente al tritone.

«Questo è quello che può sembrare.» Kyojuro non aggiunse altro e continuò a sorridere enigmatico.

Akaza alzò un sopracciglio e fissò la strana sfumatura che, per un attimo, aveva adombrato il colore vivido delle iridi del tritone. Era chiaro che l'altro stesse nascondendo qualcosa, ma prima di potergli chiedere cosa fosse, il vecchio Kuwajima pose un'altra domanda che lasciò il capitano ancora più perplesso.

«Perché il tuo viso mi è così familiare? Ci penso sin da quando ti ho visto salire a bordo di questa nave per cercare di salvare tuo fratello. Solo che non riesco a ricordare dove possa averti già incontrato.»

Il capitanò fisso Kyojuro in silenzio, curioso di scoprire cos'avesse risposto. Prima di catturare Senjuro, non era nemmeno a conoscenza dell'esistenza di quelle creature. Anche se governava quella ciurma da quattro anni, e ne aveva passati sei a fare il mozzo, non era mai successo di incrociare un tritone lungo la loro rotta. Ma Jigoro era a bordo della "Terza Luna Crescente" ormai da tutta una vita, aveva visto cose che nessun altro aveva mai solo intravisto di sfuggita. Che avesse avuto l'occasione di incrociare il suo cammino con quello di un tritone era indubbio, ma quante possibilità c'erano che si trattasse proprio di Kyojuro? E, soprattutto, quando era successa un cosa del genere? Keizo gliene avrebbe sicuramente parlato, anziché lasciargli in eredità notizie vaghe sulla reale esistenza di quei mostri marini.

«Si sta sbagliando. Non ho mai incontrato nessuno di voi prima di salire a bordo di questo vascello.» Disse solamente, anche se ad Akaza non era sfuggita la strana sfumatura che, ancora una volta, aveva adombrato gli occhi del tritone. «Akaza, se non ti dispiace, mi ritiro nei tuoi alloggi per usare la vasca. Questo caldo torrido non fa bene nemmeno a me e ho bisogno di idratarmi.»

Kyojuro si alzò dal pavimento ligneo e scosse via la polvere dai pantaloni, battendo le mani sopra la stoffa ruvida. Senza aggiungere altro e mantenendo il sorriso sulle labbra, lasciò i due uomini sul ponte di coperta, dirigendosi con passo spedito verso gli alloggi del capitano. Akaza lo guardò allontanarsi e una certezza lo portò a mettersi in allerta, infastidito e preoccupato al tempo stesso: Kyojuro stava mentendo.

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