Capitolo 69.
Come prima cosa decisi di mettermi in disparte, riparandomi dietro un muro in modo da non essere un bersaglio facile, poi mi concentrai sui personaggi della battaglia. Volevo individuare i miei amici in modo da essere sicura che non fossero rimasti indietro.
Fu semplice trovare Minho dato che, come al suo solito, era pieno di energie e si buttava da una parte all'altra attaccando ogni guardia che gli capitasse a tiro, senza mai fermarsi un attimo. Non mi sorpresi nemmeno quando lo vidi disarmato: sapevo che il ragazzo fosse specializzato nel fare a pugni, dato che da quando lo avevo conosciuto aveva sempre cercato di azzuffarsi con qualcuno.
Ma dovevo ammettere che, anche se non aveva un'arma con sé, se la stava cavando quasi meglio degli altri armati: i suoi pugni venivano sferrati continuamente, senza mai lasciare spazio alle sue vittime; i suoi calci erano più radi, ma non per questo meno potenti; e poi c'erano le testate che il ragazzo sganciava solo quando era in difficoltà, ma che mi sembrava segnassero il colpo di grazia in molti combattimenti che il ragazzo aveva affrontato. Spostai lo sguardo a destra del ragazzo e quasi non notai la figura di Stephen che, con mia sorpresa, si stava muovendo con un'agilità felina.
Il ragazzo non era muscoloso come Minho, ma più secco e alto, e questo Stephen sembrava averlo capito. Aveva sfruttato quelle sue caratteristiche per cogliere di sorpresa i suoi avversari: infatti il ragazzo non tirava pugni assidui come Minho, ma saltava letteralmente sopra le guardie.
Una sua mossa in particolare mi spiazzò definitivamente: dopo aver finito uno dei suoi avversari il ragazzo cercò tra la folla la prossima vittima e una volta scelta, iniziò a correre nella sua direzione. Quando fu poco distante dalla guardia – circa un metro o poco più – il ragazzo saltò in aria e si gettò con i piedi sul petto dell'uomo, usandolo come un vero e proprio trampolino per catapultarsi verso la guardia accanto.
Questa volta però il ragazzo divaricò le gambe e si aggrappò con esse alla testa dell'uomo, ribaltandolo all'indietro. Quando la guardia cadde a terra battendo forte la testa, il ragazzo ne approfittò per colpirlo con due o tre pugni dritti sul naso che non fecero altro che far battere nuovamente la testa all'uomo, facendolo così svenire. Poi, senza nemmeno attendere un secondo, Stephen mosse velocemente la sua gamba in direzione dell'uomo che precedentemente aveva utilizzato come appoggio per slanciarsi in aria e, colpendolo forte alle gambe, lo fece ricadere a terra. Stephen aspettò che l'uomo fosse completamente steso sul pavimento per colpirlo sulla trachea con il proprio piede, lasciandolo così senza fiato.
Mi meravigliai dell'agilità e della facilità con cui il ragazzo era riuscito ad atterrare ben due avversari nel giro di pochi secondi, ma purtroppo il mio stupore durò ben poco, perché la mia attenzione venne catturata da una figura femminile poco distante da Stephen.
Violet stava combattendo contro una guardia usando tutta la sua tenacia, ma la ragazza sembrava comunque molto in difficoltà: nonostante si stesse proteggendo con le braccia, continuava a prendere calci e pugni senza riuscire a reagire e la cosa mi fece infuriare.
Nessuno poteva fare male ai miei amici.
Senza esitare uscii dal mio nascondiglio ed estrassi una freccia. Mi avvicinai di poco alla folla di combattenti, riuscendo perfino a ignorare il dolore alla coscia, e quando riuscii a puntare l'arco sul mio bersaglio rilasciai la freccia che si infilzò nel cranio dell'uomo, facendolo cadere a terra in un batter d'occhio. Violet si guardò attorno spaesata, ma quando incrociò il mio sguardo mi sorrise sollevata e poi si ributtò nella mischia del combattimento, più carica che mai.
Cavai un'altra freccia, decisa a prendere parte a tutto quel trambusto e questa volta uccisi una donna che, con in mano un coltello, stava per pugnalare un uomo.
Un'altra freccia, un'altra guardia morta.
Un'altra freccia, un'altra guardia morta.
Un'altra freccia, un'altra guardia morta.
Le cose sembravano andare fin troppo bene per me e infatti, solo dopo che ebbi perforato il collo di una guardia con una freccia, facendola stramazzare al suolo, tre uomini si decisero a corrermi incontro, pronti ad affrontarmi.
Data la loro momentanea lontananza riuscii a farne fuori uno senza problemi, piantandogli una freccia nel cuore, ma nel momento in cui feci per estrarne un'altra dalla faretra, realizzai che non avrei avuto il tempo necessario a scagliarla. Mi mossi così in avanti e con tutta la forza che avevo in corpo agitai l'arco in aria, riuscendo a colpire la testa di una guardia che, stordita, cadde a terra. Sorrisi soddisfatta del mio colpo, ma ben presto mi accorsi di non avere nulla per cui festeggiare. Senza che fossi riuscita a schivare il colpo o a reagire, mi ritrovai stesa a terra dolorante: l'ultimo avversario rimasto era riuscito a regalarmi un forte calcio allo stomaco, facendomi volare a terra di schiena e facendomi perdere la presa sull'arco.
Sentii Hailie urlare e mi si strinse il cuore. La bambina era rimasta schiacciata tra me e il pavimento e sicuramente aveva ricevuto una bella botta. Animata dalle grida della bambina mi alzai in ginocchio e sperai di riuscire a gattonare verso l'arco che giaceva a poca distanza da me. Riuscii a muovermi solo di qualche passo: la guardia mi raggiunse velocemente e mi assestò un calcio dritto alle costole, facendomi cadere nuovamente a terra, questa volta di petto.
Mugugnai dal dolore e mi portai istintivamente le braccia sul volto: se la guardia mi avesse affibbiato un altro calcio, ma questa volta alla testa, sarei sicuramente svenuta, lasciando Hailie senza protezione.
Come avevo previsto, il piede della guardia raggiunse anche le mie braccia, tentando di farmi male in modo che levassi quell'ultima protezione rimasta.
Mi obbligai a pensare in fretta. Non potevo resistere ancora tanto sotto quell'attacco.
Continuando a tenere le braccia ben alzate sollevai lo sguardo e lo puntai sull'arco. Se solo fossi riuscita ad allungare una mano lo avrei sicuramente afferrato. Dovevo solo sbarazzarmi temporaneamente della guardia. Aspettai che questa caricasse la gamba all'indietro per muovermi: battendo la guardia in velocità, riuscii a tirare un calcio sulla sua caviglia e, dato che l'uomo aveva puntato tutto il suo equilibrio su una sola gamba, per me fu semplice atterrarlo.
Senza esitare mi gettai sull'arco e saltando in piedi con una forza che non credevo di avere, caricai una freccia e colpii l'uomo dritto al petto da una distanza molto ravvicinata.
Sentii dei passi veloci e pensanti dietro di me e senza che riuscissi a girarmi sentii qualcuno placcarmi le gambe da dietro, facendomi ribaltare all'avanti e regalandomi un dolore immane alla coscia ferita. Gridai di dolore, ma non gli permisi di fermarmi, usandolo anzi come scarica di adrenalina per agire.
Fortunatamente i miei riflessi furono abbastanza veloci da farmi portare le mani all'altezza del petto, permettendomi così di fare leva su di esse e di non sbattere la testa, ma purtroppo il mio assalitore rimediò subito: sentii la sua mano intrufolarsi tra i miei capelli e tirarli all'indietro con aggressività, poi, lasciandomi sorpresa e incapace di reagire, spinse la mia testa all'ingiù, facendomi sbattere con violenza il volto sul pavimento.
Urlai per il dolore e subito sentii il flusso caldo e veloce del sangue sgorgare dal mio naso.
Accecata da quel dolore improvviso a stento sentii l'urlo di battaglia che infuriava di fronte a me.
Percepii dei passi veloci avvicinarsi sempre di più e quando credetti che l'attacco di due guardie contemporaneamente mi avrebbe sicuramente messa K.O., il peso dell'uomo ancora sopra di me sparì in un secondo.
Mi voltai appena in tempo per riuscire a distinguere la figura di Stephen ingobbirsi sul mio aggressore, questa volta riempendolo di pugni talmente forti e infuriati da spaventarmi.
Il ragazzo continuò a colpire la guardia fino a che questa smise di porre resistenza e solo alla fine ridusse il numero dei pugni. "Nessuno. Tocca. Le. Mie. Sorelle." gridò infuriato il ragazzo, scandendo quelle parole a ritmo di pugni.
Le mie sorelle. Ripetei nella mia mente, sentendomi invadere da una stupida allegria che mi causò un lieve sorriso sulle labbra.
Stephen si staccò dall'uomo assestandogli un ultimo calcio sulle costole, ma ormai la guardia era svenuta se non morta. Il ragazzo si precipitò verso di me e mi porse una mano per aiutarmi a rialzarmi. "Stai bene?" domandò preoccupato, notando la mia difficoltà nel mantenermi in piedi.
"Più o meno." ammisi, asciugandomi il sangue sul volto con una manica.
Il ragazzo volse lo sguardo alla mia gamba insanguinata e sgranò gli occhi. "E questo?"
"Storia lunga." risposi secca, impegnandomi a non assumere un'espressione troppo contorta dal dolore.
"Hailie come sta?" chiese poi il ragazzo, mantenendo quello sguardo terribilmente preoccupato.
"Chiediglielo direttamente." consigliai, voltandomi di spalle e mostrandogli Hailie che, alla vista del fratello, squittì di gioia. Stephen, altrettanto felice di vedere che la sorellina fosse sana e salva, iniziò a sciogliere i nodi delle lenzuola attorno al mio busto, in modo da poter liberare Hailie per poterla prendere nuovamente in braccio. Decisi di lasciarlo fare e di non oppormi. Dopotutto la parte peggiore del piano era passata e sapevo che Hailie sarebbe stata più al sicuro tra le braccia del fratello.
Mentre Stephen era intento a parlare con la sorellina io avevo deciso di guardarmi attorno per essere sicura che nessuna guardia ci avrebbe attaccati, ma con mia sorpresa la battaglia si era calmata parecchio. Solo dopo qualche secondo capii che il merito di ciò andasse ai 'rinforzi' che Vince aveva fatto entrare e che erano arrivati solo da poco, portando con sé corde, armi e altri oggetti strani che non riuscii a identificare. La maggior parte delle guardie della W.I.C.K.E.D. infatti erano state catturate e legate per gruppi di tre o quattro in modo che non dessero troppo fastidio, solo alcune stavano ancora combattendo, ma era visibile come fossero in difficoltà.
Ben presto ci ritrovammo a essere i piloti di quella situazione che, contro tutte le mie aspettative, si era rivelata più semplice e meno distruttiva di quanto avessi pensato.
Ma nonostante vedessi davanti ai miei occhi decine e decine di guardie messe al tappeto e tenute sotto controllo, il mio cuore non poteva non dolere per tutte le persone del Braccio Destro che erano morte per rendere possibile quella situazione.
Cercai di ignorare la distruzione che mi circondava e il sangue che macchiava indelebile il pavimento, sfiorando i corpi morti come una macabra carezza, ma per quanto mi impegnassi non facevo altro che sentirmi colpevole per aver preso parte a quel massacro. Per quanto fosse difficile da ammettere, provavo pena anche per le guardie della W.I.C.K.E.D. che, forse mosse dal dovere, forse obbligate da un ordine superiore, avevano perso la vita per una causa che in fin dei conti non li riguardava direttamente.
Era vero: in tutti gli anni passati alla W.I.C.K.E.D. avevo capito che questa, senza i suoi soldatini, non sarebbe durata più di tanto e che forse, se non ci fossero state tutte quelle guardie a difendere e proteggere gli scienziati, molti progetti e molti orrori non sarebbero stati attuati. Ma ciò non significava che fossero proprio le guardie la mente del piano: loro avevano solo eseguito gli ordini. Janson. Era lui a dover pagare per i suoi sbagli. Lui e i suoi cavolo di collaboratori.
Dove si era nascosto quel topo?
"Statemi tutti a sentire!" urlò Vince, sbucando tra la massa di gente e alzando le braccia in aria in modo che tutti potessero vederlo. "La situazione è sotto controllo ora, ma per sicurezza vi chiedo di seguirmi in un luogo meno in vista."
L'uomo sembrava totalmente soddisfatto del lavoro che avevamo svolto e il fatto che non avesse preso parte alla battaglia mi faceva infuriare. Era stato lui a creare quell'esercito e a guidarci in quel luogo, perché non aveva difeso con noi la sua causa?
Quell'uomo non mi piaceva affatto e per quanto avessi aderito a quella missione, ancora non riuscivo a fidarmi di lui. C'era qualcosa, qualcosa che non riuscivo a capire nel suo modo di comportarsi, nel modo in cui dava gli ordini. Era riuscito a mutare in parte il comportamento di Gally e la cosa mi preoccupava, perché sapevo che il ragazzo non fosse uno che si lasciava riempire la testa di fandonie così facilmente.
Da quando Gally aveva iniziato a lavorare per il Braccio Destro e in particolare per Vince, le sue ideologie erano cambiate e così anche il suo modo di agire. Era diventato più freddo, duro, come se in qualche modo Vince fosse riuscito a togliergli ogni singola distrazione, accantonando così anche quella piccola sfumatura che lo rendeva uno di noi, uno dei Radurai, che lo rendeva Gally.
Sebbene il Costruttore avesse sempre avuto uno spirito combattivo e ribelle, sapevo che quello che aveva in testa e quello in cui credeva non era frutto di un suo pensiero. Conoscevo Gally meglio di me stessa e sapevo che quella sete di vendetta immane non era normale in lui.
"Muoviamoci." mormorai a Stephen, senza mai perdere di vista Vince. Avevo intenzione di scoprire cosa stesse tramando, perché sapevo, anzi ero sicura, che ci fosse qualcosa da scoprire su di lui.
Prima il comportamento strano di Gally. Poi il comportamento strano di Vince.
Era ovvio che entrambi ci stessero nascondendo qualcosa di grosso.
Ed era anche ovvio che Gally non avrebbe spifferato nulla per paura della reazione di Vince.
Perciò non mi rimaneva che scoprirlo da sola.
Ma nel momento in cui mi mossi in avanti, il mio occhio cadde per sbaglio su una telecamera al lato del corridoio e improvvisamente mi ricordai di Teresa.
Dove era finita la ragazza? Non mi sembrava di averla vista durante la battaglia.
E Thomas? Il ragazzo avrebbe già dovuto essere insieme a noi.
Possibile che Teresa fosse andata alla ricerca del ragazzo? E se sì, era davvero partita per quella missione da sola?
Senza sprecare altro tempo mi mossi in avanti e istintivamente puntai in direzione di Vince che, ancora intento a parlare con alcuni dei suoi non mi aveva vista.
Solo quando mi piazzai davanti a lui e lo fissai negli occhi riuscii a ottenere la sua attenzione. "Che vuoi, ragazzina?" ruggì alquanto seccato.
"Teresa e Thomas." risposi semplicemente, cercando di assumere un tono distaccato. "Dove sono?"
"Teresa doveva già essere qui a combattere, forse ha avuto qualche contrattempo. Mentre Thomas... Be', non ho la minima idea di dove si sia infilato quel ragazzo." mi informò poi con un sorriso sghembo, causando una risatina ai suoi compagni.
"Be', mi pare che entrambi siano stati fondamentali per mettere in piedi il tuo fottutissimo piano. Perché non mandi qualcuno a cercarli?" domandai arrabbiata, incendiandolo con lo sguardo, ma peggiorando solo la situazione.
Il sorrisetto sul volto dell'uomo sparì all'istante, sostituito da un'espressione totalmente furiosa e seccata. "Io non prendo ordini da una ragazzina. Bada bene a come ti rivolgi a me." mi minacciò l'uomo, puntandomi il suo grosso dito addosso.
Serrai la mandibola e sentii la rabbia infuriare in me, ma sapevo di dovermi mantenere calma, perché non avrei risolto nulla prendendolo a pugni, anche se mi sarebbe probabilmente piaciuto. Presi un profondo respiro e, dopo avergli lanciato un'ultima occhiata di fuoco, indietreggiai, sentendolo ridacchiare con i suoi compagni per la mia resa.
"È già molto che non ti abbia piantato una freccia su quella faccia di sploff che ti ritrovi." borbottai tra me e me, allungando il passo – per quanto mi fosse possibile zoppicando – e allontanandomi da quella massa di teste vuote.
Avrei trovato da sola Teresa e Thomas, non mi serviva l'aiuto di Vince e dei suoi burattini.
Mi mossi velocemente verso il gruppo di amici, notando che nessuno di essi sembrava particolarmente contento di quella situazione, ma prima che potessi raggiungerli, una figura emerse dal corridoio vicino a me, spaventandomi a morte.
Sussultai e d'istinto indietreggiai, ma ben presto capii che la mia paura fosse del tutto inutile. Teresa stava camminando distrattamente lungo il corridoio e la vidi particolarmente indaffarata a sistemarsi qualcosa dentro le tasche dei suoi pantaloni. Non appena la ragazza alzò lo sguardo e incrociò i miei occhi, la sua espressione si dipinse di sorpresa e poi di sollievo.
"Vedo che sei viva." mormorò la ragazza con un tono distaccato.
"Merito delle tue indicazioni." borbottai, indecisa se interpretare le sue parole come un insulto o come una semplice affermazione.
La ragazza sembrò accorgersi del mio tono perplesso e subito rimediò. "Scusami, non sono brava a..." si interruppe per poi schiarirsi la gola. "Non ho mai avuto degli amici, ecco. Ma sono felice che tu sia salva, volevo dire questo. A volte mi dimentico di non stare più parlando con quei topi della W.I.C.K.E.D., devi scusarmi."
"Fa nulla." risposi, sinceramente tranquillizzata. "Dove eri finita?"
"Io, ehm..." la ragazza arrossì leggermente e poi si guardò intorno. Il suo sguardo si rabbuiò immediatamente e impallidì velocemente. "Dov'è Thomas?" domandò allarmata.
Aggrottai le sopracciglia e la guardai perplessa. "Thomas? Non lo so, pensavo che fossi andata a cercarlo."
"Cosa?" domandò lei, impallidendo sempre più. "N-No, i-io... Mentre ero nella sala di controllo non l'ho mai visto attraverso le telecamere. Pensavo che fosse già con voi."
"Okay... Non andiamo nel panico." mormorai, insicura delle mie stesse parole. "Sono sicura che troverà il modo per raggiungerci, è un ragazzo intelligente."
Che però fa scelte stupide. Aggiunse la mia mente.
"Ma se non ci raggiunge entro poco tempo, allora andremo a cercarlo, intesi?" domandò Teresa, guardandomi con degli occhi talmente lucidi e preoccupati che non potei fare a meno di annuire immediatamente.
Sbrigati, Thomas. Sussurrai nella mia testa.
Vince ci aveva obbligato a seguirlo attraverso i corridoi della W.I.C.K.E.D. alla ricerca di una stanza più nascosta rispetto al resto della struttura. Sotto la guida e il consiglio di Jorge e Brenda, che sembravano gli unici a conoscere a memoria ogni singola stanza, alla fine ci eravamo appartati in una saletta che personalmente non avevo mai visto.
Mentre camminavamo per i corridoi eravamo rimasti tutti in silenzio e così avevo colto quell'occasione per guardarmi attorno e memorizzare ogni singolo dettaglio in modo che, se mai avessi dovuto percorrere quella strada per andare a cercare Thomas, avrei saputo già come tornare dagli altri senza perdermi.
Fu proprio quando passai lo sguardo su un muro in particolare che notai una voragine buia, sicuramente creata da Vince per far entrare i rinforzi, e mi stupii della sua grandezza. Sicuramente doveva essere parecchio profonda come cavità, dato che di luce esterna non c'era traccia. Mi limitai a distogliere lo sguardo e a proseguire, cercando di mantenere il passo e di non rimanere troppo indietro per colpa della mia gamba martoriata. Continuai a camminare in silenzio, facendo ben attenzione a ciò che potevo trovare ogni volta che giravamo un angolo. Sapevo che avessimo catturato una grande quantità di guardie, ma la W.I.C.K.E.D. non era mai disarmata totalmente e sapevo che sicuramente qualche topo armato stesse ancora girando per i corridoi nel tentativo di trovarci e annientarci.
Il corridoio che stavamo percorrendo era abbastanza buio per colpa delle luci sul soffitto che, a causa dell'esplosione avvenuta lì vicino, si erano frantumante in mille pezzi. Dopo un po' la luce aumentò e alla fine notai una porta in fondo al corridoio che era stata lasciata aperta. La raggiungemmo abbastanza in fretta ed entrammo tutti, assicurandoci che nessuno fosse rimasto indietro.
Quella in cui ci trovavamo era una grande e luminosa stanza con dei tavoli sparpagliati sul pavimento. Dalla parte opposta in cui ci trovavamo, c'era invece una grande porta a due battenti e sul lato sinistro un piccolo ufficio.
Solo dopo aver osservato la stanza a fondo, assicurandomi che non ci fosse nessuna guardia presente, mi accorsi che Vince avesse iniziato a parlare e a dare ordini.
Ben presto il gruppo di combattenti si sparpagliò per la stanza. La maggior parte delle persone si mosse in direzione dei tavoli, trasportandoli vicino alla porta a due battenti e ribaltandoli su un fianco, poi alcuni si rannicchiarono dietro i tavoli, usandoli come scudo, mentre altri si distaccavano e raggiungevano a passo veloce il piccolo ufficio in fondo alla stanza.
A esclusione di un piccolo gruppo di uomini che ancora stavano parlando con Vince, solo io ed i miei amici eravamo rimasti immobili al nostro posto. Ne approfittai per accasciarmi contro il muro e trasportarmi delicatamente a terra, facendo così riposare finalmente la mia gamba che non aveva smesso di pulsare neanche un attimo.
"Cosa stanno facendo?" domandai confusa, a nessuno in particolare.
"Vince, non vuole abbassare la guardia. Ha paura che qualcuno attacchi da un momento all'altro." rispose Gally distaccato, lanciando qualche occhiata in direzione dell'uomo, ancora intento a bisbigliare con quel gruppo di uomini.
Seguii lo sguardo di Gally e indicai con un cenno del mento gli uomini rimasti in piedi. "E loro?"
La mia domanda tuttavia non ebbe una risposta e Gally si limitò a ignorarmi, continuando a guardare Vince con occhi spenti. Probabilmente il ragazzo non voleva rispondere.
"Posso parlarti?" domandai improvvisamente al ragazzo, picchiettando distrattamente sul suo polpaccio a poca distanza da me, attirando così la sua attenzione. "In privato." mi affrettai poi a aggiungere.
Gally mi fissò per qualche istante, guardandomi con quegli occhi spenti e senza accennare a nessuna emozione, poi annuì, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi e incamminandosi poi verso l'uscita della stanza. Una volta sorpassata la porta, mi premurai di chiuderla bene in modo che nessuno potesse sentire ciò di cui stavamo discutendo, poi mi voltai verso Gally e feci qualche passo sbilenco per raggiungerlo.
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