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Capitolo 51.

Le guardie si girarono decise e varcarono l'arco. Presi un bel respiro e mi lasciai trascinare da Minho, che non sembrava minimamente intenzionato a sciogliere le nostre mani ancora incrociate l'una all'altra. Seguimmo le guardie attraverso l'arco ed entrammo nella Zona Centrale, poi queste si fermarono un attimo per guardarsi in giro.
Colsi quell'occasione di pausa per guardarmi attorno e subito desiderai di non averlo fatto: c'erano Spaccati ovunque. Vagavano senza meta in un'area circolare di qualche centinaio di metri delimitata da quelli che un tempo dovevano essere negozi, ristoranti e teatri, quasi tutti chiusi e in uno stato di abbandono. 

La maggior parte degli infetti non sembrava proprio andata quanto il tizio con i capelli arruffati che avevamo visto prima, ma quei gruppi di persone avevano un'aria concitata, un misto fra eccitazione, affanno e agitazione, dato che ognuno stava camminando in modo frenetico, facendo risultare ogni movimento esagerato. Alcuni ridevano in modo isterico con una luce folle negli occhi, mentre si davano pesanti pacche sulle spalle a vicenda. Altri piangevano a dirotto, singhiozzando da soli per terra o mentre camminavano in cerchio, con il viso tra le mani. Altri ancora – proprio come avevamo visto negli anelli più esterni – erano annebbiati dagli effetti del Nirvana, seduti o sdraiati per terra, sorridenti e ignari del caos. 

Ovunque erano scoppiate piccole risse, e qua e là c'erano uomini e donne fermi in piedi che gridavano a squarciagola, con il viso rosso e le vene fuori dal collo. C'era anche chi si stringeva in gruppo, con le braccia incrociate e la testa che scattava a destra e sinistra come per paura di essere attaccato da un momento all'altro. Qualche guardia girava con le armi pronte a sparare, ma erano decisamente in minoranza.
"Ricordami di non acquistare nessun immobile da queste parti." disse Minho dandomi un colpetto sulla spalla e scuotendo la mia mano. Probabilmente il ragazzo aveva notato la mia espressione spaventata e aveva cercato di distrarmi in qualche modo, tuttavia senza riuscirci. Ammiravo i suoi sforzi per farmi sorridere, solo che in quel momento non ci riuscivo proprio. Se quel posto aveva avuto un tale effetto su di me in così poco tempo, non volevo immaginarmi come si sentisse Newt dopo averci vissuto per diversi giorni.

Nonostante tutti i miei sforzi per rimanere calma e rilassata, quella vista mi aveva fatta agitare irrimediabilmente, facendomi desiderare di raggiungere Newt e andarmene da lì il prima possibile.  
"Dov'è la sala da bowling?" chiese Thomas, con fare agitato.
"Da questa parte." rispose la guardia più bassa, poi si diresse a sinistra, restando vicino al muro mentre noi altri lo seguivamo. La maggior parte degli Spaccati, vedendoci passare, interruppe la propria attività frenetica e si mise a fissarci, facendomi sentire sempre più vulnerabile e in pericolo. Era una sensazione terribile avere i loro sguardi puntati su di noi e per quanto mi obbligassi a rimanere il più rigida possibile, evitando ogni piccolo movimento che avrebbe potuto farli innervosire o dargli l'occasione di attaccarci improvvisamente, il mio corpo stava tremando.

I miei occhi tuttavia non riuscirono a rimanere altrettanto fermi e lentamente iniziarono a distaccarsi dal suolo, puntandosi in modo indiscreto sugli infetti che ci osservavano in modo curioso. Tutto il coraggio e la forza che avevo cercato di dimostrare fino a quel punto cessarono nell'istante in cui per sbaglio incrociai lo sguardo di un uomo malconcio: aveva i capelli tutti arruffati, sporchi e con tracce di sangue secco qua e là; la sua pelle – specialmente quella del viso – era ricoperta di graffi, lividi e ferite che mi sembrarono anche abbastanza gravi e, visto l'igiene di quel posto, inevitabilmente infettate; i suoi occhi rossi e quasi fuori dalle orbite, prima di incrociare il mio sguardo, si erano mossi frenetici, passando di persona in persona come impazziti; la sua bocca tremava visibilmente, come se l'uomo stesse sussurrando qualcosa, ed era sporca di sangue – inutile dire che speravo di non scoprire mai se quel sangue fosse il suo o appartenesse a qualcun altro, senz'altro sfortunato.

Non avrei nemmeno voluto incrociare il suo sguardo e di certo se per sbaglio fosse capitato lo avrei distolto subito, ma proprio quando fui sul punto di tornarmene a fissare il pavimento un dettaglio sul volto dell'uomo catturò la mia attenzione, rendendomi persino impossibile sbattere le palpebre.
Proprio nel centro del suo volto, nel punto in cui avrebbe dovuto esserci il naso dell'uomo, era situata una grossa macchia rossa e nera di sangue grumoso che contornava e riempiva in modo disgustoso un profondo taglio. Inizialmente pensai di aver visto male, ma dopo una seconda profonda occhiata constatai la cosa più orribile che mi fosse mai apparsa di vedere: quell'uomo non aveva un naso, o perlomeno gli era stato tagliato via in malo modo.

Mi sentii rabbrividire e cercai in tutti i modi di distogliere lo sguardo dal volto dell'infetto, tuttavia senza riuscirci, così impiegai tutta la mia forza nelle gambe, obbligandole ad aumentare il passo. Quando l'immagine dell'uomo uscì dal mio campo visivo mi sentii riempire di sollievo, ma ciò che venne dopo fu peggiore. In meno di un secondo rividi l'uomo comparire di fianco a me e, nonostante si stesse tenendo a debita distanza, quando mi accorsi che fosse talmente concentrato sul mio sguardo da seguire ogni mio movimento per non perdermi d'occhio, mi sentii mancare.

A quel punto mi fu impossibile riuscire a controllare ancora il terrore e quando anche l'uomo si accorse della mia paura sorrise in modo sinistro, rivolgendomi un'occhiata psicopatica e di puro divertimento insano.
Sapevo che dovevo continuare a mantenere la calma ed ero anche consapevole che in quel momento dovevo rimanere concentrata sui miei movimenti, dato che ora più che mai la mia vita dipendeva da quelli: anche un solo piccolo scatto avrebbe potuto causare nell'uomo una risposta ed ero sicura che non c'era da aspettarsi nulla di buono.

Presi un profondo respiro e pensai molto accuratamente a cosa fare per prima cosa: innanzitutto distolsi lentamente lo sguardo, puntando gli occhi sul terreno, ma continuando comunque ad osservare con la coda dell'occhio i movimenti dell'uomo in caso di un attacco improvviso; aspettai pochi secondi per assicurarmi che l'uomo stesse continuando a camminare come prima, seguendomi senza accennare a nessun cambiamento di velocità; poi strinsi più forte la mano di Minho in modo da attirare impercettibilmente la sua attenzione e senza attendere altro mi appiattii di più al suo fianco, sussurrandogli a voce talmente bassa che a riuscii a stento a sentirmi io stessa.

"Minho..." bisbigliai cercando anche di limitare il movimento delle mie labbra. "Un uomo mi sta seguendo."
Sentii il ragazzo irrigidirsi, segno che aveva probabilmente afferrato le mie parole e per rassicurarmi aumentò la stretta sulla mia mano. Poi, lasciandomi totalmente esterrefatta e spaventata, lasciò la presa e allontanò il suo braccio dal mio. Fui presa da un attimo di panico e quando fui sul punto di alzare gli occhi verso di lui e trucidarlo con lo sguardo mi bloccai, sentendo il suo braccio scivolare delicatamente sulle mie spalle e stringermi in modo ferreo a sé.

A quel punto, senza riuscire a trattenermi, rilasciai un piccolo sospiro e mi rannicchiai ancora di più contro il suo corpo, afferrando nuovamente la sua mano che ora penzolava sulla mia spalla. Inspirai profondamente e sentii le mie guance raffreddarsi lentamente, lasciando uscire tutto il terrore e la rabbia che avevo accumulato all'improvviso quando la mano del ragazzo mi aveva abbandonata. Poi socchiusi gli occhi non volendo vedere le conseguenze che il movimento azzardato di Minho avrebbe potuto causare.

Mi abbandonai nel buio e non vedere cosa successe dopo mi mise addosso un senso di ansia mista a terrore che mi fece quasi venir voglia di riaprire gli occhi. Continuai a rimanere fedele alla mia decisione e mi affidai completamente a Minho, il quale ero sicura non mi avrebbe mai fatta inciampare. Mi strinsi ancora di più al ragazzo, sentendolo di colpo respirare profondamente: ero sicura che, nonostante il coraggio che Minho aveva sempre dimostrato, anche lui fosse agitato e spaventato in quel momento, tanto da aver trattenuto il fiato da quando gli avevo dato quel pessimo annuncio.

Presi anche io un grosso respiro, inalando l'odore del Velocista e sperando con tutto il cuore che questo potesse calmarmi così come aveva sempre fatto il profumo di Newt.
Mentre continuavamo a camminare, si sentivano grida e fischi, e molte battute e oscenità indirizzate a noi.
"Voglio baciarti." sentii una voce roca ed eccessivamente acuta squarciare il silenzio, sorprendendo sia me che Minho e facendoci sussultare entrambi. Senza riuscire più a tenerli chiusi, spalancai gli occhi, ma non vidi nulla di strano. Presa dal panico mi guardai attorno, ma quando constatai che l'uomo che prima mi aveva seguita fosse sparito, mi rilassai: in effetti la voce era troppo femminile per appartenere a lui.

"Cosa ne dici, Mune?" disse nuovamente la voce, scoppiando poi in una risata folle e piena di grugniti. Mi voltai velocemente verso Minho, ma, dopo aver capito che anche il ragazzo stesse bene e che non fosse stato attaccato da nessun infetto, compresi che la voce dovesse arrivare da dietro di noi.
"Continua a camminare." mi bisbigliò Minho, anticipando la mia mossa e impendendomi di girarmi a controllare.
Per quella volta decisi di ascoltarlo e continuai a camminare, cercando di ignorare persino le parole di Brenda – sicuramente rivolte a Thomas – che mi arrivarono in un sussurro.
"Finora questa è forse la cosa più raccapricciante."






La sala da bowling era priva di porte e a giudicare dagli strati di ruggine formatisi sui cardini esposti, erano state tolte da molto tempo. Sopra l'entrata era appeso un grosso cartello in legno, ma qualunque cosa ci fosse stata scritta era sparita, lasciando solo qualche sbiadito graffio colorato.
"È qui dentro." disse la guardia con i baffi. "Adesso pagateci."
Per la prima volta dopo tanto tempo passati attaccati, Minho mi lasciò la mano e avanzò di qualche passo, poi arrivò all'entrata e si sporse, allungando il collo per guardare all'interno.
Dopo diversi secondi lo vidi voltarsi nuovamente verso di noi, poi si rivolse a Thomas. "È lì in fondo." disse, con un'espressione tesa. "È buio, ma è lui di sicuro."

Quelle parole scaturirono in me una sorta d'ansia, mista a panico e frustrazione: ero terrorizzata all'idea di incontrare Newt in mezzo a tutta quella gente, nonostante sapessi che l'Eruzione non poteva cambiare una persona in modo drastico in così poco tempo; ero tesa e preoccupata perché non avevo la più pallida idea di cosa gli avrei detto e di come parlargli, dato che sarebbe stata la mia capacità di persuasione a convincerlo a tornare sulla Berga con noi; ma allo stesso tempo ero anche ansiosa di rivederlo, desiderosa di buttarmi nuovamente tra le sue braccia ed inspirare nuovamente il suo buon odore rassicurante.
"Vogliamo i nostri soldi." ripeté la guardia.

Jorge sembrava infischiarsene completamente. "Vi darò il doppio se ci farete tornare alla Berga tutti interi."
Le due guardie si consultarono, poi fu quello più basso a rispondere. "Il triplo. E vogliamo la metà adesso come garanzia che non ci state prendendo per i fondelli."
"Affare fatto, muchacho."
Mentre Jorge tirava fuori la sua carta e la appoggiava su quella della guardia per trasferire il denaro, decisi di raggiungere Minho e sporgermi anche io per constatare se le parole del Velocista fossero vere o false. Non che non mi fidassi di lui, ma la mia ansia stava diventando talmente tanto incontenibile che vedere la sagoma di Newt, anche da lontano, sarebbe servita forse a placarla.

Minho mi osservò sporgermi e non disse nulla, nemmeno una delle sue battute sarcastiche che una volta era solito sfornare a ogni minuto, poi silenziosamente puntò il dito in una direzione, facendo focalizzare la mia attenzione sull'ultima pista a sinistra, a una trentina di metri da noi.
Lì non c'era molta gente – la maggior parte sembrava radunarsi nelle piste centrali –, e nonostante la luce scarsa riconobbi Newt all'istante. Bastarono i capelli biondi arruffati che splendevano al bagliore del fuoco e la sagoma familiare del suo corpo dalla postura cadente. Era girato di spalle.
"Vi aspetteremo qui." disse la guardia facendomi sobbalzare.

Feci per girarmi, ma Minho non me ne diede occasione e, prendendomi nuovamente per mano, mi trascinò con sé dentro l'edificio, ordinando a tutti di seguirci con un tono che non ammetteva repliche.
"Hai paura anche tu?" domandai a Minho, cercando di distrarmi e di non far scoppiare il mio cuore che ora aveva iniziato a battere all'impazzata.
"Degli Spaccati o di Newt?" chiese il ragazzo, guardandomi con la coda dell'occhio.
"Della decisione che prenderà." spiegai, concentrandomi totalmente sul Velocista per evitare di incrociare lo sguardo di altre persone malate, come avevo già fatto precedentemente.

"No." rispose secco il ragazzo, guardando dritto di fronte a sé, con la testa alta e lo sguardo pieno di forza. "Newt verrà con noi, come potrebbe scegliere il contrario? Ha ancora degli amici e, soprattutto, ha te."
Annuii debolmente e abbassai lo sguardo a terra, decidendo di non parlare più fino a che non avessimo raggiunto Newt. Tentai di consolarmi con le parole che Minho aveva pronunciato, ripetendole all'infinito dentro la mia testa, ma nulla riuscì a cancellare la pessima sensazione che avevo. Da una parte era vero che Newt aveva tante cose per cui tornare con noi nella Berga, ma d'altra parte, se mi mettevo nei panni del ragazzo, potevo notare anche tanti altri aspetti negativi nel farlo.

Mi morsi il labbro e decisi di spegnere anche la mia testa, mettendo immediatamente a tacere tutti i pensieri negativi che non avevano fatto altro che peggiorare la situazione e mi concentrai sull'ambiente che mi si parava davanti, stando bene attenta a non incrociare lo sguardo di nessuno. Le piste in cui un tempo le persone avevano provato a fare strike erano completamente distrutte, la maggior parte dei pannelli in legno strappati o rotti; adesso quegli spazi erano occupati da sacchi a pelo e coperte, con gente che schiacciava un pisolino o se ne stava sdraiata a fissare il soffitto in uno stato di stordimento; nelle nicchie in cui si posizionavano i birilli bruciavano molti falò, il che non poteva essere una cosa molto sicura, ma c'era almeno una persona seduta vicino a ogni fuoco a occuparsene; nell'aria si sentiva l'odore di legna bruciata, e una nebbia di fumo soffocava il buio.

"È una partita persa in partenza." sentii Brenda sussurrare dietro di me, scatenando in me una rabbia bestiale.
Certo, anche io avevo un pessimo presentimento, ma almeno i miei pensieri li tenevo per me! Cosa guadagnava nell'esprimere quel pensiero ad alta voce? Ma soprattutto, chi cacchio aveva chiesto la sua opinione? Se solo non fossi stata in un luogo pericoloso e pieno di Spaccati pronti a saltarmi al collo al minimo movimento azzardato, mi sarei di certo girata per tirarle uno schiaffo in faccia.
Guardandomi cautamente attorno mi accorgevo che nessuno fosse effettivamente interessato a noi e che tutti sembrassero troppo impegnati a girare su se stessi o a fare cose strane per infastidirci.

Così ci destreggiammo con cautela nel labirinto di persone che sonnecchiavano avvolte nelle coperte, finché non raggiungemmo la pista in fondo.
Eravamo a circa tre metri da Newt quando di colpo lui parlò a voce così alta che le sue parole riecheggiarono tra le pareti buie della sala da bowling. "Razza di pive del cacchio, vi ho detto di andare al diavolo!"
Senza neanche volerlo sentii le mie gambe tremare e fui costretta a fermarmi. Quelle parole mi avevano colto così alla sprovvista che sentii il mio cuore perdere di un battito per poi riprendere a pompare ancora più velocemente di prima. Minho si fermò di scatto accanto a me e mi strinse forte la mano, cercando di darmi coraggio o forse cercando di darsi forza.

Sentire quelle parole pronunciate da Newt mi fece sentire inutile e d'intralcio: Newt non ci voleva lì e ciò stava a significare che non avrebbe ceduto facilmente al nostro tentativo di portarlo con noi. Forse era veramente una partita persa in partenza, forse era veramente tutto inutile, ma a me non importava: avrei provato e riprovato fino a che avessi potuto. Potevo a stento immaginarmi come si sentisse Newt e sapevo per certo che non fosse contento di vederci, dato che ero sicura che non avrebbe voluto che i suoi amici assistessero al cambiamento drastico che lo attendeva.

Ciò era inevitabile e per quanto avessi potuto insistere, sapevo che Newt non mi avrebbe dato retta, troppo demoralizzato dai giorni bui che gli si prospettavano davanti.
"Dobbiamo parlarti." disse poi Minho, prendendo per primo la parola e infondendomi un po' di coraggio. Senza lasciarmi la mano, il Velocista fece un passo in avanti, scavalcando una donna magra sdraiata su un fianco.
"Non ti avvicinare." rispose Newt. La sua voce era calma, ma il tono molto minaccioso. "Quei criminali mi hanno portato qui per un motivo. Hanno pensato che fossi un cavolo di immune nascosto in quella Berga del caspio. Immaginate la loro sorpresa quando hanno capito che l'Eruzione mi stava divorando il cervello. Hanno detto che era un loro dovere civico mollarmi in questa topaia."

Mi morsi il labbro e seguii Minho nelle sue azioni, facendomi avanti di qualche passo.
"Newt..." lo chiamai, sentendo la mia voce tremare per l'agitazione. "Siamo qui per questo. Siamo tornati a prenderti per questo. Sapevo che lasciarti da solo sulla Berga fosse una pessima decisione e siamo venuti per rimediare: vieni con noi, Newt. Qui non importa una sploff a nessuno di chi va e chi viene."
Mentre parlavo, la mia voce risuonava nella stanza sempre più rotta e tremolante, ma mi sforzai al massimo pur di riuscire a trattenermi e di non correre verso di lui per abbracciarlo.

Newt si voltò lentamente verso di noi e quando vidi le condizioni in cui era sentii una morsa nel petto: non avevo mai visto il ragazzo con addosso un'aria così debole e stanca, era come se avesse corso e lottato e fosse caduto da un dirupo per tre giorni di fila.
Era a pezzi e nonostante gli occhi lucidi, rossi e gonfi – tipici di chi ha pianto da poco o di chi cerca di trattenere le lacrime – potevo leggere nel suo sguardo anche della frustrazione e della rabbia.

"Wow, vacci piano." disse Minho, facendo mezzo passo indietro e mancando di un soffio la donna ai suoi piedi. Inizialmente non capii a cosa si stesse riferendo il ragazzo, poi però le sue parole successive mi chiarirono tutto. "Calmati. Non c'è bisogno di puntarmi in faccia un caspio di lanciagranate mentre parliamo. E comunque, dove hai preso quell'affare?"
Solo dopo aver seguito le parole del ragazzo notai un altro dettaglio fondamentale che caratterizzava Newt: tra le mani teneva ben stretto un grosso lanciagranate e lo stava stringendo talmente forte da far diventare le sue nocche bianche.
"L'ho rubato." rispose Newt. "L'ho preso a una guardia che mi ha... fatto arrabbiare."

Le mani di Newt tremavano leggermente, il che mi rese nervosa: le dita del ragazzo erano sopra il grilletto. "Non sto... bene." disse Newt. "Davvero, apprezzo che voi pive del cavolo siate venuti a cercarmi. Dico sul serio. Ma questa storia del cacchio finisce qui. Questo è il momento in cui voi vi voltate e uscite da quella porta per tornare alla vostra Berga e volare via. Mi avete capito?"
Potevo percepire la fatica con cui Newt fosse riuscito a pronunciare quelle parole e apprezzavo i suoi sforzi nel trattenersi e risultare gentile, ma in quel momento non ce n'era veramente bisogno.

"No che non capisco, Newt." disse Minho sempre più frustrato, aumentando la presa sulla mia mano. "Abbiamo rischiato la pelle per venire in questo posto e tu sei nostro amico e ti porteremo a casa. Se vuoi piagnucolare e gridare mentre impazzisci, va bene. Ma lo farai con noi, non con questi Spaccati del caspio."
Spalancai gli occhi e li puntai dritti su Minho. Sapevo che non era colpa sua e che quello era solo il suo modo di fare, ma di certo dire quelle parole con quel tono aveva solo peggiorato la situazione.

Mi voltai nuovamente verso Newt, giusto in tempo per vederlo saltellare di colpo in piedi, in modo così improvviso che rischiai di inciampare veramente sulla donna stesa a terra e di cadere all'indietro. Newt spostò il lanciagranate puntandolo contro Minho a una velocità sorprendente. "Io sono uno Spaccato, Minho! Io sono uno Spaccato!" urlò il ragazzo su tutte le furie, diventando rosso in viso e facendo risaltare le vene sul collo.
Dopo aver preso un breve respiro, continuò: "Perché non riesci a fartelo entrare in quella testa del cavolo? Se tu avessi l'Eruzione e sapessi cosa sta per succederti, vorresti avere i tuoi amici accanto che ti guardano? Eh? Lo vorresti?"

Pronunciò le ultime parole urlando con voce rotta, come se stesse sul punto di perdere la voce e di scoppiare a piangere. Tremava ogni secondo di più.
Minho non disse nulla. Probabilmente nemmeno lui sapeva più cosa dire, proprio come me.
Lo sguardo di Newt si spostò su di Thomas, poco dietro rispetto a noi. "E tu, Tommy." disse, abbassando la voce. "Hai un bel coraggio a venire qui per chiedermi di andarmene con voi. Un bel coraggio. Mi viene il vomito solo a guardarti."

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