Capitolo 43.
Senza neanche che avessi il tempo di formulare ciò che Gally aveva detto, vidi Brenda alzarsi di scatto, come se fosse stata piccata con un ago. "Ce ne andiamo. Subito." ordinò dirigendosi con foga verso la porta. Jorge e Minho si tirarono su da terra, seguiti lentamente da Thomas e Stephen. Solo io rimasi a fissare Gally titubante.
Eravamo appena arrivati, dovevamo per forza andarcene? Sapevo che era un pensiero immaturo da parte mia, dato che non solo c'era in ballo la vita di un uomo, ma anche la nostra separazione definitiva dalla W.I.C.K.E.D. tramite l'estrazione del chip che solo quell'individuo poteva attuare.
Ma d'altro lato non avevo visto Gally per così tanto tempo, credendolo morto, che ora non riuscivo a buttare giù il fatto che ci dovessimo separare anche solo per qualche giorno o settimana.
"Forza!" sbraitò Brenda agitando le braccia in modo arrabbiato e lanciandomi un'occhiata impaziente e di rimprovero.
Mi alzai in piedi controvoglia, rilasciando un forte sospiro, poi lanciai uno sguardo malinconico a Gally, che mi sorrise incoraggiante. "Devi andare." mormorò lui, non sapendo che altro dire.
"Già, devo andare." replicai schiarendomi la voce e sentendomi improvvisamente in imbarazzo. "Ma..." ripresi dopo pochi secondi di silenzio. "Torneremo. Ti prometto che torneremo. Io tornerò..." spiegai in modo agitato. "Io tornerò sempre." conclusi in fine, non sapendo che altro aggiungere.
"Gally, mi giuri che tutto quello che ci hai detto è vero?" si intromise Thomas, fissando il ragazzo negli occhi.
"Ogni singola parola." replicò l'altro. "Il Braccio Destro vuole agire. Stanno organizzando qualcosa in questo preciso istante. Ma hanno bisogno di informazioni sulla W.I.C.K.E.D. e chi meglio di voi può aiutarci? Se riuscissimo a convincere anche Teresa e gli altri, sarebbe fantastico. Abbiamo bisogno di più gente possibile."
Annuii come a confermare il discorso di Gally e quando vidi l'espressione sicura sul volto di Thomas, capii che anche il ragazzo ora si fidasse di lui e delle sue parole. Certo, Thomas e Gally non si erano mai piaciuti e non avevano neanche mai provato ad andare d'accordo, ma avevano un nemico in comune e questo significava che erano nella stessa squadra. Tutti eravamo nella stessa squadra, proprio come ai tempi della Radura: tutti uniti contro la stessa minaccia.
"Cosa dobbiamo fare se decidiamo di unirci a voi?" chiese alla fine Thomas, riempendomi di sollievo. "Tornare qui? Andare da un'altra parte?"
Gally sorrise, probabilmente soddisfatto di quella scelta. "Tornate qui. A qualunque ora prima delle nove, nove e un quarto della mattina, entro una settimana. Dovrei essere nei paraggi. Non credo che faremo nessuna mossa prima di allora."
Thomas annuì sicuro, poi tornò indietro di qualche passo e si avvicinò a Gally, porgendogli la mano come simbolo di alleanza. Quando l'altro la strinse in modo deciso, scuotendo il braccio due volte, mi sentii carica di energia e anche un po' felice.
Vedere Gally abbassare il suo orgoglio per collaborare con qualcuno mi riempiva di sollievo e gioia. Il ragazzo che avevo conosciuto nella Radura era cresciuto e maturato abbastanza da capire cosa fosse giusto, sbagliato e stupido.
"Non ti porto nessun rancore." disse Thomas in fine, lasciando la mano di Gally, ma continuando a guardarlo negli occhi. "Durante la Mutazione hai visto quello che avevo fatto per la W.I.C.K.E.D. Nemmeno io mi sarei fidato di me. E so che non volevi uccidere Chuck. Solo, non aspettarti che ti abbracci ogni volta che ci vediamo."
"Il sentimento è reciproco." concordò Gally, rivolgendogli un sorrisetto storto, ma sincero. Rassicurato da ciò, Thomas si voltò verso la porta, ma prima di incamminarsi di nuovo, mi rivolse uno sguardo neutro, quasi come se stesse cercando di capire qualcosa. Poi si morse il labbro e sorridendo di sottecchi raggiunse Brenda e gli altri.
"Andiamo, ragazzi." incitò gli amici, poi si voltò e mi lanciò uno sguardo complice. "Ele, ti aspettiamo in fondo alle scale."
"Cosa?" brontolò Brenda. "Non abbiamo più tempo!"
"Oh, cammina e basta. Non morirà nessuno se ci impieghiamo trenta secondi più del previsto." replicò secco Thomas, andandosene senza aspettare gli altri, causando nella ragazza un'espressione stupita, arrabbiata e offesa. Brenda si colorò di rosso e mi rivolse uno sguardo furioso, poi girò i tacchi e se ne andò via camminando a falcate e con la testa alta.
"Andiamo, guastafeste." mormorò Minho prima di afferrare Stephen per il braccio e trascinarlo fuori dall'appartamento, ignorando ogni minima obbiezione del ragazzo che insisteva per non lasciarmi sola con Gally.
Quando anche Jorge varcò la soglia della porta e sparì dietro di essa, tirai un sospiro di sollievo e mi voltai verso il ragazzo, scoprendolo a fissarmi con un sorrisetto pacifico e sollevato. Nel momento in cui si accorse di essere stato sorpreso, arrossì all'istante, distogliendo gli occhi e grattandosi la nuca con fare imbarazzato.
Aggrottai le sopracciglia e arrossii anche io quando riuscii a interpretare quel suo sguardo: forse era solo una mia impressione – oh, come speravo per lui che lo fosse –, ma mi sembrava quasi che Gally provasse ancora qualcosa per me. Forse non riusciva ad ammetterlo o forse non voleva semplicemente accettarlo, ma mi aveva guardato in quel modo tante volte e in ognuna di esse, quello sguardo aveva sempre lo stesso significato, su questo non potevo sbagliarmi.
"Gally..." mormorai facendo un passo in avanti, sentendomi ancora in colpa per averlo ferito nella Radura e per fargli ancora del male. "Nonostante tutto..." mi bloccai, schiarendomi la gola e facendo un altro passo avanti, attirando così l'attenzione del ragazzo. "Dopo tutto questo tempo, tu sei ancora..."
"Forse dovremmo semplicemente salutarci." mi interruppe lui, diventando ancora più rosso ed evitando di guardarmi negli occhi.
Abbassai lo sguardo, sentendomi un po' delusa, ma senza capirne il perché. Era ovvio che avrebbe evitato il discorso. Dopotutto, come potevo pretendere da lui una confessione dopo che la prima volta che si era esposto era andata a finire male? Da un lato era anche un sollievo per entrambi, dato che se nessuno dei due voleva ammettere ciò che invece era ovvio, magari sarebbe stato più semplice incontrarci e parlare senza sentire imbarazzo. Era un modo meschino e codardo per affrontare la realtà, certo, ma a nessuno dei due servivano i problemi che sarebbero nati da una confessione del genere.
"Sì, hai ragione." confermai, buttandomi alle spalle l'imbarazzo e accostandomi a lui per abbracciarlo. Fui sollevata quando, avvicinandomi a Gally, lo vidi rianimarsi e non tirarsi indietro come invece avevo temuto. Il ragazzo aprì le braccia e mi circondò, affondando il viso tra i miei capelli.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto sentissi il bisogno di un abbraccio: non un abbraccio delicato, come quelli femminili, ma uno forte e deciso che mi facesse sentire sorretta e stabile; un abbraccio che facesse sparire per un istante tutte le preoccupazioni che mi circondavano come un tornado; un tipo di abbraccio che mi facesse dimenticare per un attimo il mondo reale, trasportandomi in un mondo fantastico e pacifico.
"Senti..." borbottò il ragazzo, improvvisamente preoccupato. "Newt dove..."
Sentii le mie labbra allungarsi a una linea sottile. Scossi la testa. Per quanto avessi voluto aggiornare Gally sullo stato del biondino, sapevo di non avere tempo. "È una storia lunga..."
Da quando avevo scoperto che Newt aveva l'Eruzione era stato difficile per me riuscire a prendere anche un solo piccolo respiro in quel mare di caos e problemi.
E in quel momento, l'abbraccio sincero da parte di Gally era la cosa migliore che mi potesse capitare, il miglior regalo.
"Ma tornerò, te lo prometto." sussurrai distaccandomi da lui e sorridendogli sincera.
Gally annuì e mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Ti aspetterò, promesso."
Lanciandogli un ultimo sguardo felice e sollevato, mi voltai e mi mossi verso la porta, ma prima che potessi raggiungerla, Gally mi afferrò la mano, bloccandomi per pochi secondi.
"Ci resta poco tempo. Ma possiamo ancora fare qualcosa." spiegò lui in tono preoccupato.
"Cercheremo di fare il più presto possibile. Ce la faremo, torneremo tutti in tempo." dissi sbrigativa, ma in modo sincero. Gally annuì convinto e poi mi lasciò andare, seguendomi con lo sguardo per tutto il tragitto, con le braccia incrociate al petto.
"Torneremo." sussurrai a me stessa, poco prima di chiudere la porta dietro le mie spalle e iniziare a scendere le scale con un po' di energia e coraggio che avevo esaurito da tempo.
Non trovammo Hans fino al giorno seguente. Dopo aver comprato dei vestiti e qualcosa da mangiare, Jorge riuscì a rimediare una stanza in un alberghetto a buon mercato. Mentre Jorge e Brenda facevano decine di telefonate a persone di cui non avevo mai sentito parlare e Thomas stava vagando per la rete insieme a Minho usando il computer della stanza, io mi ero piazzata sul letto tentando invano di fare un riposino e venendo continuamente interrotta dalla voce squillante di Hailie che non faceva altro che chiedermi di giocare a 'salta marmocchietta' insieme a lei.
Alla fine decisi di cedere alle richieste asfissianti della bambina e di accontentarla. Mi pentii della mia decisione quando scoprii che il gioco 'salta marmocchietta' consisteva nel farla saltare sul letto fino a che non vomitava il pranzo di tre anni prima o fino a che non mi si staccavano le braccia dal corpo per via della stanchezza. Non a caso quel gioco era stato ovviamente inventato dal fratello che, per tutto il tempo, ci guardò giocare, ridendo sotto i baffi ogni volta che cercavo di svignarmela o che tentavo di riposarmi, senza riuscirci minimamente.
Finalmente, dopo più di un ora di gioco, Hailie decise di avermi sfruttata abbastanza e mi lasciò per andare a giocare a fare la cantante usando come microfono una lampada appoggiata su un comodino scheggiato.
Gattonai sfinita sul letto e mi lasciai sprofondare tra le coperte, non riuscendo nemmeno più a sollevare le braccia di un centimetro. Quando pensai di potermi finalmente riposare, a Stephen venne in mente la brillante idea di instaurare un discorso.
"Non essere egoista e fammi un posto sul letto." ordinò freddo, con un tono che non ammetteva repliche.
Mugugnai una qualche parola, ignota persino a me, ma che in breve gli imponeva di andarsene e lasciarmi stare. Ovviamente il ragazzo non parve coglierla, perché dopo pochi secondi sentii le sue mani spingere sul mio fianco per spostarmi di lato.
"Toglimi le tue zampacce di dosso." mormorai scocciata, schiaffeggiando i suoi palmi.
"Be', allora mi stenderò sopra di te." spiegò il ragazzo, poi senza neanche darmi il tempo di reagire a quella sua affermazione si lasciò cadere di peso sopra di me, togliendomi il respiro.
"Non sei leggero, Steph!" tentai di gridare, ma la mia voce venne soffocata dalle lenzuola a cui ora ero appiccicata.
"Cosa dici? 'Quando sei bello, Steph'?" domandò ingenuo, fingendo di non aver sentito.
"No, testa di puzzone, ho detto che ti devi spostare!"
"Mi vuoi sposare? Be', non pensi di stare correndo un po' troppo?" chiese di nuovo, con un tono talmente divertito che non potei fare a meno di sorridere come un ebete.
Decisi di smettere di supplicarlo e agire per cambiare quella situazione che si stava rivelando non solo alquanto scomoda, ma anche imbarazzante. Mi mossi sotto di lui, cercando di spostarmi in qualche modo e solo dopo diversi minuti riuscii a girarmi a pancia in su, prendendo un profondo respiro e lasciando che la mia faccia ormai diventata rossa per lo sforzo si calmasse. Tuttavia il fuoco sulle mie guance aumentò quando mi accorsi di essere a pochi centimetri di distanza dal volto di Stephen, che stava ridendo in modo genuino, gustandosi a pieno la fatica che avevo compiuto per liberarmi di lui.
"Steph..." mormorai senza riuscire a non sorridere. "Dico sul serio: mi togli il respiro."
"Oh, sì..." replicò lui tornando serio e agitando la testa. "Faccio questo effetto alle ragazze."
"Stephen!" lo rimproverai, dandogli una schiaffa sul petto e premendo per allontanarlo.
"E va bene, va bene." acconsentì lui, premendo con le mani sul materasso ai lati della mia testa per spostarsi da sopra di me.
Mormorai un 'grazie' e mi sistemai meglio sul letto, cercando di ignorare la presenza del ragazzo davanti a me e tornare a dormire. Rilassai il corpo e mi portai entrambe le mani al petto, poi allungai le gambe e presi un bel respiro, chiudendo le palpebre. Non passarono nemmeno tre secondi che il ragazzo dai capelli bianchi riprese a parlare.
"Ho visto come ti guarda." disse all'improvviso, cogliendomi alla sprovvista.
"Stephen, devi perdere questo vizio di iniziare i discorsi nella tua testa e poi dire solo l'ultima frase a voce alta, pretendendo che io capisca." mormorai assonnata, evitando di aprire gli occhi.
"Sì, hai ragione." si riprese lui. Lo sentii muoversi sul letto, poi si schiarì la gola. "Mi riferivo a Gally. Il modo in cui ti ha guardata è stato... diciamo, molto chiaro per me. Non so se te ne sei accorta, ma credo che lui prov..."
"Sì." lo interruppi di colpo, rilasciando un sospiro, ma rimanendo sempre con le palpebre serrate. "Me ne sono accorta e so anche cosa quello sguardo significhi."
"Allora non sei così ingenua come credevo." sussurrò lui, più a se stesso che a me, con un tono talmente stupito che quasi mi ferì.
"Oh, grazie tante!" sbottai scocciata.
"È un piacere." pronunciò lui, ignorando del tutto il sarcasmo nella mia voce. "E anche nel Labirinto era così?"
"Sì, era così anche lì."
"Però tu hai scelto Newt e lui è rimasto ferito. Vero?"
"E tu non la smetti mai di fare domande. Vero?" replicai veramente stanca.
"Non mi hai risposto."
"Sì." borbottai, cedendo alle sue richieste nella speranza che se fosse stato soddisfatto delle mie risposte mi avrebbe lasciato in pace. "Vuoi sapere altro?"
"Per te va bene? Intendo, il fatto che lui ti ami... Non vorresti che ti dimenticasse o smettesse di provare ciò che prova nei tuoi confronti?" aggiunse, con tono sinceramente interessato.
"Non sono io a decidere, Steph. Neanche lui può. A certe cose a volte non si può fuggire e questa è una di quelle volte." spiegai, trattenendo uno sbadiglio. "Mi dispiace di averlo fatto soffrire e mi sento ancora più in colpa per il fatto che anche dopo tutto questo tempo, lui continui a sentirsi male per un amore non ricambiato." Poi aggiunsi: "E io non ho scelto Newt." precisai. "Non è una cosa che si può scegliere, come si fa con il cibo o i vestiti. È qualcosa che provi e che non puoi negare, non qualcosa che decidi di sentire. Un giorno ti svegli e capisci di essere innamorato. Questa cosa vale sia per me che per Gally. E forse sarà anche un pensiero egoistico, ma io ho bisogno di lui più di quanto io voglia ammettere. Se mi dimenticasse o mi mettesse da parte probabilmente sarebbe per me come perderlo una seconda volta, e non ci tengo a provare la stessa angoscia di quando lo avevo dato per morto."
Ci furono diversi attimi di silenzio che quasi mi fecero temere che il ragazzo si fosse addormentato durante il mio discorso. Ero quasi tentata di aprire gli occhi e controllare, quando però la sua voce mi arrivò in modo chiaro. "Okay." disse semplicemente. "Se allora per te va bene, vorrà dire che dovrò tollerare la sua presenza. Non mi piace Gally, non mi è mai piaciuto, ma finché si limita a starti accanto e a non farti soffrire, prometto che starò buono e non farò nulla per interferire."
"Cos'è?" ridacchiai. "Ora fai il geloso?"
"No." rispose lui serio, tuttavia un pizzico di indecisione nel suo tono mi fece dubitare delle sue parole. "Okay, lo ammetto: un po' lo sono." borbottò imbarazzato. "Ma tu sei mia sorella e non..."
A quelle parole spalancai gli occhi, arrossendo all'istante. Mi riteneva veramente al pari delle sue sorelle? Probabilmente anche lui fu stupito di aver pronunciato quelle parole, poiché si interruppe e mi fissò allibito.
Solo in quel momento mi resi conto di quando il rapporto tra me e Stephen fosse diventato solido. Era incredibile come il nostro odio reciproco si fosse trasformato in una tenera e profonda amicizia, tanto che aveva iniziato a comportarsi come un fratello maggiore senza neanche che me ne accorgessi.
"Ehm..." si riprese lui, arrossendo senza riuscire a trattenersi. "Io volevo dire che..."
"Shh..." mormorai avvicinandomi con il corpo al suo. "Ti ho quasi perdonato per avermi trascinata fuori dalla Berga. Non rovinare quello che hai detto." lo supplicai, chiudendo nuovamente gli occhi e nascondendo la mia testa sotto il suo mento.
Mi rannicchiai accanto a lui, cercando di rubargli quanto più calore corporeo possibile.
Mossi la testa leggermente, come a lasciargli sotto il mento una carezza, poi inspirando il suo buon profumo mi accoccolai di più a lui, sentendo il suo braccio scivolare sulla mia schiena e depositarsi lì.
"Non intendevo farlo." rispose lui, strofinando la sua mandibola contro i miei capelli, restituendomi la carezza ricevuta e affidandomi tra le braccia del sonno.
Il mattino seguente venni svegliata dal rumore ticchettante di una doccia e quando aprii gli occhi scoprii di essere rimasta sola sul letto. In realtà mi accorsi solo dopo della piccola figura rannicchiata tra le coperte del letto, la sua testolina bionda sul cuscino non molto distante da me. Ma nonostante Hailie mi stesse dormendo accanto, di Stephen non c'era traccia. Rilasciai un grosso sbadiglio e mi stropicciai gli occhi.
Non mi capitava spesso di passare delle nottate così tranquille e rilassate, dato che l'unica persona in grado di farmi addormentare in quel modo pacifico fosse Newt. Probabilmente il mio inconscio aveva sentito la necessità di usufruire del corpo di qualcun altro – in questo caso Stephen – per rilassarsi un po' la notte, almeno fino a che io e Newt non ci fossimo ricongiunti.
Mi alzai cautamente dal letto, cercando di non svegliare la bambina che tuttavia sembrava dormire così pesantemente che dubitavo un terremoto l'avrebbe destata. Camminai a piedi nudi per la stanza, ancora con gli occhi ridotti a fessura, sentendo le mie gambe riprendere un po' di energia e svegliarsi. Fortunatamente il sonno non mi privò dei riflessi che, non appena mi accorsi di stare per calpestare il corpo di Minho steso vicino a quello di Thomas, mi evitarono una brutta caduta sopra di loro. Probabilmente la Radura e il suo Casolare strapieno di corpi accalcati l'uno all'altro mi avevano allenata abbastanza da riuscire a girare per la stanza senza spiaccicare qualche mano.
Feci per scavalcare entrambi quando una voce alle mie spalle mi fece quasi urlare per la paura. "Hermana, finalmente sei sveglia." disse Jorge.
"Sì," biascicai con la voce impastata di sonno, voltandomi verso l'uomo seduto sulla poltrona dietro di me. "avete scoperto niente riguardo l'indirizzo di Hans?"
"Claro que sì." replicò lui con tono ovvio. "Ci abbiamo impiegato delle ore, ma alla fine 'l'amico di un amico del nemico di un nemico' ci ha dato un indirizzo. Spero sia quello vero."
"Be', bene così." borbottai grattandomi la testa.
"Puoi dirlo forte, hermana." concordò lui, alzandosi stancamente dalla poltrona. "Il tuo amico, Stefén, si sta facendo una doccia. Non appena ha finito ti conviene prepararti: tra poco partiamo."
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