Capitolo 19.
Attendemmo nella stanza bianca per quelli che mi sembrarono anni. Probabilmente erano passate solo poche ore, ma quell'attesa era diventata straziante. Nessuno in quella stanza sembrava avere la benché minima voglia di parlare: Newt – che all'inizio si era impegnato così tanto a cercare una possibile via d'uscita – si era arreso dopo neanche dieci minuti e ora se ne stava steso con la testa appoggiata sul mio grembo, intento a intrecciare le punte dei miei capelli tra di loro; Stephen invece si era appartato in un angolino e, dato che il suo muso lungo non aveva mai lasciato la sua faccia sin da quando la porta si era chiusa, ipotizzai che probabilmente stesse pensando alle sue sorelle, e conoscendolo sapevo che si stava torturando dandosi colpe di cui in realtà non era l'artefice; Minho probabilmente era l'unico meno annoiato, in quella stanza, dato che era rimasto svenuto per tutto il tempo.
Sbuffai annoiata e tolsi la mia mano dal petto di Newt per allungarla verso il Velocista e controllargli il polso per quella che mi sembrava la centesima volta. Potevo sentire il suo sangue scorrere nelle vene, pompato dal cuore che percepivo battere costante e vivo.
"Vedrai che tra poco si sveglia." bofonchiò Newt annoiato, afferrandomi la mano e portandosela tra i capelli. Era come se fosse geloso del fatto che il suo amico svenuto stesse ricevendo più attenzioni del dovuto. Sorrisi spontaneamente quando lo vidi muovere il mio palmo sulla sua testa, come a implorarmi implicitamente di accarezzargli i capelli. Decisi di accontentarlo e iniziai a giocherellare con le sue ciocche bionde, arricciandole e a volte tirandole delicatamente.
Lo vidi chiudere gli occhi soddisfatto e al pensiero che se avessi continuato a coccolarlo avrebbe iniziato a fare le fusa come un gattino mi venne quasi da ridere. Tuttavia, per quanto mi sarebbe piaciuto stare in quella posizione per tutta la vita, il mio pensiero restava per il Velocista: sapevo che il ragazzo era molto forte e anche che aveva affrontato cose peggiori rispetto a una granata elettrica – come ad esempio i fulmini nella Zona Bruciata –, ma per quanto me lo ripetessi, non potevo fare a meno di fissarlo preoccupata.
E se fosse entrato in coma? Jeff non mi aveva mai insegnato come trattare una persona in coma, forse perché neanche lui lo sapeva! Magari il ragazzo aveva bisogno di dormire ancora? Magari avrei dovuto dargli da mangiare delle pappine per il resto della vita? O forse, sapendo che il ragazzo era un patito del cibo – soprattutto se si trattava di quello di Frypan –, sarebbe bastato semplicemente l'odore di esso per farlo rinvenire.
Chissà se Frypan sarebbe stato disposto ad aiutarmi per...
"Ehi, smettila di fissarlo." brontolò Newt mettendo il broncio. "Ti ho detto che si riprenderà presto."
"E sentiamo, come fai ad esserne certo? Per quanto mi riguarda potrebbe anche essere morto." replicai incrociando le braccia al petto. "E per di più tra noi due sono io la Medicale."
Sentii il biondino sotto di me sbuffare, poi borbottando qualcosa con fare annoiato si alzò a sedere e strisciò a terra fino ad arrivare vicino all'amico. "Dato che non mi farai dei grattini come si deve fino a quando sarai preoccupata per questo pive..." bisbigliò prima di iniziare a smuovere il Velocista bruscamente, come se tentasse di svegliarlo dal sonno.
"Newt, è svenuto, non sta dormendo." annunciai. "Quello che stai facendo è inutile."
"E va bene." replicò il ragazzo mettendosi ben dritto sulle ginocchia e chinandosi verso il viso del Velocista, tenendosi in equilibrio con un solo braccio appoggiato a lato della testa dell'asiatico. "Perdonami amico, ma questo è l'unico modo."
Il biondino portò la mano libera sul mento del ragazzo svenuto e avvicinò lentamente il proprio viso al suo. Non appena capii le sue intenzioni arrossii violentemente in viso. Aprii la bocca e feci per informarlo che una respirazione bocca a bocca non sarebbe servita a nulla, se non a morire di asfissia per colpa dell'alito del Velocista, ma proprio quando la prima parola lasciò le mie labbra, vidi Newt alzare il palmo della mano e schiaffeggiare violentemente Minho sulla guancia.
"Newt! Ma sei paz..." urlai, poi interrompendomi immediatamente non appena vidi uno scatto repentino da parte del Velocista.
Il ragazzo scattò a sedere, guardandosi intorno con fare agitato e confuso, e solo a quel punto Newt gattonò nuovamente nella mia direzione e si accoccolò nuovamente sopra di me. Cercò la mia mano e la appoggiò nuovamente tra i suoi capelli. "Ora posso avere dei grattini come si deve, Miss Sono-Io-La-Medicale?" mi pregò, guardandomi con degli occhioni dolci e sbattendo più volte le palpebre.
Rimasi sconvolta e non sapendo cosa rispondere, semplicemente lo accontentai.
"Dobbiamo andarcene di qui! Ci sono delle guardie e mi hanno sparato!" gridò Minho in preda al panico, scattando in piedi e guardandoci uno a uno con il terrore e la confusione stampate sul viso.
"Ce ne eravamo accorti, Genio." parlò Stephen, per la prima volta da quando eravamo in quella dannatissima stanza.
"Per una volta sono d'accordo con te." concordò Newt, sospirando e chiudendo gli occhi.
"Ma cosa dite? Dovete, anzi dobbiamo scappare. Non possiamo affrontarli tut..." il ragazzo si interruppe, guardandosi attorno confuso. "M-Ma dove sono finite tutte le guardie? E dove siamo?"
"Minho, calmati." cercai di tranquillizzarlo. "Ora è tutto finito, siamo al sicuro. Almeno credo..." ammisi.
"M-Ma dove siamo? Perché vedo tutto bianco? S-Sono morto?" chiese rivolgendosi a me. "Ho troppe cose da fare ancora! Sono giovane e bello e... Aspetta un secondo. Ma se io sono qua e voi siete qua e io sono morto allora anche voi siete..." il ragazzo si interruppe, spalancando occhi e bocca contemporaneamente per poi portarsi una mano sulla fronte e trascinarla lungo tutto il viso. "Oh caspio, devo aver mangiato troppo polpettone."
"Minho! Smettila di parlare a vanvera e siediti." lo rimproverai con un tono duro indicando il pavimento sotto i suoi piedi.
"Cavoli, anche da morta continui a spaventarmi più dei Dolenti." ammise il ragazzo confuso, lasciandosi cadere a terra.
"Cosa? E io sarei più spaventosa di un Dolente?" domandai offesa. "Sì, ti sei decisamente mangiato più polpettone del dovuto."
"Ah, smettetela entrambi!" ci rimproverò Stephen, scattando in piedi e raggiungendoci a falcate. "Ascoltami bene, Genio. Nessuno di noi è morto, almeno non per adesso, e tu sei stato colpito da una granata ancora prima che il caspio di combattimento iniziasse e sei svenuto – a proposito, bell'aiuto che ci hai dato, grazie." spiegò velocemente il ragazzo dai capelli bianchi. "Ci hanno preso tutti e ci hanno buttati dentro questa... prigione bianca. Quindi ora Thomas è ancora rinchiuso e noi pure. Ma se proprio sarò costretto a passare il resto della mia vita in una stanza con te, almeno cerca di rendere questa convivenza più vivibile e smettila di dare di matto!"
Minho sbatté le palpebre irritato e domandò confuso: "Caspio santo, e tu da morto sei ancora più odioso."
Stephen gli puntò il dito contro e fece per rispondergli a tono, poi però ritrasse la mano e se la portò tra i denti, stringendola a pugno e mordendo con forza. Poi probabilmente trattenendosi dall'inveire contro il Velocista, cercò altre parole da dire: "Anzi, ho cambiato idea: smettila proprio di parlare." disse infine, sputando ogni parola come se fosse veleno puro.
"Senti, Genio. In caso non l'avessi capito io stavo scherzando." rispose Minho a tono. "E comunque non ho capito nulla. Perché ci hanno messi qui? Ma soprattutto come avete fatto a farvi mettere K.O.? Senza di me siete proprio scarsi."
"Ehi, vacci piano con gli insulti. Io ho cercato di combattere, ma questo pive mi ha abbandonato da solo e si è nascosto chissà dove." si difese Newt, indicando con disprezzo Stephen.
"Be' scusami tanto se ho cercato di proteggere la tua fidanzatina." replicò Stephen scocciato da quel commento. "A proposito, pasticcino. La prossima volta che ti dico di correre, vedi di collaborare."
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai scocciata. "Be' scusami se non avevo intenzione di abbandonare questi due da soli. E comunque ci avrebbero presi anche se aves..."
"Ehi-ehi... Torna un momento indietro." ordinò Newt alzandosi improvvisamente in piedi. "Come diamine hai chiamato la mia 'fidanzatina', scusa?" domandò assottigliando gli occhi.
"Oh, andiamo Newt. Non abbiamo tempo per..."
"Esatto." disse una voce alle nostre spalle. "Non abbiamo tempo per queste chiacchiere da... fidanzatini gelosi."
Ci voltammo tutti contemporaneamente, ognuno di noi sorpreso nel sentire quella voce così familiare e odiosa allo stesso tempo. Nessuno di noi infatti si stupì nel trovare Janson sulla soglia della porta, con il solito raccoglitore di fogli in mano, che ci studiava attraverso le sue occhiate gelide e prive di ogni interesse. "Ora che il Soggetto A7 si è svegliato, posso annunciarvi i cambiamenti che abbiamo deciso per voi."
"Cambiamenti?" domandò Minho. "Io non starò a sentire neanche una del..."
"Come vi ho già detto," lo interruppe l'Uomo Ratto, aumentando il volume della voce e parlando sopra l'asiatico. "in seguito al vostro comportamento inadeguato e meschino, abbiamo deciso di applicare delle nuove regole."
L'uomo prese fiato e poi passò lo sguardo sul primo foglio della sua raccolta. "Innanzitutto verrete rispediti ognuno nei vostri dormitori, ma questa volta non vi lasceremo vagare così liberi. Ogni stanza e ogni corridoio saranno muniti di telecamere e questa volta vi assicuro che tagliare la corrente non vi sarà d'aiuto." specificò poi, rivolgendo a Stephen un'occhiataccia di disprezzo. "Le uniche stanze che abbiamo deciso di non riempire di telecamere sono i dormitori e e l'infermeria. Sappiamo che la privacy è una cosa importante e noi non siamo dei mostri." specificò.
Dovetti trattenermi dal rifilargli un'occhiata di disprezzo per l'ultima frase pronunciata, ma in ogni caso non ce ne fu neanche il tempo, perché l'uomo aveva già ripreso a parlare. "Ogni porta verrà sorvegliata da almeno due guardie – compresi i dormitori – e non si entrerà senza permesso. È vietatissimo ospitare qualcuno nel proprio dormitorio perciò l'unico luogo di ritrovo sarà la mensa. Oh, e ovviamente le nuove regole dovranno essere rispettate da tutti i soggetti, non solo da voi."
"Il cibo è comunque gratis, vero?" chiese Minho ironico, fingendosi preoccupato.
"Soggetto A7, questo non è un gioco e affinché voi lo comprendiate, abbiamo deciso di punire ognuno di voi ogni volta che una regola verrà trasgredita." concluse infine Janson, alzando gli occhi dal foglio.
"Frena, Uomo Ratto." continuò Minho. "Questo significa che se questo qui trasgredisce una regola vengo punito anche io?" chiese indicando con un dito Stephen, ma senza neanche rivolgergli uno sguardo.
"Esattamente." rispose Janson con un sorriso, fingendo di non aver sentito il nome con cui Minho lo aveva chiamato.
"Ma questo è ingiusto! Voi non potete!" contestò l'asiatico.
"Be' fino a prova contraria voi avete fatto un affronto alla nostra intelligenza e ai nostri metodi di sicurezza, quindi anche se è ingiusto ve lo meritate." disse acido l'uomo. "Altre domande?" chiese guardandosi velocemente intorno, poi dopo neanche pochi secondi agitò due dita verso di noi e ordinò: "Bene, riportateli ai loro dormitori."
Erano ormai passati diversi giorni da quando Janson ci aveva inflitto le nuove regole e molto era cambiato da allora. Tra i corridoi girava una certa aria malinconica e di noia, mentre ogni volta che mi ritrovavo a parlare con gli altri tre ragazzi in mensa, ogni persona ci guardava male, persino il resto dei Radurai. Tutti ovviamente erano stati informati del nuovo piano 'distruggi felicità' e ovviamente nessuno era felice che quella dittatura fosse stata imposta a causa nostra.
Fortunatamente ero riuscita a far ragionare le ragazze del mio dormitorio e ora molte di loro mi avevano assicurato che se fossero state al posto mio, avrebbero agito allo stesso modo. Tuttavia rimanevano comunque due o tre ragazze con cui la convivenza rimaneva difficile, ma alla fine non ci facevo caso. Di certo se mi fossi ritrovata tutto il dormitorio contro ne sarei accorta: sarebbe stato impossibile dormire o anche solo entrare in quella stanza.
Se avevo imparato una cosa stando con altre ragazze quella cosa era sicuramente che sono peggiori dei ragazzi: sarebbero capaci di renderti la vita un inferno anche solo perchè hai rotto loro un'unghia e di certo anche se fosse una cosa stupida non te la perdonerebbero mai facilmente, ricordandoti ogni giorno dell'errore che hai commesso e facendoti sentire un esserino infimo.
Ma se non altro, a me non importava di avere ancora delle amicizie all'interno della mia stanza, poichè l'unica cosa che veramente mi mancava e mi serviva più di tutte era Newt. Certo, potevo vederlo tutti i giorni per almeno due volte al giorno – solo durante i pasti ci era permesso stare assieme, perchè non appena finivamo il cibo ci rispedivano ognuno ai rispettivi dormitori – ma quello ancora non mi bastava. Restare l'uno accoccolato all'altra, parlare del più e del meno, o addirittura dormire insieme: questo era quello che mi mancava e di certo pochi minuti spesi a mangiare e a parlare non erano mai abbastanza per me. Anzi per noi. Mi ero confidata con Newt al riguardo e mi aveva assicurato che fosse lo stesso anche per lui.
Non avevamo neanche provato a infiltrarci l'uno nel dormitorio dell'altra perchè sapevamo che ogni nostra trasgressione avrebbe punito anche gli altri.
Perciò le mie giornate passavano lente, fatte solo di dormite qua e là, qualche scambio di parola con ragazzi e ragazze, cibo e soprattutto noia. Spesso me ne stavo distesa sul letto giocherellando con i miei capelli o divertendomi a cercare di tenere in equilibrio il cuscino sui piedi, come fosse una palla da circo.
Al momento invece me ne rimanevo spaparanzata sul mio letto a pancia all'insù, fissando senza ritegno il materasso sopra la mia testa e cercando di contare quanti buchi avesse.
"Andiamo. Alzati." ordinò una voce vicino a me. Mi voltai di scatto fissando dubbiosa il volto di Violet che al momento non sembrava stare scherzando.
"Andare? Dove dobbiamo andare?" chiesi inarcando un sopracciglio e guardandomi attorno. "Abbiamo già cenato e non ci lasceranno uscire dai dormitori."
"Prima di tutto, quando ho detto 'andiamo, alzati' non intendevo letteralmente 'andiamo' perchè si da il caso che l'unica persona che debba muovere il suo culo qui sia tu. Secondo, non mi sembra di avere mai proposto di uscire dal dormitorio usando la porta." replicò lei, indicando con lo sguardo il condotto di ventilazione posto in un angolo nero della stanza.
"Cosa? Ma di che stai parlando, Violet?" domandai ad alta voce, confusa, alzandomi in piedi e osservando poi con uno sguardo scocciato tutte le ragazze che si erano fermate a fissarci. Abbassai il tono e mi guardai intorno alla ricerca di un luogo in cui potessimo finalmente parlare da sole. Alla fine, non trovando nessun angolo silenzioso e isolato, decisi di trascinarla nel bagno, chiudendo la porta a chiave dietro di me.
"Mi spieghi cosa ti passa per la testa?" domandai asciutta. "Io cerco in tutti i modi di non cacciarmi nei guai e infrangere altre regole, e tu cosa fai? Mi proponi proprio di cacciarmi nei guai e infrangere altre regole? Ma ti sei bevuta il cervello?"
"Elena, calmati." rise lei appoggiando una sua mano sulla mia spalla e guardandomi alzando le sopracciglia. "Non capisci? Ti sto offrendo l'occasione di andare a trovare Newt, di stare un po' con lui. Non ti interessa questo?"
Spalancai gli occhi e arrossi violentemente. "Ecco, io..."
"Oh, andiamo!" esclamò lei, poi subito dopo continuò a parlare abbassando il tono di voce. "Sono giorni che non fai altro che startene sul letto a far vedere al mondo quanto sei depressa. Sono stanca di vederti così, perciò o ci vai tu dal tuo fidanzato, oppure giuro che me lo faccio io un giretto con lui." ammise la ragazza alzando una mano e annuendo come a confermare la sua scelta. "Non è poi così male, sai? Biondo, occhi magnetici, spalle larghe, alto. Scommetto anche che il suo..."
"Violet!" la rimproverai arrossendo e schiaffeggiandole la mano poco delicatamente. "E va bene! Ci vado! Ma se passo per il condotto di ventilazione, come faccio a sapere dove sto andando?"
"Ah, questo è facile. Devi andare sempre dritto e poi giri a destra per due volte." rispose lei velocemente.
Annuii ringraziandola, ma subito dopo trassi delle conclusioni in seguito alle sue parole e assottigliai gli occhi fino a farli diventare due fessure, puntandole l'indice contro e sorridendo maleficamente. "E tu come fai a saperlo per certo, Violet?"
La ragazza spalancò gli occhi, visibilmente colta di sorpresa e poi abbassò la testa, cercando di nascondere il rossore sulle sue guance. "Ecco... Ehm... Forse io ho..."
"Tu hai..?" incalzai.
"Forse..." disse lei vaga. "Forse ho iniziato a vedermi con un ragazzo..." concluse alzando gli occhi al soffitto e facendo spallucce innocentemente.
Spalancai la bocca e subito dopo mi morsi il labbro inferiore. "Oh, guarda te... E quando intendevi dirmelo, monella?"
"Cosa? Non chiamarmi così! E' stato solo per poche notti! E comunque stavamo parlando di te, non cambiare discorso! Questa notte ti aiuterò ad infilarti in quel buco che – detta tra di noi – è veramente stretto e a volte anche sudicio. Ma non credo che il tuo Romeo si scandalizzi per un poco di polvere sui vestiti, no?"
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