9.1 L'Accademia
"Al mondo non esiste nulla di paragonabile all'Accademia.
Perfino il Palazzo di Cristallo non riesce a tenerle testa."
Studente stanza 115, Accademia
Si dice che esista un termine adeguato per descrivere ogni cosa. Ebbene, a oggi non ve n'è ancora uno in grado di spiegare con esattezza quello che si prova quando ci si trova dinnanzi all'Accademia.
L'immenso edificio di quattro piani, con la sua ragnatela di cavi d'acciaio di un bianco splendente, è unico nel suo genere: basta dargli una semplice occhiata per restarne totalmente folgorati. Le sue vetrate, illuminate dalle prime luci rossastre del tramonto alle nostre spalle, sembrano dei grandi occhi traslucidi, intenti a studiarci uno per uno e a valutare la nostra idoneità. È capace di svuotare la mente dell'osservatore all'istante, facendolo piombare in una strana quanto magnetica stasi da cui non vorrebbe risvegliarsi mai.
A grandi linee, è questo ciò che sento adesso, paralizzata di fronte alla sua magnificenza. La lascio libera di studiarmi in totale silenzio, rendendomi conto con stupore di sapere davvero ben poche cose su di lei: sebbene a scuola ce ne abbiano parlato a lungo e la abbiano decantata come l'istituto più prestigioso della storia europea, inizio a capire che nessuna spiegazione è valsa a prepararmi a sufficienza a questo momento. Mi aspettavo un effetto simile a quello che ho provato poco fa al Palazzo, ma in verità ciò che sento è completamente diverso, probabilmente nemmeno paragonabile.
Quando ero ad Arcadia, ho percepito un forte senso di gratitudine, di armonia; entrare in quell'edificio, dove si sono svolti i più grandi cambiamenti della nostra società, è stato come trovarsi al cospetto di un padre premuroso verso i suoi figli. Sebbene ne sia rimasta meravigliata dal punto di vista estetico, l'effetto che mi ha creato è stato decisamente minore rispetto a quello che sto provando adesso.
Qui sento principalmente onore, devozione, fedeltà. A tratti, un forte senso di timore, d'inadeguatezza verso la sua non poca importanza storica e sociale. Se il Palazzo mi ha ricordato un padre affettuoso, l'Accademia sembra più un vecchio eremita, conoscitore di grandi verità, a cui soltanto a pochi uomini è concesso di avvicinarsi.
So di meritarmi questa occasione, di avere le qualità necessarie per essere al suo cospetto, eppure comprendo anche di essere una semplice studentessa, un contenitore riempito soltanto per metà, che attende con impazienza di ricevere le conoscenze adatte per aiutare la sua Nazione a crescere forte e rigogliosa.
È mio dovere non deludere le aspettative della Nuova Europa nei miei confronti: ne va della mia dignità.
«Benvenuti all'Accademia, ragazzi.» Una voce femminile dal forte tono professionale mi riscuote dallo stato di torpore. Mi basta abbassare lo sguardo per vedere l'addetta mora, in piedi di fronte a noi, con un piccolo tablet in mano, che accenna un sottile sorriso prima di riprendere a parlare.
Quando è arrivata? Da quanto tempo è lì, a fissarci con quell'espressione divertita sul viso, senza che io me ne accorgessi?
Per un istante, mi sento fuori luogo, come se non dovessi essere qui, ma nell'universo astratto che mi ha fatto intravedere l'Accademia poco fa. Scuoto velocemente la testa per ritornare con i piedi per terra, distogliendo con non poca difficoltà lo sguardo dall'edificio, che resta visibile dietro le spalle dell'addetta. Se non altro, a giudicare dalle espressioni inebetite degli altri miei compagni, non sono l'unica ad aver perso il contatto con la realtà.
«Complimenti per aver passato il test di selezione, siamo davvero onorati di avervi qui con noi» ci saluta, sempre con quel lieve sorriso sulle labbra, accennando un breve inchino col capo.
A prima vista, non le darei più di trent'anni, ma vista la mia scarsa presenza mentale nel vederla arrivare, dubito che le mie supposizioni siano completamente esatte. La camicia a maniche lunghe blu scuro, accompagnata da un paio di pantaloni bianchi, le risalta il fisico snello e atletico. Sul suo fianco sinistro, legato alla cinta, noto un fazzoletto azzurro, che svolazza placido nel vento.
«Bene» riprende imperterrita, «venite, ragazzi.» Con un delicato cenno della mano, c'invita a seguirla, incamminandosi leggiadra verso l'Accademia senza attendere una nostra risposta.
Basta questo semplice gesto per sbloccarci dalla nostra estatica paralisi: come anatroccoli sotto l'effetto dell'imprinting, la seguiamo inconsciamente, spinti da un crescente desiderio di entrare, di vedere l'interno con i nostri occhi.
Cerco di restare al passo dei miei nuovi amici, le valigie tenute saldamente in mano per non dimenticarle in giardino. Dei tre, Mathias sembra quello maggiormente colpito dall'Accademia, almeno a giudicare dallo sguardo totalmente estasiato; Katia, alla mia destra, ha stampato sul volto un sorriso carico di stupore, mentre Mark, da sinistra, guarda rapito le pareti dell'edificio man mano che ci avviciniamo all'ingresso. Nessuno dei tre parla, ma dubito che saremmo in grado di fare un discorso sensato in un momento simile. A malapena riesco a dare un senso logico ai miei pensieri.
«Clorofillite» bisbiglia inaspettatamente Mark, facendomi voltare nella sua direzione.
Seguo il suo sguardo, notando delle sottili striature di verde chiaro che scivolano lentamente lungo le travi per qualche secondo, prima di svanire nell'acciaio. Ha ragione, è proprio clorofillite.
È stata una delle nostre prime rivoluzioni tecnologiche: nel pratico, sarebbe un materiale chimico in grado di ricreare la fotosintesi clorofilliana delle piante, permettendo così una maggiore produzione di ossigeno da parte delle città. La palestra di Milano era composta prevalentemente di clorofillite e vederla qui non mi stupisce più di tanto, vista l'assenza totale di alberi nelle vicinanze. Cionondimeno, è pur sempre un bello spettacolo a cui assistere.
Oltrepassiamo le porte automatiche e percorriamo un lungo corridoio dalle pareti azzurro chiaro, mentre il cuore mi batte nel petto come una batteria impazzita dall'emozione. Neanche entrati e già sentiamo il vociare degli altri studenti, accompagnato dal suono dei nostri passi sul pavimento bianco: improvvisamente, il mondo intorno a me sembra pulsare nuovamente di vita, allentando di poco il senso di smarrimento iniziale.
Durante il tragitto, una decina di vetrate disposte su entrambi i lati ci permettono di osservare due ambienti molto spaziosi: una mensa sulla destra e una serra sulla sinistra. La nostra guida ci sprona a mantenere il passo, informandoci che una volta presentate le varie stanze potremo muoverci liberamente all'interno della struttura, anche se per molti quest'indicazione appare alquanto difficile da rispettare.
Continuo a camminare gettando una rapida occhiata ai due locali, notando quanto Katia sembri particolarmente interessata alla serra: a fatica riesce a distogliervi lo sguardo. "Forse è un amante del giardinaggio" rifletto, conscia di sapere ancora poco dei miei nuovi amici, "staremo a vedere."
Il lungo corridoio azzurrino termina su una colossale colonna bianca, grande quasi quanto noi studenti messi in fila, ai cui lati si diramano come raggi una serie di strade interne simili a quella che abbiamo appena percorso. Qui, la donna dai capelli neri si ferma, voltandosi verso di noi.
«Bene, ragazzi, ora siamo nel punto centrale dell'Accademia. Scoprirete che qui è molto facile orientarsi, non avrete alcun problema sotto questo punto di vista.
Come potete vedere, da questa colonna si diramano una serie di corridoi, che vi daranno accesso alle molteplici aree dell'edificio. Questa morfologia vale anche per i piani superiori.
L'Accademia è divisa su cinque livelli: il pianoterra è riservato principalmente allo svago, mentre i restanti quattro ospitano gli alloggi degli studenti e dei professori, nonché le aule per le lezioni.
Dietro di voi sono disposte la mensa e la serra» continua, indicando con la mano le due porte alle nostre spalle.
Mi giro a osservare il refettorio, un grande spazio con decine di tavoli circolari e un grande bancone di vetro situato a pochi metri da noi. Alcuni studenti sono intenti a mangiare, chi chiacchierando con i compagni e chi leggendo qualche testo scolastico.
«La mensa è aperta dalla mattina alla sera: potete scegliere liberamente quando mangiare. Potete anche portarvi il cibo in camera, se lo desiderate: ogni studente potrà gestirsi come meglio crede, sul piano alimentare.
La serra alla vostra destra, invece, è forse uno dei luoghi più confortevoli dell'istituto. Il giardino esterno è accessibile in qualsiasi momento della giornata, ma durante il periodo invernale è facile che vi siano delle vere e proprie tormente di neve, che possono limitarne lo spazio accessibile. È qui che normalmente si tengono le lezioni di Botanica, per chi fosse interessato a seguirle. Bene, possiamo proseguire.»
L'addetta riprende a camminare, i suoi passi che risuonano aggraziati sul pavimento. Tutti c'incamminiamo nella sua direzione, me compresa, per poi accorgermi che Katia è rimasta immobile di fronte alla serra. Forse è davvero interessata alla cura delle piante: non riesce a muovere un muscolo, il suo sguardo perso nella fontana centrale, circondata da roseti e altre piante a me sconosciute.
«Sei una di quelle col pollice verde?» le domando, facendola ripiombare nella realtà.
Mi raggiunge arrossendo leggermente, visibilmente imbarazzata dal suo incomprensibile comportamento: «Abbastanza, mi piacerebbe seguire qualche corso a riguardo.» Si gira a guardare nuovamente la serra attraverso le grandi vetrate: «È davvero bella.»
In effetti, ha ragione, e non solo per quanto riguarda la serra. L'Accademia è così aperta, spaziosa, luminosa; non sembra nemmeno di stare al suo interno, se non fosse per la colonna portante alla nostra destra.
«Qui» riprende la guida, fermandosi di fronte a una porta automatica che dà su una serie di stradine secondarie, «abbiamo le palestre. Dopo la Biblioteca, questo è il luogo più grande dell'intera Accademia. Potrete seguire qualunque sport voi vogliate, disponiamo di tutti i campi da gioco conosciuti. Inoltre, se siete interessati, troverete anche la sala arcade per la realtà aumentata.
Subito dopo le palestre è collocata l'infermeria, sempre disponibile ventiquattr'ore su ventiquattro. Ma immagino che a voi interessi di più vedere un'altra stanza, perciò seguitemi.»
Non è difficile indovinare di quale luogo stia parlando, visto che tutti quanti desideriamo ardentemente vederlo, perciò continuiamo la nostra passeggiata attorno alla colonna.
Quando raggiungiamo uno dei corridoi principali, a lato dell'infermeria, vediamo alcuni studenti che entrano ed escono dai vari locali, tutti molto presi dalle loro attività e poco interessati al nostro arrivo: solo un ragazzo ci sorpassa salutandoci e dandoci il benvenuto. Tutti quanti indossano la divisa accademica, ossia camicia bianca e pantaloni blu scuro, e su alcuni di loro è possibile intravedere il tatuaggio semovente, che sbuca dal colletto o dalle maniche della camicetta.
«Ed ecco a voi la Biblioteca accademica» annuncia con un tono solenne l'incaricata dell'Accademia, indicando con la mano l'enorme vetrata di fronte a noi.
Al solo vederla, il mio cuore perde un battito. Dall'altra parte del vetro, posso vedere un'ampia sala per lo studio, con decine di tavoli circolari gremiti di studenti. E subito dietro, ci sono i libri.
Centinaia di libri, ordinati con cura all'interno dei vari scaffali di metallo. Frammenti di storia che riposano quieti, in attesa di essere sfogliati per rivelare i loro segreti.
Trovarsi di fronte a una simile meraviglia è indescrivibile: tutti rimaniamo in silenzio, ad ammirare incantati quel tesoro di carta e inchiostro, testimone di un passato sopravvissuto alla violenza degli Esterni.
«Oltre la parete di libri si trova la sezione relativa ai file digitali. Disponiamo di varie copie di taluni argomenti, mentre di altri abbiamo un solo esemplare. Per questi ultimi, esistono delle norme che dovete seguire per evitare che si danneggino, ma in generale avrete accesso a tutto il materiale che desiderate.»
Alcuni studenti si avvicinano alle porte automatiche per entrarvi, ma la guida chiede loro gentilmente di aspettare: «Una volta che avrete preso possesso delle vostre stanze, sarete liberi di visitarla per tutto il tempo che vorrete.»
Dopo averci dato qualche secondo per contemplare nuovamente l'archivio, l'addetta ci sprona a seguirla per mostrarci l'ultima stanza del pianterreno, prima di salire al livello successivo: una cosa che risulta molto difficile, considerando lo spettacolo cui abbiamo appena assistito.
«E per finire, a lato della mensa e degli ascensori c'è la sala ristoro con annesso il cinema» conclude, mostrandoci uno stanzone adibito a soggiorno, con all'interno ampi divani azzurri, tappeti variopinti sul pavimento e un'unica, grande vetrata che affaccia sul giardino esterno. «Due volte a settimane proiettiamo dei film, sia recenti che precedenti agli Esterni. Abbiamo anche la televisione, così da restare aggiornati con la Nuova Europa in qualsiasi momento.
Bene, con questo abbiamo concluso il giro del pianterreno. Ora vi porterò alle vostre stanze, poi sarete liberi di esplorare l'intera Accademia. Prego, da questa parte.»
Ci accompagna fino a degli ascensori di vetro, situati a lato della Biblioteca, e da lì saliamo fino al primo piano, suddivisi in gruppi di venti.
La salita è veloce e nel mentre nessuno fiata: dubito che oggi ci sarà qualcuno in grado di proferire parola.
Raggiunto il primo livello e atteso che arrivassero tutti gli altri nostri colleghi, percorriamo un altro corridoio, questa volta verde chiaro, fino ad arrivare a un'altra porta automatica simile a quella della palestra, a fianco della colonna portante. Qui, la nostra guida si ferma per l'ultima volta.
«Questo piano è riservato a voi matricole» c'informa. «Qui troverete le vostre stanze e le varie aule scolastiche relative al primo anno accademico.
Il secondo e il terzo sono invece per gli studenti degli anni successivi: salvo rare lezioni che magari vorrete approfondire, non avrete motivi scolastici per andare lì quest'anno. Infine il quarto livello è riservato ai professori e al preside Rain; lì ha il suo studio. Per qualsiasi problema, potete tranquillamente rivolgervi a lui.
Dietro questa porta si dirama la zona degli alloggi. Ogni corridoio è composto da venti camere, che vanno in ordine numerico. Nella vostra stanza troverete, tra le altre cose, anche il pass che vi permetterà di accedere al Wi-Fi dell'Accademia. Come ben sapete, non vi sarà permesso comunicare con l'esterno in alcun modo. Per quanto possa sembrare strana come richiesta, vi garantisco che finora questa regola ha sempre portato enormi benefici all'Accademia e alla Nuova Europa, per cui vi chiedo gentilmente di accettarla il prima possibile.
Bene, questo è quanto. Appena dirò il vostro nome e il numero della vostra stanza, potete ritirarvi. Congratulazioni di nuovo e benvenuti all'Accademia.»
La donna accenna un piccolo inchino col capo, per poi accendere il tablet che tiene in mano per fare l'appello. Uno alla volta, gli studenti nominati attraversano le porte automatiche, dirigendosi svelti verso le loro camere: alcuni si fermano nel corridoio di fronte a noi, altri invece si addentrano tra le strade secondarie della zona abitativa.
Quando pronuncia ad alta voce il mio nome, stringo le valigie e mi dirigo a passo svelto verso la mia stanza, ringraziando l'addetta con un cenno della testa. Percorro il corridoio principale fino a raggiungere la seconda biforcazione a sinistra, dove svolto e continuo a camminare. A prima vista sembrerebbe quasi un labirinto, ma mentre lo percorro capisco che è solo un'illusione ottica dovuta alla novità: in realtà, trovare la camera non risulta per niente complicato, anzi, mi bastano pochi secondi per arrivarci.
Mi avvicino alla porta automatica celeste metallizzato della mia stanza, la "123", dove trovo un piccolo schermo acceso. Non appena passo davanti al sensore di movimento, una cordiale voce robotica mi dà il benvenuto all'Accademia, per poi aprire un file.
[Da compilare prima di entrare, prego] mi avvisa cordialmente. In tutto vi sono una ventina di domande a cui rispondere, inerenti l'attività didattica che intendo frequentare.
Appoggio la borsa della palestra per terra sbuffando e mi appresto a digitare velocemente le varie risposte. Avrei preferito farlo dopo essermi rilassata sul letto un paio di minuti, ma dubito che riuscirei a entrare senza averlo compilato, quindi tanto vale muoversi.
[Il modulo verrà subito preso in esame] risponde la voce una volta confermate tutte le risposte. [Entro stasera riceverà il programma con le lezioni obbligatorie da seguire per il percorso di studi scelto e gli orari delle lezioni. Buona giornata e ancora congratulazioni!]
La porta automatica si apre, lasciandomi finalmente libera di entrare in quella che per il prossimo anno sarà la mia nuova casa, e devo ammettere che la prima impressione che mi dà è molto positiva.
Le pareti della camera sono dipinte di un rosso chiaro, decorate ai lati del soffitto e del pavimento da dei filamenti color argento. A destra dell'entrata trovo il letto singolo, mentre davanti a me hanno posizionato un angolo studio, con due scrivanie in acciaio, due lampade da tavolo con decorazioni floreali alla base e una sedia di velluto blu. A sinistra intravedo una porta che scopro essere quella del bagno privato, anch'esso dipinto di rosso, e al suo fianco una grande anta scorrevole bianca per la cabina armadio. Il tutto completato da un grande tappeto circolare dalla trama geometrica, che copre buona parte della stanza.
Appoggio le valigie vicino al letto e mi soffermo qualche secondo ad ammirare immobile la stanza, certa che qui mi troverò davvero bene. La mobilia è splendida fino all'ultimo dettaglio e l'atmosfera aurea che l'Accademia mi ha fatto provare finora sarà un valido alleato per riuscire ad adattarmi al meglio ai vari cambiamenti che dovrò affrontare qui dentro.
Mi sdraio sul letto, gli occhi che perlustrano la camera, ancora incapace di crederci. Sono davvero qui? Non sto sognando, vero? Sono davvero qui?
Lo stupore si disperde, lasciando il posto a una risata appena accennata, che poi si fa sempre più forte. Sì, diamine, sono davvero all'Accademia! Ce l'ho fatta, non è un sogno! È reale, questo letto è reale, questa stanza è reale!
A breve potrei piangere dalla gioia: è semplicemente fantastico.
Il sogno di una vita si è finalmente avverato: da adesso, sono ufficialmente una nuova matricola dell'Accademia.
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