Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

8.1 Il fotografo, il medico, l'ingegnere

"Ricevuto il simbolo, si prende il treno che ci porterà all'Accademia.

E la vista della Zona Nera ti sconvolge l'esistenza."

Studente stanza 126, Accademia


«Hai intenzione di rimanere imbambolato a fissarlo fino all'Accademia?» chiede Mark, lanciando l'ennesima frecciatina.

Mi volto verso Mathias, ancora preso dal nuovo tatuaggio, e scuoto istintivamente la testa. Da quando è sceso dal palco non ha mai smesso di contemplarlo, incredulo all'idea di avere una cosa simile sul suo braccio. Il problema è che proprio questa sua reazione è diventata in poco tempo motivo di scherno da parte del ragazzo alla mia destra, che, sebbene non lo faccia con cattiveria, non perde occasione per farglielo notare.

«Ehi, non tutti erano preparati come te!» gli ribatte, puntando per qualche secondo gli occhi su di lui, prima di riportarli nuovamente sul cervo.

«Se non altro, non è sbiancato alla consegna» commento sarcastica, ripensando alla sfida lanciata durante la presentazione.

Mark annuisce alla mia affermazione: «Per fortuna non doveva parlare. Dall'espressione stupita che aveva in volto, temevo che si sarebbe messo a balbettare!»

Mathias distoglie finalmente lo sguardo dal tatuaggio, fingendo di essere seccato dal nostro punzecchiamento: «Oh, il vostro humour è davvero contagioso, sapete? Non avete idea di quanto mi stia divertendo in questo momento!» esclama ironico, provocando una risata generale di cui lui stesso subisce l'effetto.

Nonostante le numerose frecciatine di Mark, a cui qualche volta mi sono aggiunta anch'io, Mathias non si è mai innervosito, né ha mostrato segni di rabbia: a giudicare dalle sue risposte, dubito persino che sia realmente in grado di perdere le staffe.

Sembra il classico ragazzo allegro e ottimista, quello che vede in ogni occasione il bicchiere mezzo pieno, senza considerare neanche per un secondo la metà vuota. "È probabile che non gli facciano nemmeno effetto le nostre battutine" mi dico, cercando di tornare seria in vista del treno ad alta velocità.

Subito dopo la consegna dei tatuaggi, Rain ha concluso la presentazione ufficiale con un ultimo breve discorso. Mathias non ha seguito una sola parola, ma in generale non è che si sia perso granché: anch'io lo seguivo a tratti, concentrata di più sul nostro prossimo arrivo in Accademia.

Successivamente, Fontana ci ha dato il permesso di tornare alla stazione, per la tanto attesa partenza. Permesso che ha scatenato subito il pandemonio: molti studenti sono scattati dalla poltrona e hanno raggiunto in fretta e furia le loro valigie, per poi correre a perdifiato fuori da Palazzo. Dire che aspettavano questo momento con ansia è decisamente riduttivo.

Noi tre invece abbiamo preferito prendercela con più calma, lasciando andare avanti i più infervorati e recuperando con tranquillità i nostri bagagli. Non ce la sentivamo di sfrecciare nei corridoi come gli altri, anche perché, come ha suggerito Mark, "è possibile che Mathias non regga il passo, concentrato com'è dalla sorpresa inaspettata". E in effetti, a guardarlo bene, l'idea che potesse sbattere contro qualche muro non era del tutto impossibile, sebbene alla fine sia riuscito a mantenere la nostra andatura senza inciampare.

Una volta raggiunta la stazione, mi sono concessa qualche secondo per dare un'ultima occhiata al Palazzo, rimpiangendo di non poterci restare un altro po': mi sarebbe piaciuto visitare qualche interno od osservare di nuovo Arcadia dalla terrazza panoramica. So che una volta completato il mio periodo all'Accademia tornerò qui per la consegna della laurea, però l'idea di aspettare altri tre anni non mi alletta per niente. "Vedi il lato positivo" mi dico, prima di ricongiungermi con gli altri nella sala d'aspetto, "almeno ci sei stata."

Quando arriviamo al binario per l'Accademia, troviamo il treno ad alta velocità già preso d'assalto dai primi arrivati: per rendere l'operazione più scorrevole, davanti alle porte automatiche sono state create cinque file, che però non sembrano particolarmente efficaci nel ridurre l'entusiasmo dei vari ragazzi, impazienti di prendere posto all'interno del mezzo.

Ci mettiamo in coda nella fila centrale, valigie in mano, in attesa del nostro turno per salire. Mathias sposta la sua attenzione sui vagoni, mantenendo l'espressione meravigliata che ha avuto finora, mentre gli occhi di Mark scorrono inespressivi sui vari studenti intorno a noi.

A differenza nostra, lui non sembra particolarmente euforico: se si escludono i commenti sarcastici di poco fa, non ha mai mostrato una qualche forma di entusiasmo nei confronti dell'Accademia. Adesso, per esempio, sembra quasi che stia per prendere un normalissimo treno.

"Immagino che avere un cugino che ti ha raccontato per filo e per segno la sua vita accademica riduca notevolmente le tue aspettative" rifletto sardonica, abbassando distrattamente lo sguardo sui nostri bagagli.

Mathias ha portato con sé un solo trolley; al contrario, Mark ne ha con sé due, oltre a uno zaino che ora ha sulla schiena. Considerando la media di valigie degli altri studenti, lui batte ogni record.

Mi chiedo che cosa possa averci messo dentro: devono essere cose molto importanti, se ha deciso di non lasciarle a casa. "Anche fosse, non sono cose che mi riguardano" mi ordino, cercando di distogliere l'attenzione dai suoi bagagli, seccata dalla mia costante curiosità nei suoi confronti. Gli lancio un'ultima occhiata che lui non sembra notare e torno a concentrarmi sulla fila.

Finalmente i ragazzi davanti a noi salgono sul treno, permettendoci di fare altrettanto. Una volta entrati nel mezzo, attraversiamo la porta automatica alla nostra sinistra e percorriamo il vagone in tutta la sua interezza, in fila indiana, alla ricerca di posti liberi.

L'interno è molto bello, sebbene sia abbastanza sobrio: togliendo le poltroncine blu e delle tende bianche ai lati dei finestrini, non sono state inserite ulteriori decorazioni, ma nel complesso l'ambiente è particolarmente gradevole.

Entriamo nella carrozza successiva, dove troviamo quattro posti liberi nella zona centrale, e senza perdere altro tempo, decidiamo di fermarci qui.

Mathias sistema il bagaglio sulla grata metallica in alto, per poi sedersi su una delle poltroncine di fianco al finestrino. Anch'io scelgo di seguire il suo esempio, mettendomi di fronte a lui, mentre Mark si accomoda alla sua sinistra, dopo aver appoggiato lo zaino sul sedile accanto a me.

Finalmente possiamo rilassarci come si deve, pronti ad affrontare l'ultima tappa che ci porterà all'Accademia. Fa uno strano effetto ritrovarsi su questo treno, come se fossimo in procinto di compiere un viaggio epocale in un luogo leggendario. È un'esperienza unica, che rilascia un leggero senso di pace. "Ci sono voluti ventuno anni per arrivare fin qui" rifletto sorridendo, osservando la fila che si accorcia dall'altra parte del vetro. "La gioia che provo adesso vale tutto il tempo che le ho dedicato."

Chiudo gli occhi, assaporando questo breve momento e tornando con la mente alla mia città. Ripenso alla mia famiglia, a Sarah, a tutto quello che ho vissuto finora: l'orgoglio che sento è sicuramente paragonabile all'emozione che hanno provato loro alla mia nomina in piazza.

Sono riuscita nel mio intento: ora non mi resta altro da fare che continuare a percorrere la mia strada.

«Oh, ti prego, smettila!» esclama sbuffando Mark, risvegliandomi dallo stato di pace.

Non devo nemmeno aprire gli occhi per capire a cosa si sta riferendo: Mathias ha ripreso a guardare il tatuaggio.

Il momento di quiete che sto vivendo rende la situazione incredibilmente divertente, tanto che ridacchio prima ancora di posare lo sguardo sui due ragazzi. "Ventuno anni per arrivare fin qui e guarda che colleghi mi ritrovo!"

Mathias non gli risponde nemmeno: lo guarda con la coda dell'occhio, un sottile ghigno sarcastico che gli percorre le labbra. "Non dirmi che l'ha fatto apposta" prego. Dubito che voglia far innervosire Mark di proposito, ma potrei anche sbagliarmi: d'altronde, non lo conosco bene da poter già avere un'idea chiara su di lui.

«Lascialo fare» m'inserisco nel discorso, sperando di calmare le acque. «È semplicemente sorpreso, domani gli passerà.»

«E poi non sono l'unico» aggiunge Mathias, indicando il gruppo di studenti vicino a noi, anche loro intenti a rimirare con entusiasmo il simbolo. «Non so come facciate voi due a non fissarlo!»

Appoggio il braccio sul bracciolo della poltrona, la cerbiatta bene in vista davanti a me. Nonostante sia passata una mezz'ora circa dalla sua creazione, l'effetto che rilascia rimane indescrivibile: è strano e magnifico allo stesso tempo.

A Palazzo, Mark ci ha spiegato come riesce a muoversi. Secondo la sua teoria, che però ha specificato non essere al cento per cento sicura, reagisce agli ormoni rilasciati dal nostro corpo: le varie emozioni che noi proviamo fanno da catalizzatore per i suoi spostamenti, rendendo i movimenti più o meno fluidi, a seconda dell'intensità dell'emozione provata. Ha inoltre aggiunto che, quando torneremo da Fontana, lo rimuoveranno, perché è pur sempre un sistema di sicurezza e non avrebbe senso definirlo tale se tutti lo potessero studiare. Suo cugino si era tatuato un cervo simile una volta tornato a casa, per ricordare quello accademico: per questo sapeva, in linea di massima, che cosa aspettarsi.

Sfioro il disegno col pollice e l'animale sembra percepirne il tocco, chiudendo per un secondo gli occhi e muovendo appena il muso.

«Non si può negare che abbia il suo fascino» concordo con Mathias, «ma visto che lo vedrò per i prossimi tre anni, non ho intenzione di passare tutta la giornata a fissarlo.»

«Io me l'aspettavo, invece» taglia corto Mark, «per cui non c'è stata alcuna sorpresa per me.

Capisco il momento inaspettato, Mathias, solo smettila di avere quell'espressione imbambolata!» aggiunge, trattenendo a malapena una risata.

Per tutta risposta, il suo vicino decide di voltarsi a osservarlo, lo sguardo estasiato ben visibile sul suo volto: «Se vuoi ti guardo così fino all'Accademia, giusto per non lasciarti in disparte» ironizza.

Metto una mano davanti alla bocca per non scoppiare a ridere: lo stupore di Mark, che non si aspettava una reazione simile, unita alla faccia idilliaca di Mathias, è alquanto divertente.

«Torna sul tatuaggio, che è meglio» replica serio, indicandogli con l'indice il cervo semovente.

Mathias ridacchia, compiaciuto di aver vinto quella piccola battaglia, mentre Mark scuote la testa alzando gli occhi al cielo, cercando di trattenere la risata che vorrebbe uscirgli dalla gola, per non dare ulteriore soddisfazione al suo nuovo amico.

Approfitto del breve momento di calma per soffermarmi un istante su di loro, notando quanto siano diversi sia caratterialmente che fisicamente. Tra i due, Mark è quello più alto, nonché il più muscoloso, sebbene non lo sia in maniera eccessiva. Il ciuffo rosso che gli cade vaporoso a destra della fronte risalta vistosamente sul viso, mentre sul mento spicca un accenno di barba.

Mathias invece è decisamente più magro, tanto che la maglietta a V che ha deciso d'indossare gli sta un pochino larga. I capelli arruffati gli cadono disordinati sulla testa, donandogli un'aria sbarazzina.

A una prima occhiata, Mark sembra essere il più maturo tra i due, anche se pure lui possiede un discreto senso dell'umorismo, mentre Mathias è sicuramente il più estroverso, sempre pronto a far ridere gli altri e a vivere la vita con spontaneità e naturalezza.

Non sono certa di essermi fatta un'idea precisa su di loro, ma a giudicare da questa prima impressione e dallo spettacolo che mi hanno appena offerto, direi che non sono poi così male. Frequentare l'Accademia con loro sarà senz'altro interessante.

«Ehm, scusate.» Una voce vellutata mi riscuote dalle mie riflessioni, facendomi voltare verso la studentessa che ha formulato la frase, in piedi davanti a noi.

La ragazza ci osserva con aria dubbiosa, gli occhi marroni che saettano su noi tre in attesa di una nostra risposta. I lunghi ricci biondi le cadono morbidi sulle spalle, mentre lei resta immobile, la mano destra che stringe titubante la valigia al suo fianco.

Non sembra particolarmente a suo agio: forse è semplicemente emozionata per via di tutti gli avvenimenti della giornata e non sa più come gestire le varie situazioni. Se non fosse stato per l'incontro fortuito con i due ragazzi, probabilmente avrei reagito così anch'io.

«Ehm» riprende, la sua voce appena percepibile, «il posto è libero?» chiede, indicando la poltroncina al mio fianco.

Le sorrido, sperando di metterla subito a suo agio: «Certo, accomodati pure.»

Mark sposta lo zaino sotto il sedile, mentre la nuova arrivata sistema la valigia sul ripiano e si siede vicino a me. Saluta con un cenno del capo i due ragazzi, intrecciando le dita sul grembo in preda a un momento di timidezza.

«Ehi, tutto bene?» le domanda Mathias, che nel frattempo è riuscito ad assumere un'espressione più seria di quella che ha avuto fin adesso.

La ragazza resta sorpresa dalla domanda, come se non si aspettasse che qualcuno le rivolgesse la parola. Dopo un leggero smarrimento, annuisce delicatamente con la testa: «Sì, scusate. È solo che non mi aspettavo tutto questo. Devo ancora riprendermi.»

Il tono della sua voce è basso ma incredibilmente cristallino: non avevo mai sentito una tonalità così particolare. Eppure, devo ammettere che calza a pennello con il suo aspetto semplice. Per un secondo, mi ricorda il petalo di un fiore: come metafora andrebbe molto bene.

«Tranquilla, nessuno se lo aspettava qui» la rincuora Mathias, sorridendole con aperta sincerità. «Tranne lui, ma è un caso disperato, non dargli credito» aggiunge, indicando con fare innocente Mark e facendole l'occhiolino.

Lei accenna un sorriso, rilassandosi un pochino, mentre Mark si volta a guardare stupito il suo vicino, strabuzzando gli occhi: «Parla il ragazzo più sveglio del treno!» gli rinfaccia, scuotendo la testa rassegnato.

«Piacere, Mathias» continua lui, ignorando completamente la frase del ragazzo e rivolgendo la sua attenzione esclusivamente alla nuova arrivata.

«Katia» risponde lei, accennando un saluto col capo.

«Allora» riprende dopo le varie presentazioni, cercando di destarsi dal momento d'imbarazzo, «voi che progetti avete per l'Accademia?»

Con la coda dell'occhio, noto che le file fuori dal treno sono sparite, segno che non manca ormai molto per la partenza. Non hanno ancora acceso i motori, ma dubito che dovremmo aspettare ancora.

«Io intendo seguire sia i corsi di Economia che quelli dei nuovi media» risponde prontamente Mathias, quasi aspettasse questa domanda da quando lei si è seduta al mio fianco. «Vorrei diventare un fotografo.»

Lei resta particolarmente colpita dalla risposta: «Come mai questa scelta, se posso chiedere?»

«Diciamo che mio padre vorrebbe che mi laureassi nella prima, mentre io preferisco di gran lunga la seconda. Per non deludere nessuno, ho deciso di seguirle entrambe.»

Mathias sembra avere un effetto positivo su di lei: gli è bastato dire poche parole per farle passare l'imbarazzo. Le sue dita non sono più intrecciate in una morsa e ascolta con vivo interesse quello che lui le racconta. Di sicuro hanno una certa affinità, anche se ritengo che sia troppo presto per fare ulteriori congetture.

«Tu invece?» chiede Katia a Mark, spostando lo sguardo su di lui.

«Ingegnere informatico» le risponde educato, accarezzandosi la barba sul mento. «O robotico, devo ancora decidere.»

Ora che ci ha rivelato il suo progetto accademico, resto parecchio sorpresa dalla sua scelta. L'informatica è un argomento che mi affascina moltissimo, ma non ho mai pensato di frequentare un corso di studi così mirato, soprattutto per la mia scarsa conoscenza dei meccanismi digitali. Però ho sempre ammirato chi lavora sui computer: per me, è come se entrassero ogni giorno in un nuovo mondo.

«Wow» esclama Katia, stupita dalla sua risposta. «Ti piacciono le macchine?»

«Ho una certa predisposizione per i computer» rivela, abbozzando un sorriso. «Mi piace studiare i mezzi digitali, capire come funzionano ed elaborarne di nuovi. Non mi dispiacerebbe brevettare qualcosina, una volta uscito dall'Accademia.»

"Allora è per questo che prima parlava con Qub" rifletto, la mia curiosità che ritorna trionfante alla carica, "forse voleva parlare con il ministro dello sviluppo tecnologico su qualche futuro brevetto."

L'idea sarebbe interessante, ma non sono nemmeno sicura che sia quella giusta. Potrei chiederglielo, visto che ha deciso di affrontare l'argomento. "E poi dubito che saprei contenere la mia curiosità ancora per molto."

«Prima della presentazione ti ho visto discutere con Qub» inizio, cercando di essere più discreta possibile. «Immagino che la cosa c'entri con i tuoi brevetti.»

Lui ammutolisce all'improvviso, guardandomi con gli occhi spalancati: dalla sua reazione, dubito che sia contento di aver scoperto la mia involontaria intromissione nei suoi affari.

Tento di risolvere subito la questione, per evitare che mi prenda per una spiona: «Non era mia intenzione, lo giuro. Vi ho sentito parlare mentre raggiungevo l'Auditorium» mi scuso, mortificata per averglielo chiesto.

Mark rimane in silenzio per qualche secondo, incapace di rispondere o di cambiare espressione, rendendo la situazione decisamente più imbarazzante del previsto. L'unico suono che riempie il vuoto creatosi è quello dell'accensione dei motori del treno, pronto a iniziare la sua corsa verso l'Accademia. Persino Mathias e Katia restano muti, in attesa di una sua risposta.

Dopo quella che sembra un'eternità, Mark scuote la testa, riprendendosi dal momento di trance: «No, non era per quello. È che non mi aspettavo che qualcuno mi avesse visto. Ma non te ne faccio una colpa» si giustifica, alleggerendo il lieve senso di tensione che aleggia nell'aria.

«Che succede, si può sapere?» gli domanda Mathias, per poi sghignazzare con fare sospetto. «Che piani oscuri hai in mente? Su, dicci!»

«Nessun piano oscuro, mi dispiace deluderti» gli ribatte serio, per poi sospirare contrito. «Sto lavorando a un progetto digitale che per ora preferisco rimanga top secret. Speravo di poter parlare con Qub e avere qualche dritta su come sistemare alcuni aspetti difettosi, tutto qui. Anche dare un'occhiata ai suoi chip mi sarebbe bastato.»

Al solo sentire l'ultima frase, Mathias scoppia a ridere, facendo ammutolire il suo vicino.

«Mi stai dicendo che gli hai gentilmente chiesto di poter studiare le sue "zone private"?» esclama, inorridito e divertito allo stesso tempo dalla deduzione.

Katia resta ammutolita, mentre io scuoto lievemente la testa. "Questa la potevi evitare" gli ribatto mentalmente.

«I robot non hanno zone private» replica Mark, stizzito dal modo in cui gli è stata posta la domanda. «Non sanno cosa sia la pudicizia.»

Mathias non riesce a smettere di ridere: si piega in due e si tiene con fare teatrale la pancia. «Da te mi sarei aspettato qualsiasi cosa, ma non che fossi un maniaco di robot!»

Mark evita di rispondere, sbuffando irritato e alzando gli occhi al cielo. Katia sposta la visuale sulla stazione, imbarazzata dalla discussione a cui ha appena assistito. Dal canto mio, mi dispiace che Mark sia stato interrotto in un modo così rude.

Inoltre, mi sento in colpa per aver tirato fuori l'argomento: se mi fossi fatta gli affari miei, Mathias non l'avrebbe preso in giro. "Dovevo starmene zitta."

«Sono sicura che riuscirai a risolvere i difetti del tuo progetto anche senza Qub» lo rincuoro, sperando di fargli passare la rabbia.

«Grazie» mi risponde a denti stretti senza guardarmi, trattenendosi dallo sputare su di me la sua irritazione.

Fuori dal finestrino, la stazione inizia a muoversi lentamente, segno che il treno ha cominciato la sua corsa verso l'Accademia. Qualche studente urla entusiasta, ma tra noi quattro l'unico che gioisce è Mathias, e non di certo per la partenza. Riesce a ridarsi un contegno solo quando Katia mi chiede pacata che corso intendo seguire.

Le rispondo cordialmente, sperando che questo basti a risollevare l'atmosfera fattasi improvvisamente pesante.

"Mai ironizzare sulla futura professione di Mark: prima regola che dobbiamo imparare se vogliamo andare d'accordo."

«Tu invece che progetti hai?» domando a Katia, mentre dietro di lei i grattacieli sfilano veloci ai lati del treno.

«Sanità» risponde sorridendo. «Mi piacerebbe diventare infermiera e aiutare gli altri.»

«Beh, puoi anche togliere il "mi piacerebbe"» la correggo, accennando un sorriso. «Ormai è una certezza, non credi?»

«Sì, direi di sì» concorda, annuendo con la testa.

Dietro di lei, i grattacieli cominciano a diminuire, fino a sparire alla nostra vista. A qualche metro da noi, il Palazzo si erge imponente, brillando come un enorme cristallo.

Il drastico cambiamento nel panorama all'inizio si percepisce a malapena: il vetro e l'acciaio degli edifici svaniscono come nebbia, lasciando il posto alle verdi colline. In lontananza, le montagne innevate svettano come guardiani invincibili. Niente fa presagire quello che viene subito dopo.

Lo si inizia a vedere nel colore dell'erba: dal meraviglioso verde smeraldo, si passa a una tonalità più scura, che poi diventa sempre più spenta man mano che il treno avanza.

Così come cambia il paesaggio, così l'atmosfera di poco fa si trasforma completamente, in una maniera talmente repentina da sembrare surreale.

Posso vedere Katia spostarsi col busto in avanti, lo sguardo fisso sull'esterno alle mie spalle. Nel suo volto vedo stupore, curiosità, ma anche dolore. Come lo posso vedere in tutti gli altri studenti, che fissano il panorama immobili. Anche Mark e Mathias restano in silenzio, gli occhi puntati sulle colline.

Nessuno fiata: l'unico suono che si sente è quello del treno, che imperterrito continua la sua corsa.

Non vorrei voltarmi, non vorrei guardare, ma mi costringo a farlo: sarà doloroso, ma sapevo a cosa andavo incontro, salendo su questo vagone. Inghiotto a vuoto combattendo contro un forte peso allo stomaco e guardo fuori dal finestrino. Il respiro mi si mozza in gola, il cuore perde un battito.

"La Zona Nera."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro