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7.1 Tempo di socializzare

"Ognuno ha il suo obiettivo nella vita.

A Palazzo, una volta all'anno, tutti gli obiettivi del mondo si riuniscono in un'unica sala."

Studente stanza 160, Accademia

Dopo aver passato altri dieci minuti immobile di fronte alla vetrata panoramica, decido che è arrivato il momento di ritornare con i piedi per terra e di raggiungere l'auditorium per la presentazione: dopotutto, sono qui per uno scopo ben preciso e non per una semplice gita turistica, quindi è il caso che mi ridia un certo contegno.

Lancio un'ultima occhiata alla terrazza coperta, ora quasi completamente vuota se si tralasciano un paio di ragazzi ancora incantati ad ammirare il paesaggio, ed entro nella cabina dell'ascensore. La discesa, come la salita d'altronde, non dura molto, e in meno di un minuto mi ritrovo nella hall del Palazzo. Se non altro, ho avuto qualche secondo per snebbiarmi la mente da tutte le meraviglie che ho visto lassù, così da giungere alla presentazione un po' più sveglia di quando sono arrivata qui.

Mi dirigo a passo svelto verso la sala predisposta per l'evento, accompagnata solo dal suono delle mie scarpe che rimbomba nei corridoi. La reception è deserta, così come la corsia che percorro, il che mi fa sorgere l'atroce dubbio di essere in ritardo per l'annuncio.

"Speriamo di no" prego mentalmente, accelerando il passo. "Non voglio fare delle brutte figure ancor prima di arrivare all'Accademia, per favore."

All'imbocco del passaggio Nord-Est, però, mi accorgo di non essere l'unica persona ancora nella hall: nel corridoio adiacente, infatti, intravedo una persona girata di spalle, intenta a parlare con qualcuno che da qui non riesco a vedere.

È stato proprio il suo confabulare a farmi notare la sua presenza, altrimenti non l'avrei scorto neanche inavvertitamente.

«Mi dispiace, signorino, ma deve avere un permesso firmato dal governatore.» La forma cubica di Qub compare svolazzante per un decimo di secondo dietro la silhouette del ragazzo, a prima vista un altro neo studente.

Mi soffermo poco su questa inaspettata discussione, primo perché temo seriamente di essere in ritardo e secondo perché non sono cose che mi riguardano. Noto di sfuggita i capelli neri corti e la camicia bianca del giovane, prima di distogliere completamente lo sguardo da quell'insolito duo.

«Andiamo, soltanto cinque minuti, anche tre se sono troppi!» esclama amareggiato l'umano tra i due, il tono contrito che entra nelle mie orecchie mentre mi dirigo svelta all'auditorium. «Mi basta un'occhiata veloce, non chiedo poi molto!»

«E io le chiedo di andare immediatamente alla presentazione, se non vuole che nascano problemi ben più gravi di quelli che sta creando in questo momento» gli ribatte esasperato Qub.

Le loro voci si fanno sempre più flebili a ogni mio passo, fino a scomparire quando sono quasi arrivata all'auditorium.

Resto stupita dal comportamento del robot: devo ammettere che un tono così autoritario da parte sua non me l'aspettavo proprio. Che diavolo gli avrà chiesto di così impossibile quel ragazzo? Forse voleva visitare uno degli uffici? O magari voleva parlare con qualcuno del Palazzo?

"Beh, di sicuro non sono problemi miei" concludo, accantonando la strana discussione a cui ho appena assistito e raggiungendo la sala delle presentazioni senza ulteriori indugi.

Entro nell'enorme stanza aspettandomi di trovare Fontana nel mezzo del suo discorso di benvenuto, ma noto con piacere che nessuno ha ancora preso posto sul palco in ebano di fronte a me. "Meno male, non sono in ritardo" penso, sospirando sollevata. "Mi sono appena salvata da potenziali occhiate di dissenso da parte del governatore o del preside."

Almeno adesso posso cercare in tutta tranquillità una poltroncina libera, cosa che non sarebbe stata per niente facile a presentazione iniziata. Decisamente un altro punto a favore.

Comincio a scendere i gradini laterali, approfittando del momento di calma anche per dare un'occhiata al salone, maestoso nel suo arcobaleno di colori.

L'auditorium è un'ampia sala ammobiliata con un centinaio di poltroncine di velluto rosso, poste su differenti livelli d'altezza per permettere una visione completa del palco, sul quale spicca un semplice leggio di vetro. Le pareti sono costituite unicamente dalle splendide vetrate colorate del Palazzo, che illuminano di colore l'intero salone.

La più maestosa di tutte è sicuramente quella dietro il palco, raffigurante il cervo europeo con le corna floreali: un'immagine veramente indescrivibile.

Continuo la mia discesa nella sala tenendo gli occhi ben aperti su un possibile posticino libero in mezzo alla marea di studenti, che nel frattempo riempiono l'auditorium di chiacchiericci e di risate. A circa metà scalinata, trovo finalmente due poltrone vuote: un vero miracolo, considerando che finora non ne avevo trovata una che non fosse occupata.

Mi faccio subito largo tra i giovani seduti all'estremità destra della fila scelta, raggiungendo in pochi secondi il posto tanto agognato.

Non passa però inosservato il ragazzo seduto a sinistra delle due poltrone vuote: a differenza degli altri nostri coetanei, se ne sta in silenzio a guardare immobile il palco, quasi fosse in uno stato di trance.

Il suo comportamento mi sembra alquanto strano, visto che tutti gli altri studenti stanno animatamente parlando con i loro vicini. Per un istante, mi sorge il dubbio che i due posti liberi siano in realtà già occupati e che lui stia semplicemente aspettando i suoi colleghi per riprendere una discussione lasciata in sospeso. Cosa che mi demoralizzerebbe non poco, considerando la fatica fatta per trovarli.

"Non lo puoi sapere se non chiedi" mi dico, sperando vivamente che almeno una delle due poltroncine sia libera. "Direi che è arrivato il momento di socializzare un po'."

«Ciao» lo saluto cordialmente, accennando un sorriso. «Posso sedermi?»

Gli occhi verdi del giovane si staccano dal leggio di vetro e si posano su di me, la bocca che mugugna qualcosa che ricorda vagamente una domanda. Probabilmente non mi ha nemmeno sentito arrivare.

Gli indico le poltrone con la mano, inarcando un sopracciglio: forse la sua immobilità è dovuta a un incantamento mentale nel guardare il salone e non a una semplice attesa, il che rende il momento ancora più bizzarro. "Spero di non aver avuto la stessa espressione inebetita per tutto questo tempo" prego imbarazzata, "anche se lo ritengo molto probabile."

Il ragazzo si riprende dal momento di stasi e, una volta afferrata la mia richiesta, annuisce sorridendo.

«Prego, nessun problema» risponde, tentando di nascondere il velo d'imbarazzo per non aver recepito subito la mia domanda.

Mi siedo vicino a lui annuendo a mia volta, dimenticando all'istante lo sguardo perso di poco fa: non ho intenzione di giudicare un futuro compagno di classe soltanto dalla prima impressione, questo è poco ma sicuro.

Il ragazzo resta in silenzio un paio di secondi, scuotendo la testa per svegliarsi e sistemando con la mano i capelli castani arruffati. Lo osservo con la coda dell'occhio, pensando a come iniziare una conversazione: forse così risolveremo una volta per tutte l'imbarazzo appena creatosi.

«Piacere, Leila» mi presento, porgendogli sorridente la mano. Non è granché, ma come inizio può andare.

Il ragazzo si volta sorpreso: forse non si aspettava che parlassi nuovamente con lui. Sorride di rimando e risponde con entusiasmo al saluto: «Mathias, piacere mio.

Ehm, scusa per prima» aggiunge subito dopo, portandosi la mano destra dietro la nuca per la timidezza. «Ero leggermente perso.»

«Tranquillo, posso capirti» lo rincuoro, allargando ancor di più il mio sorriso. «Immagino che sia uno stato d'animo piuttosto comune, oggi.»

«Sì, immagino sia così» ridacchia, sollevato che io abbia accettato le sue scuse. «Mi sembra già un miracolo il solo essere qui» riprende, spostando una ciocca ribelle dagli occhi, «finalmente abbiamo passato quel dannato test.»

«Dalla tua affermazione, deduco tu non sia un Uno» ribatto ironicamente, certa che nessun Uno avrebbe mai esclamato una blasfemia simile.

«Direi proprio di no» conferma sghignazzando. L'imbarazzo che pochi istanti fa lo aveva inaspettatamente colto, ora è completamente sparito, sostituito da una più naturale spensieratezza. «Studiare tutte quelle materie è stato a dir poco estenuante per me. Però dovevo passarlo, o non avrei potuto studiare fotografia.»

«Perché non avresti potuto?» gli chiedo incuriosita, sistemandomi meglio sulla poltrona. «I corsi di fotografia ci sono anche fuori dall'Accademia.»

«Mio padre vuole che mi laurei in economia, così che possa poi lavorare nella sua azienda. In realtà la cosa non mi pesa, sia chiaro. Però, se non avessi passato il test d'ammissione, non avrei mai potuto seguire tutti quei corsi sull'uso dei nuovi media che l'Accademia offre, nello specifico fotografia, che decisamente m'interessa di più.

Entrando all'Accademia, ho la fortuna di poter seguire sia l'una che l'altra materia, e chissà, magari laurearmi in entrambe.»

Rimango particolarmente colpita dalla sua decisione: laurearsi in economia e ricevere l'attestato di fotografia insieme non è sicuramente un'impresa facile, considerando la mole di materie che intende seguire. Se ha deciso d'intraprendere una carriera universitaria così complessa, deve essere molto determinato a raggiungere i suoi obiettivi.

Mi ritrovo a concordare col suo progetto: forse converrebbe anche a me seguire qualche lezione extra, giusto per avere un'infarinatura anche su altre materie.

«Sai, non è poi una cattiva idea seguire più corsi» confermo. «Insomma, quando ti ricapita un'occasione simile?»

«Infatti! Finché possiamo, giusto?» afferma entusiasta, alzando il volume della voce, contento di aver trovato qualcuno con cui poter condividere le sue idee accademiche.

«Tu invece? Progetti per il futuro?» mi domanda in seguito, scostando nuovamente dagli occhi la ciocca di capelli e sbuffando per l'inconveniente.

«Vorrei diventare una restauratrice» rispondo decisa.

«Quindi anche tu studierai qualche materia di ambito culturale» riflette compiaciuto. «Magari seguiremo qualche corso insieme.»

«Probabile.» L'idea di frequentare qualche corso con lui non mi dispiace, soprattutto considerando il suo carattere solare ed estroverso. Forse potremo diventare anche ottimi amici, col tempo, cosa che gradirei moltissimo.

Il chiacchiericcio degli studenti, che non ha mai smesso di smuovere l'auditorium nemmeno durante la nostra allegra conversazione, improvvisamente si quieta, per lasciare spazio a una serie di applausi sempre più forti e assordanti. Ci voltiamo automaticamente verso l'ingresso, dove vediamo entrare i nove ministri di Arcadia, preceduti dal governatore Fontana e dal preside Rain. Ci mettiamo ad applaudire anche noi, spronati dall'onda di emozioni che vortica nella stanza.

Ora che il momento tanto atteso è finalmente giunto, percepisco una certa agitazione nell'animo: trovarsi a pochi metri di distanza dai due uomini più potenti della Nuova Europa non è sicuramente una cosa da poco e per qualche secondo mi dimentico persino di respirare. "Lara ne sarebbe invidiosa" commento estasiata.

Il governatore è quello a noi più vicino, mentre Rain gli cammina di fianco, tenendo nella mano sinistra una strana valigetta di metallo. Entrambi ci salutano con un cenno del capo, seguiti a ruota dai vari ministri.

Fontana, quinto governatore della Nuova Europa e ministro dell'Istruzione, eletto otto anni fa con voto popolare, è senza ombra di dubbio uno dei leader più amati dalla fine della guerra. Fin da subito ha dimostrato di saper smuovere la nazione nella lunga marcia verso il progresso, puntando soprattutto sullo sviluppo tecnologico e culturale.

Secondo la sua ideologia politica, la rinascita sta nella nostra mente, in ciò che noi umani siamo in grado d'ideare e di progettare: se le si lascia campo libero, senza imbrigliarla in inutili limiti, la Nuova Europa progredirà più velocemente.

Ha finanziato numerose ricerche scientifiche, favorendo il progresso medico e chimico. Ha creato nuovi corsi di approfondimento esterni all'Accademia, permettendo a chi non viene ammesso di poter comunque realizzare i suoi sogni, seppur con una certa limitazione.

Ma l'Accademia è l'istituto che sicuramente ha tratto maggiori benefici da Fontana: l'apice della sua fortuna l'ha raggiunta circa quattro anni fa, quando l'archivio storico della biblioteca accademica ha ricevuto un sostanzioso contributo in libri e file precedenti alla guerra, ritrovati grazie a una ricerca storica finanziata direttamente dal governatore. Poter prendere in mano uno solo di quei libri equivale a restituire un pezzo di storia alla nostra esistenza: un motivo in più per volerci entrare.

A vederlo così da vicino, senza uno schermo a fare da divisorio tra lui e noi, direi che sembra una persona molto sicura di sé: lo sguardo che ci rivolge rivela tutta la sua padronanza, oltre che l'esperienza guadagnata nel corso dei suoi quarantacinque anni di vita. I capelli brizzolati gli danno un'aria più matura, incorniciata alla perfezione dal completo nero che ha deciso d'indossare per l'occasione. Sebbene non abbia il fisico asciutto di Rain o la sua aura di fascino, il senso di rigore e di ordine che regolano la sua condotta politica lo rendono un personaggio di tutto rispetto.

Ora il mio sguardo si sposta sui nove ministri, intenti anch'essi a salutarci con calore. Sono cinque donne e quattro uomini, scelti personalmente da Fontana all'inizio del suo mandato decennale. Hanno aiutato in modo ineccepibile a sviluppare l'idea politica del governatore: ognuno di loro ha dato il massimo per permettere alla nazione di progredire, attraverso riforme eque e mirate. Sebbene la loro influenza non sia elevata come quella di Fontana, non si può negare che il loro contributo sia molto importante.

Continuiamo ad applaudire fino a quando non raggiungono il palco, dove il governatore prende subito posto davanti al leggio, pronto a cominciare la presentazione ufficiale. Rain si sistema alla sua destra e rimane in silenzio, la valigetta ancora stretta in mano, aspettando il suo turno per parlare e posando con interesse lo sguardo su di noi, mentre i restanti ministri si posizionano vicino alla vetrata col cervo.

«Ragazzi e ragazze, benvenuti al Palazzo di Cristallo» inizia il governatore con tono solenne. «Mi auguro che la vostra breve permanenza qui si sia rivelata un'esperienza unica e che vi siate trovati bene.

Come sapete, a breve raggiungerete l'Accademia, il luogo a cui avete aspirato per tutti questi anni. Avete sacrificato tempo e impegno per arrivare fin qui e per questo vi sono riconoscente: grazie a voi, la Nuova Europa potrà contare su persone motivate e determinate a sostenerla durante la sua rinascita. Quando uscirete, diventerete dei mentori per l'intera nazione, poiché avrete l'onore di poter conoscere il sapere racchiuso all'interno della nostra Accademia.»

Sono completamente presa dall'ispirato discorso di Fontana, complimentandomi mentalmente per la sua oratoria sempre impeccabile, quando un improvviso e leggero sbuffo d'aria mi sfiora la guancia destra, spingendomi a voltarmi in quella direzione. Solo così mi accorgo della presenza sulla poltrona accanto alla mia di un nuovo ragazzo, la cui apparizione mi stupisce non poco: non solo non l'ho sentito arrivare, ma ormai credevo che fossimo già tutti presenti nell'auditorium a quest'ora.

Lui si sistema alla bell'e meglio sulla sedia, riprendendo fiato: deve aver corso per arrivare in tempo all'annuncio. Mi permetto di rivolgergli un'occhiata veloce e solo ora noto la sua camicia bianca.

"Che sia il tipo che poco fa parlava con Qub?" mi chiedo. A giudicare dai capelli neri e dalla corporatura, potrebbe effettivamente trattarsi di lui, anche se non ricordavo il ciuffo rosso acceso sopra la sua fronte. "Beh, normale. L'ho visto da dietro!" concludo razionalmente.

Il ragazzo si accorge che lo sto guardando e ne approfitta per chiedermi se hanno già cominciato con la consegna ufficiale. Nei suoi occhi neri noto un certo disagio, dovuto sicuramente al suo ritardo, ma anche qualcosa di più profondo... delusione?

La cosa mi stupisce parecchio: perché mai dovrebbe essere deluso?

"Immagino che Qub non abbia accettato la sua richiesta" ipotizzo dentro di me, "e anche se fosse così, che diamine me ne importa?"

«No, ha appena iniziato il discorso» gli rispondo sottovoce, tornando con lo sguardo sul palco.

La sua vicinanza in realtà non mi crea alcun fastidio, ma l'aver intravisto quella scena, l'aver sentito l'amarezza nella sua voce... m'intriga.

Sono sempre stata una persona curiosa, pronta a scavare in fondo alle cose pur di comprenderle appieno, per cui questa sensazione che ho nel petto non mi è nuova. Però ho sempre cercato di evitare le situazioni esterne alla mia vita, per non rischiare di entrare in questioni troppo delicate.

Anche se, lo devo ammettere, non mi sarei mai aspettata di veder comparire al mio fianco lo stesso ragazzo che poco fa mi ha incuriosito con quel misterioso siparietto! Avevo già accantonato la cosa, quasi certa che non l'avrei nemmeno più incontrato, e invece me lo ritrovo a pochi centimetri da me!

Il ragazzo si sistema velocemente sulla poltrona, quasi cercasse di produrre il minimo percettibile movimento, e rivolge la sua attenzione su Fontana, che nel frattempo ha continuato imperterrito il suo discorso.

La voglia di approfondire l'argomento è forte dentro di me, però so che sono questioni private e che non posso chiederglielo come se nulla fosse. Inoltre, lui è un perfetto sconosciuto, quindi non ho nessun diritto né motivazione per avanzare alcun tipo di richiesta. "Dimentichiamoci l'accaduto, che è meglio" concludo, concentrandomi nuovamente sulla presentazione. "Non sono affari miei."

«... inconcepibile, ma vi posso garantire che in questi quarant'anni ha portato solo benefici. L'Accademia ha le sue regole, create dal primo governatore prima ancora della sua edificazione: regole considerate sacre da tutti gli europei, con alla base delle motivazioni salde e durature. Quindi vi prego di non giudicarle a una prima, semplice occhiata, ma di capire il loro profondo significato.»

"Immagino che questo aspetto non abbia stupito soltanto me" penso ironica, ricordando ancora le mie perplessità sull'isolamento totale dell'Accademia. Bisogna dire che è l'unica regola dell'istituto a sollevare dei dubbi.

Con la mente ritorno per qualche istante alla mia famiglia, al fatto che l'isolamento totale sia già cominciato, ma scaccio immediatamente questo pensiero negativo dalla testa. Ho una promessa da mantenere e non intendo romperla a mezz'ora scarsa dalla mia partenza.

Questo è poco ma sicuro.

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