1.2 Il simbolo della Nuova Europa
"Ricordo ancora l'ansia prima di raggiungere la piazza per l'annuncio.
Riuscirò a passare? Quello che ho fatto finora sarà abbastanza per essere tra i candidati?
Ammetto che a volte non mi sembra vero di avercela fatta!"
Studente stanza 194, Accademia
Sul tavolo trovo già pronta una tazza di latte caldo, insieme a un barattolo di marmellata e alle fette biscottate. La tavola è apparecchiata solo per me, visto che Lara si appresta a bere il suo caffè mattutino in piedi, appoggiata al bancone della cucina.
Mi siedo e inizio a spalmare la confettura di fragole su una fetta, percependo sulla testa lo sguardo indagatore di mia sorella. Nemmeno mentre si rilassa davanti a una tazza di caffè riesce a staccarmi gli occhi di dosso.
«Puoi smetterla di darmi fuoco ai capelli, per favore?» ironizzo, alzando di poco il viso nella sua direzione e inzuppando la fetta biscottata nel latte.
«Voglio solo essere sicura che tu abbia capito la situazione» mi risponde, portandosi con noncuranza una ciocca castana dietro l'orecchio. «Sei la mia sorellina e devi arrivare alla piazza con lo sguardo fiero, non con la faccia di un cucciolo bastonato.»
Torno alla mia colazione scuotendo la testa. Quando la smetterà di darmi del cucciolo bastonato ogni volta che mi rattristo?
"Probabilmente mai" realizzo mentalmente.
Lara finalmente si decide a bere il suo caffè, ma in un attimo allontana la tazza dalle labbra con espressione schifata. «Cavolo, lo zucchero!» sbuffa, facendomi sorridere.
«Talmente preoccupata per la sorellina che dimentica di rendersi più dolce la giornata» ghigno a denti stretti. La mia frecciatina viene subito deviata da una semplice alzata di spalle, seguita a ruota dall'ordine «Zucchero!» rivolto alla porta dietro di noi.
Dalla dispensa si sente un rumore meccanico, seguito dall'ingresso in cucina di una mano robotica, che levitando consegna direttamente nelle mani di Lara la confezione di zucchero. Lei lo prende con nonchalance e aggiunge due zollette al suo caffè, per poi riconsegnare con un ringraziamento la scatola alla mano volante e lasciare che questa ritorni al suo posto, in attesa del prossimo ordine.
«Dicevi?» replica, sorseggiando ora soddisfatta la bevanda. Se potesse, adesso si metterebbe un paio di occhiali da sole sugli occhi, giusto per enfatizzare il suo momento di gloria.
«Non vale, non dovevi usare la macchina!» esclamo contrita. Per come la vedo io, doveva andare a prendersi lo zucchero con le sue gambe, non lasciare che fosse ZB a fare il lavoro al posto suo.
«Ah, certo. Ma perché darti la soddisfazione?» replica ironica, facendomi sbuffare per la sconfitta. «Dai, vedi di mangiare, altrimenti mi arrabbio.»
Farla arrabbiare è l'ultima delle cose che voglio al momento, quindi abbasso lo sguardo e mi concentro esclusivamente sulla colazione. Sento la sua approvazione alla mia scelta sensata ed entrambe restiamo in silenzio fino alla fine del pasto.
Sebbene a volte mi ricordi moltissimo un avvoltoio appollaiato su una trave, intento a osservarmi con i suoi occhi famelici, sono contenta di avere lei come sorella. È sempre stata il mio punto di riferimento e considerando che i nostri genitori, a causa dei rispettivi lavori, raramente sono a casa durante la giornata, potrei quasi reputarla la mia seconda madre.
Non che quella vera non mi stia vicino. D'altronde noi siamo il loro bene più prezioso e ci hanno sempre dato il massimo, donandoci la possibilità di fare tutto quello che desideravamo.
Lara ha sempre amato analizzare la mente degli altri e mio padre non si è mai fatto problemi nel sottostare a delle sedute di prova con lei, facendomi sbellicare dalle risate con i suoi problemi mentali inventati: primo fra tutti la sua ossessione compulsiva per i gomitoli di lana, che Dio solo sa come gli sia venuta in mente.
Io invece ho sempre apprezzato l'arte e i miei mi hanno incentivato a iscrivermi a un corso privato di pittura. Anche se è durata poco come esperienza, non posso dire di non essermi divertita: mi ha fatto scoprire un mondo che fino ad allora mi era completamente oscuro e forse è per questo che desidero tanto ardentemente frequentare i corsi di Arte all'Accademia.
Ecco che ritorna: l'Accademia, il simbolo della Nuova Europa. Creata per garantire al paese un futuro florido e ricco, basando la nostra società su una sfrenata sete di conoscenza. Al mondo non esiste popolazione più incline al desiderio d'istruzione di noi europei: noi viviamo per il sapere, non possiamo farne a meno. È nel nostro DNA, è parte integrante del nostro essere. Soprattutto dopo quello che è successo qui, quasi cinquant'anni fa.
«Stai di nuovo pensando all'Accademia, vero?» Lara si riappropria della mia mente un'altra volta, riportandomi alla realtà.
Ha finito il suo caffè e lascia che sia il sistema centrale della casa a occuparsi di lavare la tazza. Ora mi sta guardando con un sopracciglio inarcato, in attesa di una mia risposta.
«Credo sia difficile non pensarci oggi» sussurro prima di finire il mio latte e di sistemare i piatti nel lavabo, dove ZB inizia a lavarli con cura. Lo ringrazio per l'aiuto e lui risponde con un allegro beep.
«Che cosa hai sognato?»
Lara non ha intenzione di arrendersi ed è nuovamente di fronte a me. «Avanti, dimmelo.»
Sospiro rumorosamente e mi appoggio con la schiena al mobile, riflettendo su come iniziare. Mia sorella attende in silenzio, le mani nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo fisso su di me.
«È stato esattamente come l'anno scorso» comincio e il mio tono suona abbastanza rilassato. «Eravamo in piazza ad attendere l'annuncio. Il preside dell'Accademia nominava i vari studenti ammessi e ovviamente non diceva mai il mio. Terminata la presentazione, lo schermo si oscurava e tutti si giravano verso di me, scuotendo la testa. Qualcuno sussurrava perfino frasi di sdegno, come "sei una nullità" e cose simili.»
Lara non batte ciglio né m'interrompe: aspetta che io finisca il mio resoconto senza aprire bocca, mentre io respiro di nuovo profondamente.
«Quegli sguardi non c'erano nel sogno dell'anno scorso... e diciamo che mi hanno traumatizzata non poco» concludo d'un fiato, per evitare una possibile reazione emotiva nella mia testa.
Lara si tocca il mento con la mano destra e se ne sta in silenzio a guardare un punto indefinito alle mie spalle, ponderando le mie parole. Io rimango immobile, poggiando le mani sull'acciaio freddo del lavabo. ZB nel frattempo termina di lavare i piatti e torna in dispensa, col suo sistema centrale che tutto felice rilascia un altro, soddisfatto beep.
Un paio di secondi dopo, Lara torna con lo sguardo su di me e con mio grande stupore scoppia a ridere. Io resto sbigottita da quella reazione, mentre lei è costretta a tenersi la pancia per le troppe risate e, non contenta, teatralmente finge pure di asciugarsi una lacrima dalla guancia.
«Leila, stai scherzando spero!» esclama tra una sghignazzata e l'altra. «Credi sul serio che tutti si gireranno verso di te una volta terminato l'annuncio?»
«Certo che no!» replico imbarazzata, sentendo il mio viso avvampare. Probabile che le mie efelidi siano più vistose ora, per quanto poche possano essere.
«Andiamo, nessuno se la prenderà con te» riprende mia sorella, cercando invano di tornare seria. «Hai provato a entrare e non ci sei riuscita. Che problema c'è? Si gireranno a guardarti soltanto se sarai tra le candidate e sicuramente non ti denigreranno con frasi cariche d'astio!»
Ancora una volta, Lara riesce a rendermi il tutto più facile. Che quel sogno fosse una cosa surreale lo avevo già capito, ma sentirselo dire da lei ha tutto un altro sapore.
Annuisco più tranquilla e cerco di sorriderle, dandomi mentalmente della stupida almeno una decina di volte.
«Parliamo di cose serie, invece!» afferma dandosi un contegno. «Il preside com'era?»
Ora sono io a ridere scorgendo il suo sguardo malizioso: tra tutte le domande che poteva farmi...
«Eh, non era male, se posso essere onesta» rispondo, grattandomi la testa con finta indifferenza. «Aveva quella giacca beige che ti piace tanto.»
Che a Lara piaccia il preside dell'Accademia lo sanno tutti in questa casa, persino ZB. Non si perde mai una diretta da Palazzo se c'è lui a indire i discorsi. Non posso negare che abbia un certo fascino, sebbene non sia proprio il mio tipo ideale: sempre elegante, con quei suoi gusti raffinati e l'atteggiamento da pragmatico direttore dell'istituto scolastico più importante della Nuova Europa.
Alla parola "beige" gli occhi di Lara si trasformano in due cuoricini: «Ma non mi dire! Diavolo, lo avessi sognato io! Giuro che se mette quella giacca oggi all'annuncio, mi infiltro tra gli studenti scelti solo per incontrarlo a Palazzo!» esclama, saltellando come un'adolescente impazzita.
Quando si parla di Rain, Lara perde completamente la testa. Per fortuna non c'è papà a casa, sennò inizierebbe a ripetere il suo nome senza mai fermarsi, giusto per vedere sua figlia che impazzisce. È uno spettacolo esilarante vederla in quello stato, non lo si può negare.
«Allora spero proprio che non la metta o, come minimo, mi lasci una scia di bava lungo la via per il Palazzo» ironizzo, trattenendo a stento un sorrisetto.
Lara mi prende per le spalle ed esclama con tono deciso: «Tu.Devi.Entrare.All'Accademia! Così potrai chiedergli un autografo e portarmelo quando torni! Ancora meglio se riesci a fregargli una delle sue giacche!»
«Ma che, sei pazza? Contieni i tuoi bollori, per favore» ribatto ridendo di gusto e allontanandola allibita di qualche centimetro. «Ecco svelato perché desideri così ardentemente che io entri all'Accademia: mi vuoi usare come fattorino, di' la verità!»
«Beh, qualcuno lo deve pur fare!» continua imperterrita, rivolgendomi uno sguardo compiaciuto.
Almeno adesso abbiamo risolto la storia del mio stupido incubo: lei è molto più tranquilla e io più rilassata. Grazie all'entusiasmo di Lara non posso che essere ottimista su quello che succederà oggi: ormai è certo che finirà bene.
Rientrerò tra le candidate dell'Accademia e il mio nome sarà detto a gran voce dal preside in persona, ricevendo l'onore più grande a cui io posso ambire.
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