Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

II

La pelle dei polsi cominciò a prudermi mentre Bridget mi scrutava con uno sguardo sospettoso. Avrei giurato di aver scorto ancora qualche traccia di timore in lei, nella postura delle spalle, ad esempio, ma lentamente la vidi acquisire più sicurezza, mentre si irriggidiva.
Serrai le labbra.

«Tu hai paura di me» constatai, «perché?»
«Sai perché» ribatté lei con voce flebile. «Te l'ho spiegato.»
La guardai, incrociando le braccia sul petto. «Quindi ti hanno plasmato a loro piacimento. Sei diventata un'altra marionetta agli ordini del governo, come tutti.»
Probabilmente lei colse l'amarezza nella mia voce, perché abbassò lo sguardo, sospirando.
«In realtà vorrei non essere così debole da lasciarmi condizionare da ciò che dicono» disse «ma non posso farci niente.»
«Tutti possono fare qualcosa» replicai  «se solo lo vogliono davvero.»
Bridget abbassò lo sguardo sulle lastre in pietra per terra, sospirando amaramente. «Non sempre la volontà è sufficiente per cambiare qualcosa. E io non sono abbastanza forte.» 

«Lo sei, Bridget. Sei come me.»

Le scappò un piccolo sorriso, forse più simile ad una smorfia amara. «No, non sono come te. Tu sei diversa.»

Serrai di nuovo le labbra, inchiodandola sul posto con lo sguardo.
«Che cosa pensi che io sia?» le domandai con voce abbastanza dura da intimidirla di nuovo. 

Lei sollevò gli occhi dalle pietre e mi scruta con espressione confusa. Mi resi conto solo allora del colore di quelle  iridi, verdi, di un verde intenso, striato di pagliuzze dorate, un colore che mi colpì; anche aa distanza di quei pochi metri che ci separavano riuscii a scorgere la pelle d'oca sulle sue braccia. Lasciai ricadere la mia testa all'indietro, abbandonandomi al ricordo. Avevo già visto troppe volte cosí tanta gente rabbrividire al suono della mia voce che ormai ci avevo fatto l'abitudine.

«Rispondimi, Bridget. Ti prego.»
Le sue parole trasudavano disperazione unita ad una buona dose di paura.
«Loro pensano che tu sia un mostro...»
«No» la interruppi facendo dondolare le catene nell'atto di alzare il braccio.
«La domanda è che cosa tu pensi che io sia.»
Lei mi fissò a lungo, intimorita, per quelli che mi sembrarono istanti interminabili, prima di schiudere le labbra.
«Io... penso che tu sia una ragazza» rispose debolmente.
Qualcosa dentro di me, nel profondo del mio essere, nel profondo della mia piú sconosciuta anima, sembrò sbocciare, come un fiore di ciliegio in primavera.
Eccole, le parole che cosí tante volte avrei voluto sentirmi dire, durante gli anni che erano trascorsi.

«Ripetilo.»
Ero talmente sbalordita che la mia voce era flebile e trasudava una qualche specie di assurda disperazione.
Ma avevo talmente bisogno che lei lo ripetesse, che quelle parole uscissero di nuovo fuori dalla sua bocca, che non mi importava.

Bridget mi osservò a lungo, raccogliendosi le gambe al petto. Lentamente, i suoi occhi sembrarono acquisire piú determinazione, allargandosi, e il timore che provava nei miei confronti scemò altrove.

«Sei una ragazza.»
Stavolta la sua voce era piú ferma, piú decisa.
«Solo una ragazza.»
Chiusi gli occhi, nascondendo il viso nella penombra della cella.
«Solo una ragazza» ripetei sotto voce, gustando il sapore di quelle parole. 

Sono una ragazza. Non sono una strega. Non sono la figlia del demonio.
Allora qual è il mio peccato? Perché sono condannata? Perché mi hanno fatto prigioniera? E perché diavolo non mi lasciano andare?
«Dimmi il tuo nome» disse Bridget all'improvviso, strisciando lentamente verso di me. Le catene stridettero contro la pietra, mentre riaprivo gli occhi, sconvolta. Nessuno aveva mai saputo il mio nome, nessuno si era mai interessato a quale fosse. Per il Governo io ero soltanto "la peccatrice."

«Perché vuoi saperlo?»
«Tu conosci il mio.»
La sua forza di volontà, a quel punto, mi colpì con impeto. In quell'istante, mentre la guardavo intensamente negli occhi e stabilivo una connessione con lei, decisi che sarebbe stata quella minuta ragazza d aiutarmi a fuggire. Che di lei, come di nessun altro, mi sarei potuta fidare.
«Amethyst.»
Inarcai un sopracciglio.
«Ametista?»
Annuii, stringendomi nelle spalle.
«È un... nome singolare» commentò con gentilezza.
Di nuovo, annuii.
«Perché ti hanno chiamata cosí?»
La sua era una domanda curiosa, senza alcun secondo fine, ma i miei sensi si misero in allerta.
Strinsi i pugni.
«È stata mia madre a deciderlo. Non so molto altro, dal momento che è morta dandomi alla luce.»
Bridget abbassò lo sguardo sulle catene che mi imprigionavano le caviglie.
«Toccherà anche a me?»
«Tocca a tutti, prima o poi» risposi con un sospiro, appoggiando la testa alla pietra dietro di me.
Lei si mise a gambe incrociate, proprio davanti a me. «Comunque non ho mai pensato che esistessero cose come il diavolo o dio, gli angeli e i demoni. Io non ci credo.»
«Nessuno ci credeva fino a qualche anno fa» ribattei senza guardarla. «Ma ora è diverso.»
«Tu ci credi?»
Seguì un minuto di silenzio, interrotto solo dal rumore dei nostri respiri ansanti. Se credevo nel diavolo? O in dio? O in qualunque altra cosa di questo genere?
Non lo sapevo. Io non credevo più a niente, da tanto tempo. Se fossi riuscita a non credere nemmeno a questo mi sarei liberata di un peso, avrebbe eliminato definitivamente la possibilità che io sia fossi dai lombi del demonio. Dall'altro lato avrei voluto crederci, perché non riuscivo a immaginare nessun altro che avrebbe potuto essere mio padre. Era un ragionamento assurdo, ma sapevo, come non avevo mai sentito niente di più vivo dentro di me, di avere qualcosa di strano. Qualcosa che non tutti possedevano.
Qualunque altro essere vivente non avrebbe resistito per sei anni prigioniero di una cella minuscola e buia, con una sola razione di cibo al giorno e una scodella d'acqua ogni tre.
Perciò sí, riflettei, probabilmente ci credevo.

«In fin dei conti» risposi con voce roca «sono pur sempre la figlia del demonio. Sono una strega.»

Non avevo idea del motivo per cui stavo dicendo questo. Forse era perché il mio istinto, che mi induceva a spaventarla o solo per sentirmi superiore e farla piegare, per fare in modo di essere il mostro che tutti avevano sempre pensato che fossi. C'era qualcosa che non andava. E cominciai a riflettere, a pensare che, nonostante sapessi perfettamente di mentire, le bugie fossero la cosa più vera che mi caratterizzava. Forse dietro un corpo costruito sulla menzogna si nasconde una grande verità. 

«Non posso rinnegare mio padre.»

Furono le ultime parole che pronunciai, prima di notare l'espressione sconvolta di Bridget. Ma non avevo più tempo per il sentimentalismo. Senza più dire una parola mi rannicchiai nell'angolo buio della cella e lasciai che l'oscurità mi trasportasse con sé, lontano da quel presente che mi soffocava con le sue mani sporche, mentre sentivo lo sguardo della ragazza trafiggermi le schiena in cerca di risposte.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro