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1: Mhei Bet

''Sii forte che nessuno ti sconfigga, nobile che nessuno ti umili, te stesso che nessuno di dimentichi.''
-Paulo Coelho.

♪Song to listen: No light No light - Florence + The Machine

Mesi addietro, quando tutto ebbe inizio.

Anche in quel caldo mese di giugno, Alyssa era in ritardo. Intenta a rendersi il più presentabile possibile, ignorò la vibrazione del telefono contro la gamba destra. Sbuffò e alzò gli occhi al cielo, ma ignorò comunque le insistenti notifiche.  Alyssa notò il sistema di illuminazione oscillare intorno a lei, e ne percepì la potenza tra i palmi delle mani. Piccole scosse verdastre e azzurre circondarono le sue dita, rubando energia a qualunque cosa avesse una carica. Gli occhi azzurri che vide riflessi nello specchio brillarono fluorescenti, come fari della notte. Le sarebbe bastato focalizzarsi su un punto preciso per assorbire del tutto il potere. Ma non lo fece.

Sospirò e si calmò.

''È solo un leggero ritardo. Leon capirà. Mantieni la calma, Alyssa.'' pensò, liberando la mente e riportando l'elettricità al suo normale funzionamento.

Sentì un bisogno disperato di controllare i suoi poteri, altrimenti avrebbero potuto generare soltanto caos. Ma la calma e l'autocontrollo non erano mai stati i suoi punti forti.

Tutto era iniziato dodici anni prima, quando pezzi e detriti di Luna avevano generato un disastro che aveva portato cambiamenti profondi.

Quella notte, le mani di Alyssa si erano illuminate di una luce particolare. Nessuno avrebbe potuto più toccarla. Era diventata elettrica, letale a qualsiasi tocco umano. E dal quel momento, Alyssa aveva preso coscienza di come la sua vita sarebbe potuta cambiare. I detriti di Luna avevano cambiato le regole presenti sulla Terra da secoli. E mai nessuno, in tutta la storia dell'umanità, avrebbe potuto immagine un mutamento così drastico.

Tutti avevano temuto quel cambiamento, ma Alyssa aveva accusato il colpo peggiore di tutti. Era rimasta rintanata nella sua stanza per giorni, settimane intere senza il benché minimo contatto umano. Non sapeva come gestire quel potere, poiché le era sembrato qualcosa più grande di lei. E riuscì a trovare un modo per superarlo solo dopo un lungo periodo di tempo.

Per dodici lunghi anni, più e più volte Alyssa aveva affrontato e vinto battaglie con sé stessa. E aveva potuto contare sull'aiuto di poche persone fidate.

Quel giorno, Alyssa rivolse un ultimo e veloce sguardo nello specchio davanti a lei. Diede gli ultimi colpi di spazzola ai suoi capelli folti e castani, e si assicurò che non fossero stati in disordine per l'elettricità di poco prima.

Rispose in fretta ai milioni di messaggi che le erano arrivati, poi ripose di nuovo il telefono in tasca. Prese una piccola busta incartata da un velo argenteo e, con dei movimenti rapidi, uscì di casa. Lasciò che il sistema di riconoscimento vocale chiudesse a chiave la porta, poi inserì l'antifurto.

A quell'ora del tramonto, le vie di Fengaris erano abbastanza tranquille. Neanche il traffico era troppo intenso. Quando i lavoratori staccavano dai loro turni di lavoro, creavano un sovraffollamento alle machines, e i mezzi di trasporto ultra moderni li riportavano alle loro abitazioni. Quest'ultime erano suddivise a seconda del mestiere che le persone svolgevano. Così facendo, si sarebbe evitato il traffico intenso e un accalcarsi di veicoli di ogni genere.

Ma in realtà, quella era solo una sporca facciata per controllare chi salisse sui mezzi, così da individuare i Magician che li affollavano. Per il mondo esterno, i Magician erano una minaccia, un fenomeno da tenere sotto controllo. E tutte quelle regole e quelle restrizioni, ad Alyssa stavano proprio strette. Non riusciva a concepirle, e quando poteva le evitava.

Alyssa imparò man mano la bellezza di non usare i mezzi, e si aiutò con un piccolo skateboard elettrico per velocizzare gli spostamenti da una parte all'altra.

Conosceva a memoria le vie strette di quella città. Ogni scorciatoia e ogni vicolo più dove la magia si nascondeva all'occhio umano, e loro con i poteri erano invece liberi di esprimersi. Senza il timore di essere riconosciuti o controllati da entità superiori.

Alyssa spinse la gamba per far scivolare le rotelle sull'asfalto ruvido, si godé la leggera brezza del tramonto che le scosse i capelli, socchiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione di libertà, del vento che le penetrò nelle ossa. Nulla avrebbe potuto fermarla.

Alyssa conosceva a memoria la strada che portava al suo piccolo rifugio, e quel giorno erano trascorsi quattro anni dalla prima volta che l'aveva percorsa. Sfruttò la percezione delle scosse d'elettricità attorno a lei e schivò i passanti che rischiarono di venirle contro.

La città era stata completamente insonorizzata dai rumori che potevano disturbare l'ambiente, e c'erano tecnologie che azzeravano il rumore di qualsiasi veicolo o edificio nei paraggi. Quel piccolo angolo di paradiso si trovava nella beatitudine più assoluta. E a parte il cinguettio degli usignoli e il frusciare delle foglie al vento, non si udiva nient'altro.

Per Alyssa quella era la melodia migliore del mondo, ciò che più di ogni altra cosa la faceva sentire in pace.

Fengaris era una città divisa in due, sotto ogni punto di vista, e aveva due facciate: una più metropolitana e ultramoderna, con alti edifici, costruzioni e mobilità di ogni genere, mentre l'altra era più rurale e naturale. E quest'ultima era la sua bellezza più nascosta, ciò che la distingueva, nonostante la modernità e l'avanzare del tempo. La parte selvatica composta da laguna, fauna e fiori non era mai scomparsa, ma si era evoluta insieme a loro, adattandosi a ogni cambiamento. Un po' come aveva fatto lei.

Alyssa si addentrò in quegli odori e colori caldi, lasciandosi alle spalle il grigiore e il senso di soffocamento della città. Inspirò il profumo dei girasoli e della lavanda dinanzi a lei, e avanzò di qualche altro passo per raggiungere un salice incantato. Una leggenda narrava che, lì sotto, erano destinati a incontrarsi gli amori eterni. I rami morbidi toccavano il suolo, ed erano intrinseci di una magia innata e particolare. Brillavano luminescenti a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ed era sempre stato il posto di lei e Leon.

Quel giorno, lui l'attese seduto tra gli incavi del grande tronco marrone, con le mani infilate nella tasca dei jeans chiari e con uno sguardo che s'illuminò non appena la vide. E lui sarebbe potuto rimanere lì per tutta la vita, anche fino a quando le stelle avrebbero smesso di brillare nel cielo.

«Ovviamente sei in ritardo.» ironizzò lui, poi si staccò dal tronco per avanzare verso di lei. Le cinse forte la vita, chinò il capo per avere un accesso alle labbra carnose di lei e si inebriò della sensazione di avere il mondo nel palmo di una mano.

Le loro lingue non indugiarono oltre, e mentre Alyssa gli strinse le mani attorno ai ricci castani, lui spostò la presa sulle sue braccia.

«Buon anniversario, mhei bet.» pronunciò lei.

Il significato di quelle parole era cocciuto testardo, e pronunciate da Alyssa per Leon diventavano la melodia più bella di tutte. Leon continuò a incastrare i suoi occhi azzurri in quelli dell'amata, al punto di non avere più alcuna percezione della realtà.

«Buon anniversario, piccola peste.»

Ad Alyssa, il mondo attorno a lei non le pareva per niente giusto. Si sentiva sempre stretta in regole che non sopportava, né aveva possibilità per essere sé stessa. Eppure, lui era riuscito a farle cambiare idea, mostrando una vita alternativa che Alyssa aveva imparato piano piano ad apprezzare. E grazie alla dolcezza di quel momento, i ricordi riaffiorarono come lampi nella mente di Alyssa.

Terzo anno di liceo.

Nuova classe, nuova scuola.

Un istituto che accettava i Magician. O almeno, li tollerava.

Alyssa era costretta a indossare delle lenti a contatto per nascondere il bagliore dei suoi occhi, e molto spesso la facevano lacrimare. Quel giorno dovette trattenersi dallo stropicciare gli occhi, così sospirò e si costrinse a ignorare il prurito.

Eppure non servirono a molto. La sua ansia prevaleva su tutto, ed fu difficile controllare la scarica elettrica che le avvolse le mani, nonostante avesse tentato con ogni forza di ritrovare la calma. Camminò a testa bassa tra i corridoi asettici della sala, fissò le mattonelle rosse e bianche e tentò di passare inosservata. Ai suoi lati, Alyssa era circondata da lunghe file di armadietti.

«Attenzione alla novellina! Questa ci frigge tutti!» urlò uno di loro, poi le diede una spallata per superarla.

«Non dovrebbero permettere ai mostri di mischiarsi con noi. Siete pericolosi.» ringhiò un'altra persona.

Alyssa si sentì esplodere. Il respiro si fece più intenso, e il cuore accelerò così forte da procurarle fitte dolorose lungo tutto il fianco. Il bagliore fluorescente dei suoi occhi si notò anche con le lenti. Ancora una volta furono al centro dell'attenzione, mentre chiunque la circondasse le sussurrò ''mostro'', ''abominio'', ''pericolo''.

Alyssa avrebbe soltanto voluto avere una vita normale. Affrontare una giornata come gli altri, senza la paura di fulminare qualcuno o qualcosa, di perdere il controllo.

«Perché voi stronzi non ve ne andate a fare un giro? Non avete nient'altro da fare?»

Una voce fuori dal coro, pacata e dolce, la rincuorò. Due mani calde e grandi si appoggiarono sulle sue spalle, e la costrinsero a voltarsi. Alyssa non si rese subito conto che il tremore alle mani era passato, così come le scintille. Si sentì calma, al sicuro.

«Stai bene? Non li ascoltare, sono solo invidiosi di ciò che non possono ottenere.» mormorò cauto, incrociando il suo sguardo, e lei ci si perse in quegli occhi azzurri come il mare e profondi come l'abisso.

Ma nonostante ciò, Alyssa si sentì più rigida e impenetrabile di un muro di pietra.

«Che t'importa? Avevo tutto sotto controllo.» sbottò nervosa, poi lo liquidò con un veloce gesto della mano. Lui sorrise sghembo.

«Davvero? A me non sembrava così. Ogni tanto è bello avere qualcuno su cui contare.»

Alyssa alzò gli occhi al cielo, ma non poté evitare di sorridere.

«Sei proprio un mhei bet.»

Lui aggrottò le sopracciglia, e lei ne approfittò per dargli le spalle e andarsene.

Ma non appena si mosse di qualche passo, Alyssa udì la sua voce.

«Cosa significa?» urlò curioso, dietro di lei.

Alyssa si girò un'ultima volta nella sua direzione e gli mandò un bacio con il palmo di una mano. Aveva ritrovato il buon umore.

«Te lo dico la prossima volta.» replicò lei, prima di dileguarsi.

Leon era stato la sua ancora di salvezza quando tutto il resto del mondo le aveva puntato il dito contro. Le era rimasto accanto, andando contro qualsiasi convenzione sociale, e rompendo ogni stupida e illogica differenza tra di loro.

E lo amava per questo.

Passarono il resto del pomeriggio come erano soliti fare, ridendo e correndo per la radura selvatica, parlando di ogni cosa e raccontandosi anche l'avvenimento più insignificante.

Loro erano così. Passavano dal dialogare di tutto e niente, dal resoconto delle giornate alle bizzarrie che gli erano capitate, e non si stancavano mai. Racchiusi nella loro bolla, si allontanarono da tutte le stranezze, le ingiustizie e i soffocamenti di una società ormai grigia.

Ma la sera calò su di loro ben presto, e rimanere a girovagare nei boschi non fu più una buona idea. A quell'ora della notte, i Magician più radicati si facevano vedere e si ritagliavano il loro momento di libertà. Alyssa aveva sognato di unirsi a loro troppe volte. Eppure, chiunque attorno a lei la frenava, perfino Leon. Egli si preoccupava sempre delle conseguenze a cui sarebbe potuta incorrere.

I due camminarono in silenzio sulla strada di ritorno, si lasciarono la natura alle spalle ed entrarono di nuovo nella città.

Gli alti edifici che sorgevano ai lati della strada e le luci della città nascondevano il cielo stellato. Le costellazioni erano a stento percettibili.

«Ti ho preso un regalo.» disse sorridente Alyssa, cacciando dalla borsa il piccolo pacchetto argentato.

Leon sgranò gli occhi e si passò le mani nei capelli, leggermente imbarazzato.

La sua non era una situazione semplice. E si sentì in colpa di non essere riuscito a prenderle qualcosa. Aveva usato ogni minimo risparmio per aiutare la sua famiglia, senza conservare per sé un solo theng, la moneta che si era soliti usare.

Lei non se ne accorse, ma Leon arrossì e si morse leggermente il labbro inferiore. La guardò anche con una certa commozione.

«Lo sai che non dovevi, tu mi basti sempre.» sussurrò, poi si chinò e le lasciò un dolce e casto bacio sulle labbra.

«Lo so, ma l'ho fatto col cuore. Dai, aprilo.» lo incitò lei, spingendo il piccolo pacchetto verso di lui.

Ma il tempo delle effusioni finì lì. Una scia di luce gialla e bianca sfrecciò di fronte a loro, strattonando la borsa dal braccio di Alyssa e correndo nella direzione opposta.

«Bastardo, la borsa!» sbraitò lei. Era già pronta a frenare la corsa dello sconosciuto con un lampo di elettricità.

E Alyssa non avrebbe esitato un secondo se non fosse stato per Leon che riuscì a frenarla ancor prima che i suoi pensieri potessero prendere forma.

«No, Aly, non usare i poteri. Non qui. Ci penso io.»

Non le diede il tempo di replicare. Leon scattò all'inseguimento di quel vile, balzando sulle ringhiere delle scale con un'abilità innata. Nonostante la statura grossa e palestrata, la sua flessibilità di movimenti fu assurda. Corse quasi al pari del ladro, e sfruttò la forza dei salti tra una ringhiera d'acciaio e l'altra.

I due scomparvero come due mosche nella notte, lasciando Alyssa col cuore in mano e con la consapevolezza di essersi mostrata debole, ancora una volta, inerme e inutile. Aveva tutto quel potere nelle vene, lo percepiva ogni secondo, ne avvertiva la carica ma non riusciva a capire come utilizzarlo o farlo sfogare.

Leon, invece, sapeva come sfruttare le sue capacità. Era un semplice umano, ma tremendamente astuto e calcolatore.

Inseguendo il malvivente, Leon riuscì a prevedere la direzione che avrebbe scelto. Lo batté in astuzia, gli parò la strada di colpo e finì con un gancio destro dritto sulla mascella del ladro, facendolo rotolare al suolo. Poi gli strappò la borsa della fidanzata tra le mani.

«Questo è per aver rubato la borsa alla mia ragazza, e anche per aver sottovalutato un umano.» ringhiò, poi si voltò a guardare il suo avversario. Fu come dissipato, quasi non fosse mai stato lì. Ma Leon non fu l'unico ad assistere a quella scena. Non ebbe la minima idea di cosa quell'evento, un domani, avrebbe potuto scatenare.

Quando tornò da Alyssa, alzò vittorioso il braccio e rise mostrandole la borsa recuperata. Leon si avvicinò per stringerla tra le braccia e la baciò con un trasporto senza precedenti.

«Il mio aitante eroe, come farei senza?» rispose ridendo, poi gli scompigliò i capelli ricci e lo salutò per un'ultima volta sull'uscio della porta.

«Probabilmente saresti disperata, sai che noia senza di me?» ribatté lui, aprendo le labbra in un sincero sorriso, e si perse nel suono di una risata sincera e sentita di Alyssa.

Alyssa scosse il capo e finse un'offesa.

«Che vanitoso.»

«Mi ami anche per questo, ammettilo.»

Alyssa alzò un sopracciglio, incrociò le braccia al petto ma non smise di sorridere.

«Fortunatamente, anche per altro.»

E con la luce della luna che rese Alyssa ancor più splendente del normale, si augurarono la buonanotte, promettendo di incontrarsi il giorno dopo.

Ma il destino fu davvero beffardo, e non giocò pulito nei riguardi dei due ragazzi.

Per ben tre giorni, esattamente settantadue ore dopo, Alyssa non ebbe più alcuna notizia di Leon. Scomparso.

Il telefono risultò perennemente spento, i messaggi furono inviati a vuoto, e non ci fu traccia di lui, tanto che neanche la famiglia riuscì ad avere sue notizie.

Per tutto il tempo successivo alla scomparsa, i poteri di Alyssa diventarono incontrollabili, al punto di non poter più essere sfiorata. Non se lo spiegò, non capì il senso di quell'evento.

Alyssa ipotizzò i peggiori scenari. Tutte le idee più tragiche che potevano straziarle il cuore. E per ogni minuto che passò, l'angoscia dominò i suoi pensieri.

Leon le aveva promesso di non abbandonarla, e in qualche modo l'avrebbe aiutata. E invece aveva mentito come tutti gli altri.

La terza sera senza risposte, Alyssa corse a perdifiato nel bel mezzo di un temporale. I lampi a lei così familiari l'accompagnarono nella percorso senza meta.

Lo odiava. Non lo sopportava. L'idea di non avere risposte, certezze o qualcosa a cui aggrapparsi la distrusse, la logorò dentro, e tutte le sue emozioni si trasformarono in energia, scariche elettriche che le trapassarono il corpo da cima a fondo.

La destinazione di Alyssa fu il loro rifugio di sempre. Pregò che Leon fosse stato lì, e quello che aveva vissuto lei solo un incubo momentaneo.

Alyssa frenò brusca davanti a quel grande salice e lo trovò proprio lì, come se non se ne fosse mai andato. Lei arrivò a supporre che stesse impazzendo.

Lui la guardò senza proferir parola. Le spalle larghe erano un po' ricurve, e gli occhi furono brillanti come la prima volta le avevano trapassato l'anima.

«Dove diamine sei stato, Leon? Tre giorni! Tre dannati giorni!»

Le lacrime di Alyssa non tardarono ad arrivare, e si confusero con le gocce di pioggia, come se lei stesse buttando fuori tutto ciò che fino a quel momento aveva covato dentro. Esplose come un fiume in piena.

Ma lui non si scompose. Non mosse un solo muscolo, né le corse incontro.

Alyssa fece un passo verso di lui, tentò disperatamente di azzerare la distanza che li separava, e si perse al contatto con la sua pelle ambrata.

Ma Leon la frenò subito. Allungò un braccio nella sua direzione e le fece segno di fermarsi.

Nel suo viso non ci fu alcuna emozione. Sembrò una pagina bianca priva d'inchiostro.

«Non possiamo più vederci, né stare insieme.»

Alyssa lo avvertì subito. Udì il rumore forte e devastante, e accusò il dolore fino in fondo: il suo cuore si spezzò.

Era uno scherzo, pensò. Doveva esserlo per forza. Tutto ciò le sembrò inspiegabile.

«Leo, che stai dicendo? Ti prego, smettila. Non è divertente.»

Lui scosse il capo, e serrò la mascella in un modo così rigido da temere i denti spezzarsi. Buttò giù un groppo che gli si era fermato giusto al centro della gola.

Alyssa non volle capire, ma a Leon non era stata data scelta.

Lui avrebbe dovuto essere brutale. Lo sapeva. Ma gli si logorò comunque l'anima nel vederla in quello stato.

«Sono un M-Fighters, adesso. Non ci è concesso fornicare con voi Magician.»

La verità era stata posta sul tavolo. E anche le carte del destino erano state scoperte.

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