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Capitolo 5

A volte, per realizzare un lutto, ci vogliono giorni. Altre volte mesi. E, la maggior parte delle volte, anni. Il cervello, con l'informazione che una persona a te cara è morta, va momentaneamente in standby. A me era successo quando era morta mia madre. Non riuscivo ad accettare la cosa. Ma come si fa quando, la morte che si deve accettare, è la propria? Io tentavo di capirlo mentre, insieme ad Allison, guardavo dal mio Cielo ciò che accadeva in Terra e come stava la mia famiglia. Mio padre, Scott e Derek passavano le giornate a cercarmi. Malia e Kira, pur di non pensare a me e a cosa poteva essermi successo, studiavano pomeriggio, mattina e sera. Lydia e Liam erano quelli che mi preoccupavano di più. Si erano rinchiusi in un silenzio quasi assordante e fissavano il vuoto come se mi avessero di fronte. Come se la soluzione fosse davanti a loro. Nella scuola si era sparsa la notizia che io fossi scomparso, gli insegnanti avevano ordinato di avvertire subito se mi vedevano, ma ovviamente non serviva a niente. Io tentavo in tutti i modi, quando io ed Allison scendevamo sulla Terra con il gazebo, a far capire che le risposte le avrebbero trovate dentro la casa verde di fronte la mia. Purtroppo, arrivò il fatidico giorno che sperai non arrivasse mai. Mio padre aveva prestato alcuni miei vestiti ai suoi colleghi per farmi trovare dai cani e il 22 Aprile 2013 trovarono la traccia giusta. Mio padre era a casa McCall, assieme al branco, quando gli arrivò quella chiamata. Si precipitò subito nel posto in cui gli avevano detto di andare, seguito dai miei amici, e lì lo trovarono. Il buco in cui ero stato ucciso. Di solito non si fa vedere ad amici e famigliari il luogo del delitto, ma Parrish voleva che Scott e gli altri seguissero il mio odore. Perciò, aveva organizzato un incontro segreto nel bosco, dove ero stato ucciso. I suoi colleghi non sapevano ancora niente, aveva trovato la stanza sotto terra per primo. E, come prima cosa, aveva chiamato il branco. Mio padre, con la divisa e il distintivo da sceriffo, raggiunse il vicesceriffo e Scott notò che lì il mio odore era molto più forte. -Lui è qui?- domandò a Parrish, il leggero buio causato dal tramonto impediva quasi di vedere i suoi occhi pieni di ansia. Parrish aveva le mani sudate e sudava freddo. Non era affatto facile dover dire una cosa del genere. -Non del tutto.- deglutì, sbattendo le palpebre per non far vedere le lacrime. Derek corrugò la fronte e si accigliò. -Che significa "non del tutto"?- il suo ringhio mi procurò la pelle d'oca. Sempre contro volere di Allison, lasciai il gazebo e mi avvicinai a loro. Mio padre sembrava invecchiato in quell' ultimo mese. Aveva dei segni neri sotto gli occhi e mi si spezzò il cuore a vederlo ridotto così per causa mia. -Forse è meglio se guardate voi stessi.- Parrish si avvicinò di più alla quercia che oramai mi metteva i brividi e alzò lo sportello di legno che conduceva al luogo del delitto. Il mio odore divenne ancora più forte per i lupi e la coyote. Dopo avermi ucciso, Theo aveva distrutto tutto dentro il buco. O meglio, quasi tutto. Abbastanza da permettere ancora di entrarci. Scott stava facendo un passo avanti, ma Derek lo spinse leggermente indietro. -Vado io.- aveva lo sguardo fisso nel vuoto. Mi sentii male a vederlo così e solo io potetti vedere Allison che affiancava Scott. Desiderava aiutarlo a sopportare il lutto, ma sapeva che era impossibile. Derek si infilò lentamente dentro quella cavità sotterranea e scese le scale mal ridotte. Io entrai con lui. Non m' importava se quel luogo mi faceva venire i brividi assurdi. Non avrei lasciato Derek da solo, ad affrontare la cosa. Mi misi al suo fianco sotto la terra. Mio padre, dall' alto, era l' unico ad avere il coraggio di sbirciare. -Ti prego, esci da qui.- dissi a Derek, pregando che sentisse almeno un mio sussurro. -Per favore, vattene.- desideravo con tutto il mio cuore che, almeno lui, non vedesse l' orrore. Non vedesse che cosa era in grado di fare Theo Raeken. Il potere della preghiera, però, era sopravvalutato. Derek guardò meglio quel bunker con i suoi occhi da lupo, l' azzurro cielo illuminò le sue iridi di magia. Ed io dovetti trattenere i singhiozzi non appena lo vidi traballare alla vista di ciò che ci circondava. Casse rotte, legno distrutto, terra smossa... e sangue. Il mio sangue. Era per terra, sotto i suoi piedi, a combaciare con il terreno dove mi avevano tolto la vita. Capì che era troppo sangue per pensare che io fossi ancora vivo. Derek respirò pesantemente e uscì di fretta e furia dalla stanza. Io non potevo che seguirlo. I suoi occhi tornarono normali e cadde in ginocchio, subito circondato dal branco e da mio padre. Derek stringeva la terra con i pugni, respirava come se avesse un attacco d' asma e i suoi occhi vagavano da per tutto, senza vedere veramente. -Non è il suo... non può essere suo...- tremò forte a ciò che aveva appena visto. Mi meravigliai. Derek aveva visto orrori peggiori nella sua vita, quello doveva essere niente per lui. Ma rimasi colpito nel capire che era perché c'entravo io. In quel momento, capii che Derek ci teneva a me. E presto avrei scoperto anche quanto. -Che hai visto? Cos' hai visto, Derek?- domandò ansiosa Malia al cugino. Stava per piangere di nuovo, me ne accorsi. Derek non ci voleva credere. Per lui, era impossibile che io fossi morto. Tentava di convincersi con tutte le proprie forze che quel sangue non fosse il mio. Che quello non poteva essere il posto in cui avevano messo fine alla mia giovane vita. Che io non fossi veramente andato via per sempre. Mio padre, spingendo via chi tentava di trattenerlo, entrò nella stanza sotterranea con una torcia e vide ciò che oramai sapeva. Il suo urlo di dolore, di rabbia, mi fece crollare in un pianto isterico. -Stiles!- uscì velocemente e fece fatica a stare in piedi. Si aggrappò alla quercia e gridò con tutte le sue forze. Picchiava l'albero, piangeva e scuoteva la testa in segno di diniego, mentre Parrish, Malia e Kira tentavano di fermarlo. -Non è morto... non può essere morto! Mio figlio!- urlava, cadendo a terra e singhiozzando. Il petto gli faceva male, potevo sentirlo. -Il mio bambino... Non è vero, non è morto! Ti prego, no... ti prego...- i suoi singhiozzi lo facevano tremare e la consapevolezza colpì tutti, con lacrime e grida di terrore. Lydia, invece, non si muoveva e fissava il buco con espressione incomprensibile. Scott camminò all' indietro, il suo sguardo vagava su tutti. Non pianse, non singhiozzò. Il suo corpo cominciò a tremare, mentre degli sbuffi caldi gli uscivano dalla bocca e dal naso. Io ed Allison lo guardammo preoccupati. Piccoli ringhi gli vennero fuori, intanto che le sue mani sanguinarono nei pugni stretti. I suoi artigli lo stavano tagliando profondamente. Le sue orecchie e i denti cambiarono, i peli spuntarono e i suoi occhi divennero del rosso più luminoso che avessi mai visto. Infine, alzò la testa e ruggì fortemente. Non l'aveva mai fatto così forte. Io ed Allison riuscimmo a percepire una potenza ultra terrena nel ruggito di Scott. A Beacon Hills si avvertì come un terremoto. La terra tremò, come le case, le finestre e i rami degli alberi. Il cielo di fine tramonto, all' improvviso, non era più così colorato. Ogni cosa perse la propria luce e i cuori di un branco divennero degli ammassi di cocci di vetro. L' Alfa aveva appena perso una parte di sé. Uno del suo branco. Una delle sue Ancore. La più importante.

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-Kitta <3

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