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"You made me fly"

Roxy era seduta in veranda con un cannocchiale e uno walkie talkie, aspettava di vedere Ariel e Kathy comparire al limitare della valle dopo la loro solita corsa mattutina. Respirò a fondo e si concentrò sulla nebbia bassa che copriva la vallata antistante il monte.

- Ho sempre amato questa baita - sospirò una voce dietro di lei. Roxy si girò e sorrise. William Lorenz era in piedi dietro di lei, si stirava la schiena, chiuso nel camice da dottore.

- Il paesaggio è incantevole - sorrise Roxy.

- Suppongo di doverti fare le mie congratulazioni - aggiunse l'uomo sedendosi accanto lei. Roxy sorrise, lo ringraziò e arrossì leggermente. Quell'uomo l'aveva sempre intimorita, non che si fosse visto spesso dopo i primi tempi nella scuola.

- Sono un po' preoccupata - confessò Roxy lasciando andare il cannocchiale in grembo.

- Non devi, è una cosa naturale e la natura sa come fare. Trova sempre una soluzione. Non ci dà mai un dono che non siamo in grado di gestire, col tempo...- disse mettendole una mano sulla spalla. Era sempre stato dolce e premuroso con lei, non aveva mai capito fino in fondo perché invece tra lui e suo figlio fosse tutto così complicato.

- Per Michael, io, davvero ...- cominciò lui a dire con la voce rotta.

- Non ha tradito solo me o David o la scuola: Michael ha 21 anni, ha sbagliato e l'ha fatto accecato dal senso di colpa. Ha perso anche lui e la sconfitta brucia. Io ne so qualcosa - sospirò Roxy.

- Ti sembro un mostro se spero lo stesso che torni? - sospirò l'uomo.

- No, sono una madre o lo sarò se tutto andrà per il meglio... Sto cominciando a capire come funziona, non è una scelta. È istinto. - disse sicura Roxy.

- Andrà tutto bene, Roxy. E quell'istante non te lo dimenticherai più, per tutta la tua vita. Quando l'ho visto la prima volta, quando me l'hanno messo tra le braccia, mi è sembrato finalmente che tutto avesse un senso. Il mondo fuori era uguale, ma la luce mi sembrava troppo forte, il freddo troppo pungente era come se improvvisamente vedessi le cose in un modo diverso. Ho stretto Michael tra le braccia e non era più una catena di DNA, una lista degli esami o un volto sbiadito dietro un ecografo 3D. Sentivo le sue manine appendersi al camice e guardavo incantato quei suoi occhi vispi. L'unica cosa che rimpiango è di non aver saputo proteggerlo dalla vita - sospirò l'uomo asciugandosi una lacrima dal volto.

- Nessun genitore può farlo - ammise Roxy scuotendo la testa.

- Fa male vederli cadere, fa male sentirli piangere - aggiunse il medico.

- Ma poi si rialzano. Ed è bello vederli ridere... - tentò di tirarlo su Roxy passandogli il cannocchiale.

- Ho sempre pensato che il lavoro di David fosse un peso che aveva deciso di sobbarcarsi, ma forse mi sbagliavo. I ragazzi sono fantastici... alcuni insopportabili, ma è una soddisfazione vederli rinascere, guardarli riprendersi in mano la loro vita. Quasi mi manca non essere più la direttrice... - confessò Roxy.

William le sorrise e riprese a guardare Kathy. Girava attorno ad Ariel mimando con le braccia un aeroplano, quindi le ridiede il cannocchiale.

- Hai fatto un miracolo già così a salvarne la maggior parte, non sentirti sconfitta. Se Simon confermerà la sua ripresa, domani partirò per l'America: devo andare a discutere col presidente i rifornimenti dei cerotti per l'America e riporterò a casa i ragazzi che non ce l'hanno fatta...Quelle sei bare bianche potevano essere molte, molte di più, non sentirti sconfitta. Prima di andare volevo chiederti se posso vedere i fulmini... solo se tu pensi che sia sicuro - aggiunse infine.

- Di Kathy? Ci stiamo lavorando, ma possiamo provare. - annuì Roxy e si sbracciò verso Kathy che corse verso di loro. Si fermò stupita. Era la prima volta in vita sua che vedeva William Lorenz, il padre di Michael, dal vero.

- Ciao, Kathy. Ho chiesto a Roxy di poter vedere un assaggio del tuo potere, da distanza di sicurezza si intende. Sappiamo che stai imparando a controllarlo e non c'è fretta, devi prenderti tutto il tempo e darti tutte le attenuanti. - disse l'uomo. Kathy guardò perplessa Roxy per avere la sua approvazione. Poi partì di corsa con la ricetrasmittente, fermandosi a metà strada tra la baita e il boschetto. Si mise seduta in mezzo al nulla con lo sguardo rivolta verso monte. Ariel nel frattempo li raggiunse. Sembrava sfinita.

- È sempre più difficile starle dietro. Simon? - aggiunse crollando a sedere sul dondolo di fianco a Roxy.

- Funzioni celebrali stabili, inizieremo oggi a diminuire la terapia farmacologica. I prossimi giorni saranno cruciali. Per il momento siamo cautamente ottimisti. - disse Lorenz con piglio professionale.

- Danni permanenti potrebbero esserci? - osò chiedere Ariel

- Ovviamente sì, almeno secondo la scienza tradizionale, ma quella ragazza corre come una maratoneta dopo una lesione spinale, quindi alzo le mani al cielo - aggiunse Lorenz.

- Ok, Kathy, con molta calma, pensa a qualcosa che ti fa paura, ma non troppo paura. -disse decisa Roxy.

- Il solito ragno? - si sentì Kathy dall'altra parte della ricetrasmittente.

- Esatto, il solito ragnetto a sei zampe che hai visto sul muro... Bravissima, continua a respirare adesso e avvicina lentamente le braccia - rispose Roxy vedendo che le nuvole di Kathy erano ricomparse. Le due nubi si unirono.

- Ok, Kathy, bravissima, ora pensa che il ragnetto gira in tondo sulla sfera, il ragnetto gira sempre in tondo...- disse calma Roxy passando il cannocchiale a Lorenz.

- Mio dio... Come fa il suo sistema nervoso a sopportare una carica del genere? - fece allibito, passando il cannocchiale anche ad Ariel curiosa.

- In realtà, Tom mi ha detto che dagli ultimi test che ha fatto sui bracciali di prova sembra che il potenziale abbia un picco a contatto con l'aria. Come se esplodesse... non scientificamente parlando - disse Roxy.

- Helene ucciderebbe per coprire quella ragazza di sensori - sospirò Lorenz.

- Cosa che noi non faremo, giusto? - disse Roxy fissando Lorenz intensamente.

- Si, si, certo, ovvio... Fatemi sapere quando provate i bracciali come va - aggiunse Lorenz alzandosi come se fosse a disagio. Ariel e Roxy lo guardarono perplesse battere in ritirata e si scambiarono un'occhiata che valeva più di mille parole.

- Ok, basta così, Kathy, prova a spegnerla ora... Separa prima le braccia, lentamente...- disse Roxy riprendendo il cannocchiale. Kathy fece per aprire le braccia, quando si accorse che una fastidiosissima formica le si stava arrampicando sulle gambe. Ebbe un sussulto e scattò in piedi. Un fulmine partì scaricandosi a terra. Kathy si guardò intorno disperata, come se non sapesse dove fuggire. Ariel partì di corsa con le bende di ghiaccio. Roxy si attaccò alla ricetrasmittente.

- Calma, Kathy, calma, metti le ginocchia a terra, siediti di nuovo e respira. - le suggerì Roxy.

- Le nuvole non se ne vanno! - protestò Kathy.

- Sta arrivando Ariel, sta tranquilla non c'è niente di cui avere paura, il ghiaccio le spegne subito, ricordi? - disse sempre con voce pacata Roxy.

- Il ghiaccio le spegne, il ghiaccio le spegne - cominciò a ripetere Kathy. Roxy vide che lentamente le nuvole stavano scemando. Ariel si fermò a distanza di sicurezza e le lanciò le bende. Kathy mise i polsi sopra il ghiaccio e finalmente fece un sospiro di sollievo. Quindi si alzò in piedi e fece il segno con l'ok ad Ariel e Roxy.

- Vedo che non ha più bisogno di me. - sorrise Angela. Roxy non si era accorta che li avesse osservati tutto il tempo dal balcone sopra di lei.

- Felice di rivederti tra i vivi - le urlò Roxy contenta.

- Come fai ogni volta a sopportare il dolore degli altri? - chiese Angela inspirando a fondo.

- In realtà, per me, è solo nella testa, non è reale, è solo un segnale, non è troppo diverso da quando tu fingi di non leggere nella mente di una persona - le ricordò Roxy.

- Questi sembrano fin troppo reali - ammise Angela allargando le braccia e studiandosi le fasciature.

- Fanno un male cane, lo so - pensò sapendo che l'amica avrebbe capito perfettamente.

Kathy stava passando di corsa salutandole con la mano. Scese le scale massaggiandosi i polsi che bruciavano, arrivò in camera sua sfinita e si stese sul materassino. Poi si perse a fissare il lavoro del giorno precedente per ingannare l'attesa di dover aspettare notizie su Simon. Aveva trovato una piantina del mondo nella stanza degli oggetti smarriti e diverse puntine, aveva preso il tablet e aveva segnato sopra il luogo di nascita di ogni singolo ragazzo della scuola. Puntine gialle per gli oro, blu, rosse e bianche per gli altri LWF. Le mancavano giusto una ventina di nomi. mettere la puntina di Liv fu complicato, ma si impose di continuare a respirare. Infine, tornò a sdraiarsi, si mise una barretta di ghiaccio sulla testa e tentò di rilassarsi. Poi notò qualcosa che la stupì. C'erano ben quattro LWF oro tutti a Boston e nessuno in tutti gli altri stati, come mai? E non aveva considerato Micheal e Jacob. Sei oro tutti lì non potevano essere una coincidenza. Boston era una grande città, ma non certo la più grande d'America. Però era vero che in generale negli stati nel nord ovest c'era una più altra concentrazione di LWF. Ed era anche vero che lì in quegli stati la Lotus aveva la distribuzione più capillare di macchinari per l'analisi del DNA e quindi la probabilità di individuare un LWF era più alta, ma si era sempre chiesta: due LWF oro nella stessa scuola poteva essere considerata una coincidenza? Sospirò perplessa perdendosi in quei ragionamenti, poco dopo bussarono alla porta.

Tom entrò sorridendo nella stanza. Aveva lavorato due giorni e due notti quasi senza sosta per finire quei bracciali, più che altro per seguire il consiglio di Liam. In ogni caso aveva ragione, quei bracciali potevano essere davvero un modo di dirle quanto la amava e quanto teneva a lei. Non aveva brillanti o diamanti, solo due bande luminose del materiale che doveva assorbire l'onda di Kathy incastonate in un'anima di metallo lucido e una scritta: "You made me fly".

Era solo il primo dei due, ma non aveva saputo resistere, voleva darglielo, voleva vedere cosa ne pensava: avrebbe fatto di tutto per vedere ancora il sorriso sui suoi occhi.

- Ho un regalo per te- disse soltanto Tom ansioso e le porse il pacchetto. Gli occhi di Kathy si illuminarono. Gli sorrise, si alzò di scatto e afferrò la scatolina curiosa. La aprì e rimase senza fiato. Le piaque subito: la forma leggera, il fatto che fosse aperto, che si potesse togliere senza scatti. Non era più una catena, era pesante sì, ma dalla linea leggera e molto più sottile e quella frase la fece volare davvero in un altro tempo e in un altro spazio. In un tempo in cui tutto le era sembrato possibile, il tempo in cui aveva iniziato a sperare, a sognare, a vivere, dimenticando il dolore e aprendosi finalmente alla vita. Il tempo in cui aveva smesso di sentirsi in gabbia e aveva iniziato a sentirsi a casa. Kathy lo mise al polso e abbracciò Tom come non faceva da tanto, troppo tempo.

- Se vuoi esco e ti lascio il tempo di testarlo- propose Tom ancora tra le sue braccia. In realtà nemmeno lui voleva interrompere quell'abbraccio, quel contatto.

- Testiamolo insieme, finché non si illumina vuol dire che non ti ucciderò, giusto? - disse Kathy mordendosi il labbro. Tom sorrise. Una parte di lui sarebbe scappato, ma un'altra parte no, quella parte aveva lottato per lei, quella parte aveva sofferto e sopportato in silenzio le bruciature e il dolore e aveva continuato a lavorare per riuscire ad averla e ora la rivoleva indietro. Tutta, non solo un sorriso o un'idea. Kathy gli stava chiedendo di dimostrare di credere in lei e lui le credeva, da sempre ad occhi chiusi. Per quanto spesso non andassero d'accordo, per quanto la loro situazione fosse complicata, lei era quella che l'aveva fatto volare e quel bracciale era il suo modo di dirle grazie.

- Fin dove non hai paura di arrivare Kathy Richardson? - chiese Tom chiudendo la porta e guardandola dritta negli occhi.

- Con te? Oltre la luna... - fece Kathy stampandogli un bacio in bocca.

- Ma è giorno! Se David ci becca, ci uccide ... - protestò lui ridendo.

- Sei tu che hai paura! - lo rimbeccò Kathy trascinandolo sul materassino. La cartina sbatteva alla brezza del mattino che scendeva dal monte, il prisma colorava la stanza e attorno a Boston ora c'era un cerchio e un gran punto di domanda.

Al piano di sopra Roxy stava rientrando per andare a sdraiarsi in camera sua e rimase sulla soglia, senza fiato e sorrise, poi lentamente prese le scale pensando che era davvero contenta per loro. David la incrociò al primo pianerottolo.

- Tom è giù? Se adesso vuole, posso dargli una mano a finire il bracciale, ho un po' di tempo- sopirò David.

- Penso stia... ehm, riposando, sì, mi ha detto che era stanco, ha passato tutta la notte alzato per finire il bracciale - disse nervosa Roxy cercando di non tradirsi. David la studiò per un attimo, poi alzò le spalle convinto.

- Non c'è problema, allora vado a cercare le bambine- disse David scendendo le scale.

-Ottima idea- rispose Roxy salutandolo e dirigendosi verso camera sua. Arrivò fino alla porta prima di scoppiare a ridere. Liam era al balcone, sentendola entrare rientrò.

- Ti vedo raggiante, oggi, cos'è successo? - disse stupito.

- Quanto tempo hai prima di partire per quell'escursione alla vetta est? - chiese Roxy.

- Un'oretta perché? Oh... Roxy sei sicura?- disse stupito. Sentiva il suo desiderio come una musica suadente che riempiva l'intera stanza. 

- Hai 30 secondi prima che ci ripenso- disse Roxy con un ghigno lasciandosi andare sul materasso.

- Attento alla gamba... e al bambino- aggiunse poi un attimo dopo indicandolo.

- Sarò una piuma- sorrise Liam. Chiusero entrambi gli occhi e si lascarono trasportare dalle loro emozioni. C'era qualcosa che Micheal infondo non aveva mai capito, perché non era questione di essere o di apparire, ma di trovare qualcuno che ti mette le ali al cuore. E tutti loro stavano davvero volando.





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