Michael
Kathy e Simon erano in biblioteca, seduti ai banchi dei PC, persi a guardare il tablet di Kathy. Simon l'aveva attaccato a un monitor in maniera da vedere i documenti più in grande. Si era alzato poco prima per andare a cercare un libro di scienze che spiegasse loro qualcosa di questo fantomatico "potenziale" di cui si parlava nel manuale, ma finora non avevano fortuna. Ora trotterellava con le mani su quei volumi intento a pensare.
Si stava appassionando a quella storia: il pensiero che ci fosse un manuale su di loro e sulle loro mutazioni lo galvanizzava. Lavorando insieme a Kathy l'aveva conosciuta meglio. Il suo cervello lavorava in maniera contorta, ma era interessante vedere come dipanava le matasse logiche. Quanto meno era qualcosa di diverso dai soliti compiti. Tra di loro era tutto molto semplice, perché non c'erano situazioni equivoche. Kathy era la ragazza del suo amico, fine della storia. Con Liv, invece, era tutto molto complicato: aveva sempre l'impressione che ci fosse qualcosa di non detto tra di loro, come se Liv gli stesse nascondendo qualcosa. Comunque, era stato contento di poterla aiutare. Simon si massaggiò gli occhi stanchi.
- Ho lanciato la stampa delle intestazioni del terzo capitolo - disse Kathy. Aveva una resistenza impressionante, fosse per lei non avrebbe mai smesso. Dopo un paio d'ore Simon invece si sentiva a pezzi. Ne approfittò per sgranchirsi le gambe. Si era appena alzato quando l'onda squassò l'edificio riducendo in briciole i vetri. Simon tirò Kathy sotto al banco. Rimasero entrambi lì sotto, tremando. Kathy stava cercando di calmare la sua mente: infondo ci potevano essere mille spiegazioni a quell'onda e Michael era l'ultima di queste spiegazioni. Stava cercando di elencare dentro di sè le più probabili con poca fortuna quando l'ascensore si aprì e scesero diversi uomini che imbracciavano un fucile circondandoli. Avevano il logo della Humans, Kathy lo riconobbe subito. Dovevano andarsene in fretta da quel posto. Fece per alzarsi, ma Simon la tirò per la manica.
- Dobbiamo scappare! - gli disse Kathy. In quel momento la porta poco dietro di loro che dava sulla scala esterna di sicurezza saltò in aria. Kathy si alzò e rimase senza fiato a vedere la sagoma di Michael comparire in mezzo alla polvere. Con le lacrime agli occhi e il cuore in gola, l'unica cosa che pensò fu: "ora o mai più". Prese la scala di corsa. Gli uomini cominciarono a sparare sui ragazzi. Con la coda dell'occhio vide Simon cadere a terra, sentiva le urla e le siringhe infrangersi dietro di lei lungo la scalinata. Se si fosse fermata per lei sarebbe stata la fine: una siringa voleva dire 4° livello, due o più siringhe morte. Corse più velocemente che poteva. Qualcuno urlò e i proiettili cessarono. Si voltò per un attimo. Michael era in cima alla scala e le sorrideva.
Quel ghigno non le piaceva per niente: sentiva i suoi pensieri inseguirla, anche se avrebbe voluto piuttosto sentire insieme la paura di Simon o di tutti i ragazzi in quella biblioteca. Michael non aveva paura, Michael aveva atteso a lungo quell'istante e ora era venuto a prendersi ciò che gli spettava. Tuttavia, lei non era un oggetto o un premio di consolazione: non voleva vederlo, non voleva guardarlo negli occhi. Aveva paura di cosa poteva fare a lei o a chiunque in quella scuola. Kathy zoppicava giù per le scale senza fiato, fingendo che la schiena non le lanciasse grandi segni di allarme. Non sapeva dove andare, né cosa fare. Aveva sceso quelle scale per istinto, ma ora?
Si fermò nascosta dietro una colonna a riprendere fiato e a guardare l'atrio del piano sottostante. Le guardie presidiavano gli ascensori, dalla biblioteca venivano urla agghiaccianti. Kathy senza fiato prese le scale di sicurezza e poi si fermò indecisa. Dove l'avrebbe cercata? In camera sua o al suo piano di certo non poteva andare. L'unica persona che poteva salvarla da Michael era Roxy, ma il suo ufficio era moltissimi piani più sopra. Prese verso il basso semplicemente perché così era più veloce.
Michael era già sulle scale, trotterellava, quasi divertito da quel siparietto, come se fosse inutile, come se lei alla fine stesse solo giocando. Non era affatto un gioco! Anche perché ogni gradino che Kathy faceva voltandosi indietro era più chiara nella sua testa una semplice verità: preferiva morire che scappare con Michael. Si trovò nel piano della palestra. Qui non c'erano guardie, lo prese per un buon segno e procedette decisa con l'idea di nascondersi magari nei bagni o negli spogliatoi delle ragazze e sperare che Michael non la trovasse. Ma quando arrivò a metà corridoio si accorse che Michael era già dietro di lei.
- Kathy, ehi, dove vai? Kathy? - la chiamava. Il sentire la sua voce le fece scorrere un brivido nelle vene.
- Andiamo, non puoi scappare in eterno da me, è divertente inseguirti, ma sai che sono qui per te, non ti farò del male questa volta, te lo prometto! - Michael proseguiva tranquillamente per il corridoio di passo svelto, senza nemmeno correre. Kathy tentò di infilarsi nello spogliatoio, si nascose in bagno e salì sulla tavoletta perché Michael non le vedesse i piedi. Si impose di non piangere e di non fiatare, ma sentiva il suo cuore galoppare e la paura che la faceva tremare come una foglia.
Sentì i passi di Michael entrare nel bagno vedeva il suo riflesso nello specchio: era lì, quanto più vicino non era mai stato, da quel maledetto giorno nella stanza 412. Le sembrava di vedere i suoi occhi dritti contro i suoi. L'aveva amato, tanto. Si era fidata ciecamente di lui e lui aveva esploso il suo mondo, trasformandola in un mutante, costretta a rinunciare a tutta se stessa, al suo sport preferito, a tutta la sua vita. Non è amore se fa male, se brucia ogni respiro, se toglie il fiato fino a soffocarti. Non è amore se ti uccide, se ti abbandona stesa a terra in una pozza di sangue. Michael chiuse gli occhi e fece saltare in aria tutte le porte dei bagni, Kathy scivolò e batté il ginocchio contro la tavoletta, cadendo a terra. Si portò le ginocchia al petto e attese nel silenzio, incapace di trattenere di più le lacrime. Il dolore più grande lo sentiva nel cuore, dentro di lei.
- Cu, cu - Michael si sporse e la vide. Si fermò rapito a guardarla. Era diversa dall'ultima volta che l'aveva vista: era bellissima, un mutante meraviglioso. Gli occhi di ghiaccio e i capelli cenere raccolti in una coda alta. Non vedeva più alcuna traccia della bambina che era stata. Kathy era cresciuta e lui si sentiva di desiderarla con ogni singola cellula del suo corpo. Inspirò lentamente per godersi il momento quindi stese le mani e la trascinò fuori da quel cantuccio. Kathy non fece resistenza. Lo guardava con terrore e meraviglia, persa in quegli occhi che aveva amato e desiderato, col fiato mozzato in gola. Michael la prese per mano e la condusse in palestra. Lei lo seguiva come ipnotizzata. La portò vicino al quadro svedese, sul lato del campo da basket, la prese per la vita e la mise a sedere sopra il primo livello: le accarezzò la faccia, accarezzò con mani tramanti i suoi capelli a onde. Erano così vicini. Le toccò le labbra con le dita, rapito. Chiunque avesse disegnato quel capolavoro era un vero artista, perché quelle labbra erano capaci di mandarlo fuori di testa. Era stata dura arrivare fino a lì, aveva richiesto il prezzo più alto, ma era certo ne fosse valuta la pena.
- Stai lontano da lei! - una voce dall'altra parte della stanza ruppe l'incantesimo. Michael si voltò e vide Tom.
- Ehi, amico, lascia perdere, vattene se vuoi salva la vita, posso sempre fingere di non averti visto - disse Michael. Kathy alla comparsa di Tom si riebbe dal buco nero in cui era caduta. Si guardò attorno spaesata e spaventata cercando qualsiasi cosa potesse essere utile per neutralizzare Michael. Non trovava nulla. Nella sua testa frullava un solo pensiero: "Dobbiamo fuggire da qui. Entrambi, prima che sia troppo tardi, prima che esploda di nuovo."
Michael finora non le aveva letto dentro, ma lei sentiva i suoi pensieri e la torturavano come una lama sottile. Pensava che lei lo seguisse obbediente, come alla fine aveva sempre fatto, ma non sarebbe stato così, non questa volta. Kathy cercò di divincolarsi, ma lui le teneva ferme le mani ai lati del corpo. Presa dal panico gli diede un colpo nella pancia e provò a divincolarsi dalla sua presa.
- Ehi, ehi, Kathy, non farti distrarre da Tom: lui ora se ne andrà e ci lascerà un po' di privacy, non è vero, amico? Così ti spiegherò il nostro piano di fuga...- fece Michael. Tom lo guardò sconvolto. Come faceva a non accorgersi che Kathy non era più sua? Privacy? Non intendeva ritirarsi in un angolo e lasciargli portare via la sua ragazza. Il vecchio Tom forse l'avrebbe fatto, ma Kathy aveva risvegliato una parte di lui che ora non voleva più dimenticare. Non era un sedicenne nerd spaventato con i legacci ai polsi, seduto contro la sua volontà su un lettino d'ospedale. Era il capo della sicurezza della scuola, era il ragazzo di Kathy; Kathy aveva scelto lui e Michael non poteva costringerla diversamente, nemmeno con la forza o quel suo dannato potere da mutante.
- Tom può anche andarsene, ma questo non cambia quello che succederà, io non verrò con te - disse Kathy decisa. Sputò fuori quelle parole con foga e rabbia.
Michael la guardò perplesso. Sembrava aver dimenticato come si usava il suo potere, come faceva ad essersi illuso al punto da non vedere che Kathy era cambiata? Aveva agognato troppo quel momento da non poter considerare che forse Kathy non era più la ragazza che lui aveva conosciuto, che forse non lo amava più.
- Senti, lo so che sei arrabbiata per la scuola e lo capisco, ma non vedi? Queste persone, non tengono veramente a te, ti hanno spalleggiato perché tutto sommato gli eri utile, poi alla prima occasione fingeranno di non conoscerti come hanno sempre fatto con me, guardandoti come quella diversa che non sa controllarsi. Non siamo costretti a rinunciare alla nostra felicità per la loro - disse Michael deciso. Aveva gli occhi lucidi nel confessare quelle parole. Indicava Tom in quanto rappresentante della scuola, ignaro del suo ruolo, di quanto Tom fosse stato capace di smuovere il cuore di Kathy.
- Era la nostra causa e tu ci hai traditi, l'hai portata qui. E non mi hai detto il suo nome, ma tu l'hai sempre saputo che era stata la dottoressa Wolfe! - gli urlò contro Kathy riuscendo infine a liberarsi cadendo di schiena a terra al di sotto del quadro svedese. Kathy represse il dolore per una fitta alla schiena, si alzò stringendo i denti e cercò di fuggire restando adesa alla parete.
- Tu non capisci, Kathy, non sai perché lei davvero l'ha fatto. Io ero disposto a darti la verità sulla storia di Jacob, ma lei ci ha salvati, tutti. Io stavo malissimo quando sono entrato là dentro - le disse paziente rincorrendola.
- E dopo quando ti ha mutato al quarto livello, quando sei diventato incapace di controllarti fino ad arrivare ad uccidermi? - tuonò Kathy con le lacrime agli occhi.
- Non ero migliorato, Kathy, io stavo per morire, come Roxy, le ci ha salvato la vita. Ti giuro che le celle non sono mai state chiuse a chiave - disse Michael alzando le mani. Tom a quella precisazione scattò come una molla, correndo verso di lui.
- Brutto bastardo! - disse a denti stretti. Michael lo rispedì indietro usando il suo potere e facendolo cadere a terra.
- Forse la tua cella non era chiusa a chiave, ma quella di Tom, quella di Roxy si e anche quella di Jacob. Ora capisco perché tu non sei scappato e lui sì! - Kathy gli urlava contro arrabbiata con le lacrime agli occhi cercando di avvicinarsi a Tom.
- Che ti importa di loro? Jacob è morto e non tornerà, ormai. Roxy presto farà altrettanto. Tom alla fine scapperà, sa che non ha speranza contro di me. Noi siamo vivi, Kathy, possiamo essere liberi, ti prego! Ho un accordo con la dottoressa Wolfe, in cambio del nostro patrimonio genetico ci lascerà liberi di fuggire, di andare insieme dove nessuno potrà più trovarci - la supplicò Michael.
- Quella donna è pazza e tu lo sei più di lei se le credi. E Roxy ti ucciderà! - urlò Kathy tentando di fuggire. Micheal le lanciò un'onda. Kathy venne sbalzata a terra. Sentì una fortissima fitta alla schiena che la fece piegare a metà dal dolore. Era ancora senza fiato quando Michael arrivò e la prese per la gola, la sollevò e la spinse contro la parete di cemento freddo della palestra. Kathy sentiva le sue mani stringerle il collo, il respiro sempre più corto. Per come erano messi i suoi polmoni avrebbe resistito poco. Tom si alzò e cominciò a correre verso di loro, ma Michael lanciando un'onda contro di lui e lo fece volare sulle scalinate, rotolò malamente fino a cadere lungo la scalinata a terra senza fiato. Fece appena in tempo ad alzare la testa che vide una palla rossa schiantarsi contro il muro a pochi metri da Michael creando un cratere nella parete della palestra.
- Mettila giù, ora! - tuonò Roxy. Michael si voltò verso di lei e lasciò la presa. Kathy cadde a terra massaggiandosi la gola e tentando di fare dei lunghi respiri. Michael prese dalla tasca delle manette, afferrò Kathy per un polso; quindi, la trascinò malamente verso la spalliera e la legò ad essa. Infine, si sgranchì le dita e inspirò a fondo.
- Ho sperato tanto che ti facessi viva- aggiunse infine Michael voltandosi verso Roxy con un macabro sorriso.
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