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🌹 Solidarietà 🌹


L'odore di rosa che inebriava la stanza riuscì a stordire le due figure avvinghiate al centro del letto. Rebecca ebbe un tuffo al cuore, "permettetemi di corteggiarvi" una richiesta apparentemente dolce, innocua che celava una realtà più crudele di ciò che sembrava. Essere una moglie era pari a divenire un oggetto nelle mani di un uomo che avrebbe avuto il dominio su i suoi averi, sul suo corpo, sulla sua mente. Priva di scegliere, di pronunciare un "no" con fermezza senza la paura di essere percossa.
La fanciulla poggiò una mano sul petto del ragazzo e con una lieve pressione lo spinse indietro.

"No mio lord, non ora."

La voce uscì da sola, con prepotenza si fece largo tra le labbra sottili, spinta da una paura folle.
Il ragazzo rimase deluso dalla reazione della fanciulla, abbassò il capo per non mostrare le lacrime che prepotenti cercavano di far capolino sulle gote arrossate dall'imbarazzo.
Non disse nulla e mogio uscì dalla camera, lasciando Rebecca in compagnia dell'umidità e della muffa sulle pareti.
Con fare controllato la piccola Hampton si alzò per recarsi davanti l'imponente armadio intarsiato di legno di ciliegio. Sotto lo strato di calce ove posava il tallone delicato sorgeva il salotto in cui tutti l'attendevano, aspettando una fanciulla distrutta dal dolore. Le condizioni di Rebecca erano pessime, si sentiva umiliata, sconfitta eppure non avrebbe permesso a nessuno di vederla ridotta in tal modo. Lei era un delicato crisantemo, più l'atmosfera che l'avvolgeva diveniva carica di sconforto più la sua bellezza risaltava per il coraggio di esistere in un mondo di tale orrore. Sarebbe scesa affrontando malelingue e bugie sul suo conto, guardando negli occhi chi le offriva l'amore che lei tanto agognava, ma che si ostinava a rifiutare.

Prese tra le mani il campanello e con decisione iniziò a scuoterlo, finché da dietro la porta bianca dalle rifiniture in oro comparve la testolina di Prudence. Lady Hampton si fece vestire velocemente, poi senza badare troppo alle attenzioni della cameriera e amica andò via, verso la stanza di Georgiana.

Il corridoio era intriso di un silenzio grave, era stata avvisata che le forze dell'ordine erano giunte in casa Robinson e presto avrebbero richiesto una sua deposizione, quindi prima che ciò accadesse sentiva il bisogno di estraniarsi da tutti per corre in soccorso di chi come lei sentiva la necessità di un semplice  abbraccio affettuoso.

Svoltò l'angolo che conduceva alla camera desiderata, ma lì, intendo ad osservare fuori dalla finestra la regina della notte avvolta dalle sue luminescenti figlie, si trovava il colonnello Alfred. Era immobile, con la chioma bionda impegnata in una danza insieme al vento, le mani giunte impreziosite da un rosario di legno e il capo chino.

Le pupille grigie di Rebecca si dilatarono non appena la porta emise un sinistro cigolio e un ombra femminile giunse alle spalle del colonnello. La donna poggiò una mano sulla schiena dritta dell'uomo e con gli occhi traboccanti d'ammirazione lo invitò a riposare.

Cordelia tentava di sopprimere goffamente l'effetto che suscitava in lei il colonnello Alfred, si erano scambiati alcune parole durante l'arco della giornata ma quelle poche battute le erano bastate percepirne la natura retta e sobria, tutto l'opposto di quell'invertito di suo marito.

"Mia signora, starete gelando con questo freddo, tenete- disse sfilando dalle sue spalle possenti la giacca rossa come un rubino- non è di velluto come i vostri abiti, ma emana un forte calore."

"Vi ringrazio ma non posso accettare, sono una donna maritata e di una certa età, capirete che non è conveniente".

Il tremore, percepibile dal tono usato, tradì le parole con cui si era rivolta al giovane.

"Perdonate la mia indelicatezza, sono stato inopportuno, ma dove si trova vostro marito?"

Il colonnello poggiò la mano su quelle della donna, Cordelia, agitata e paonazza in volto andò via. Alfred rimase interdetto, era stato troppo audace, ma quella donna risvegliava gli istinti più bassi del suo essere. Era una donna caritatevole, lo aveva scoperto mentre parlava con la tanto amata zia e si occupava di donare cospicue somme di denaro agli orfanotrofi e si dilettava in lunghe passeggiate per le strade aiutando i meno fortunati, una moglie perfetta.
L'uomo abbassò il capo verso la patta dei pantaloni e provando un forte senso di disgusto verso sé stesso lanciò il rosario sul pavimento, girò poi a destra dove una porta di vetro separava quell'ala della casa dall'ennesimo corridoio.

Rebecca era rimasta in silenzio pervasa da una nausea insistente creata da quello spettacolo di cattivo gusto. Quando Cordelia le era andata incontro dandole una forte spallata per errore, si rese conto che la donna era decisamente troppo scossa per evitare che si recasse nelle stanze della figlia.

Così Rebecca fu finalmente libera di raggiungere la meta, quando entrò nella stanza vide Georgiana rannicchiata sul letto con la testa stretta fra le gambe.

"Georgie!"

La dolce Wellington alzò fulminea la testa per guardare negli occhi la sua cara amica.

"Rebecca!"

Urlò a sua volta.
Aveva gli occhi venosi per via del pianto e la schiena curva faceva intuire quanto la ferita allo stomaco fosse dolorosa.

"Sedetevi, non dovete sforzarvi."

"Non chiamatemi mai più Georgie"

Sorrise la ragazza,

" Lo trovo adorabile, ma se non volete eviterò"

Rispose alzando gli occhi al cielo, mentre con cautela faceva accomodare Georgiana dinuovo sul letto. Portò una mano sul viso della fanciulla per asciugarle le guance.

"Perché piangete?"

Il viso di Georgiana si incupì,

"Ora vi racconto... È successo tutto da poco, non appena mi sono svegliata." - Fece una pausa, poi proseguì- " Mi svegliai a tarda sera, nella penombra della stanza riuscì a distinguere la figura di mia madre accanto al letto.
Le sorrisi flebilmente,

"Madre, credo che la febbre sia scesa".

Lei annuì, ma nessuno cenno di allegria nacque sul suo viso. Continuava ad osservarmi con sguardo accusatorio, duro, come se fossi colpevole di un misero atto.

"Da oggi inizia il tuo calvario Georgiana, lo stesso che tempo addietro ha afflitto me medesima. La tua disobbedienza è stata punita, la tua ribellione ti è stata fatale."

Mi agitai, non capivo cosa mia madre stesse dicendo e forse non volevo comprendere il significato di tali parole.

"Un'infezione ti ha colpita alle ovaie e il dottore che ti ha operata ha dovuto asportare la parte infetta. Quindi non sarai in grado di generare figli, potrai ritenerti fortunata se riusciremo a tenere occulta la situazione finché qualcuno non deciderà di sposarti. Per colpa tua, non sarai mai una vera donna."

Il mio viso latteo iniziò a rigarsi di lacrime, come poteva essere successo? Iniziai a pensare che per una stupida caduta, per colpa di una sciocca avventura da ragazzina ho distrutto il mio futuro, tutto ciò che a gli occhi del mondo mi rendeva una vera donna.
Nessuno mi avrebbe sposata, un corpo difettato era inutile, vuoto.
Così iniziai ad ansimare pesantemente, come se l'aria non arrivasse ai polmoni.

Mia mamma alzò un sopracciglio,

"Dio ti ha punita per ciò che hai fatto, sei stata una figlia disobbediente e questo è il risultato. Come pretendi che qualcuno ti consideri adesso? Io ebbi la "fortuna" di incontrare quello scellerato di tuo padre che bisognoso com'era di salvare il suo onore si accontentò di me. Tu invece, con quel bel visino è un corpo adatto a procreare potevi scegliere il miglior partito, invece no, sei inadatta, inutile."- sputò tali parole con astio, con lo scopo di mortificarmi.- " Tuttavia.. Ci sono ancora delle possibilità che un matrimonio conveniente si presenti, ma ascoltami bene- si avvicinò prendendo tra le mani affusolate il viso bollente della figlia- non dovrai farne parola con nessuno, azzardati a raccontare di ciò che è successo e per te sarà la fine."

Mi liberai dalla stretta ferrea. Quei momenti passati con voi sono stati in grado di farmi dimenticare ciò il mondo intero si aspetta da un essere umano del gentil sesso: semplicemente generare figli.
Una donna vive succube del marito, prova piacere solo se il marito è soddisfatto, è felice solo se il consorte è appagato,
Una realtà incolore, inodore, insapore e io in quel momento, non possedeva più nemmeno quel misero schizzo di colore capace di donare una sfumatura di felicità.
Alzai la testa cercando di contenere la rabbia,

"Un matrimonio conveniente?"

La donna dalle vesti scuri mi sorrise, con grazia strinse due lembi della gonna per sollevarli e prendere posto su una sedia accanto al letto.

"Sì. Il colonnello Woods ha mostrato un profondo interesse nei tuoi riguardi, ma a quanto dice la signora Robinson, trova replorevole il comportamento di quella meretrice con cui ami tanto intrattenerti. Per lo meno lui ha buon senso, è un cristiano devoto, quindi sono sicura che saprà indicarti la giusta via."

Rebecca ebbe un sussulto ricordando gli avvenimenti a cui aveva assistito, ma per il bene della fanciulla ancora convalescente decise di tenere per sé ciò che aveva visto.

Io scattai verso la direzione in cui si trovava Cordelia. Mentre raccontava di Alfred, mi è parso di scorgere uno strano bagliore nei suoi occhi occhi... Ma probabilmente mi sono sbagliata. Comunque continuai chiedendole:

"Perché la chiamate meretrice?"

"Cosa ti importa di quali appellativi uso per descriverla?"

Ringhiò la contessa, io abbassai  lo sguardo remissiva,

"Nulla... Madre."

" Comunque sia tutti i membri della casa sono a conoscenza della sua avventura nel bosco, 'una violenza' così l'hanno soprannominata, io invece riesco a vedere i fatti esattamente per come sono andati."

Strinsi i pugni,

" E come sarebbero andati?"

"Ha riscaldato gli animi degli uomini di proposito".

Decisi di non infierire e così la conversazione su di voi è terminata.

Rebecca allargò le braccia per farsi abbracciare, ma la ragazza rimase ferma. Fu così che prese lei l'iniziativa, afferrò la mano di Georgiana e l'attirò a sé, un contatto non permesso in società ma che lei reputò necessario.

"Sarete in grado di compensare questa mancanza in modo egregio."

Si scambiarono degli sguardi di intesa, poi Rebecca proseguì.

"Vostra madre finge. Georgiana, non ascoltate tutto ciò che vi dice, potrà essere un perfetto angelo del focolare, ma resta pur sempre una donna fatta di carne e desideri."

Lady Wellington restò in silenzio, persa nei suoi pensieri.
Chi non aveva desideri e voglie? Lei stessa con un certo timore aveva ammesso a sé stessa che l'accaduto, per quanto fosse tragico per una donna, per lei era stato grave ma non a tal punto. Georgiana era conscia di avere delle qualità che andassero oltre il generare una prole, lei sapeva amare e avrebbe compensato la sua mancanza di donna con un smisurato amore nei confronti di chi l'avrebbe presa in moglie, un pensiero ingenuo alimentato da vane speranze. Voleva essere istruita e non semplicemente relegata a far da balia a dei pargoli in fasce.

Scosse la testa facendo ondeggiare la chioma capricciosa,

"Tutti abbiamo dei desideri nascosti cara Rebecca."

La fanciulla dalla chioma rossa drizzò le orecchie.

" I vostri quali sono my lady?"

Georgiana abbassò lo sguardo, sapeva di potersi fidare di Rebecca, ma la sua indole timida fece sì che prima di proferire parola passassero interminabili minuti di silenzio.

"Nutro una forte amministrazione per l'artista Achille Deveria. I suoi quadri sono considerati inadatti per una fanciulla della piccola borghesia, ma nutro la speranza che un giorno le giovani menti femminili siano libere di esprimere i loro desideri in totale libertà."

"È un pensiero ammirevole che condivido senza ombra di dubbio. Ma ditemi, cosa raffigurano i suoi quadri?"

" Ci sono due quadri in particolare che ammiro molto, sono due scorci della realtà molto ben realizzati. Il primo rappresenta un incontro pudico fra due promessi, dove un bellissimo giardino in fiore dalle tonalità chiare fa da sfondo a questa coppia. Il secondo dipinto è un'opera audace, un divorarsi carnalmente dopo una cavalcata, un incontro appassionato celato nei meandri di un bosco. "

Georgiana aveva descritto l'erotismo del quadro con ardore come se lei stessa avesse vissuto un'esperienza del genere in prima persona.

"Sapete che se vi sentissero parlare così nessuno vorrebbe sposarvi."

Puntualizzò Rebecca la quale era rimasta affascinata e al contempo imbarazzata dalla descrizione udita.

"Lo so bene, a noi non è concesso avere ideali romantici o focosi."- sospirò- "Ma la non mi importa, finché questo segreto resta racchiuso tra queste quattro pareti sono al sicuro. Oltretutto la biblioteca di mio padre è fornita di interessanti libri e manuali, certi forse troppo focosi, ma sono proprio quelli che preferisco e a voi non posso negarlo."

Lady Hampton spalancò la bocca in una smorfia di stupore per poi lasciarsi andare a una risatina compiaciuta.

"Signorina Wellington dovrei essere profondamente indignata dalla sua indole peccaminosa!"

Esclamò in tono serio, l'altra non riuscì a trattenere una risata fragorosa.

Fu un momento idilliaco, pieno di gioia, qualcosa di così speciale che le due ragazze, ignare degli scherzi con cui la vita si diletta, sperarono durasse per sempre.

L'allegria fu interrotta da dei colpi incessanti alla porta.

*SPAZIO AUTRICE*

Bene ho diversi appunti da fare oggi, allora partiamo con il dire che il romanzo si sta avvicinando alla fine della prima parte, avevo detto che mancavano due capitoli e invece no, ne mancano tre.
Detto questo, vi invito a guardare realmente i quadri di Achille Deveria, io personalmente li ho apprezzati tanto. Ma perché proprio lui? Facile, i quadri che ho "descritto" rappresentano realmente due episodi che spesso avvenivano in epoca vittoriana, ovvero che nonostante il forte pudicismo di quel tempo tante fanciulle trovavano una scappatoia durante le passeggiate e con un pizzico di furbizia questi avvenimenti restavano celati.

Ma parliamo anche del perché questo dialogo tra le due. Dovete sapere che per i vittoriani una donna con dei desideri sessuali era da considerare impura e di conseguenza le donne vivevano in una totale repressione.

E invece cosa pensate di Cordelia e Alfred?

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