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🌹Pensieri🌹

*Immagine creata da ClaviaButera*

Catherine stava in piedi davanti la grande finestra, non aveva dormito e l'ansia era stata l'unica compagna di un lungo incubo a occhi aperti. Cosa le aveva impedito di crescere adeguatamente sua figlia non lo sapeva, era una donna allegra che amava la compagnia, ridere e scherzare, dalle volte la sua attenzione si perdeva in pensieri lontani e questo era stato la causa della reputazione di svampita che aveva. Sia chiaro che nonostante nei salotti venisse additata con questo appellativo restava amata e ben voluta, cosa che con Rebecca non accadeva.
Forse era stata proprio questa sua indole poco presente è troppo accoscindente ad aver permesso che la little lady di casa avesse un carattere così spregiudicato. La verità è che non riuscivano a capirsi, Catherine esasperava Rebecca nella speranza che la figlia capisse quale fosse il suo posto e che sorridesse di più, l'angosciava vederla sempre arrabbiata e di cattivo umore e negli ultimi mesi aveva, in modo non del tutto voluto, evitato il troppo contatto con lei che non fosse esplicitamente richiesto per i preparativi al debutto e per tenerle presente i suoi doveri.
Aveva passato troppo poco tempo con lei, non si era nemmeno preoccupata di capirla e forse adesso l'aveva presa per sempre. Catherine a quell'ultimo pensiero ebbe un moto di rabbia che non riuscì a contenere, prese i vasi con i fiori, le brocche con l'acqua per pulirsi il viso e tutto ciò che vi era sopra la toiletta e con forza scaraventò gli oggetti contro il muro.

Lei da giovane non aveva avuto la vita tranquilla di Rebecca, era cresciuta in campagna solo con l'istruzione che il suo vecchio zio le aveva concesso, ma senza possedimenti o titoli, solo alla morte del vecchio aveva ereditato titolo e soldi, potendo così fuggire dalla vita solitaria e presenziare alle feste e alla vita mondana. I suoi genitori erano entrambi ricchi ma il loro matrimonio non era stato visto di buon occhio e così erano stati tutta la vita ospitati dal fratello maggiore del padre, senza mai rivedere i propri parenti, questo aveva fatto si che l'unico obbiettivo della vita di Catherine fosse vivere una vita spensierata e fare tutto il possibile per essere ben voluta nei salotti e amata dalle persone. Sua figlia però non era come lei, Rebecca non conosceva il lavoro, la solitudine e il disprezzo gratuito, conosceva il disappunto, sentimento che era stata lei stessa a suscitare con i suoi sciocchi ideali da bambina.

Osservò il caos da lei creato e quando si decise a chiamare una cameriera un urlo ben più forte del trillo del campanello echeggiò fra le mura della casa. Velocemente uscì dalla stanza e girandosi a destra vide la signora Cordelia Wellington al centro del corridoio con gli occhi spalancati verso l'interno della stanza che aveva di fronte.

"Ms Wellington, cosa succede?"
Catherine si avvicinò con cautela e lanciando una fugace occhiata dentro la stanza si accorse che essa era vuota, la piccola Georgiana non era avvolta dalle coperte e le ante della finestra erano spalancate. La donna si portò una mano davanti la bocca tremante, mentre una piccola folla si era già raggruppata nell'angusto spazio. Tra tutti il colonnello Alfred si sporse in avanti per osservare meglio la scena, si arrestò di colpo, il suo prezioso angelo era scomparso.
Come una furia scese di corsa dalle scale per recarsi nelle scuderie, doveva trovarla al più presto, se qualcuno l'avesse toccata non avrebbe potuto sopportarlo.

La fitta rete di rovi e rami che fungeva da tetto in quella verdeggiante fetta di terra, bloccava la poca luce del mese di Aprile, lasciando a Rebecca la sensazione che sarebbe morta lì tra la terra e il fango in una gola buia. Si ripeteva spesso di stare esagerando, ma con Georgiana ricoperta di sangue e inerme e lei debole e fiacca la prospettiva di uscire da quel posto si faceva ogni secondo più lontana.

"Rebecca! Rebecca!"

Urlava una voce distante, tanto da sembrare solo l'illusione della sua mente stanca.

"Lady Rebecca!"

Urlò nuovamente la voce,

"Sono...sono qui! Venite qui!"

Tentò di gridare mentre cercava di arrampicarsi sulla parete di terra, mise una mano su un sasso e un piede in una piccola buca finché la terra a cui si sosteneva si sgretolò portando con sé la pietra e Rebecca, gridando, cadde giù, procurandosi una lesione alla caviglia. Fu proprio quell'urlo di paura ad attirare l'attenzione di Lawrence che esaminava la macchia di sangue che imbrattava il letto d'erba sotto i suoi piedi.
Si girò di scatto lasciando le briglie dell'equino e iniziando a vagare tra i tronchi e i cespugli,

"Rebecca siete voi?! Rebecca!"

La fanciulla con le lacrime a gli occhi per la rabbia e il dolore acuto iniziò a urlare esasperata battendo i pugni contro il suolo.

"Sono qui dannazione! Sono qui!"

Respirando pesantemente volse lo sguardo al cielo limpido su di lei, come avrebbe spiegato il sangue rappreso sul suo viso?
Se chiudeva gli occhi sentiva ancora le mani di quel viscido sul suo corpo, voleva davvero farle ciò a cui aveva pensato Georgiana... Possederla, valeva così poco da indurre un uomo a farle ciò. Sorrise con tanta amarezza, nonostante l'avvenimento della sera precedente non avrebbe smesso di comportarsi in quel modo, ciò che le stava per fare era sbagliato e la sua reputazione non doveva essere intaccata per una cosa di cui non aveva colpa, eppure la realtà era un'altra. Sarebbe tornata a casa, un dottore l'avrebbe visitata e dopo il suo racconto si sarebbe cercato l'aggressore, nonostante avrebbero chiamato le autorità,  le malelingue avrebbero iniziato a iniettare il loro veleno insinuando che lei era nel bosco sicuramente per incontrare qualcuno, oppure che lei lo avesse in qualche modo indotto a pensare di poter essere gradito.

Chiuse gli occhi mentre le lacrime bollenti le rigavano le guance bianche, finché  lentamente sparirono nell'incavo dell'esile collo. Aprì poco dopo le palpebre e il viso di Lawrence entrò nel suo campo visivo, la guardava sorridendo dall'alto del crepaccio.

"Una signorina non impreca."

"Portateci a casa, dannazione!"

Rispose inarcando gli angoli della bocca, indicò Georgiana accanto a lei e non appena Lawrence la vide in tali condizioni l'espressione sul suo viso si incupì.

"Restate lì, torno alla tenuta per i rinforzi e mando a chiamare un dottore, torno subito!"

"Non vedo dove potremmo andare lord Beliah"

Lawrence esasperato fece un gesto di non curanza con le mani, quella fanciulla non risparmiava nessuno nemmeno in un tale momento.
Le condizioni delle due giovani donne lo preoccupavano, doveva sbrigarsi, prima di andarsene si strappò una manica dalla camicia sotto la giacca pesante e legò il pezzo di stoffa ad un albero.

Una volta giunto sul sentiero di casa vide il colonnello in groppa ad un destriero nero come la pece,

"Lord Woods, ho trovato le signorine Hampton e Wellington! Sono in fondo a un gola, ho attaccato un lembo della mia camicia a un tronco per riconoscere il punto esatto."

L'uomo annuì,

" Avete fatto la cosa giusta... Lord?"

"Beliah."

"Lord Beliah, Tornate alla villa ad avvisare; io cercherò di portarle fuori da quel posto."

Lawrence fece un segno con il capo per poi spronare la bestia verso il cancello della villa.

Alfred trovò presto l'albero indicato e setacciando con lo sguardo ogni angolo del boschetto si accorse del crepaccio, con maestria scese da cavallo e osservò dentro quel buco nero, le due giovani si trovavano lì infondo. Scese velocemente e senza degnare di uno sguardo Rebecca, l'uomo si affrettò a prendere tra le braccia Georgiana. Sua zia gli aveva raccontato del comportamento ribelle della fanciulla dalla chioma rossa, rossa oltretutto! Quel colore di capelli simbolo di lussuria e di capricci.
Detestava ogni essere femminile o no avvezzo ai vizi, come suo padre o quella donnaccia che lo aveva partorito.
Sua madre era malata, una donna la cui lussuria l'aveva condotta a contrarre la sifilide tra i vicoli sporchi dell'America, dove era cresciuto.
Così senza esitare accolse tra le sue possenti braccia la fanciulla svenuta e scansò Rebecca come se fosse una portatrice di peste nera.
Prima che con le sue sole forze portasse via Georgiana i lord ospitati alla villa erano giunti in suo aiuto, ma Alfred si limitò ad uscire di lì con la ragazza sulle spalle senza accettare le premure altrui e soprattutto non lasciando quel corpo puro nelle mani di nessuno.

*Spazio autrice*

Questo capitolo diciamo che è di passaggio, prima che la storia prenda davvero la piega descritta nella trama voglio mostrarvi per bene i vari personaggi e costruire piano i legami essenziali allo sviluppo della storia.
Oltretutto qui cerco di mostrarvi un pochino il modo di pensare di Alfred, a voi come sembra?

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