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XII

Avviso: questo capitolo conterrà contenuti sessualmente espliciti.


PRESENT


13-11-19
h. 22:30


Con atteggiamenti molto sensuali mi fece cenno di sedermi sulla sedia al capo opposto del lungo tavolo,  per questa volta avevo preso la decisione che non sarei stato ai suoi ordini, non avrei fatto il suo cagnolino e mi sarei seduto solo se lo avessi voluto io, «No! Non mi siedo, devi prima rispondere alle mie domande» sbottai, la vidi spalancare gli occhi sbalordita come se non si aspettasse tale risposta da me e cominciò ad avvicinarsi verso il tavolo, nel frattempo stavo scrutando il suo outfit che era composto solamente da un tubino nero con una zip che sembrava percorrere tutto il suo corpo ma rimanendo seduta potevo solo immaginarlo, continuai « Mi devi delle spiegazioni, perché hai fatto quel gesto ieri al locale? Perché hai voluto farmi litigare con i miei amici? Perché mi hai scop...?», mi bloccai d'istinto quando la vidi alzare il dito indice, «Shh, ragazzino» sussurrò con appena un filo di voce «Hai fatto tutto da solo, io stavo scambiando solo quattro chiacchiere con il tuo amico» continuò mentre un sorriso malizioso si formava sulle sue labbra, «Vuoi dirmi almeno perché mi hai chiesto di vederci se non stai dicendo nulla di quello che già so?» esclamai con convinzione, notai che stava iniziando a giocare con la zip del suo tubino che era all'altezza del seno, mi stava stuzzicando, avanzai velocemente nella sua direzione, la temperatura del mio corpo si stava alzando sempre di più, mi sentivo ardere il viso così con uno scatto in avanti le arrivai a due palmi dal viso.
Fece un balzo indietro con la sedia e mi poggiò un piede sul petto come per bloccarmi ed iniziò a tirare giù la zip molto lentamente, le spostai il piede violentemente e mi inginocchiai dinanzi a lei e con velocità finii di tirare giù la zip.
Con estremo piacere scoprii che non indossava biancheria intima, la mia erezione inizió a premere contro i pantaloni così mi alzai, la presi di peso e la sbattei sul tavolo che era alle nostre spalle, cominciai a baciarle il collo per poi scendere sui suoi seni e infine sull'inguine, la baciai con tutta la passione che avevo.
Cominciai a leccare il suo interno coscia ed a darle piccoli morsi, la vedevo e la sentivo gemere davanti ai miei occhi, inarcava la sua schiena per il piacere che le stavo provocando, le toccavo i seni stuzzicandole i capezzoli, con rapidità sfilai la maglietta ed i pantaloni e mi infilai all'interno di lei stringendola contro il mio corpo.

Iniziai a muovermi con velocità aumentando e rallentando il ritmo, le afferrai i capelli e cominciai a tirarli all'indietro, avvertivo la sua passione ed il suo calore, la sentivo ansimare contro le mie orecchie quando preso dalla passione le sussurai «Dimmi il tuo nome», ma non ricevetti risposta così aumentai nuovamente il ritmo e cominciai a spingere con più violenza all'interno di lei e riprovai «Ho detto, dimmi il tuo nome! », la sua mano che era poggiata sul tavolo per respingere le mie violente spinte si infilò nei miei capelli e tirandomeli sussurrò «Taci ragazzino e scopami».
Uscii da lei e con un movimento dominante presi il suo corpo e la girai di schiena, ora il suo busto era completamente sdraiato sul tavolo e dopo averle dato qualche morso al sedere entrai di nuovo dentro di lei afferrandole i capelli, girando la sua coda di cavallo intorno alla mia mano, iniziai a sculacciarla aumentando il ritmo sempre di più fin quando entrambi non esplodemmo di passione.

Mi sdraiai vicino a lei sul tavolo, ero completamente sfinito ma volevo sapere il suo nome così feci un ulteriore tentativo, un ultima volta, «Ti prego, dimmi il tuo nome» le dissi con un filo di voce spostandole la ciocca di capelli che nel frattempo le era finita sul viso, era assente ma riuscì a sussurrarmelo, si chiamava Carla, finalmente ero riuscito a conoscere il suo nome.
Una volta realizzato che mi aveva appena detto il suo nome la vidi alzarsi e vestirsi di fretta come se stesse per arrivare qualcuno, rimasi sdraiato sul tavolo e le domandai «Che succede? Perché tutta questa fretta? Goditi il momento e rilassati, Carla», nel dire il suo nome con una piccola spinta mi misi seduto sul tavolo, si girò verso di me fulminandomi con lo sguardo e con voce fredda mi rispose «Vestiti ragazzino, e vai via», rimasi qualche istante a cercare di capire cosa stesse succedendo o cosa avessi fatto qualcosa che le avesse dato fastidio, scivolai da sopra il tavolo ed iniziai a ricompormi, «Mah... ho fatto qualcosa di sbagliato? Pensavo ti fosse piaciuto», la vidi immobilizzarsi per qualche secondo e girarsi nella mia direzione molto lentamente «Ragazzino cosa c'è da capire nella frase, Vestiti e vai via?» esclamò con un finto sorriso stampato sulle labbra, decisi di non controbattere e senza salutarla uscii dalla stanza.

"Ho fatto di nuovo il suo gioco, sono un fottuto coglione" iniziai a colpirmi la testa ripetutamente, "devo smetterla di correrle dietro, devo finirla!", avevo cominciato ad attirare l'attenzione di tutti gli ospiti dell'albergo, mi fissavano tutti con occhi di superiorità, ero totalmente frastornato dalla situazione e deluso da me stesso che affrettai il passo e finalmente uscii.
Mi fermai per qualche istante appena uscito per prendere un enorme boccata d'aria, stavo sudando per tutto quello che era successo, passai velocemente una mano sulla fronte per asciugarmi e iniziai ad avviarmi verso casa, quando un pensiero mi risuonava nella testa "devo farmi perdonare da Lù e Omàr, ho sbagliato io e devo scusarmi" continuavo a ripetermi sulla strada di ritorno.
Presi il cellulare dalla tasca e decisi di inviare un messaggio ad entrambi i miei amici per scusarmi.


h. 23:25
To Omàr:
" Scusami Omàr, scusami se ti ho trattato male, so di avere un caratteraccio, lo so. Me lo dicevano già a otto anni, quando cercavo di nascondere il broncio dietro un ciuffo di capelli ricci perché ero costretto a fare amicizia con bambini che non avevo mai visto prima, a causa dei miei continui spostamenti, molte cose devo ancora raccontarti di me.
Sin da allora come adesso, con gli occhi lucidi, cercavo d'ingoiare quelle parole che mi ferivano ed essere gentile.
Questo è un messaggio di scuse o perlomeno un pessimo tentativo, sai benissimo che io con le parole non ci ho mai saputo fare, neanche la metà di quanto mi piacerebbe.
Scuse ancora a te, che sei sempre stato paziente; che hai sempre cercato di porgermi la mano nonostante facessi di tutto per ignorarla o allontanarla. Ammetto che ci voglia tanta pazienza, ad avere a che fare con me. Spesso non faccio altro che sbraitare, aggredire e ferire, farmi continue paranoie, perseverare sui miei sbagli e tu, tra tutti, non ti meriti un amico così, un amico come me.
Perciò ti chiedo scusa, ancora.
Ti chiedo scusa per il tempo che ti ho fatto perdere e per le lacrime che ti ho fatto versare; per la preoccupazione alla quale ti ho costretto e per l'amarezza con la quale ho fatto trascorrere quest'ultima giornata. Ti chiedo scusa per ciò che ho detto al solo scopo di farti male, nonché per tutto ciò che non ti sono mai riuscito a dare.
Ma ho assolutamente bisogno di te, ti prego non mi lasciare anche tu.
Se vuoi possiamo incontrarci a Plaza de Callao al nostro solito Starbucks fra un ora, non mancare.
Ti voglio bene amico. "


Rilessi il messaggio e lo inviai, ora era il turno di Lucrezia, mi sentivo leggermente sollevato ad aver inviato quel messaggio ad Omàr, sentivo di aver fatto la cosa giusta.


h. 23.35
To: Lucrezia
"Voglio iniziare questo messaggio dicendo un grandissimo SCUSA, scusami se non sono il ragazzo che meriti, scusami se non contraccambio quello che provi per me e scusami se ti ho fatta sentire usata, scusami davvero.
Quello che ho detto ieri sera non lo pensavo veramente, credimi, tu sei una ragazza speciale, il vero problema sono io, sono io che non riesco a capire cosa voglio, sono io che distruggo tutto quello che più amo proprio perché sono stato abituato sin da piccolo ad non aspettarmi nulla da nessuno e molte persone che dicevano di amarmi non l'hanno saputo fare, quindi proprio per questo cerco l'amore ma una volta trovato, scappo, forse un po' per paura o per codardia ma con il tempo cambierò.
Spero saprai perdonarmi e se non lo farai, attenderò fin quando non sarai pronta per farlo, sappi che non mi arrenderò perché non voglio perderti Lù.
Ti voglio bene."


Inviai anche quest'ultimo e cominciai ad incamminarmi non più verso il college ma bensì in direzione Plaza de Callao, speravo davvero di rincontrare Omàr, volevo veramente scusarmi con lui, avevo bisogno di un suo abbraccio.
Improvvisamente iniziarono a tornarmi in mente dei flash di quello che era appena accaduto, stavo rivivendo tutte le emozioni contrastanti che avevo sentito e quello che provavo a chiederle quando ricordai che questa volta avevo qualcosa in più, ero riuscito a sapevo il suo nome, presi nuovamente il cellulare e mi affrettai a modificare il suo nome in rubrica.


'RAGAZZA BIONDA' Cancella,
Modifica 'CARLA' Salva.


" Sono proprio un ragazzino, nonostante lei mi stia usando ed io ne sia consapevole, non riesco a resisterle, non riesco a starle lontano", notai che le persone intorno a me iniziarono a lanciarmi occhiatacce, non mi ero reso conto ma stavo pensando ad alta voce, " okay sto impazzendo?, No Ander è solo stress, è solo stress!".
Iniziai a fissare il cellulare in attesa di una loro risposta che tardava ad arrivare, " me lo merito, non dovevo digli quelle cose, non è colpa loro se sono un idiota che si fa manovrare da una fottuta estranea appena conosciuta in un bagno, devo rassegnarmi al fatto che li ho persi, li ho persi per la mia estrema stupidità, perché ho questo vizio brutto di fare del male a chi mi vuole bene", iniziai a piangere, non riuscivo a trattenermi, avevo bisogno di sfogarmi, faceva un male cane al cuore sapere di averli persi, " loro non meritano un amico che li pugnala senza motivo, loro meritano il meglio e forse devo farmi da parte e lasciargli vivere la loro vita lontani da me", asciugai le lacrime che continuavano a scendere sul viso con la manica della felpa, nel frattempo ero arrivato a destinazione ma non c'era nessuno, Omàr non si era presentato all'appuntamento e ne aveva risposto al mio messaggio, lo stesso atteggiamento aveva avuto Lucrezia, mi stavano ignorando.
"Devo fare l'uomo, devo fargli capire che tengo a loro e che farei di tutto per farmi perdonare ", mi misi seduto sul bordo del marciapiede di Starbucks e scrissi un altro messaggio ad Omàr.


To:Omàr
h. 23.50
"So benissimo di averti deluso e me ne pento ogni minuto di più ma sappi che tu sei il mio migliore amico e che non mi arrenderò così facilmente, perdonami Omàr "


Inviai e decisi di incamminarmi verso il college, le temperature si stavano abbassando sempre di più quella sera ed io non avevo assolutamente voglia di passare un altra notte fuori casa, "devo sbrigarmi perché inizia a fare molto freddo, devo togliermi questo vizio di non portare il giubbino dietro".
Cominciai ad accelerare il passo anche per tentare di aumentare il calore corporeo e fortunatamente il college non distava molto da dove mi trovavo così non impiegai tanto tempo ad arrivare.
Una volta entrato nel mil edificio salii al mio piano e feci per aprire la porta della camera con le chiavi ma notai che era semplicemente accostata e non chiusa a chiave come credevo, pensai fosse stata un'idea di Guzmán, l'aveva lasciata aperta appositamente, magari pensava avrei fatto ritorno, ma una volta entrato lui ancora non era tornato.
La mia attenzione fu subito catturata dall'arredamento, avvertivo qualcosa di diverso nella stanza, come se qualcuno avesse rimesso in ordine o tentato di farlo nel meglio che poteva dopo aver rovistato fra le nostre cose, così cominciai ad indagare nella stanza se mancasse qualcosa di mio o di Guzmán, nulla.

"Non manca nulla".

"Come può essere che sembra tutto diverso in questa camera?, è una mia impressione?" continuavo a chiedermi quando nella mia testa tuonò una piccola frase che mi fece gelare letteralmente il sangue, " LA LISTA", mi gettai letteralmente a terra e tirai fuori la scatola da sotto il letto, il cuore iniziò a battere forte, stavo per sentirmi male, aprii la scatola e mancava la scarpa dove era stata nascosta.
La lista era stata rubata.
"Chi è stato?".
"Chissà dove si trova e chi l'ha presa?, Perché fare questo gesto? Perché violare la mia intimità?", rimasi pietrificato, non riuscivo ad alzarmi dal pavimento, avvertivo solo il cuore battere sempre di più.

Un suono proveniente dalla mia tasca mi scosse dallo stato catatonico in cui ero piombato. Era un messaggio.


*SPAZIO AUTORE*
Come promesso, è pronto subito anche il nuovo capitolo per farmi perdonare di tutti i giorni che sono scomparso, spero vi piaccia e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Grazie davvero per la pazienza e prometto che non mancherò più per così tanto tempo.
Scusate dell'orario e spero che questo capitolo sia un buon risveglio per chi lo leggerà domani mattina.

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