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.8 - Avanti o indietro?

Quando Maximilian ripercorse i propri passi, gli sembrò come di essere tornando indietro di due secoli ma, allo stesso tempo, essere andato avanti anni luce, o forse viceversa, non ne era ancora ben certo. Se aveva deciso di ascoltare la voce di quella donna apparsa dal nulla, come anche lo spirito di suo padre, non lo stava di certo facendo per il sé stesso ventunenne, ma forse per il piccolo bambino che sognava tra i muri di casa di interagire con quel popolo tanto vicino, ma così diverso dal suo. Nonostante non fosse certo di quello che era appena successo, non potendo tornare a Vaska come se nulla fosse stato, avrebbe anche potuto dare una possibilità a quello che la visione gli aveva offerto: una ragione di vita.

Anche se suo padre era, senza alcun tipo di dubbio, morto per davvero, Maximilian avrebbe dovuto riflettere su tutto ciò che era stato detto quella sera. Se il fatto che si fosse illuso per tutta la sua vita era anche credibile ed accettabile, la possibilità di cavare qualcosa dalla sua nuova residenza era ancora troppo poco papabile. Che cosa ne sarebbe stato di lui? Del suo nome? Di ciò che si era lasciato dietro le spalle a Vaska? Il Rubino era già stato preso d'assalto e Lokart gli aveva già voltato le spalle? Dove si trovava Jord? Sua madre aveva saputo la notizia della sua partenza?

Un sacco di pensieri gli affollavano la mente.

A stento riusciva a riconoscersi.

Non era tanto il fatto suo padre fosse tornato dall'aldilà per tormentarlo che lo destabilizzava, quanto la possibilità di star compiendo un madornale errore nell'affidarsi alla sua natura volubile e mutevole.

Avrebbe avuto la possibilità di scappare di nuovo, se lo avesse voluto?

In quel momento, alquanto carico di scetticismo e ripensamenti, Maximilian stava tornando verso la Merkal di sua spontanea volontà, nonostante ci fosse voluto un piccolo aiuto per fargli cambiare, anche se forse solo momentaneamente, idea. La notte era ormai calata, il canto degli uccelli che si era sentito per tutto il giorno era ormai scomparso e il sentiero che, all'andata gli era sembrato così facile da seguire, sembrava essere diventato più ripido e scivoloso. Il vociare di tutti I Brylast era diminuito e la lunga fila di persone ammassate fuori dal portone era quasi scomparsa del tutto.

Alcune torce erano state accese per permettere agli ultimi ragazzi di avanzare e la grande porta era spalancata, lasciando uno spiraglio a chi allungava il collo per sbirciare dentro. Il terriccio per terra era stato ormai irreparabilmente calpestato e alcuni piccoli buchi si erano formati dove i tacchi degli stivali delle persone avevano indugiato troppo. Le numerose carrozze che avevano accompagnato i Brylast nei pressi della Merkal erano state sgomberate e tutti si stavano preparando a terminare le giornata, per poi iniziarne un'altra, l'ennesima, più che estenuante.

Se nessuno si era accorto del fatto che Maximilian si fosse allontanato, il suo ritorno passò tutt'altro che inosservato. Le ultime guardie rimaste lo squadrarono subito, non appena la sua ombra si fece visibile grazie alle torce che erano state accese per l'occasione. Gli occhi di tre uomini in divisa furono subito sul suo corpo, così anche sulle sue mani legate. Passò un lungo momento prima che qualcuno si decidesse a dire qualcosa. Nessuno sapeva bene come comportarsi: un prigioniero che ritornava di sua spontanea volontà alla sua cella non si era mai visto. Gli Heiliges e i Theufel, per lo meno per quelli del continente, dovevano essere davvero degli enigmi.

«Che cosa pensavi di fare?» chiese l'uomo più alto, avanzando con in mano una pergamena arrotolata.

Maximilian scrollò le spalle. «Dovevo svuotare la vescica» rispose, notando come sulla pergamena fosse riportata una serie apparentemente interminabile di nomi. «Era da stamattina che la trattenevo»

«Oltre a te sono scappate altre sedici persone» disse una seconda guardia, squadrando Maximilian dalla testa ai piedi. «Tu eri l'ultimo che ci aspettavamo che tornasse. Per quale motivo hai cambiato idea?»

«Pura curiosità»

«Se ti fossi attardato ancora un po' ti avremmo chiuso la porta in faccia» replicò l'uomo con la pergamena, scarabocchiandoci sopra qualcosa con una penna d'oca. «Sei stato fortunato»

Maximilian prese un respiro, più profondo del solito. «La fortuna è qualcosa che gli abitanti di Icarys non hanno più da secoli» replicò, rabbrividendo un poco ricordandosi di essere ancora solamente in vestaglia e stivali. «Non sarà mica stato tutto una sorta di test architettato da voi diavoli del continente, vero? Mi avete dato qualcosa senza che me ne rendessi conto?»

Gli uomini si scambiarono una occhiata e si voltarono, incamminandosi verso l'alto portone ancora aperto. Lì fuori c'erano rimasti ormai solamente loro. «Non ho idea di che cosa tu stia blaterando» rispose uno di loro. «Entri oppure no?»

Nonostante tutta la segretezza e la velocità con cui un era stato trascinato fin là, quelle guardie avevano preso la sua fuga ed il suo ritorno nel modo più superficiale possibile. Maximilian non si sarebbe mai aspettato che nessuno gli dicesse niente della sua riapparizione dal nulla. Era forse davvero tutto un piano ben pensato? «Non siete sorpresi che io sia scappato...» constatò lui, seguendo quelle persone, dopo che gli furono slegati i polsi. «Non dovreste, che so, essere almeno più sconcertati da ciò che ho fatto?»

«Proprio no» replicò il più basso, agguantando una delle torce. «Se sei tornato allora ti sei lasciato alle spalle i tuoi dubbi, no? Avremmo sprecato il nostro tempo se ti fossimo venuti a cercare. Quello che avremmo dovuto fare noi lo hai fatto da solo...»

«E quelli che se ne sono andati veramente?» chiese Maximilian, alzando il capo dopo che ebbe oltrepassato la grande porta in legno massello. Avevano appena messo piede nella Merkal e, ad almeno ottocento metri di distanza da lui, si estendeva il grande portone che aveva permesso agli Heiliges prescelti di entrare nella linea, identico e speculare a quello che aveva appena varcato lui. «Non vi occupate di loro?»

«Ci penseremo al momento opportuno» gli risposero. «Di questo non ti devi preoccupare»

Il pavimento su cui i numerosi stivali stavano strisciando era in marmo talmente lucido da potercisi specchiare. In quell'enorme spazio di comodo c'erano una quindicina di persone tra guardie, giovani Theufel e anche qualcun altro. Maximilian, nonostante non li avesse mai visti, li riconobbe subito. Avevano tutti un portamento regale e l'aria di chi non si era mai dovuto sporcare le mani per poter campare. I loro vestiti erano chiari e puliti, più raffinati di qualsiasi stoffa un Theufel avesse mai potuto anche solamente vedere. La loro pelle candita e le loro voci soavi sembravano quelle di un usignolo.

I lunghi capelli delle giovani erano intrecciati e cosparsi di fiori, mentre i loro abiti erano ricamati e ricchi di dettagli. I ragazzi, dall'aria leggermente più spavalda me sempre e comunque contenuta, portavano armature dorate apparentemente inutili per un uso diverso da quello prettamente estetico. La loro lingua era melodica e ricca di parole che Maximilian stentava a capire. Ogni singolo Heiliges presente in quell'atrio sembrava un angelo in confronto ad un semplice diavolo di Vaska. Se lui li stava osservando con pura curiosità, nessuno di loro sembrava invece interessato a rivolgergli nemmeno uno sguardo.

Ai lati delle due imponenti porte, una serie di scale portava ai diversi livelli della struttura. Le colonne, seppur alte centinaia di metri, erano intarsiate con richiami alla guerra del cervo e le pareti erano state dipinte con affreschi altrettanto meravigliosi. Tutto in quel luogo gridava maestosità e, allo stesso tempo, uguaglianza. Maximilian non ne era ancora certo, ma qualcosa in lui si era incrinato, ma anche aggiustato. Era stato come prendere una boccata d'aria dopo aver passato ore in una sala piena zeppa di fumatori di pipe al gheshyr. Il suo cuore, seppure cauto sotto le sue stesse bugie, sembrava dirgli di trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

«Ti è stata assegnata una stanza» disse una delle guardie, interrompendo il flusso di coscienza di Maximilian e facendogli distogliere lo sguardo dal gruppo di ragazzi che stava osservando. Avevano preso a salire una delle scale per arrivare ad un primo ballatoio dalle ringhiere dorate. «La dividerai con un Hiliges per i prossimi mesi. Troverai dei vestiti puliti e un letto su cui dormire. Domani ti verrà servita la colazione e per pranzo alcuni depositari terranno un discorso»

Avevano aumentato il passo come se fossero irrimediabilmente in ritardo.

Nonostante la Merkal fosse stata concepita come una città lineare dalle alte mura, a Maximilian sembrava solamente di girare in tondo. Salivano, scendevano, camminavano invano per centinaia di metri senza mai raggiungere qualsiasi cosa stessero cercando. Sull'esterno non cerano finestre e perciò non si riusciva a scorgere nulla dei due lati dell'isola. L'unica cosa che gli occhi del ragazzo riuscivano a scorgere erano tre cose: scale, porticati e piccoli cortili che permettevano alla luce della luna di rischiarare l'atmosfera. A parte loro, non c'era nessun altro ed era tutto piuttosto troppo silenzioso.

«Quest'anno il re Chiaros verrà a farvi visita solo sporadicamente» gli spiegarono ancora, oltrepassando un piccolo cortile in cui al centro era stata costruita una grande fontana. Lo scrosciare dell'acqua rilassò istantaneamente i nervi a Maximilian. «Domani noi del continente ce ne andremo e la linea tornerà in mano ai Brylast, quelli nuovi e quelli vecchi»

Salirono un'angusta scala a chiocciola, oltrepassarono un colonnato bianco e poi si inoltrarono in un lungo corridoio costellato da porte in legno tutte uguali. Si fermarono davanti all'ultima, leggermente bombata e intarsiata con ghirigori argentati. «Questa è la tua» disse ancora la guardia. «Potrai stabilire tu il grado di interazione con il tuo compagno. Ovviamente è vivamente consigliata una convivenza pacifica, ma non ci aspettiamo più granché dopo gli anni passati»

Maximilian si accigliò e incrociò el braccia al petto. «Che cosa è successo?»

Gli uomini si guardarono ma non dissero nulla. Soffocarono anche una risatina nervosa.

Venne tirato fuori un mazzo di chiavi e la serratura della porta aperta. «Entra»

Storcendo il naso, il ragazzo fece quello che gli fu detto senza, stranamente, protestare.

Non appena mise piede nella stanza, la porta gli fu chiusa alle spalle e la chiave girò all'interno della toppa, facendo calare il piccolo spazio in uno strano silenzio angosciante. A Maximilian iniziò a venire il dubbio di aver sbagliato a tornare indietro: anche se non aveva più le manette, ora si trovava comunque imprigionato in uno sgabuzzino caldo e umido. Era tutto buio ed il pavimento sotto i suoi piedi era diverso dal marmo dell'entrata, avendo una consistenza granulare e irregolare. Alla fine dei conti, nonostante il Rubino avesse bisogno di un po' di manutenzione, rispetto a quel posto era davvero una reggia.

C'erano una piccola finestrella che dava su un cortile rotondo, qualche piano più in basso, e un caminetto spento. Anche se la luna era alta nel cielo, la luce nella stanza era davvero scarsa e muoversi senza difficoltà era quasi impossibile. L'odore di legno trattato e di lenzuola appena lavate riempieva le narici di Maximilian. Inoltre e quasi sicuramente, qualcuno doveva aver bruciato dell'incenso di malva per rendere quella piccola stanza ancora più opprimente e calda. Oltre i battiti affannati del ragazzo e le voci lontane delle guardie che lo avevano accompagnato fin lì non si sentiva più nulla, se non il respiro di qualcuno molto vicino a lui.

«Ce ne hai messo di tempo» disse questo qualcuno, facendo muovere le assi di un letto e tirandosi su. «Ho sempre odiato i ritardatari. Tu di certo non hai smentito questa teoria presentandoti ben due ore dopo il suono della campana di Shyr»

Maximilian sbuffò, non volendosi di certo sorbire la predica di uno sconosciuto. Se la prima interazione con un Heiliges era di quel tipo, probabilmente il loro popolo non era poi tanto diverso dagli abitanti di Vaska, come invece gli avevano sempre fatto credere. Quelle persone non dovevano essere gentili e comprensivi? Senza peccato e limpide come la luce del mattino?

«Questa campana di Shyr può suonare quanto e quante volte vuole» replicò Maximilian, levandosi la vestaglia da notte che si portava appresso da tutto il giorno. «Di certo non mi farà scodinzolare come un cane davanti ad un osso»

«Non ti piace ricevere ordini?» chiese il ragazzo, avvolto dal favore dalla oscurità e alquanto divertito dalla risposta ricevuta.

Qualcosa in lui ricordava dannatamente Jord.

La sua voce era uguale a quella degli Heiliges che Maximilian aveva scorto all'entrata della Merkal, ma le sue parole non sembravano davvero provenire da uno di loro. Il suo tono era aspro e rigido, nonostante appartenesse ad un giovane di ventuno anni, e sembrava governato da sentimenti negativi, nonostante il suo cuore fosse nato per essere senza macchia. Tutta la cattiveria, il disprezzo e l'odio che aveva sempre udito tra la gente di Vaska sembravano essere ora contenuti in un unico individuo: quel ragazzo di cui Maximilian non aveva ancora scorto il volto e che sembrava già non sopportare l'idea di trovarsi lì, con lui.

«A te si?» chiese dunque, cercando a tentoni una candela da accendere per rischiarare l'ambiente.

«Mi piace darli» rispose il ragazzo, con sufficienza. «Il potere è diventato un mio buon amico»

«Conosco bene la sensazione» rispose Maximilian, trovando su un tavolino di legno abbandonato chissà dove quella che aveva tutta l'aria di essere della cera sciolta. «Per quanto possa essere inebriante ha però sempre un prezzo da pagare»

Il ragazzo proruppe in una risata agghiacciante, ma sommessa. «Non conosci un bel niente» disse nuovamente, alzandosi e appoggiandosi al muro con un fianco. «Non hai nemmeno idea di che cosa sia la campana di Shyr e probabilmente sei arrivato dopo solo perché te la sei fatta sotto all'idea di entrare in questo posto»

«Sei molto furbo» rispose ancora Maximilian, non capendo davvero come un Heiliges potesse comportarsi in quel modo. Aveva forse davanti un altro Theufel? Era stato commesso l'ennesimo errore? «Invece tu non aspettavi altro che essere disonorato da tuo popolo, dico bene?»

«Se stai cercando di offendermi non ci stai riuscendo» rispose questo, staccandosi dal muro e tornando sul letto che si mosse sotto il suo peso. «Al contrario tuo, ho scelto io di venire qui»

«Ben per te» replicò Maximilian, trovando quello che aveva tutta l'aria di un fiammifero. «Fammi allora almeno la cortesia di rallegrarti in silenzio: ne ho le palle piene della gente che crede di sapere i fatti di chiunque e tu mi sembri uno a cui proprio non va di chiudere la bocca»

Il ragazzo sorrise e si stese sul letto. «Evita di accendere la candela» replicò, sistemandosi il cuscino sotto la testa. «Sarebbe alquanto inutile e sprecheresti l'unica cosa che ti permetterebbe di girovagare tra i corridoi di questa fortezza senza finire con il cranio fracassato a terra»

«Certo, capisco» rispose Maximilian, ignorando completamente ciò che il suo compagno di stanza, o di cella, gli aveva appena detto e accendendo la candela con i bracieri rimasti nel caminetto «A te non serve dico bene? Al contrario di noi comuni mortali sei in grado di vedere al buio»

«Mi era già chiaro che voi Theufel foste dei completi ignoranti, ma non fino a questo punto» rispose il ragazzo, portandosi le coperte sopra la testa e dandogli le spalle. «Per tua sfortuna sono solamente cieco ma la voce ce l'ho ancora»

Ci volle un po' prima che Maximilian digerisse quello che aveva sentito, ma poi si decise a rispondere con la stessa moneta. Finora si era fatto andare bene di tutto, ma quel comportamento aveva iniziato davvero ad infastidirlo. Non aveva fatto tempo a mettere piede nella stanza che già veniva attaccato. «Io non sono di certo muto» rispose dunque, trovando il suo letto e buttandocisi sopra, stremato. «Sarò però ben contento di tenere chiusa la bocca per non rivolgerti più la parola»

«Abbiamo dunque raggiunto un accordo?» gli domandò l'altro, lasciandosi sfuggire una nota di soddisfazione dalla bocca.

«Finché sarà rispettato da entrambi puoi scommetterci»

«Ottimo»

«Bene»

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