Stato Confusionale
Capitolo 15
"Stato confusionale"
Confusione è una parola che abbiamo inventato per un ordine che non si comprende.
Henry Miller
Azrael's POV
Alzai un sopracciglio, incrociando le braccia al petto, mentre la ferita al braccio mi mandava delle fitte dolorose che ignora. Stava dicendo sul serio? Era lui il suo obbiettivo e di questo non potevo che esserne sicuro, visto che ero io stesso il mandante dell'aggressione! Anche se non avevo previsto il mio stesso comportamento. Lo avevo protetto come se fosse la cosa più naturale del mondo; ero davvero un idiota.
Passai lo sguardo da lui a quel dannato lucertolone che sotto i grattini dell'albino sembrava un gatto che stava facendo le fusa e che muoveva la testa in modo che la mano di Haru potesse raggiungere i punti che più gli facevano provare piacere.
Ormai era indubbio che quel ragazzo attirasse a sé inconsciamente tutte quelle strane creature ripugnanti che pullulavano in questa dimensione, probabilmente anche queste attratte al suo dolcissimo profumo di lillà e orchidee, con un lieve sentore di zucchero filato. Tutto questo mischiato ad un altro odore, che non riuscivo ad identificato, uno mai sentito prima.
-Nanerottolo, vuole solo mangiarti in un boccone. – gli feci notare, dopotutto i draghi avevano un olfatto sviluppato tanto quanto quelli della mia razza. –E' attratto dal profumo del tuo sangue. -.
Come poteva essere così ingenuo? Aveva diciotto anni, solitamente a questa età si doveva raggiungere una certa maturità, eppure lui sembrava un bambino in questo momento. Che fosse perché non era stato educato ad affrontare tutto questo? Sulla Terra, dopotutto, i draghi si erano estinti parecchi millenni fa.
- No, Zafirus ha percepito prima il tuo di odore, e quando ha captato anche il mio... - si morse il labbro inferiore - Beh, lo sai poi cos'è successo, però non ho ancora capito il motivo del perché mi abbia difeso da te. - disse quelle parole tutte d'un fiato, pronunciando di nuovo il nome del bestione.
Lo aveva chiamato di nuovo per nome? Solamente i loro padroni avevano questo privilegio; forse, il nanerottolo era riuscito a comunicare solamente grazie alla luce che custodiva. Perché ero io il suo master!
Dovevo scoprire di più su questa faccenda; mi era stato servito tutto su di un piatto d'argento e non potevo sicuramente girare i tacchi e tornarmene a palazzo dopo questa scoperta. Forse, assecondando la situazione avrei addirittura scoperto dove si fosse nascosto l'Angelo.
-Okay Haru, supponiamo che io ti creda. Perché non mi ha ancora fatto fuori? – chiesi, mentre sentivo uno strano prurito alle mani mentre lo osservavo accarezzare così dolcemente quella dannata creatura traditrice.
Stavo iniziando ad odiare i draghi; se avevo pensato fossero cani fedeli ora avevo potuto scorgere oltre e tornare al mio iniziale pensiero: i gatti erano i veri animali più fedeli all'uomo!
Quei dannati scodinzolavano non appena gli davi un mero dannato biscotto. Forse molto leali, ma per niente aggraziati a differenza di un piccolo e all'apparenza docile gatto, che sapeva difendersi anche meglio di un leone.
-Non lo so, ma vuole che entrambi lo seguiamo. - mi spiegò guardandosi la punta delle scarpe da tennis.
Ora dovevo anche seguire le volontà di un drago?
Cercando di nascondere il meno possibile la mia irritazione e scontentezza nel dovermi sforzare, presi il nanerottolo e me lo caricai in spalla allacciando le sue gambe ai miei fianchi.
Erano passati quasi due mesi da quando era qui e ci trovavamo di nuovo in quella posizione, però stavolta era diverso in un certo senso: sentire il suo cuore accelerare provocava in me qualcosa che non avevo mai provato, come se anche il mio stesse facendo. No, era del tutto impossibile che quel duro pezzo di pietra aumentasse il suo ritmico movimento.
Ma, se quello fosse vero, cosa avrei dovuto fare?
Non sapevo come comportarmi. Sicuramente mi stavo pericolosamente avvicinando ad una crisi isterica, o ad una crisi d'identità; insomma, io ero quello che usava le persone come oggetti "usa e getta": le incontravo, le seducevo, me le portavo a letto e poi tutto finiva lì.
La cosa iniziava a darmi molto fastidio; dovevo rimediare.
Era solo un altro dei miei giocattoli, dovevo solamente possederlo e questa strana fissazione sarebbe svanita nel nulla, proprio com'era arrivata. Ne ero sicuro.
Scesi dalla montagna, cercando di non cadere da un'altezza troppo alta; non mi andava proprio di ritrovarmi con le caviglie spezzate. Noi vampiri guarivamo molto più in fretta rispetto ai normali umani, ma di certo quello non era il momento adatto per spezzarsi qualche osso; non potevo. Non con lui che mi stava stringendo così forte, mentre tremava lievemente come una foglia, ma fidandosi ciecamente di me.
Quando finalmente arrivammo a terra, mi voltai, per quanto mi era possibile, a controllare il nanerottolo che portavo ancora sulle spalle: aveva la fronte appoggiata sulla mia schiena e le braccia mi cingevano il petto stringendo il maglione nero che indossavo con forza, tanto che le nocche divennero bianche.
In quel momento mi sarebbe piaciuto sapere cosa stesse pensando, se il salto l'aveva fatto sentire male oppure...
"Ma che diamine mi interessa se sta male?!" mi rimproverai mentalmente.
Lo lasciai scendere lentamente, mentre l'enorme drago bianco volava sopra le nostre teste con un moto circolare.
-Dove si va? - gli chiesi; non mi sarei mai e poi mai premurato delle sue condizioni. Non era nel mio stile.
Non rispose. Teneva lo sguardo basso mentre giocava con l'orlo della sua maglia bianca, che gli andava leggermente grande, lasciando una spalla quasi scoperta. Non era quello, però, che stavo osservando, ma mi concentrai sui suoi capelli, che a causa della scarsa luce, sembravano quasi che possedere riflessi argento vivo, come le stelle. Mi ritrovai addirittura a pensare a come potessero essere al sole.
Non avevano un taglio preciso, le ciocche andavano dove volevano, specialmente una che gli ricadeva sulla fronte fino ad arrivare quasi alla punta del naso piccolo, e che ogni volta gli faceva grattare quella zona ad ogni singolo movimento.
Erano strani, non per il colore, ma perché sembravano tagliati senza un ordine preciso, ma attorno al suo viso erano perfetti.
-N... Non lo so. - balbettò in preda all'imbarazzo, alla fine.
Sentiva chiaramente il mio sguardo su di lui e la bellissima sfumatura rossa che le sue gote stavano assumendo, lo facevano sembrare ancor più bello di quanto non fosse già.
La sua non era una bellezza femminile, nonostante i tratti dolci e ancora infantili che lo caratterizzavano; anzi, non c'era nulla che lo facesse anche solo sembrare minimamente ad una ragazza. La sua era una bellezza angelica, mi sarei quasi aspettato che da un momento all'altro dalla sua schiena potessero spuntare delle magnifiche ali candide, come i suoi capelli.
"Ancora?! Basta Azrael! Devi smetterla di pensare a lui in questi termini! Lui è solo un giocattolo, punto e basta!" urlai all'interno della mia testa. Non dovevo lasciami trascinare da questi irragionevoli pensieri!
-C... che stai facendo? – chiese con voce sorpresa.
In quel momento mi accorsi che avevo allungato la mano verso il suo viso, per accarezzargli una guancia e scostare una ciocca di fili bianchi, che scompostamente gli solleticavano una guancia. Dove avevo la testa?!
Finalmente, tuttavia, aveva alzato il viso e mi guardava dritto negli occhi.
Le goti, come previsto, si erano arrossate; gli occhi grandi e verdi con qualche venatura azzurra, quasi invisibile e le labbra piene erano dischiuse leggermente. Lo trovai irresistibile, era come se all'improvviso le sue labbra rosse come fragole mi avessero inviato il loro sublime, sensuale e malizioso profumo maturo, fecondo, lussurioso; dopotutto erano un frutto afrodisiaco, no? Come non potevano esserlo anche quei sottili e languidi petali brillanti, leggermente arrossati e gonfi a causa dei suoi denti che avevano tormentato quel squisito labbro inferiore, che luccicava come la linea dell'orizzonte del male, colpita dai raggi del sole? Inoltre, chi mi imponeva di resistere a quella visione? Me lo stavo praticamente mangiando con gli occhi; quindi, perché non assaggiarlo?
-Non preoccuparti. – gli sussurrai mellifluo, avvicinandomi con il mio viso al suo, accorciando le distanze e i miei occhi completamente catturati da quelle rosee strisce sottili di carne, che mi invitavano, cantando, come se fossero due sirene ed io un povero e sprovveduto marinaio -Tu asseconda quel che faccio io e andrà tutto bene. - gli sussurrai, poggiando quella mano che avevo tenuto sospesa sulla sua guancia, scostandogli quella ciocca ribelle dietro all'orecchio, per poi seguire la linea della sue mascella, fino ad arrivare al suo mento ed andare ad accarezzargli poi quelle dolci labbra, che si schiusero, come un gelsomino notturno, mentre i suoi occhi brillavano di aspettativa e confusione e il suo corpo rimaneva fermo, immobile, statico ed inerme, a mia completa disposizione. Che non ancora non avesse capito ciò che stavo per fare? Non lo sapevo, e sinceramente non me ne importava.
Continuò a rimanere immobile, anche mentre avvicinavo sempre di più il mio viso, accorciando le distanze; i nostri respiri andavano ormai mischiandosi, i nostri profumi a sovrapporsi e confondersi, formandone uno completamente nuovo, più assuefacente che mai e assolutamente perfetto.
Chiuse lentamente gli occhi, abbandonandosi completamente a me. In quel momento avrei potuto fargli qualsiasi cosa e probabilmente a lui non gli sarebbe importato; semplicemente mi avrebbe assecondato, seguito, anche se lo avesse portato all'inferno o avesse messo a cenere e fuoco il mondo; avrei potuto fargli qualsiasi cosa, qualsiasi, ma prenderlo in quel bosco, magari tra quelle foglie morte o contro il tronco di un albero era squallido persino dal mio punto di vista; non era affatto per me. Un minimo di privacy la desideravo anche io.
Diminuii la distanza tra i nostri corpi, cingendogli i fianchi, facendo aderire il suo al mio in modo tale da imprigionarlo. Non aveva alcuna via di scampo, anche se dubitavo fortemente che lui volesse scappare. Gli piacevo, ormai era palese, e a me non dispiaceva affatto; almeno da un punto di vista fisico.
Ero a pochi millimetri dalle sue labbra, socchiuse, dei morbidi calici aperti che contenevano quello che ero sicuro fosse un privato e delicato nettare prelibato; ero davvero vicino, così tanto che potevo odorare ed inalare il profumo della sua pelle, ma non appena socchiusi le mie labbra quello stupido bestione, di cui mi ero completamente dimenticato, produsse un minaccioso ringhio, dall'alto, sopra le nostre teste, mentre continuava a volare in circolo sopra di noi. Ciò bastò a far scoppiare quella sottile e troppo fragile bolla di sapone, in cui ci eravamo chiusi per quei brevi ed intensi istanti che alla fine si erano risolti nel più completo e vacuo, vuoto, nulla.
Alzai lo sguardo omicida verso quel lucertolone, che mi stava fissando con quelle iridi blu, fulminandomi con la mia stessa intensità. Era come se volessimo ucciderci a vicenda entrambi e tutto per quel ragazzino che ancora stavo stringendo.
Un drago geloso? Ma per favore, non avrebbe mai avuto alcuna possibilità contro di me!
"Che diavolo stai facendo Zafirus?!" gli chiesi mentalmente, mentre guardavo ancora verso l'alto con astio verso quella bestia.
"Solo ciò che va fatto Azrael." Mi rispose calmo con quella sua foce antica e profonda, quasi ghignando. Se non fosse stato il triplo di me forse lo avrei già fatto arrosto; mi stava mancando di rispetto. Che fosse nell'età adolescenziale?
Una risata, che sembrava più che altro il suono di mille campanelle che tintinnavano all'unisono, mi fecero abbassare lo sguardo verso l'angelo che stava producendo quella splendida melodia.
Il nanerottolo rideva fragorosamente, come se la situazione fosse esilarante o avesse appena udito una barzelletta.
- Lo sai, crede che tu mi stia troppo vicino. - mi riferì, ridacchiando, mentre guardava in alto – Ma a me non importa, anzi mi piace. -.
L'ultima frase da lui pronunciata era più un flebile sussurro, quasi impercettibile, ma che causalmente riuscii a sentire anche grazie al mio udito.
In quel momento mi allontanai da lui come scottato. Che stavo facendo? Ormai non riuscivo più a riconoscere nemmeno me stesso.
Camminammo per molto tempo, fino a quando il buio non si fece più fitto.
Il drago continuava a volare sopra le nostre teste, suggerendoci il percosso da seguire e, quando gli era possibile, scendendo per camminare al nostro fianco.
Per tutto il viaggio nessuno proferì parola e non mi voltai mai indietro a controllare se il ragazzino ci fosse ancora.
Perché mai avevo avuto quella reazione a quella frase sussurrata?
Non mi ero mai tirato indietro, mai. Ora invece stavo scappando con la coda tra le gambe, senza voltarmi indietro e affrontare il problema di petto come avevo sempre fatto.
Non si risolveva nulla scappando dai propri problemi e dalle proprie paure, lo sapevo bene; in quel momento, però, mi stavo proprio comportando in quel modo. Stavo cercando di nascondermi dietro il muro di sabbia che avevo costruito provvisoriamente e sarebbe bastata una sola folata di vento a farlo crollare e far vedere quanto in realtà mi stessi spaventando.
"Okay, gli piaccio. Allora perché l'ho lasciato quando l'ha detto?" che i sensi di colpa avessero deciso di tornare a bussare alla mia porta? Impossibile; io non li possedevo.
Aveva detto che gli piaceva sentirsi stretto a me; sentire il mio calore e le mie braccia che gli circondavano il corpo. Non me lo aveva mai detto nessuno; in realtà, nessuno mi aveva mai detto qualcosa di così dolce, tutti parlavano sempre di quanto fossi bello, quasi fino alla nausea, non che non mi facesse piacere, ma dopo un po' tutto ciò tendeva a stancarmi.
Sospirai. Non potevo andare avanti così, non avrei risolto nulla; dovevo smettere di pensare a lui come di qualcuno che per la prima volta avrebbe potuto amarmi, provare una cosa come quella per me. L'amore era qualcosa che non avrei mai e poi mai potuto avere; mi era precluso, quindi perché desiderarlo?
Ero cresciuto nella più completa freddezza, non ricordavo nemmeno cosa fosse il bene. Non ricordavo neppure i miei stessi genitori.
In quel momento ricordai una cosa, una che credevo di aver dimenticato, che in fondo era solo un ricordo, una credenza di quando ero bambino: una stella, una che osservavo sempre ogni notte prima di andare a dormire, a cui sorridevo e raccontavo le mie giornate; una stella verso cui allungavo una mano nel tentativo di afferrarla, rimanendo con un gusto amaro in bocca ogni qual volta capivo che mai e poi mai avrei potuto tenerla tra le mani. Quante ore avevo speso a desiderare che quella stelle mi raggiungesse, quante? E poi per cosa? Alla fine quella se ne era andata, o forse ero io che avevo smesso di osservarla?
Ma dopotutto, il poter tendere la mano al cielo per raccogliere una mera stella era solo il sogno di un ingenuo bambino, quello che ormai non ero più da molto tempo.
I bambini erano le creature più pure e innocenti, sia vampiri che elfi o draghi. Tutti, indistintamente. Eppure, io non ero mai stato innocente e la purezza non mi aveva mai sfiorato.
Ero il peccatore dei peccatori, forse la stessa reincarnazione del peccato.
Ormai lo sapevo: nessuna stella era lì ad aspettarmi, nessuno mi stava aspettando. Ero solo.
Questo pensiero, tuttavia, mi avviliva. Perché? Perché non riuscivo ad accettare questa mia solitudine? Socrate sosteneva che tutti non eravamo altro che animali sociali, tuttavia, io non ero un animale e preferivo di certo rimanere da solo, ma allora perché non riuscivo a privarmi della sua presenza? Perché non volevo che lasciasse il mio fianco?
Quando finalmente ci fermammo in una raduna abbastanza grande da poter accogliere l'enorme drago, accesi un fuoco per cercare di riscaldare l'aria fredda nonostante la stagione calda.
Me ne rimanevo supino sul manto d'erba secca che scricchiolava ad ogni dannato movimento.
Il drago si era accovacciato circondando il corpo con la coda lunga, e mentre dormiva non sembrava tanto minaccioso.
Il nanerottolo, invece, dormiva in posizione fetale accanto a me, con le braccia sotto la testa a fargli da cuscino.
Non so cosa mi spinse a prenderlo e a fargli appoggiare la testa sul mio petto, facendolo stendere in modo orizzontale rispetto alla mia posizione.
Alla luce del fuoco, i suoi capelli sembravano assumere dei riflessi dorati, costellati d'argento alla luce lunare.
Allungai una mano per poterli accarezzare. Li facevo scorrere lentamente tra le dita, lasciando che intorno a me si espandesse quel profumo di zucchero e lillà che emanava la sua pelle, e quella dolce fragranza di vaniglia dei suoi capelli candidi.
- Li trovi strani vero? - la sua voce mi fece immediatamente ritrarre la mano da quella piacevole attività. Perché avrei dovuto trovarli strani? No, li trovavo bellissimi.
"Azrael basta! Smettila!" urlò una voce nella mia testa, ma era lontana, come l'eco del ronzio molesto di un'inutile e fastidiosa zanzara.
- Affatto. – non riuscì a fermare la mia lingua, espressi il mio più sincero pensiero, nonostante quella voce all'interno della mia mente mi urlasse di fermarmi, di allontanarmi e di smetterla, perché quello non ero io. Tuttavia, in quel momento stavo ascoltando un'altra voce dentro di me, che era molto più forte, sconosciuta, ma allo stesso tempo mi sembrava di averla già udita un tempo, forse quando ero ancora bambino. Pascoli, probabilmente, l'avrebbe definito il mio Fanciullino.
-Dici davvero? - si voltò verso di me, gli occhi verdi che brillavano come l'acqua di uno stagno su cui si rifletteva l'immagine della luna; le sue iridi erano come due pietre preziose, in molti avrebbero potuti compararli a due smeraldi, ma non sarebbe stato corretto, erano troppo chiari per essere quel tipo di minerale; no, erano esangui come un ametista verde, ma vividi come un Demantoide.
In quel momento suoi occhi grandi e luminosi come piccole stelle mi scrutarono speranzosi, chiedendomi di non mentirgli. In quelle pozze verde oceano potevo leggere tutta l'insicurezza che provava, la scarsa stima che aveva verso di sé e forse anche... No, era impossibile. Ero colui che l'aveva strappato alla sua vita.
Non poteva provare un sentimento buono verso di me.
-Perché dovrei mentire? - gli risposi con un'altra domanda, lasciando che la mia voce uscisse senza alcun controllo o artificio.
-Scusa. - abbassò lo sguardo, poi, come se si fosse appena reso conto di un qualcosa, si mise a sedere nervosamente – C... come mai sto dormendo su di te? -
- Eri in una posizione scomoda, così ti ho adagiato su di me. - gli risposi con sincerità disarmante.
Fece per allontanarsi e immediatamente sentii un brivido di panico pervadermi sia nel corpo che nell'animo. Gli afferrai il polso, facendolo aderire con la schiena al terreno e sovrastandolo con mio corpo; non potevo e non volevo permettergli di andarsene, doveva rimanere per sempre con me. Al diavolo tutti quei pensieri strani, lo volevo. Non era più che abbastanza ciò per ottenerlo?
Le sue guance, immediatamente, ripresero la tonalità rossa che iniziavo ad adorare. Sorrisi, dolcemente, come forse non avevo mai fatto e poi mi abbassai lentamente, congiungendo le nostre labbra, in un dolce contatto che probabilmente, non avevo mai donato a nessuno.
Mi sorpresi quando le sue mani andarono a posarsi a coppa sul mio viso, come a trattenermi, a non volermi lasciar andare, annullando ancor di più le distanze, dandomi il permesso di approfondire ulteriormente quel bacio, che tuttavia non seppe mai di fuoco. Fu un bacio tenero, senza passione, solo immensa dolcezza; il primo bacio che non avevo dovuto strappargli.
Mi sentivo in un certo senso completo e circondato da uno strano calore, come se ad avvolgermi ci fosse stata della luce.
In quell'istante si staccò da me e mi fissò negli occhi. Era stranamente bello vedere quei mondi verdi e luminosi, brillanti come stelle.
"E se fossi tu la mia stella, Haru?" pensai, immergendomi nelle sue iridi, perdendomi in quel corpo nero che erano le sue pupille e calandomi poi di nuovo, per baciarlo, assuefacendomi di nuovo del suo sapore, del suo profumo afrodisiaco e del calore dei nostri corpi a contatto, che erano andati a legarsi dolcemente, nella morsa che poteva appartenere solo a due amanti; sebbene, non saremmo mai andati fino in fondo, non quella sera, non in quel maledetto bosco con quel drago che stava dormendo solo in parte, inquietante.
ސh
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro