Ryan and Hamish
Capitolo 29
"Ryan ed Hamish"
La famiglia è la patria del cuore
Giuseppe Mazzini
«Si può sapere dove mi stai portando?» chiese l'albino, camminando a tentoni davanti a Jack, mentre i suoi occhi erano completamente resi ciechi da una benda scura che gli era stata accuratamente legata intorno al capo.
Jack dietro di lui ridacchiò, mentre lentamente, senza alcuna fretta, lo guidava in mezzo a quel fitto bosco, sotto il sole brillante ed estivo, che rendeva ogni particolare lì presente ancora più bello e luminoso, come forse non lo era mai stato dopo giorni di pioggia.
«Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa.» sussurrò al suo orecchio, facendo tremare l'altro, che si morse automaticamente il labbro inferiore, mentre con le mani avanti tentava di non andare incontro a qualcosa.
«So che siamo nel bosco.» tentò di dissimulare il cocente imbarazzo che provava, ma senza davvero riuscirci «mi sto chiedendo solo perché.».
«Volevo cambiare aria e poi oggi vengono Violet e Marcus.» rispose, accarezzandogli le braccia «attento, c'è una radice davanti a te.» lo avvertì.
Deneb saltò l'ostacolo apparentemente senza problemi, aggraziato come una farfalla.
«Ma allora...» il castano si mise davanti a lui e gli posò un dito sulle labbra morbide, rosse e gonfie, segnate dai denti del proprio proprietario e da quelli del compagno stesso, che adorava suggere e mordicchiare quei petali di rosa, giorno e notte. Per lui erano come un boccale di ambrosia, bellissimo e appetibile, assolutamente irresistibile. La vera ottava meraviglia del mondo, che però solo lui aveva il diritto di ammirare e assaggiare con assoluta e completa dovizia.
«Non ci troveranno oggi.» sussurrò, accarezzandogli il labbro inferiore con la falange.
Deneb socchiuse immediatamente la bocca, mentre il respiro si faceva più pesante, probabilmente inconsciamente, a causa di quella dolce seduzione. Solo Jack poteva avere quell'effetto sul suo corpo, sul suo cuore.
«Jack...» sussurrò poco convinto, tremante e pieno di aspettativa.
Il vampiro fece morire ogni altra protesta, con un bacio. Uno breve, ma intenso, come un raggio di sole che illumina una piccola e innocente goccia di pioggia posata su una foglia, la quale potrebbe far nascere un arcobaleno.
Arrivarono in una piccola radura in mezzo al bosco che il sole era ormai quasi al centro del cielo.
In mezzo all'erba umida era stata posata una coperta rossa, sul quale era stato posato un cestino di vimini e due bottiglie di vino.
Jack si mise dietro all'albino e iniziò a sciogliere i lacci della benda che gli copriva gli occhi, mentre sensualmente, incapace di trattenersi, gli posava dolci baci sul retro del collo, che fecero gemere e sospirare appena l'Angelo, che tenne gli occhi chiusi anche quando sentì che il pezzo di stoffa non era più lì a renderlo cieco di fronte al mondo.
«Puoi guardare adesso.» ridacchiò il vampiro, soffiando sulla sua pelle e continuando a vezzeggiarla il secondo dopo.
Deneb fece un piccolo passo indietro, posando la schiena contro quel petto duro e caldo, che ogni notte, da quando era scappato dai suoi carcerieri, utilizzava come cuscino.
«Posso aspettare ancora qualche minuto.» sorrise, mostrandogli di più il collo, che iniziò immediatamente a essere coccolato e torturato allo stesso tempo.
Adorava quando Jack si lasciava andare alle effusioni e alla dolcezza e iniziava a toccarlo come se fosse stata la cosa più importante al mondo. Bramava il percepire dei sui denti sulla sua pelle, che lo graffiavano appena, ma senza davvero fargli male; c'era una sorta di proibito in loro, che lo facevano tremare di desiderio per ciò che avrebbero potuto fargli.
«Non eri impaziente di sapere dove ti stessi portando?» lo prese in giro, poggiando le mani sui suoi fianchi e solleticando con le dita la pelle che andò a ricercare sotto la camicia bianca che gli aveva prestato.
Deneb nascose il viso nell'incavo del suo collo, accarezzandolo con la punta del suo naso, mentre prendeva le mani dell'amante e le portava in avanti, sul suo ventre piatto.
«Non mi importa poi molto, purché sia sempre con te.» sussurrò.
«Per sempre.» gli fece eco il compagno, cercando le sue labbra e trovandole per l'ennesima volta.
Poteva rinunciare ad ogni cosa, tranne che a lui e lo sapeva bene.
L'amore di un vampiro era volto a un'unica persona, per tutta l'eternità. Nessuno avrebbe potuto sostituire quel sentimento, nessuno avrebbe mai potuto occupare il suo cuore e nessuno avrebbe mai potuto curare il dolore della perdita.
Essere immortali voleva dire poter amare una volta sola, poiché la vita era una sola e il resto era morte, inferno e dolore. La dura essenza della vita, della felicità irripetibile come una valanga, che non poteva mai essere uguale.
«Vieni.» si staccò da lui e lo portò a sedersi sulla coperta rossa e morbida.
Solo allora l'Angelo si decise ad aprire gli occhi e sorrise nel vedere tutta quella semplicità, ma allo stesso tempo grandezza. Era un piccolo gesto, ma enorme, che gli fece battere il cuore.
«Un picnic?» chiese sorridente, sedendosi accanto a lui e buttandosi subito sul cesto, che nascondeva chissà quali prelibatezze.
Jack prese invece una delle bottiglie e la stappò, lasciando che il tappo volasse da qualche parte. Lo avrebbe recuperato più tardi, se mai se ne fosse ricordato, dopo la sessione di baci sul prato che premeditava da tutta la mattina.
«Un picnic, solo per noi. Molto esclusivo.» versò il rosso contenuto nei calici trasparente, osservandone il contenuto frizzante.
«Hai cucinato tu?» chiese curioso l'albino, tirando fuori panini, piatti di pesce e altre prelibatezze che non capiva come potessero essere contenute in un solo cesto.
«Mi sono allenato.» ammise, porgendogli uno dei bicchieri.
La risata cristallina di Deneb suonò come la cosa più naturale del mondo in mezzo a quegli alberi.
Prese il bicchiere e lo fece tintinnare appena con l'altro, delicatamente, in un brindisi dolce e allo stesso tempo malizioso a causa di quello sguardo azzurro come il cielo riflesso nel mare.
«Sei un uomo pieno di sorprese, Jack.» si portò alle labbra quel liquido rosso e lo sorseggiò piano, mentre i suoi occhi rimanevano fissi sul compagno, che rimase allibito per un attimo, ma poi sorrise complice, imitandolo.
«Sono un uomo molto innamorato.» lo corresse, posando poi il bicchiere accanto a lui e scostando quello dell'altro da davanti le sue labbra.
«Davvero? E chi sarebbe il soggetto di questo amore?» chiese sornione l'albino, avvicinandosi appena.
Era bello quando scherzava a quel modo, senza alcun imbarazzo, senza alcuna ombra negli occhi, ma pura e semplice spensieratezza.
«Una stella caduta dal cielo. Posso essere più pazzo?».
Il castano gattonò appena verso il compagno, che posò le mani sulle sue braccia e si stese autonomamente supino, lasciando che il vampiro lo sovrastasse, senza alcuna paura.
Le sue lunghe e candide dita scivolarono sapienti sulla camicia rossa del fidanzato, che con quegli occhi che sembravano bottoni d'argento e di un leggero viola verso l'esterno, stavano brillando come due lune in mezzo al verde e alla luce del sole.
«Una stella caduta. Davvero, davvero pazzo.» sorrise, tastando il suo sterno, sbottonando appena quell'indumento e mostrando parte del suo petto mascolino e quasi glabro.
«Le stelle non sono sempre fisse, potrebbe sfuggirti.» fece abbandonare ad ogni singolo bottone la sua sede, poi accarezzò quella pelle dura, come aveva fatto molte altre volte in quei giorni, che per lui sembravano anni. Quante volte avevano condiviso il letto, si erano spogliati e avevano fatto insieme l'amore?
Quante volte aveva goduto sotto quelle mani, a causa di quelle labbra e di tutto ciò che il suo amante gli offrì?
Innumerevoli, eppure allo stesso tempo poche, paragonati ai momenti di dolcezza passati nella serra accoccolati sul divano a bere una tazza di the e a parlare per ore e ore, osservando le stelle, o semplicemente in silenzio.
«Ma non questa.» asserì convinto il vampiro, osservando quella mano che lo stava accarezzando dolcemente. Gli prese delicatamente il mento e allacciò quegli occhi chiari ai suoi, sorridendo «Perché quella stella è tutto ciò per cui ho sempre vissuto e sono sicura che anche lei pensa la stessa cosa.».
Il cuore di Deneb sussultò appena, facendolo boccheggiare, quasi piangere.
Non ricordava nulla di quando aveva creato quel mondo, di quando era una stella. Ricordava solo l'immensa solitudine che aveva provato, forte e probabilmente millenario. Ma forse aveva creato un piano anche per sé, per non essere mai più solo come lo era stato allora, e quel disegno aveva il nome di quello stesso vampiro che in quel momento gli stava facendo mancare il fiato.
«Sì.» riuscì solo a dire, prima di baciarlo, raccogliendo quel visto tra le sue mani.
Nessuno sarebbe mai riuscito a farlo sciogliere come sapeva fare Jack. Nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo.
«Che dici mangiamo? Altrimenti di questo passo andiamo direttamente al dessert.» rise il castano, poggiando una mano su quella dell'amante, e voltandosi appena per baciarne il palmo.
«Come se quello non fosse il tuo piano, vampiro: mordermi e farmi impazzire.» rise gioviale l'altro.
«Sono assolutamente innocente, angelo. Lo giuro.» e si fece una croce sul cuore, tenendo però le dita incrociate dietro la schiena.
«Bugiardo.» lo baciò l'altro, scostandolo e poi alzandosi e mettendosi a correre.
«Ehi, dove vai!» gridò preoccupato Jack, guardandolo.
La giovane stelle si voltò e gli mostrò impunemente la lingua «Scappo dal bugiardo.».
«Ah sì?» ghignò il vampiro umettandosi le labbra «E credi di riuscirci, Deneb?».
«L'ho già fatto, tartaruga.» lo prese in giro.
Iniziarono a rincorrersi, redendo, senza mai mollare.
In quel momento sembravano due semplici ragazzi spensierati ed innamorati. Né vampiro né angelo. Né Deneb né Jack, solo due amanti con un radioso futuro davanti: il matrimonio, dei figli, la vecchiaia e la vita.
Nessuna ombra sembrava poterli oscurare, non in quel momento, non mentre le loro risa respingevano lontano il male che era sempre in agguato e pronto a colpire, in qualsiasi modo possibile.
Era solo l'amore ad animarli, a guidarli.
«Ti ho preso!» gridò il castano, prendendolo per i fianchi da dietro e sollevandolo da terra.
L'albino iniziò a ridere ancora più incontrollato e a scalciare nell'aria, arrendevole e per nulla preoccupato.
«Mettimi giù.» ordinò, senza troppa convinzione.
Jack ghigno e iniziò a volteggiare, perdendo infine l'equilibrio.
Si ritrovarono a terra, tremanti a causa delle risate che non riuscivano a trattenere.
«Ti amo, Jack.» confidò, Deneb osservando l'altro ridere, mentre era poggiato sopra di lui.
Il castano lo guardò con i suoi occhi argentei e brillanti, senza perdere il sorriso e gli scostò una bianca ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ti amo anche io. Lo farò per sempre, hai la mia parola.»
«Non mi serve.» lo rimproverò dolcemente Deneb, risalendo leggermente «Non voglio un vincolo, so che sarà così, come lo sarà per me.» gli prese la mano e intrecciò le dita con le sue.
Non c'era gesto che amava di più. Erano come radici quelle dita, che si incontravano e si stringevano, pronte a dare alla luce una nuova vita.
Deneb ci aveva pensato spesso in quel periodo, ma non ne aveva mai parlato con l'altro.
Sapeva che per lui era possibile procreare, poiché non era veramente umano. Ma Jack, voleva avere figli, una famiglia con lui?
Erano dubbi che lo tormentavano e che non aveva avuto ancora il coraggio di esternare.
«Deneb?» cercò di richiamarlo, Jack «Qualcosa non va?» chiese, percependo delle ombre contaminare quegli occhi candidi come il cielo e il mare.
Prima ancora che l'angelo potesse rispondere qualcosa si mosse, veloce, tra i cespugli, guardingo e pericoloso.
Il vampiro si mosse immediatamente, veloce come un lampo, alzandosi insieme al compagno e portandolo dietro alla sua schiena.
«Jack?» chiese sorpreso l'albino, osservando la posa minacciosa del fidanzato, che stava mostrando i denti acuminati e si era proteso ferino verso l'avanti, mentre una mano era subito andata verso il piccolo pugnale che aveva nella cinta dei pantaloni.
«C'è qualcuno.» annusò l'aria «un vampiro...».
La sua risposta sembrò incerta, inquieta.
«Siamo in un bosco, potrebbe essere un animale, magari un coniglio.» obbiettò l'altro.
«Non c'è battito cardiaco e l'odore è quello di sangue con una punta di selvaggio.» sussurrò, osservando ancora il cespuglio muoversi.
«Resta fermo qui.» gli intimò, iniziando a muoversi, ma senza estrarre la lama.
Inghiottì a fatica la sua stessa saliva, mentre si avvicinava lentamente, come un predatore con la sua preda.
Non lanciò occhiate a Deneb, sapeva che un momento di distrazione sarebbe potuto essere fatale. Tenne gli occhi fissi su quel groviglio di foglie e una volta dinnanzi ad esso vi affondò la mano, pescando qualcosa che però lo morse.
«Cazzo!» imprecò, senza lasciare la presa e tirando fuori un bambino che sembrava mostrare un'età che andava dai dieci ai dodici anni.
Aveva i capelli rossi come il fuoco, la pelle era chiara come la pesca, percorsa da alcune cicatrici argentee.
Iniziò a dimenarsi, mentre teneva salda la morsa sul braccio del vampiro più grande che ringhiò per il dolore.
«È un bambino.» Deneb si avvicinò immediatamente, sorridendo, ma il compagno gli intimò di rimanere a debita distanza.
«È pericoloso, sta indietro.» ma l'altro non lo udì neppure.
Quando i denti affondarono ancora di più nel suo braccio Jack lasciò immediatamente la presa, imprecando scurrilmente.
Il piccolo vampiro corse immediatamente verso l'albino e si nascose dietro le sue gambe.
«Dannazione, fa male!» ringhiò il castano, con gli occhi rossi accecati dalla rabbia.
L'angelo accarezzò i capelli rossi, sporchi e aggrovigliati di quel bambino che si era fatto piccolo, piccolo dietro di lui.
«È solo un bambino Jack.» gli fece notare «Lo hai spaventato.».
«Non è un bambino e smettila di accarezzarlo!». Preoccupazione o gelosia?
«E cosa sarebbe, di grazia?» chiese tranquillo l'albino, chinandosi davanti al rosso e iniziando a pulirgli il viso sporco di terra con la manica immacolata della camicia.
«Un trasformato.» rispose con gravità l'altro «Qualcosa che non dovrebbe esistere.».
Deneb continuò ad accarezzare il viso della creatura, sorridendogli, senza alcuna preoccupazione.
«Qualsiasi cosa voglia dire è sempre un bambino, spaventato e affamato. Vero?» disse rivolto al più piccolo dei tre «Come ti chiami?».
Il rosso sbatté gli occhi viola con un fondo grigio, simili a quelli di Jack, osservando come ipnotizzato l'angelo che lo stava trattando gentilmente.
Apri la bocca, ma da essa non uscì alcun suono. Si limitò così a gettare le sue piccole braccia intorno al suo collo.
«Giù le mani!» Jack si avvicinò minaccioso, ringhiando, ma Deneb lo prese in braccio e fulminò il più grande con lo sguardo.
«Lo spaventi.» gli fece notare.
«E lui ha le sue dannate fauci troppo vicine al tuo collo!» rimbeccò l'altro, mostrandogli poi il braccio che ancora sanguinava e faticava a guarire.
«Non mi morderà, vero piccolo?» sorrise e il bambino scosse la testa energicamente, tornando poi a nascondersi.
«È tutto sporco, dovremmo fargli un bagno.» osservò «ma prima mangiamo.».
Lo portò verso la coperta e lo posò vicino al cestino, offrendogli quel poco che era rimasto di ciò che il bambino aveva già rubato pochi attimi prima, mentre loro due erano distratti.
«Deneb, non è un dannato cucciolo che puoi portarti a casa.» cercò di farlo ragionare il castano guardando il bambino diffidente e pieno di gelosia.
«Mi stai dicendo di lasciarlo qui nel bosco da solo e senza cibo?» lo sfidò, l'angelo.
«No, ma potremmo trovargli una casa adatta a lui.» rispose nervoso il fidanzato.
L'albino prese un tovagliolo e lo bagnò con un po' d'acqua e poi iniziò a pulire al meglio il viso del bambino che voracemente stava divorando tutto ciò che c'era di commestibile.
«E chi lo prenderà con sé se anche tu lo guardi come se fosse un mostro?» quell'ultima parola colpì il vampiro più grande come una lama in pieno petto.
Un mostro?
«È buono?» chiese tornando tranquillo e non mostrando alcun segno di ferimento Deneb, rivolendosi al bambino, che aprì bocca ed emise un suono strano, che probabilmente doveva essere un sì.
«Io sono Deneb, tu ce l'hai un nome?» provò ancora.
«D... neb...» pronunciò con voce rauca il bambino, provando a pronunciare il nome dell'altro, che sorrise teneramente al tentativo, accarezzandogli i capelli e posandogli poi un bacio sulla tempia.
«Credo che questo voglia dire no. Quindi dovremo trovarti un nome.» osservò.
Jack si avvicinò piano.
«Mordicchio?» tentò «I denti ce li ha e anche belli duri.».
Il fidanzato sbuffò, trattenendo un sorriso. Non voleva fargliela passare così liscia.
«Non è il nome per un bambino, ma per un animale.».
«Mi dispiace, okay? È che... sono pericolosi. Non crescono tanto presto, e se è stato trasformato da poco avrà molta fame.» spiegò, sedendosi accanto a loro «Se ha cento anni allora ha passato l'età critica.».
«Dici che ha così tanti anni?» chiese l'angelo, sorpreso.
«Ha molte ferite, e un tatuaggio sulla caviglia in lingua antica. Se non ricordo male era il simbolo degli schiavi... forse ha centoventicinque anni.» azzardò «Sempre se proviene dalle miniere.».
Deneb annuì e guardò quel bambino come se fosse la cosa più fragile del mondo.
«Portiamolo con noi.» pregò Jack con quei suoi occhi luminosi e grandi, sporgendo leggermente il labbro.
«P... potrebbe essere una prova.» sussurrò appena.
«Una prova?» chiese scettico l'altro, osservando il bambino che stava mangiando una fetta di pane e che osservava i due attentamente «Per cosa.».
«P... per vedere se potremmo averne uno tutto nostro.» rispose timidamente l'angelo.
Jack lo guardò sorpreso, con una strana emozione nel petto. Quasi non credeva di aver udito quelle parole.
«Uno nostro?» chiese flebile, avvicinandosi di più al compagno e allungando una mano per accarezzarlo «Sei...» ma la frase finì con un suo urlo.
Il bambino lo aveva morso di nuovo non appena aveva provato a toccare l'altro.
Deneb rise allegramente, mentre le guance continuavano a essere rosse ed imbarazzate.
«Non si fa.» lo rimproverò, prendendo il bambino e facendolo sedere sulle sue gambe «Non si morde papà.».
A quel nome il cuore di Jack si gonfiò come quando vide per la prima volta Deneb, a quel ballo che aveva cambiato per sempre la sua vita, illuminandola.
«E no, non lo sono. Non ancora... ma posso averne.» disse teneramente, abbracciando il bambino, che sembrò iniziare fare le fusa, mentre ancora tentava di pronunciare il suo nome.
«Deneb è difficile vero, che ne dici di mamma?» chiese al bambino, che lo guardò con quegli enormi occhi da cerbiatto.
«ma... mama...» disse incespicando, proprio come un bambino di pochi anni che stava imparando a parlare.
Jack li osservò con una strana sensazione nel cuore, sorridendo senza rendersene conto, mentre quell'idea iniziava a forgiarsi nella sua testa, pronta a non andarsene mai.
Aveva sempre desiderato un figlio, ma non aveva mai sperato di poterne avere uno per sé. Non tutti i vampiri di sesso maschile erano in grado di procreare, sebbene l'evoluzione ormai fosse imprevedibile.
«Ryan.» suggerì, riottenendo l'attenzione del compagno.
«Ryan è un bel nome per un bambino.» spiegò «e significa "piccolo re". Non lo è già forse, visto che lo porteremo con noi e dovrò condividerti con lui?».
Deneb sorrise, felice come una pasqua, stringendo di più il bambino che iniziò ad annusarlo, prima di rannicchiarsi in quelle braccia felice tanto quanto l'altro.
«Mi piace e credo piaccia anche a lui, vero Ryan?».
Il bambino iniziò subito a tentare di pronunciarlo, come se quello fosse un segno affermativo.
«E per il bambino che verrà, Hamish: "Dio ha protetto".» se ne saltò fuori, facendo piangere l'altro e guadagnandosi un altro morso.
Da «L'Angelo della vita», pagine perdute, Libro II
Come promesso ecco il capitolo 29! Il 30 è già pronto e lo posteremo sabato, e riprenderemo con i nostri eroi. Questo capitolo vi ha introdotto un breve passaggio del legame tra Ryan e i suoi genitori adottivi, ma Hamish? Chi ha memoria lunga capirà!
Baci, S i l v e r
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