Provare ad osare
Ciò che non abbiamo osato, abbiamo sicuramente perduto.
Oscar Wilde
Haru's POV
Non rammentavo di essermi addormentato; i ricordi delle ultime ore erano così confusi che non riuscivo a dargli un ordine ben preciso.
Quando Azrael mi aveva stretto tra le sue braccia, però, mi era sembrato di stare meglio e non sapevo spiegare il perché; tuttavia in quel momento mi ero sentito al sicuro, a casa, mentre in qualche modo il suo corpo duro, granitico e tiepido aveva iniziato a riscaldarmi, aiutandomi così a smettere di tremare. Tuttavia, ero sicuro di avere ancora la febbre e che, quindi, sarei rimasto raffreddato per un bel po' di tempo.
Aprii gli occhi molto lentamente, sbattendoli, mentre in fondo desideravo solo tornare a dormire. Non avevo più freddo, ma sentivo qualcosa di pesante sulla mia pancia, così mi mossi, mettendomi a sedere, stropicciandomi poi gli occhi, per tentare di scacciare via il sonno che ancora mi reclamava e poi, posando il mio sguardo sul mio ventre vidi un braccio e mi immobilizzai; una strana stretta allo stomaco mi fece irrigidire, mentre i miei occhi verdi seguivano quell'arto, per vedere a chi appartenesse, anche se in fondo, in un lato della mia mente, la risposta già l'avevo.
Quello che vidi mi rimase scioccato: io stretto tra le braccia di Azrael che ancora dormiva.
Era un sogno. Doveva assolutamente essere un sogno!
Indietreggiai, più che per lo spavento a causa dello stupore, e andai a scontrarmi contro qualcosa o qualcuno precisamente, che mi appoggiò le mani sulle spalle stringendole per darmi forza.
In quel preciso istante tutto ciò che vedevo iniziò a sbiadire, le immagini si fecero tremule e sfumate, era come se avessi avuto davanti agli occhi un bicchiere pieno d'acqua, in cui venivano lasciate cadere macchie d'inchiostro nere, come la pece, che poi inspiegabilmente diventava bianco.
Alla fine, mi ritrovai di nuovo in quella dimensione luminosa, fatta di luce, di nulla, di vuoto.
Mi voltai verso la persona e quando constatai che era lo stesso uomo dell'altra volta sbarrai gli occhi; non riuscivo a spiegarmi cosa stesse succedendo, dovevo solamente starmene lì o potevo fargli delle domande?
La sua risata mi sorprese, soprattutto le sue parole: -Certo che puoi farmi delle domande. -.
Era vestito esattamente come la volta scorsa. Iniziavo a temere di essere diventato pazzo e che fosse tutto frutto della mia immaginazione.
Non era del tutto normale che in queste situazioni incontrassi quest'uomo che sembrava conoscermi molto bene.
-Sbagliato Haru; non sei pazzo, non hai battuto la testa e non è tutto prodotto dalla tua fantasia. - mi riprese come se potesse sentire i miei pensieri e capire cosa stessi provando.
Si sedette a terra e, come la volta scorsa, mi invitò ad accomodarmi accanto a sé.
Leggermente titubante accettai il suo invito, osservandolo nuovamente. Aveva qualcosa di tremendamente familiare, ma non avevo la più pallida idea di cosa mi portasse a pensare tutto quello. Forse, questa era la mia opportunità di far luce su tutta quella faccenda che di chiaro aveva ben poco.
- Lascia che ti spieghi dove siamo: questo che vedi è la tua mente, o meglio il tuo subconscio, l'unico luogo dove posso incontrarti e parlarti. Forse ti sembrerà pazzesco, ma quando sei qui, è come se tu svenissi e la tua anima venisse catapultata all'interno del tuo cervello. - mi spiegò con tono calmo e cercando d'esser il più chiaro possibile. -Vieni qui perché sono io che ti chiamo. -
-In che senso? - domandai, cercando di capire quello che lo sconosciuto mi stava dicendo.
-Nel senso che io non esisto, ma una parte di me vive dentro di te. - mi rispose, poggiando una mano tra i miei capelli e scompigliandoli.
-Quindi tu saresti l'Angelo? - non avevo bisogno di alcuna conferma, ma era sempre meglio non sbagliare. Avevo già pensato che lo fosse, considerato che mi aveva lasciato quella piuma, la stessa che mi davano quando entravo nella stanza con quel grande affresco. Se era lui e quel che diceva era vero, allora io ero davvero il "custode".
-Sì, ma puoi chiamarmi semplicemente Deneb. - disse sorridente e in tono cordiale. - So che è un nome strano, ma è anche il nome di una stella che fa parte della costellazione del Cigno. -
-Forte. - cercai di intravedere qualsiasi lineamento del suo viso o qualsiasi altro particolare che era ancora celato dal cappuccio del mantello bianco e immacolato, che sembrava brillare.
- Se non ti dispiace preferirei che il mio aspetto non lo scoprissi così. Non sei ancora pronto. - mi freddò con voce improvvisamente dura e tagliente, evidentemente l'avevo offeso con quel mio comportamento.
-Non mi hai offeso Haru, solo che... Non puoi. - sospiro, accennando un sorriso di scuse, forse riconoscendo di essere stato troppo duro.
-No scusami tu, è che vorrei capire di più su tutto. Ci sono troppi misteri che ancora non riesco a capire. - confidai portandomi le gambe al petto e stringendole con le braccia e nascondendo il viso completamente.
-Come ad esempio quel che senti per Azrael? - chiese tutto ad un tratto, lasciandomi a bocca aperta, mentre, come al solito, arrossivo violentemente.
Era impossibile che lui sapesse tutte quelle cose di me, anche se, vivendo dentro di me, non era poi tanto strano.
Non sapevo nemmeno io cosa provavo per Azrael: era una cosa che oltrepassava il confine dell'amicizia, ma non superava quello dell'amore; eppure, mi sentivo più incline al secondo.
-Su questo posso darti una mano. So che sei molto confuso e so che anche lui lo è; eppure, non potete far a meno di cercare di dare un nome a ciò che sentite l'uno per l'altro. Se fosse amicizia sarebbe poco, se fosse amore sarebbe troppo. Correggimi se sbaglio. - constatò Deneb cercando di farsi capire.
Annuii col capo e aspettai che continuasse col suo discorso.
- Ma quello che posso dirti io è che voi due vi amate già, sin da quando vi siete incontrati nella casa in fiamme. Non voglio dire che il vostro destino era stato già scritto, ma voi siete fatti l'uno per l'altro. - continuò, mentre io lo guardavo leggermente scettico riguardo a ciò che stava dicendo. Che cosa voleva dire con questo? Come potevo essermi innamorato del mio vampiro in quel frangente; stava parlando forse di colpo di fulmine? E poi, eravamo fatti l'uno per l'altro? Quest'ultimo pensiero mi fece arrossire, per quanto non riuscissi a trovarlo vero.
-Sei scettico, e questo devo concedertelo. Però fidati di me, vi completate a vicenda, e non solo in senso figurativo. - concluse alzandosi e porgendomi la mano per aiutarmi a fare altrettanto. Questo, però mi confuse solo di più, mentre accendeva in me speranze, che però la mia mente mi urlava di non provare, perché nel caso ciò che avesse detto fosse stata una bugia, sarei rimasto scottato, per l'ennesima volta.
-Devi andare adesso. - mi informò, mordendosi poi il labbro inferiore -Un'ultima cosa: cogli ogni occasione al volo. - aggiunse, prima di svanire nella stessa luce con cui solitamente appariva e spariva.
In un battito di ciglia, mi ritrovai nuovamente in quella grotta umida e fredda, ma riscaldata da qualcosa: un fuoco acceso, anormale, poiché non c'era alcun pezzo di legno su cui ardeva. Scoppiettava semplicemente sulla fredda roccia scaldando l'ambiente.
Mi voltai e osservai con piacere che Azrael stava ancora dormendo tenendomi stretto tra le sue braccia. Il suo viso dormiente era bellissimo, soprattutto grazie a quei fili corvini, che accarezzavano il suo volto, rilassato e che mi sembrava assomigliasse a quello di un angelo, i cui tratti erano delicati come la corolla di petali di una rosa bianca, sfumata da sottili scie di nero.
Sorrisi, ripensando a ciò che Deneb mi aveva detto. Ci volevo credere, volevo credere che tra me e il moro ci fosse qualcosa che ci legasse indissolubilmente, anche sé lui era freddo e arrogante; in fondo, una cosa me l'aveva dimostrata: non gli ero completamente indifferente a livello di sentimenti. Mi aveva salvato dal gelo, mi aveva sussurrato parole che non ricordavo, ma mi aveva tenuto stretto a se spasmodicamente nel disperato tentativo di farmi rimanere in vita, e per questo gliene ero grato. Tuttavia, una voce, nella mia testa, continuava a gridarmi di non farlo, perché se quella strana figura che abitava da qualche parte nel mio labirinto mortale avesse sbagliato, io avrei sofferto, così tanto da rimanerne completamente distrutto.
Che cosa dovevo fare? Seguire la voce del mio cuore, che mi induceva ad abbandonarmi a quelle dolci speranze, o ascoltare la ragione e non farmi sedurre da quelle che in fondo, non potevano essere verità? L'amore non è scritto nel destino, di questo ne ero certo. L'Amore non lo si poteva nemmeno vedere tra le stelle, lo si doveva costruire piano piano, mattone su mattone, riempirlo di gesti e di parole.
Mi morsi il labbro inferiore. Avevo ancora il suo maglione addosso, caldo e profumato.
Lo tolsi e glielo sistemai sul petto, presi la mia maglia bianca ormai asciutta e la indossai uscendo dalla cavità della roccia, senza far rumore, per poi guardarmi intorno.
Non mi sorpresi quando i miei occhi incontrarono quelli chiari di quell'enorme bestione completamente bianco dotato d'ali simili a quelle di un pipistrello, anch'esse bianche e quasi trasparenti; sulla sua testa spuntavano delle corna affilate e minacciose, mentre aveva gli occhi ancora chiusi. Era accovacciato con la lunga coda che lo circondava; sembrava dormisse, ma sapevo che non era così a causa di quelle enormi iridi, che sembravano fatte d'acqua e di ghiaccio insieme, che come uno specchio, riflettevano la mia immagine.
Per una qualche strana ragione mi avvicinai, attratto evidentemente da ciò che stavo vedendo. Era esattamente come lo descrivevano i libri o lo rappresentavano nei dipinti e illustrazioni! Ne ero sempre stato attratto, così come ogni cosa soprannaturale, fin da bambino.
Quando alzò l'enorme capo indietreggiai per la paura; se mi avesse attaccato nuovamente non avrei avuto via di scampo e sarei morto all'istante senza Azrael che mi proteggeva.
Era incredibile di come stessi diventando dipendente da quel vampiro. Sarebbe stato bello se tutte le sue attenzioni non fossero state dettate da un capriccio, ma da qualcosa di bello come l'amore, ma era impossibile che l'altro lo provasse, almeno nei miei confronti.
L'enorme bestia si alzò, mostrandosi in tutta la sua maestosità, portando una zampa anteriore avanti e abbassando il capo fino al tennero, come se si stesse inchinando d'innanzi a me.
Osservai quel drago incantato, mentre i suoi occhi continuavano a riflettere la mia immagine.
Era assurdo quello che stavo vivendo, ma che cosa della mia permanenza in quelle terre era normale? Niente. Quindi, se dovevo osare, meglio farlo in tutto.
Mi avvicinai con una strana sicurezza al candido animale e allungai la mano, tremante, posandola sul suo naso appuntito e duro.
La sua pelle squamosa era fredda come mi sarei aspettato, ma non era umida.
Accarezzai quel punto, cercando di non tremare più di quanto non stessi già facendo.
Per me non era naturale che un drago si mostrasse così docile e che si lasciasse toccare; nonostante, qualche ora prima avesse cercato di aggredirmi.
Tuttavia, in quel momento, mentre guardavo quegli occhi grandi e azzurri scheggiati di blu, mi sembrava che stesse cercando di scusarsi con me, mostrandomi un certo rispetto e fiducia.
Solitamente quando un animale si lasciava avvicinare da un essere umano era perché riponeva fiducia in lui, perché l'aveva guadagnata, ma come poteva questa magnifica creatura riporre tale sentimento in me?
-Nanerottolo... - era stato quasi un sussurro, ma tanto bastò per farmi sobbalzare. Fermai la mia mano e mi voltai, verso di lui, Azrael, che era in piedi, il torso nudo, i suoi occhi scuri che guardavano quello che doveva sembrargli uno spettacolo strano, ma non mi sorpresi nell'incontrare il suo sguardo sconcertato e timoroso; avrei avuto la stessa reazione se anche io se avessi visto qualcuno accarezzare un drago che docilmente si era prostrato ai piedi di questa persona. Quindi come biasimarlo?
Gli sorrisi, consapevole che da lì a poco sarebbero iniziate le sue domande per cui nemmeno io avevo una chiara risposta.
Azrael's POV
Quando mi ero svegliato e non avevo visto il nanerottolo appoggiato al mio petto mi ero lasciato prendere dal panico; se gli fosse accaduto qualcosa sarebbe stata colpa mia e sicuramente ne avrei pagato le conseguenze.
Già, conseguenze... continuavo a nascondermi dietro a questa scusa che ormai sembrava banale persino alle mie stesse orecchie; era una vera stupidaggine questa storia del dovere, almeno a me stesso dovevo ammetterlo, ma non lo avrei mai ammesso con nessun altro, nemmeno sotto tortura.
Quello che mi stava succedendo, i cambiamenti che stavano avvenendo dentro di me, non dovevano trasparire. Non potevo minimamente permettere che tutto questo mi cambiasse; dopotutto, ero il futuro imperatore e non mi potevo concedere il lusso di addolcire il mio carattere. Dovevo rimanere spietato e puntare solamente a conquistare l'intero territorio; esser temuto era il punto forte di ogni buon reggente e la bontà avrebbe portato sicuramente alla rovinosa caduta di un regno oramai centenario.
Come avevo letto in un opera di un vecchio letterato italiano, Nicolò Machiavelli, un principe doveva essere per metà bestia e per metà uomo e io ero proprio questo; anche se mi ritenevo più una bestia che uomo.
Ma, quando vidi il nanerottolo lì, che mi sorrideva imbarazzato mentre accarezzava il drago, mi resi conto che forse era ora di ascoltare anche la mia piccola parte umana, di darle l'opportunità di riscattarsi, per dimostrare a tutti che anche un mostro come me era capace di provare dei sentimenti buoni.
-Come hai fatto? - gli chiesi, osservandolo intensamente, mentre smetteva di prestare attenzioni alla grande bestia bianca, indietreggiando di qualche passo verso di me.
L'animale, in quel momento, mi fissò a lungo, con i suoi occhi azzurro intenso che sapevo fossero capaci di brillare anche nelle notti più buie.
Dov'era finita la ferocia che aveva mostrato solo qualche ora prima? Non riuscivo nemmeno a spiegarmi come Haru fosse riuscito ad avvicinarsi a quel lucertolone, ma forse questo era il problema minore, dopotutto ormai mi ero rassegnato e avevo capito che al suo fianco nulla sarebbe più stato lo stesso, perché il mio mondo era stato sconvolto e questo non potevo più ignorarlo.
Osservai il drago, che quasi mi sorrideva beffardo, mentre spingeva la testa contro la spalla di Haru per ricevere altre attenzioni che, forse io non gli avevo mai abbastanza donato.
Sì, conoscevo quel drago e anche se nessuno lo sapeva era mio; sebbene io stesso non sapessi come o perché. Mi avevano insegnato che i draghi erano animali schivi, tendevano a vivere da soli, almeno in questo regno, o se mai con la propria compagna; la loro fiducia era difficile da conquistare, ma una volta ottenuta questi erano i migliori alleati che un cavaliere potesse avere: erano fedeli, ottimi alleati in battaglia, capaci di difenderti da ogni pericolo o avversità. Poche persone erano riusciti a cavalcarli o ad avvicinarsi in quel modo, soprattutto dopo che l'individuo era stato attaccato dalla feroce bestia; solitamente rimanevano a debita distanza da qualsiasi essere e attaccavano solamente se percepivano un qualsiasi pericolo.
La prima volta che vidi il mio "piccolo" Zafirus avevo solo quindici anni; mi ero avventurato tra quella montagne per sfuggire per un po' alla pesantezza di quel castello che molte volte nella mia torbida età mi era stato stretto. Allora, avevo la forte curiosità di conoscere il mondo, di intraprendere strane e fantastiche avventure che mio padre avrebbe definito frivole fantasie inutili, ma che per me erano necessarie, come l'aria.
Quel giorno di molti anni prima, Zafirus mi aveva salvato da una rovinosa caduta; se non fosse stato per lui forse, l'Imperatore avrebbe capito dove andavo quando scomparivo per qualche ora dal castello, mi avrebbe tolto quelle poche ore d'aria che mi concedeva, mentre lui si divertiva a torturare i prigionieri che gli portavo tanto doviziosamente senza fiatare, senza avere alcuna pietà esattamente come mi aveva insegnato.
Quel bestione bianco era stato forse il mio primo ed unico amico in quel luogo e quel giorno mi aveva tradito; anche se in fondo ero stato io in principio a rovinare il mio stesso piano.
Con il pensiero avevo chiesto a Zafirus di attaccare il nanerottolo per spaventarlo, un po' per cercare di far affiorare i suoi poteri, un po' per divertirmi e per fargliela pagare per non essere ancora avvezzo ai miei approcci. Nonostante lo toccassi e lo baciassi quasi ogni giorno lui continuava ad essere così dannatamente puro ed innocente e questo mi eccitava e mi dava ai nervi allo stesso tempo.
Non chiedevo poi molto, solo che ricambiasse un dannato bacio senza protestare nel mentre o subito dopo!
-Non lo so... si è avvicinato lui. - mi rispose titubante. Si morse il labbro inferiore e per una frazione di secondo lo trovai adorabile, come sempre quando lo faceva; tale pensiero, però, fu soppresso immediatamente, quasi non lo avessi mai pensato.
Che anche Zafirus si fosse lasciato abbindolare da quell'aria d'angioletto indifeso? In fondo, come poteva quel ragazzino essere pericoloso? Era completamente indifeso e ingenuo, non avrebbe fatto del male a nessuno, nemmeno ad una mosca, figuriamoci ad un drago capace di ucciderlo in meno di un millesimo di secondo! Sì, sicuramente era stata la sua indole a conquistare quel drago albino o forse la somiglianza o, ancora, semplicemente non vi era alcuna spiegazione logica.
Perlomeno si era ripreso, questo era positivo.
Tentai di avvicinarmi al ragazzino, che se ne stava ancora fermo senza muovere un singolo muscolo, ma mi fermai non appena udii il ringhio minaccioso del drago che era tornato ad abbassare il collo raggiungendo l'altezza di Haru.
Mi immobilizzai, sfidandolo con lo sguardo. Che diavolo aveva adesso? Non mi voleva più come padrone? Oppure quel dannato draghetto voleva solo ricevere altre coccole che in realtà appartenevano a me?
Stavo davvero diventando geloso di un drago?
-Non preoccuparti Zafirus, lui non mi farà nulla di male. - quando il nanerottolo pronunciò quelle parole l'animale si rilassò, evidentemente rassicurato dalle parole del ragazzo che cercava di rassicurarlo e calmarlo con amorevoli carezze. Quel dannato traditore!
Mi avvicinai ancora un po', cautamente, cercando di evitare un'altra reazione da parte del bestione e di dissimulare il fatto che non lo conoscessi affatto, ma quando quello non si mosse, raggiunsi il ragazzino in cerca di spiegazioni; ne avevo tutto il diritto, mi ero ferito il braccio al posto suo, e ora scoprivo che lui e questa bestia andavano d'amore e d'accordo.
Sfido chiunque a non avere una crisi di nervi e forse, e dico forse, a non provare un po' di gelosia al mio posto.
-Ieri, quando siamo arrivati e ci ha attaccati, il bersaglio non ero io, ma tu. - mi anticipò il più piccolo, prima che potessi porgli qualunque domanda e in quel momento, se non fossi già stato abbastanza provato, lo avrei strozzato. Imperatore o non Imperatore.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro