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Non più mio

Capitolo 18

"Non più mio"

Se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.

Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, 1959

Haru's POV

Da quando Dragan aveva preso il posto di Azrael, era trascorsa una settimana e a differenza della volta precedete, questa, non si era fatto neppure vedere. Era come sparito e io non potevo neppure tornare in quel bosco dove mi aveva lasciato.

Avevo desiderato tanto aspettarlo in quel punto, ma alla fine le guardie dell'Imperatore erano venute a prenderci e io e Dragan eravamo stati costretti a seguirli. Il vampiro aveva tentato di portarmi via da lì, ma io non avevo voluto; non potevo credere che Azrael mi avesse abbandonato e che con lui se ne fosse andato via anche Zafirus.

La distanza mi logorava dentro, e potevo solamente sperare che tornare il prima possibile per esser circondato dal suo profumo e per poter nascondermi nel suo caldo e forte petto, capace di far abbattere i muri che avevo costruito attorno a me facendomi sentire completamente scoperto e vulnerabile.

Osservando fuori dalla finestra notai come vi fosse parecchia agitazione rispetto ai giorni precedenti; i vampiri continuavano ad entrare e ad uscire, numerosi come non li avevo mai visti. Anzi, per quanto avessi camminato in quel luogo credevo fossero così pochi da poterli contare sulle dita di entrambe le mie mani, ma a quanto pare mi sbagliavo. Che fosse perché Azrael era sempre stato accanto a me? Oppure era per via di quella misteriosa guerra che all'interno di quelle mura sembrava essere semplicemente non esistere?

-Che stai guardando? – chiese Dragan, rientrando con solo un asciugamano in vita.

Il suo corpo presentava ematomi e parecchie cicatrici, molte delle quali erano recenti.

Abbassai lo sguardo, non per l'imbarazzo, ma per non guardarlo troppo a lungo. Sapevo che la causa principale di quelle ferite ero io e il senso di colpa non poteva non attanagliarmi; era solo a causa mia se lui era lì ed era rimasto. Era stato io a precludergli ogni tentativo di fuga e forse per qualcuno che in fondo non avrei mai potuto avere.

Azrael era la mia prima vera e seria cotta e ancora non riuscivo a capacitarmene a lasciarla andare anche se sapevo essere totalmente sbagliata.

Lasciai penzolare un braccio dalla finestra, mentre sentivo la confortante presenza di Dragan alle mie spalle; da quella volta nel bosco non avevamo più toccato l'argomento, non mi ero neppure scusato, anche se sapevo che avrei dovuto farlo.

-Dragan. – la mia voce era roca, quasi irriconoscibile anche per me; da quanto tempo non parlavo e sembrava un semplice fantasma che abitava in quella stanza in cui si era rinchiuso aspettando che il suo principe arrivasse a salvarlo sul suo destriero nero? Forse, però, sarebbe stato più logico pensare che Azrael sarebbe arrivato a salvarmi con una moto o sotto forma di pipistrello, anche se mi aveva spiegato che era solo una leggenda inventata da noi umani.

Mi voltai verso il principe dei vampiri, che seduto sul letto si stava sciugando i capelli ancora imperlati d'acqua.

Era bello, eppure perché non riuscivo a pensare a lui come al mio vampiro? Sarebbe stato più semplice, meno doloroso; eppure, forse, era una peculiarità di noi umani non scegliere mai ciò che era facile.

Sognavamo in grande, così tanto che il nostro più grande desiderio era conoscere l'interno universo, anche se non era affatto possibile, lo sapevamo, ebbene, però, non ci eravamo mai arresi.

Inoltre, la strada più semplice non voleva dire che fosse anche la più facile; lo insegnava anche il mito di Ercole.

-Mi dispiace. – dissi, guardandolo in quegli occhi lucenti, del colore dell'argento e simili a quelli dell'Imperatore, ma meno freddi, più vivi e profondi; simbolo che almeno lui sapesse provare emozioni.

-Per cosa? – chiese lasciando cadere il braccio sulle sue ginocchia.

-Per non poter ricambiare. – lo avevo capito cosa provava per me, lo avevo compreso bene quella sera nel bosco, quando mi aveva chiesto se mi ero innamorato di Azrael.

Quella notte i suoi occhi si erano tinti di rosso per un momento, poi erano tornati normali, ma avevo compreso quanta sofferenza si stavano portando dentro. Gli avevo spezzato il cuore, anche se non ne avevo mai avuto intenzione.

In realtà, faticavo ancora a capire come avesse potuto provare qualcosa per qualcuno come me; non ero carino, non ero intelligente, lo avevo messo mille volte nei guai e poi ero una vera frana in ogni cosa.

Lui sorrise amaro e si alzò senza dire nulla, venendomi vicino e guardando fuori dalla finestra. La sua pelle era profumata, più delle volte precedenti grazie all'acqua che amplificava la sua fragranza di fiori di loto, mandorle, muschio e qualcosa di legnoso; insomma, un profumo mascolino, ma allo stesso tempo delicato.

Non badai alla vicinanza, al suo petto nudo premuto sulla mia schiena mentre si sporgeva per vedere cosa stesse accadendo nel giardino pieno di erba secca e per nulla allegro; non vi era neppure un fiore.

-Domani sera sembra che l'Imperatore dia una festa. Devono star ripulendo la sala per gli ospiti. – non so se lo disse per informarmi o solo per cambiare argomento, ma comunque lo assecondai.

Non volevo mettere il dito nella piaga, sapevo quanto potesse far male non essere corrisposti; io e lui in quel momento eravamo sulla stessa barca.

-Ospiti? – chiesi curioso, inclinando la testa per poterlo guardare, essendo ancora schiacciato contro di me e molto più alto di me.

Lui annuì. –Nobili vampiri a cui piace divertirsi e che lo finanziano; anche se è solo una facciata. Hanno solo paura di lui, ma mio padre qualche volta solo per diletto organizza queste feste noiose. – posò il mento sulla mia fronte, percepii la sua pelle umida sulla mia –Siamo invitati anche noi. – rivelò, quasi annoiato.

Sbattei le palpebre confuso. Un ballo? Io non sapevo ballare!

-Ho cercato di rifiutare, ma è un uomo a cui non si può dire di no e mi tiene in pugno. – ringhiò, scostandosi un po' brusco e tornando poi ad asciugarsi.

In effetti, se era libero di girare per il castello, perché ancora non se ne era andato? Davvero era solo per me?

Mi voltai e mi avvicinai a lui, salendo sul letto e sedendomi in ginocchio alle sue spalle. Gli presi l'asciugamano e lo aiutai ad asciugare i suoi morbidi capelli nero cobalto, talmente scuri da sembrare quasi blu per davvero.

Lui mi lasciò fare, chiudendo gli occhi e apprezzando il mio gesto, beandosi delle mie dita che dolcemente gli sfregavano la cute, schizzando qua e là qualche fresca gocciolina d'acqua.

-Perché te ne sei andato? – chiesi.

Fu più forte di me. Dovevo distrarmi da Azrael, togliermelo dalla testa per quanto possibile e sapere qualcosa su quel vampiro che avevo davanti forse mi avrebbe aiutato un po'.

-Da qui? – chiese –Odio mi padre. – disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Inclinò la testa verso di me, continuando a bearsi delle mie premure e tenendo gli occhi chiusi –Nelle mie vene scorre il mio sangue, ma ciò non vuol dire che io gli voglia bene o che lui ne voglia a me. E' solo colpa sua se mia madre è morta, l'ha uccisa come ha ucciso chiunque altro intorno a lui; si è creato della cenere attorno e io sono fuggito solo prima che arrivasse il mio turno. – continuò.

-Allora perché rimani qui. Potresti andartene no? – chiesi, fermandomi.

-Sì, ma non senza di te. Devo proteggerti, è il mio compito. – ma sapevo bene che quella era solo una scusa.

Annuii comunque e tornai ad asciugarlo, passandogli ora l'asciugamano umido sul collo e sulle spalle; i suoi capelli si erano gonfiati e arricciati, era diverso dal solito e in fondo carino, ma mai quanto Lui.

-Non hai ricordi felici con tuo padre? – chiesi, dovevo smetterla, non pensarci.

C'era Dragan ora al mio fianco, era un buon amico e non potevo farlo soffrire. Quando era con me non dovevo pensarci, non dovevo piangere, anche se mi risultava difficile vista la ferita che sentivo sul mio cuore.

Rise di gusto, era la prima volta che lo vedevo ridere. –No, direi che non si possono avere bei ricordi quando tuo padre è uno spietato vampiro che ama uccidere e picchiare la gente. Credo che il suo ricordo più felice sia scorticare e mangiare bambini. -.

Sbiancai, inorridendo alla scena. Come poteva essere così cattivo? In una persona non poteva esserci una dose così massiccia di male; eppure, in quello che chiamavano l'Imperatore sembrava essere così.

Mi tornò in mente quella sera, quella dove per poco non ero morto; rabbrividii, mentre ancora una volta Azrael tornava alla mia mente, insieme a un'altra domanda: cosa gli aveva sussurrato quella volta?

Cercai di scacciare quel pensiero che era come il ronzio di una zanzara, come una mosca molesta.

-E tu? – chiese.

Ci pensai su un attimo, tamponando l'asciugamano candido sulla sua schiena, facendo attenzione alle ferite profonde delle frustate che doveva aver ricevuto da bambino; erano lunghe abrasioni rosse, altre argentee, larghe e leggermente frastagliate come smagliature.

Come poteva un padre picchiare il proprio figlio?

Piansi, ma mi asciugai subito le lacrime prima che potesse accorgersene. Non volevo che pensasse provassi pietà verso di lui; dopotutto, per quanto lo conoscevo, sapevo che aveva un orgoglio.

-Risale a quando avevo nove anni, qualche anno prima che i miei genitori morissero. Quel giorno io e Lena avevamo litigato, non ricordo perché, ma era una cosa rara che lo facessimo. – con le dita accarezzai quelle cicatrici, quasi a quel modo avessi il potere di farle sparire e mi sarebbe piaciuto, perché non era giusto che quelle continuassero a ricordargli ogni giorno quante volte e quanto duramente fosse stato maltrattato –Papà mi aveva preso in disparte e per tirarmi su il morale mi aveva portato in una specie di poligono di tiro. Fu quel giorno che imparai il tiro con l'arco. -.

Sorrisi dolcemente a quel ricordo, poi senza pensarci abbracciai Dragan, poggiando la mia guancia contro la sua spalla.

La sua pelle a differenza di quella di Azrael era calda, anche se era un vampiro. Era un po' come il sole.

Lui si irrigidì appena, ma poi si rilassò e mi lasciò fare, senza voltarsi, guardando solo davanti a lui.

Chiusi gli occhi, il suo profumo dolce mi cullava; la stanchezza di quelle notte in bianco iniziavano a farsi sentire.

-E' per quello che eri entrato quel giorno nella casa in fiamme? – chiese e io in risposta annuii solo, mentre sentivo che il buio mi stava prendendo e io ci stavo cadendo dentro.

Forse lui non era Azrael, ma almeno grazie a lui forse per qualche ora avrei potuto avere un sonno senza sogni, senza incubi.

*

Pov Dragan

Aspettavo che Haru uscisse dal bagno; giravo avanti e indietro per la stanca con un piccolo bouquet tra le mani, composto da una sola rosa bianca da indossare al polso.

Ero a conoscenza del fatto che non fossi io colui che voleva a quel ballo che ci era stato imposto, ma nonostante fossi stato rifiutato non volevo mollare la presa su di lui; anche se ciò avrebbe potuto voler dire alla fine soffrire. Io però, ero sicuro che presto si sarebbe dimenticato di Azrael e avrebbe scelto me, perché mi fidavo di lui e non poteva essere uno di quei ragazzi che si innamoravano a prima vista del solito cattivo ragazzo che poi spezzava loro il cuore. Mi rifiutavo di credere a questo stereotipo da libro.

-Sono ridicolo. – udii dal bagno, mentre la porta scattava e Haru si rivelava ai miei occhi.

Se avessi avuto un cuore ero sicuro che avrebbe battuto all'impazzata. Indossava: dei leggeri pantaloni di lino grigio ghiaccio, aderenti alle sue piccole gambe, ma allo stesso tempo morbidi; intorno alla gola era stato legato un piccolo nastro rosso, che poi dava la parvenza di proseguire sotto la camicia, bianca e candida, per poi arrivare a intrecciarsi sulle sue braccia, scoperte, fino al suo polso.

Anche ai capelli era stato cercato di dare un ordine, infatti da un lato, sotto una piccola cascata di fiori, quasi nascoste vi erano delle piccole treccine.

Mi avvicinai a lui senza dire niente, ancora stordito e gli misi il mio piccolo fiore al polso, simbolo che io sarei stato il suo accompagnatore a quella festa piena di vampiri che ero sicuro avrebbero tenuto gli occhi puntati su Haru per tutta la serata.

Vestito così sembrava un piccolo agnello sacrificale dalle sembianze di un angelo; mancavano solo delle piccole ali bianche dietro la sua schiena.

Lui si morse il labbro, mentre mi guardava impacciato e nervoso legargli quella rosa bianca.

-Perché non ho potuto indossare anche io un completo? – chiese una volta che lo lasciai andare e guardandomi con i suoi grandi e profondi occhi verdi –Mi sarei sentito più a mio agio, anche se sarei stato comunque ridicolo. Non mi sta bene niente. -.

Senza pensarci posai una mano contro la sua guancia e avvicinai il mio viso al suo, chinandomi.

Non so cosa mi fermò, perché non unii le nostre labbra, ma lasciai solo che i nostri reciproci respiri si mischiassero; probabilmente quella fiducia che nutriva in me.

-Ti sbagli. Sei bellissimo, in ogni tua forma e in ogni tuo gesto. – le sue guance si fecero rosse per l'imbarazzo di tale complimento, ma non avevo finito. –Mi piaci Haru e non mi importa se ora non ricambi, io continuerò a cercare di portarti via il cuore, perché che tu sia un angelo o anche un "ridicolo" carciofo, io non posso non continuare a guardarti e dire: questa è la persona che amo. -.

Mi scostai da lui sotto il suo sguardo incredulo e gli presi la mano, mentre persino le punte delle sue orecchie si erano arrossate.

Ignorai il suo sguardo e lo strattonai dolcemente, portandolo con me verso quella sala dove tutti con trepida attesa; dove c'era perfino Azrael, anche se non lo avevo detto all'altro.

Per quella sera Haru sarebbe stato il mio compagno di ballo e il mio fratellastro doveva solo guardarci molto attentamente, mentre glielo strappavo via dalle braccia, perché non mi importava se anche lui lo amava o provasse qualcosa, ero sicuro che i miei sentimenti fossero molto più forti e puri dei suoi e che un giorno avrebbero raggiunto il cuore di quell'angelo bianco a cui stavo tenendo la mano.

Pov Azrael

Erano in ritardo, lo avevo notato anche se mi ero ripromesso di non pensarci; in fondo, ormai avevo chiuso con quel pulcino bianco, non ero più né il suo custode né il suo padrone.

Con un flûte di sangue in mano, sorrisi alla vampira che mi si era appena attaccata al braccio: seno prosperoso e parecchio visibile grazie allo spacco ampio del suo vestito nero, capelli rossi come il fuoco e occhi di un caldo giallo topazio.

-My lady, cosa posso fare per una creatura incantevole come voi? – chiesi abbassandomi appena, per sussurrarle nell'orecchio. Dopotutto ero finalmente libero e finalmente potevo tornare a portare ragazze e ragazzi nelle mie stanze per far vivere loro notti bollenti che potevano essere solo raccontate in una favola milesia.

La ragazza sorrise compiaciuta, mostrando i suoi canini lunghi e appuntiti nel suo sorriso diabolico, mentre i suoi occhi palesavano tutto il desiderio che provava nei miei confronti.

-Lo dite a tutte le donne per portarle a letto? Dopotutto la vostra fama è ben nota a tutti i presenti. –.

Feci finta di trasalire falsamente allibito e mi portai una mano sul cuore: -Quali voci infami, spero non crediate in esse! Sarebbe un vero peccato, ma sono sicuro che siete tanto bella quanto intelligente. -.

Poggiai il bicchiere che tenevo tra le mani sul tavolo che avevo lì accanto e poi le presi una mano portandola alle mie labbra e posandoci un lieve e piccolo bacio, sorridendole dopo divertito.

Lei ricambiò e poi scostò la sua mano per andarsi a toccare i suoi lunghi capelli; non sapevo perché ma le ragazze lo facevano sempre per ammaliare qualcuno, peccato che io di certo non guardassi quello in una donna fatta e finita.

-E' certo però che avete già portato più dame dietro quella spessa tenda e tutte ne sono uscite sconvolte. – continuò quel gioco che per me era trito e ritrito, sempre lo stesso; ma dopotutto per mia fortuna non dovevo sposarmele, servivano solo per una botta e via. Non erano niente più che semplici oggetti.

-Credo vi stiate confondendo con qualcun altro. Non porterei mai una donna dietro una tenda, soprattutto se bellissima come voi lady. -. Mi posò una mano sul petto, sulla camicia bianca che sotto la giacca nera mi aderiva ad arte il petto e che avevo lasciato slacciata per far intravedere le mie clavicole e la mia pelle diafana sul quale mille donne volevano posare le loro bocche.

-Allora spero presto di poter avere un invito in camera vostra. – mi ammiccò e mi lasciò il braccio, andandosene e confondendosi tra la folla di nobili sicura che sarei andato a cercarla e, sarebbe stato così, ma solo nel caso in cui non avessi trovato qualcuno di più appetibile di lei.

A quel pensiero una testolina dai capelli bianchi si materializzò davanti ai miei occhi, ma la scacciai via così come era arrivata.

Non dovevo pensare a lui. Avevo preso la mia decisione, gli sarei stato alla larga e avrei visto la sua vita accanto a Dragan; anzi, non l'avrei vista affatto visto che molto probabilmente sarebbe morto prima. Poi che non mi interessava niente di lui; per me era solo un cagnolino che avevo lasciato libero dopo essermi stufato.

Annuii deciso a me stesso, riprendendo il mio flûte di sangue; in quel momento, però, tutta la sala si fece muta, non si sentiva neppure la musica e mi voltai verso la grande e principesca scalinata.

Mi aspettavo di tutto: un drago, l'Imperatore vestito con gonna, merletti e glitter, un ippopotamo, persino un alieno, e sarebbe stato meglio, perché la vista di Haru mi fece cadere tutto ciò che tenevo tra le mani.

Avrei saputo gestire ogni cosa, ma non lui vestito a quel modo di angelo sacrificale, bello come il sole che la mattina riflette i suoi raggi sulla neve e che ti illumina di immenso; proprio come nella poesia "Mattina" di Ungaretti.

Splendeva, come una stella, mentre imbarazzato scendeva le scale; sarebbe sicuramente inciampato, me lo sentivo dentro. Era sempre quel nanerottolo che inciampava nei suoi stessi piedi dopotutto.

Fu nello stesso momento in cui lo pensai che lui effettivamente scivolò, qualcosa in me si mosse e lo avrei afferrato, se qualcuno al suo fianco che non avevo notato non lo avesse fatto prima.

-Grazie. – sentii sussurrare Haru, anche se a distanza a Dragan; arrossendo e sorridendo come un idiota. Probabilmente avevano fatto coppia mentre non c'ero.

Sentii qualcosa al petto, un dannato fastidio che pungeva quasi avessi abbracciato un porcospino.

Dragan gli sorrise e lo aiutò a tornare composto e a scendere le ultime scale come se il nanerottolo fosse una principessa.

La loro vista mi nauseò e distolsi lo sguardo, voltandomi; ignorando tutti e andando verso un gruppo di fanciulle che non appena mi videro mi circondarono lusingate che mi fossi avvicinato a loro.

Passai il braccio intorno alle spalle di due di loro e iniziai la mia festa personale.

Quel nanerottolo non era più mio. Lo avevo abbandonato esattamente come facevo con ogni altra cosa, tranne me stesso e poco importava se brillava come una stella.

Mi sbagliavo, non era la mia stella. 

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