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Il bruciore del tradimento


Capitolo 31

"Il bruciore del tradimento"

Perché nessun uomo, per quanto amato, basta da solo a sconfiggere il potere distruttivo dell'assenza.

-A. Baricco, La sposa giovane.

Pov Haru

Impiegammo due giorni ad uscire dai cunicoli e tre notti per trovare un posto al sicuro dove accamparci per dormire, lontani dal castello e dagli uomini dell'Imperatore che ormai dovevano aver di sicuro notato la nostra assenza.

Devesh ci aveva impedito di accendere una qualsiasi tipo di fuoco, di muoverci oltre il suo campo visivo. Come aveva preannunciato non amava parlare e tranne per correggerci, ordinarci qualcosa o perché istigato da Azrael non aveva davvero emesso fiato; tuttavia, potevo sentire spesso il suo sguardo su di me e non sapevo se questo mi rassicurasse o mi mettesse solo più paura di quella persona misteriosa, che mai una volta si era tolto il cappuccio. Nemmeno nell'oscurità di quei cunicoli rocciosi pieni di ossa e sangue secco.

«Hai freddo?» chiese Azrael, seduto al mio fianco.

Scossi la testa e mi poggiai a lui, al suo grande e accogliente petto. Immediatamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo, il suo braccio mi cinse, quasi a volermi fare da coperta e mi fece sistemare più comodo.

In quei giorni i nostri contatti si erano potuti contare sulle dita di una mano. A parte tenerci la mano e dormire abbracciati non avevamo fatto altro; neppure un piccolo bacio dato di nascosto. Ciò mi irritava, ma sapevo che non voleva far scorgere a Dragan o alla nostra guida, quale nuovo tipo di rapporto ci fosse tra noi due. Riuscivo a percepire la sua preoccupazione, il disagio, la confusione e tutte le altre piccole emozioni che provava ed era per certi versi spaventoso, quanto rassicurante.

Il mio compagno mi aveva rassicurato dicendomi che lentamente tutto ciò si sarebbe sopito, fino a diventare delle semplici ondate emotive che potevano essere scambiate quando si era a distanza l'uno dall'altro, ma nel mio piccolo mondo fatto di desideri e umanità desideravo che i nostri sentimenti fossero percepiti l'un l'altro per sempre. Mi sembrava davvero di essere una sola cosa con lui a quel modo, ma ero cosciente del fatto che a volte le emozioni trattenute e i segreti potevano fare meglio a una relazione che il sapere ogni cosa.

«Quanto siete vicini?» ruppe il silenzio ad un tratto il misterioso incappucciato, rivolto a noi.

«Credevo non le piacesse parlare.» rispose tranquillo Azrael, mentre anche Dragan, seduto contro un albero poco lontano da noi si interessò alla domanda che ci era stata posta, nascondendo di nuovo quel medaglione che non gli avevo mai visto prima al collo sotto i suoi indumenti.

«Rispondi.» ordinò solo il più anziano tra noi, non cadendo nella trappola di Azrael che mirava a infastidirlo.

«Siamo fidanzati.» risposi io per il mio vampiro, scostandomi appena e guardandolo «Perché lo chiedi?». Una domanda per una domanda no?

«Per sapere quanto possiate essere pericolosi.» si intromise Dragan con voce atona «Nel caso dovesse succedere qualcosa all'uno o all'altro. Mi sbaglio?» esplicò alzandosi.

«No.» rispose troppo in fretta l'altro. Dovevo credergli? Oppure era un altro il suo scopo?

«Ora che lo sai vecchiaccio lasciaci in pace. Se vuoi altre risposte leggi "fatti gli affari tuoi se non vuoi essere mandato a quel paese"» parlò Azrael, mettendo fine alla discussione.

Come se non fosse successo nulla, come se nessuno avesse parlato, mi fece di nuovo accoccolare al suo petto e poi iniziò a sussurrarmi una dolce e tenera ninna nanna che parlava di una stella. Sorrisi come un ebete fino ad addormentarmi.

Pov Devesh

Li guardai addormentarsi, una stretta alla bocca dello stomaco. Quindi alla fine ci avevo visto giusto: mio figlio si era davvero innamorato di quel piantagrane di Azrael.

Scostai lo sguardo verso il principe delle tenebre e notai il suo viso freddo e contrito, che nascondeva rabbia e rancore; emozioni pericolose, che si potevano annidare nell'angolo di un cuore per renderlo nero fino a farlo incenerire (non che quello di un vampiro già non lo fosse).

Mi alzai e rassettai il mantello. Presi una fiaschetta e andai a sedermi accanto al solitario, offrendogli un goccio di comprensione e pena; non doveva essere per niente facile quella vista per lui. Per chi lo sarebbe mai stata?

«È raro per dei vampiri innamorarsi della stessa persona. È anche pericoloso.» lo guardai di sottecchi, il braccio teso verso di lui.

«So che sceglierà me, un giorno.» rispose, strappandomi di mano il contenitore argenteo.

Risi piano, ma il divertimento era molto lontano dalle mie labbra, e lui mi fulminò.

«Ognuno di noi tiene in mano un filo e quel filo ci conduce alla nostra stella.» iniziai a recitare «Ognuno di noi ha una stella in cielo e il nostro destino è imparare a seguirla. Il nostro amore è scritto nella sua scia, se molliamo o decidiamo di cambiare il filo tutto è perduto, si formano grovigli e il nostro destino sarà quello di soccombere*» di riflesso il mio sguardo si volse al cupo cielo privo di un qualsiasi astro celeste che non fosse la luna; quella pericolosa e maledetta luna.

«So cosa recita il Libro. Non ho bisogno che mi si rinfreschi la memoria.» si difese mostrando gli artigli.

Avevo dunque colpito nel segno.

«Allora dovresti anche sapere che non sceglierà mai te, perché il suo cuore è già stato preso. Per quanto umano in apparenza, dentro di lui alberga anche un vampiro che prima o poi è destinato ad emerger; che lo desideri o meno.» e lo avrebbe fatto presto, ma questo lo tenni per me.

«Non accetto ramanzine da qualcuno che nemmeno mi conosce.» mi restituì la fiaschetta in malo modo, ma non prima di averne avuto un altro sorso.

La ripresi e la infilai sotto il mantello, all'interno di una tasca nascosta.

«Allora è una fortuna che io ti abbia già incontrato sulla mia strada.». Tolto il dente, tolto il dolore. Sapevo che mi aveva riconosciuto, ma dovevo assicurarmi che non dicesse nulla di troppo agli altri due. Lui conosceva il mio aspetto, sebbene forse non lo ricordava chiaramente, ma ciò che gli era rimasto impresso poteva essere dannoso per la mia copertura. In quel momento odiai Ryan per aver incluso il giovane e viziato principe a questo gruppo di fuga. Perché mandarlo via se teneva così tanto a lui? Non ero di certo un allocco, lo avevo capito ormai da molto tempo ciò che quel piccolo e secolare vampiro provava per questo adone tutto muscoli e niente cervello, che negli anni non era cambiato affatto: aveva ancora paura della sua ombra, terrorizzato dai cambiamenti e cieco davanti a qualsiasi cosa non andasse come voleva lui. Il secondo dopo ebbi però pena per lui, destinato ad amare una persona che probabilmente avrebbe potuto tenere delle fette di salame davanti agli occhi per sempre, se solo avesse voluto.

«Dunque, non mi ero sbagliato. Era lei anche quella volta.» soffiò il moro, cercando di scorgere il mio volto sotto il cappuccio, ma tutto ciò che gli permisi di vedere fu il colore delle mie pupille ormai rosse. Avevo bisogno di sangue, ma non ne avremmo trovato prima di arrivare alle colline e la scorta che Ryan mi aveva consegnato di partire era già ormai esaurita, poiché troppo esigua.

«Non è cambiato affatto. Sempre teatrale e acido come una vecchia zitella.» continuò poco dopo, scostando lo sguardo, rassegnandosi al fatto che non avrebbe visto altro.

«Credo che ti lascerò qui. Magari se mi implori posso spezzarti l'osso del collo ed ucciderti.» lo minacciai. Io acido? Come una vecchia zitella? Forse era vero. Da quanto non avevo rapporti con altri esseri umani? Troppo. Esiliato in quei cunicoli rischiavo la vita ogni giorno, vittima del fascino del buio, ma legato comunque al sole che mi mancava e che non potevo più rivedere a causa della mia latitanza.

Dragan alzò le mani, ma un piccolo ghigno era fiorito sulle sue labbra.

«Più impertinente, ma temi sempre il buio e la solitudine vedo. Inoltre, vivere a Hilal, il regno di luce, deve aver solo peggiorato le tue paure e la tua vista.» mi alzai, volendo concludere così la discussione indispettito. Alla fine, ero caduto nel tranello.

«La mia vista sta benissimo.» sibilò.

«Se così fosse vedresti la verità, invece ancora neghi l'evidenza.» rimbeccai.

«Io non diniego proprio nulla.» si alzò a sua volta e tentò di sfilarmi il cappuccio «Quello sei tu. Forza, fatti vedere in volto, cosa hai da nascondere?».

Gli strinsi di più il polso, che gli avevo afferrato per impedirgli di vedere il mio segreto.

«Non è me che devi vedere, ma ciò che c'è tra quei due e Hilal e Khial, il regno oscuro.» lo lasciai, tornando a sedermi vicino al fuoco, per ravvivarlo. Avevo parlato troppo.

«Che cosa c'entra il regno di luce ora?» chiese confuso Azrael, sveglio.

Entrambi ci voltammo verso di lui, che abbandonò il fianco di Haru, che per fortuna aveva il sonno pesante, come quando era bambino, ma non prima di averlo coperto con la sua giacca sporca, tuttavia calda.

«Sono curioso di saperlo anche io. È un reietto, un esule, non può mettere piede nel regno di luce.» esplicò l'altro giovane vampiro e una risata gutturale mi risalii lungo la gola.

I due mi guardarono come se fossi pazzo. Mi sarei voluto togliere il cappuccio, ma non lo feci. Almeno non io...

POV HARU

Quella risata così familiare. Non poteva essere vero? Mi stavo sbagliando. Lui era morto. Morto.

Sembrò non avermi udito e ne approfittai per sorprenderlo alle spalle, calandogli il cappuccio. Canuti capelli raccolti in una coda si rivelarono, ma non importava se ora erano lunghi e allora corti: quei capelli ribelli, nonostante fossero lisci come spaghetti, che ricordavano la spuma del mare li avrei riconosciuti ovunque perché quelli erano i miei stessi capelli.

Trattenni il respiro, non che mi servisse, ormai l'ossigeno non era più un problema per i miei polmoni.

Quell'uomo che diceva di chiamarsi Devesh si voltò, sconvolto verso di me, cercando la protezione di quel mantello che ormai non era più al suo posto. La somiglianza fulminante fu solo l'ennesima conferma e l'ennesima pugnalata al cuore.

«Haru?» mi chiamò Azrael confuso, probabilmente dai miei sentimenti contrastanti. Si massaggiò il cuore, colpito dal mio stesso dolore, ma non gli diedi peso. Quelle erano le mie emozioni, non le sue.

«Haru, io...» i suoi occhi chiari in quel momento erano pieni di vergogna, come le sue goti arrossate leggermente.

La mia mano si mosse ancora prima che potessi controllarla. Il rumore fu sordo, ma mi sembrò rimbombare per tutta la foresta.

«Mi hai fatto credere di essere morto arso vivo e sei scomparso lasciando me e Lena da soli. Con che diritto ti arroghi di pronunciare il mio nome o anche solo parlarmi?» sibilai, facendo un passo avanti.

Percepii due braccia cingermi da sotto le spalle e tenermi fermo. Il respiro del mio vampiro tra i capelli. Cercai di sciogliere la presa, ma non me lo permise. Scalciai, soffiai, probabilmente imprecai, ma lui non mi lasciò mai andare fino a che non smisi di opporre resistenze e solo allora capii perché: se mi avesse lasciato avrei ucciso il sangue del mio sangue, colui che mi aveva dato la vita e mi aveva cresciuto amorevolmente, come se fossi la cosa più preziosa del mondo. L'uomo che mi aveva sempre sorriso, che mi aveva portato sulle spalle tutte le volte che ero stato troppo stanco di camminare e che mi aveva tenuto la mano ogni qual volta ne avevo avuto bisogno; quello stesso che era stato presente ai miei primi passi, alla mia prima parola e al mio primo sorriso, che aveva compartecipato alla mia creazione e che mi aveva parlato amorevole mentre ero nel ventre di mia madre. Lui, proprio lui, che era stato il mio eroe e il mio primo amore e il primo che mi aveva spezzato il cuore in mille frammenti quando se ne era andato, non lasciando altro che un arco che ormai non avevo più neppure con me e che non sapevo se mai avrei riavuto.

Mio padre.

Ecco chi avevo tentato di uccidere.

Iniziai a piangere.

«Va tutto bene.» mi sussurrò all'orecchio il mio amato, continuando a tenermi stretto e accarezzandomi i capelli. Io a malapena riuscivo a sentirlo, mi sembrava lontano anni luce in quel momento, sebbene lo percepissi dentro si me, come una lucciola che brilla all'interno di un intero universo.

I miei lumi erano solo per colui che avevo d'innanzi, che non stava dicendo nulla; che non stava facendo nulla. Era lì, che mi guardava semplicemente, con un enorme dolore all'interno di quel blu.

Valevo così poco per lui?

«Ti odio!» urlai a pieni polmoni.

Che i nostri inseguitori ci sentissero, non mi importava. Che ci prendessero, ogni cosa era meglio che il bruciore di quel tradimento che sapeva della sua assenza.

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A chi siamo mancate?

Lo so, sono passati molti anni ma eccoci tornate finalmente dopo un lungo periodo fatto di blocchi dello scrittore e impegnate vite di mai una gioia.

Cercheremo di pubblicare un capitolo a settimana :P

Essendo passato molto tempo cercheremo di rileggere più volte i capitoli già pubblicati per essere il più congruenti possibili xD

Buona Lettura!

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