Il bacio che scioglie le corde
Capitolo 19 "Il bacio che scioglie le corde"
Se per baciarti dovessi poi andare all'inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci.
William Shakespeare
Pov Haru
Sentivo tutti gli occhi fissi su di me e ciò non era per niente una gradevole sensazione, nonostante la musica riecheggiasse lieve nella stanza e Dragan fosse al mio fianco e le nostre mani fossero intrecciate da un contatto da cui non potevo fuggire.
MI guardai intorno, tanti piccoli e melliflui occhi erano puntati su di me e tutti erano rossi come il sangue di cui si nutrivano, che in quel momento dovevano desiderare molto di più a causa della mia presenza.
Tremai e il mio primo istinto fu quello di fare un passo indietro e andarmene, ma Dragan non me lo permise, guardandomi intensamente e poi facendomi cenno verso l'Imperatore che si stava avvicinando vestito completamente di bianco, ma il cui vestito era stato macchiato ovunque da macchie di sangue.
-Benvenuto alla mia festa Angelo. – la sua voce come sempre era fredda, ma morbida e ammaliante allo stesso tempo.
Mi posò una mano sulla mia spalla e rabbrividii; volevo andarmene, non volevo stargli vicino. Non dopo ciò che era successo l'ultima volta. Tuttavia, era impossibile sfuggire, quindi l'unica cosa che potei fare fu rimanere fermo e cercare di non piangere.
Non mi sentivo al sicuro, non senza Azrael al mio fianco, e anche se Dragan era lì con me non era lui la persona che volevo mi stringesse la mano, che mi sussurrasse frasi che mi facessero arrossire e che ringhiasse sommessamente contro quell'uomo che era il mio vero carceriere e che non vedeva l'ora di gustarsi il mio sangue, esattamente come tutti i presenti.
In quel momento però, percepii delle risate; qualcosa che mi portò a scostare lo sguardo da Jack e guardare verso una delle ampie finestre, dove un gruppo di ragazze era attorniato introno a qualcuno dai lunghi capelli neri, lasciati sciolti, poiché probabilmente il nastro rosso che una volta li tenevano legati lo aveva dimenticato da qualche parte.
Mi liberai sia dalla presa di Dragan che da quella di suo padre e avanzai sicuro come non mi ero mai sentito, forse un po' stralunato e con una strana confusione dentro di me.
Tutti gli ospiti si scostarono non appena fui vicino loro, aprendomi un passaggio, sebbene da dietro i ventagli le signore mi annusassero e gli uomini invece si umettassero le labbra. Erano tutti pronti ad attaccare a rendere il mio corpo un semplice pezzo di burro fuso; tuttavia non mi importava, non in quel momento.
Toccai il nastro rosso che portavo al collo, non me ne ero mai separato. Non appena ero tornato al castello lo avevo lavato, tirando via tutte le tracce di sangue e di sporco.
Fu proprio in quel momento, come se fosse stato richiamato dal mio stesso gesto che Azrael si voltò e mi guardò con quegli occhi profondi, contenitori di stelle e di mondi.
Lasciai cadere una lacrima incontrollata, ma in cui riversai tutto il mio fiume di emozioni, mentre anche quelle vampire si facevano da parte, curiose e alla fine arrivai davanti a lui, così bello da togliere il fiato, così amato da farmi battere il cuore così forte da non poterne contare i reali battiti.
Ci guardammo negli occhi, ci fissammo, mi sembrò quasi di starci facendo l'amore con quel gesto così puro e che agli altri non poteva dire niente.
Stavamo comunicando con gli occhi; un dialogo intimo, acceso, dolce, profondo e che nessuno avrebbe mai potuto comprendere se non noi.
La magia venne però spezzata da Dragan che si frappose tra noi, privandomi del suo sguardo e ad Azrael del mio.
-Azrael. – salutò a denti stretti il moro –Vedo che non ti smentisci mai. – accennò alle ragazze, guardandole appena di sfuggita.
Quelle ridacchiarono e iniziarono a parlare tra di loro, ma i loro sussurri erano troppo bassi per me; non riuscivo a capire cosa stessero dicendo.
-Cane, anche tu sei sempre lo stesso. Non hai marcato abbastanza territorio sul nanerottolo? Dimmi, com'è stato insinuarsi nelle sue vergini carni? – chiese maligno, ghignando e guardandolo freddamente.
Non potevo vederlo, ma non mi importava. Con quelle parole mi aveva spezzato il cuore.
Come poteva credere che io avessi potuto fare "quello" con Dragan? L'ultima volta allora non ero stato chiaro? Oppure era stato tutto solo un sogno?
Dragan scattò e lo prese per quella camicia che lo copriva solo in parte.
I loro visi erano vicini, si guardavano e all'improvviso non so per qualche motivo pensai stessero per baciarsi e piansi, lasciai cadere tutte le mie lacrime, che andarono ad inumidire il mio viso e che caddero poi sul suntuoso pavimento marmoreo di un caldo colore arancione.
-Ah l'amore, quanti cuore può far battere e spezzare. – disse l'Imperatore raggiungendoci e battendo le mani, ridendo divertito –Tuttavia non ammetto violenza alle mie feste. Siamo qui per divertirci! – posò una mano su quella di Dragan, che mollò la presa sul mio vampiro, che si sistemò la camicia.
Non mi guardava, evitava il mio sguardo che era solo per lui.
-Apriamo le danze! – ordinò il padrone di casa, facendo riprendere la musica che senza che me ne accorgessi aveva smesso di suonare, chissà quando.
Il castano si voltò poi verso di me, ma sembrò non vedermi quando mi passò accanto, anche se dalle sue parole fui conscio che non fu affatto così: -Quale cuore spezzerai? Chi farai cadere nel buio questa volta, Angelo? -.
Non sapevo cosa volesse davvero dire, ma mi sentii irrigidire, quasi pietrificare mentre Dragan mi prendeva la mano e mi trascinava via, lontano dal mio vampiro che aveva ripreso a baciare e palpeggiare quelle ragazze che sapevo non avrei mai potuto eguagliare.
Dopo alcune ore gli sguardi non erano più così tanto assillanti sulla mia figura e me ne stavo in disparte, davanti a una delle enormi gotiche vetrate dell'ambiente fatiscente e luminoso come nessun altra stanza del castello che avessi mai visto.
Con un bicchiere in mano che mi aveva portato Dragan, guardavo l'enorme lampadario di cristallo, che rifletteva le luci brillanti creando tanti piccoli luccichii del colore dell'arcobaleno; erano quasi ipnotici, tranquillizzanti, in mezzo a quella marea di sconosciuti e di nemici.
Poggiai il capo contro la fredda superficie di vetro e poi scostai il mio sguardo su di esso, osservando il mio riflesso. Quasi non mi riconoscevo e questo mi faceva paura, come quelle parole che riecheggiavano nella mia testa "Chi farai cadere nel buio questa volta?".
Una mano si poggiò sulla mia spalla e trasalii, arretrando e cadendo.
Chiusi gli occhi e mi massaggiai la base della schiena, mentre Dragan preoccupato mi aiutava ad alzarmi e da qualche parte una risata familiare si era levata.
-Non fare caso a lui, non ne vale la pena. – cercò di consolarmi, ma mentre accettavo il suo aiuto il mio sguardo cadde là dove Azrael mi guardava con aria di superiorità e stava ridendo e facendo ridere tutte quelle donne che lo toccavano senza ritegno e sbattevano gli occhi pieni di trucco e ciglia finte come loro.
Se fosse stato qualcun altro sarei semplicemente scappato, me ne sarei andato rosso di vergogna e mi sarei nascosto da qualche parte fino a che non sarei morto per la vergogna; però, quel dolore che sfrigolava nel mio petto, che pungeva come quando si prende una rosa senza fare attenzione, mi fece fare qualcosa che ordinariamente non avrei fatto mai: strinsi la mano di Dragan e lo portai con me verso il mio vampiro dagli occhi pieni di stelle
Lasciai la mano del principe solo quando fui davanti al mio bastardo e mi feci spazio tra quelle ragazze, fino a giungere davanti a lui, che alzò un sopracciglio.
-Se hai qualcosa da dire dimmelo in faccia. – ero arrabbiato, per tutta la preoccupazione che avevo provato per lui, per quell'amore che non voleva andarsene, per la sua cattiveria ingiustificata e per il suo comportamento indifferente.
-Non ho nulla da dirti, nanerottolo. Vattene ora, mi stai rovinando la serata con la tua presenza. – sventolò la mano come per scacciare una mosca –Sei così brutto da essere una vergogna per tutte le signore qui presenti. -.
Lo schiaffeggiai ancor prima di pensarlo; il mio corpo agì da solo, mentre i miei occhi dovevano brillare ed essere arrossati a causa delle lacrime che stavo trattenendo.
-Sarò anche brutto, ma mi hai baciato. E non una sola volta. – gli rinfacciai, prendendomi poi la mano arrossata con la gemella e guardandola.
Per tutta la sera avevo sentito i suoi occhi su di me, anche se ogni volta che mi voltavo verso di lui non lo vedevo. Sapevo che mi aveva osservato, che non mi aveva staccato gli occhi di dosso, perché il suo sguardo lo avrei riconosciuto tra mille altri, anche in una stanza piena di milioni di persone.
-Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore. Se mi odi, sarò sempre nella tua mente. – citai William Shakespeare, il suo letterato inglese preferito di cui aveva collezionato tutte le opere e di cui amava soprattutto Amleto –Se è questo che vuoi non soddisferò il tuo egoismo. Sei un'idiota Azrael. -.
Mi voltai e andai verso Dragan, che mi guardava incredulo. Gli presi la mano e gli sorrisi, sapevo che non era giusto, che stavo sbagliando su tutta la linea, che non se lo meritava perché i suoi sentimenti verso di me erano puri e sinceri.
Forse a forza di stare con dei mostri, mi stavo trasformando in uno di essi; oppure, era la mia semplice natura umana, quella che voleva chiudersi a riccio e che voleva impedire al mio cuore di venire ferito ulteriormente.
"Chi farai cadere nel buio?" scacciai quelle parole.
-Possiamo ballare? – chiesi al principe dei vampiri che annuì e io mi mossi per primo, tirandolo verso il centro della pista mentre Azrael ci guardava, ma io non mi voltai.
Non sapevo se aveva uno sguardo ferito, incredulo o indifferente; tuttavia, speravo che almeno un po' stesse soffrendo.
Lo amavo, ma non per questo mi sarei fatto calpestare da lui.
Pov Azrael
Mi aveva colpito, affondato e poi di nuovo colpito; quasi disintegrato. Erano bastate poche parole e un gesto, il semplice invitare Dragan a ballare per farmi provare quella gelosia che già prepotente ruggiva e graffiava nel mio petto e ormai non potevo più negarlo.
Una ragazza mi si avvinghiò al braccio, ma io mi divincolai con poco garbo, mostrando i denti digrignati, mentre osservavo il nanerottolo mettersi impacciatamente davanti a quel cane del principe che gli aveva passato una mano intorno alla vita.
Tutti li stavano guardando, tutti stavano osservano il loro splendore, la loro perfezione; perché sì, sembravano perfetti, mentre iniziavano a muovere i primi passi.
Anche Haru sembrava aggraziato, come non lo era normalmente. Sorrideva perfino come uno stupido a quell'inetto.
-E' tutta colpa tua! – sentii all'improvviso al mio fianco, prima che Ryan mi mordesse una gamba con rabbia, palesando così tutta la sua rabbia.
-Mollami. – gli ordinai, per nulla propenso a voler giocare con quel dannato bambino molesto di duecento anni. Lui in cambio però fece solo affondare di più i denti, facendomi quasi urlare di dolore.
L'imperatore, si stava gustando ogni cosa dall'alto, anche se non era in sala percepivo il suo sguardo osservare ogni nostra mossa, perché in fondo per lui non eravamo altro che semplici pedine di cui osservava ogni nostro movimento per poi ritorcerlo contro di noi.
Per lui il fatto che fossimo esseri-nel-mondo o esseri-nella-morte* voleva dire solo divertimento.
Presi i capelli rossi di Ryan e li tirai, obbligandolo a staccarsi da me, sollevandolo da terra.
I suoi occhi grigi, sfumati di viola, mi guardavano con astio, mentre si dimenava per essere messo a terra.
-Ho altri problemi a cui badare adesso. – soffiai a pochi centimetri dal suo viso.
-No, il tuo problema sarò io se quel cretino non mette giù le mani dal mio Dragan! – rispose il rosso –Ti ho detto di liberartene. Se non vuoi ucciderlo portatelo via, ma non deve toccare ciò che è mio. –.
Risi maligno –Nemmeno ti vede moscerino. – sibilai, mollandolo a terra e andandomene.
Non volevo rimanere un minuto di più.
Mi feci spazio tra le ragazze che mi guardavano come se fosse qualcosa a loro sconosciuto, probabilmente sorprese dal mio repentino cambiamento di umore e dal vedere il vero me stesso, quello che raramente mostravo in quelle occasioni.
Alcune sembrarono disgustate, altre ancora di più innamorate, ma non mi importava. Ero stanco, non avevo nemmeno la forza di portarmene una a letto; volevo solo rimanere solo, solo come ero rimasto in quella lunga settimana con i miei soli pensieri che mi avevano tormentato peggio di una delle torture dell'Imperatore stesso.
Andai così in giardino, a schiarirmi le idee, a tentare di reprimere quegli inutili sentimenti che mi albergavano dentro e che erano inutili alla mia persona, perché la morte non poteva provare un sentimento futile come l'amore; era una delle prime lezioni che avevo imparato.
L'amore era solo un ostacolo, qualcosa che un giorno avrebbe potuto fermarmi e questo non era possibile, non per me che avevo perfino ucciso i miei genitori con le mie stesse mani.
Le guardai, mentre stranamente il chiarore lunare arrivava fino a quella terra desolata e abbandonata e all'estremo Nord del mondo, dove neppure la luce del sole arrivava mai.
I miei palmi erano candidi, immacolati; li guardai e li girai più volte, ma nessuna goccia di sangue li ornava, almeno in apparenza.
Perché quel dannato nanerottolo era entrato nella mia vita? Se non lo avessi mai incontrato sarebbe stato meglio; tutto sarebbe rimasto com'era e io non avrei mai avuto tutti quegli scrupoli e quell'umanità che credevo non mi fosse mai appartenuta.
Anche quando tentavo di ferirlo, finivo sempre per aiutarlo e cullarlo tra le mie braccia. In un modo o nell'altro era come se la sola idea di stare lontano da lui mi facesse ribrezzo e tutto per quel dannato amore che non volevo e che sapevo di non poter provare.
All'improvviso sentii qualcosa gettarsi contro di me e due braccia cingermi. Un dolce profumo di lavanda, lillà e miele arrivò prepotente alle mie narici, insinuandosi dentro di me e facendomi diventare per un momento gli occhi rossi a causa della fame, che mi aveva fatto allungare anche i canini.
Cercai di controllarmi, mentre Haru mi stringeva e sembrava non intenzionato a lasciarmi andare.
-Che stai facendo? – chiesi freddo.
-Ti sto impedendo di andartene. – rispose lui a voce bassa, ma comunque sicuro che lo avrei udito comunque.
-Torna dal cagnolino. – cercai di divincolarmi, ma non vi riuscii; oppure, semplicemente non volevo?
-Dragan è solo un amico... anche se non lo merito. L'ho ferito. – mollò appena la presa e si mise davanti a me e mi guardò con i suoi bellissimi occhi verdi e di nuovo il mondo si dissolse, diventando inchiostro che si diffonde nell'acqua, confondendo e sfumando i contorni.
Il chiarore lunare rendeva i suoi occhi più brillanti e chiari, non era più autunno, ma una primavera congelata nei suoi occhi grandi e bellissimi.Esattamente come prima, quando i nostri sguardi si erano incontrati, iniziammo una conversazione silenziosa, in cui nessuno dei due aveva scampo.
Entrambi avevamo lasciato che le nostre anime si mettessero a nudo e per quanto cercassi di resistergli era impossibile, semplicemente lui era quella chiave che faceva scattare in me qualcosa che nemmeno io potevo davvero comprendere. Era la mia maledizione!
-Non andartene. – mi implorò, alzandosi sulle punte e regalandomi il bacio più bello e dolce della mia vita.
Non fu un semplice fiorare di labbra, entrambi ce le suggemmo reciprocamente, perdendo la testa; io per primo.
Gli afferrai i polsi e senza pensare a grande velocità lo feci cozzare con la schiena contro il tronco di un rapo, facendolo gemere di dolore, mentre gli afferravo i polsi e li portavo in alto, ai lati della sua testa. Poi, come se fosse la cosa più naturale da fare, mi staccai e gli morsi il collo, quello stesso che indossava il mio nastro preferito, l'unico ricordo che avevo del mio vero padre.
Lui si premette di più contro di me, stringendo con le dita la mia giacca nera.
-Sono innamorato di te... tu mi piaci. – si dichiarò di nuovo al mio orecchio, ma quello ruppe la magia.
Mi staccai e lo lasciai andare, pulendomi con la lingua i residui di quel nettare che mi aveva fatto perdere la testa. Era un pericolo pubblico, dovevo assolutamente liberarmene; anche con le cattive.
-Fa come se non esistessi. – gli ordinai e lui scosse la testa.
-Non posso. – si impuntò.
-Sei solo un problema, non ti voglio tra i piedi. – ancora una volta rimase impassibile; negando che le mie parole potessero essere vere.
-Senti nano, non ti amo e non ti amerò mai. Fattene una ragione e torna a scopare con quel cane che ti sbava dietro da brava puttana. Dopotutto non sei forse solo questo? Prima non ci hai pensato due volte ad invitarlo a ballare. A te fa piacere tenere il piede in due scarpe, peccato che tu sia solo un giocattolino che per me non ha più nessun valore. – sbottai, sapendo che questo lo avrebbe ferito.
In quel momento i suoi occhi per un momento mi sembrò si fossero tinti di rosso.
Si morse il labbro inferiore e poi corse via, per il bosco e io semplicemente lo guardai andarsene, senza seguirlo o fermarlo.
Quel bacio mi aveva fatto tremare, aveva sciolto corde che credevo di aver saldamente legato sulla mia nave; per poco non mi aveva fatto naufragare nel suo dolce ed infinito mare.
*Sono termini contenuti in "Essere e Tempo" trattato filosofico del primo Heidegger. L'essere-nel-mondo è colui che vive nella propria quotidianità, ed è quindi un essere che vive tra i fatti; l'essere-nella-morte è colui ce invece ha accettato che la vera proprietà dell'esistenza è la morte. (detta in modo molto semplice)
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